Particolarmente interessante è lo studio dei gas. Il nostro sistema fisico è il solito: un gas in un contenitore cilindrico chiuso da un pistone sul quale appoggiamo dei pesi. Possiamo scaldare il gas tramite una sorgente di calore, variare il volume e cambiare la pressione.
In questo sistema è immediato calcolare il lavoro fatto dal sistema come prodotto tra la pressione e la variazione di volume.
Diventa quindi molto significativo descrivere il sistema nel piano pressione-volume (detto piano di Clapeyron). Vedi la pagina Leggi dei gas per rinfrescarti la memoria.
Se una trasformazione termodinamica è abbastanza graduale da non avere significative differenze di pressione o di temperatura in diverse parti del cilindro, possiamo rappresentarla come una curva nel piano p-V. Come abbiamo già visto, il lavoro compiuto dal sistema durante la trasformazione corrisponde all'area "sottesa" alla curva. Se la trasformazione torna allo stato di partenza la diciamo ciclica; in una trasformazione ciclica percorsa in senso orario, il lavoro fatto dal sistema corrisponde all'area racchiusa dalla curva.
Il lavoro non dipende soltanto dagli stati iniziali e finali, ma dal percorso fatto.
Affinché la macchina termica faccia lavoro, è necessario fornirgli energia sotto forma di calore.
Gli esperimenti mostrano che in una trasformazione ciclica il lavoro fatto dal sistema è uguale alla quantità di calore assorbita:
Q=L
Cosa succede se la trasformazione non è ciclica?
L'uguaglianza Q=L non è più vera. Q ed L rappresentano forme di energia; dunque dov'è finita l'energia Q-L? E' stata assorbita dal sistema, che ha cambiato la propria energia interna.
Scriveremo la conservazione dell'energia come ΔU=Q-L
Conoscendo pressione e volume del sistema, possiamo risalire alla sua temperatura, ricavandola dall'equazione di stato.
Questo è vero non solo per i gas perfetti (per i quali l'equazione di stato è pV=nRT) ma anche per i gas reali (per i quali l'equazione di stato è più complicata).
Se lo stato termodinamico del gas è individuato da pressione e volume, il sistema è rappresentato da un punto nel piano p-V. Ipotizziamo che l'energia interna sia una funzione di questo stato: ad ogni punto del piano p-V sarà assegnato un certo valore dell'energia interna.
Stiamo pretendendo di descrivere lo stato di un sistema composto di un numero enorme di particelle non già attraverso la posizione e la velocità di ogni particella, ma attraverso pochissime (nel nostro caso due) variabili macroscopiche (volume e pressione).
E' evidente che questa descrizione non permetterà di conoscere esattamente l'evoluzione delle particelle. Tuttavia, il comportamento macroscopico rimarrà determinato. Nella seconda metà del 1800 si capirà che questo comportamento macroscopico è legato al comportamento medio delle molecole. Nascerà la "meccanica statistica", un campo di ricerca ancora oggi molto fecondo.
Se l'energia interna U è una funzione di stato, nella trasformazione che porta da uno stato iniziale i ad uno stato finale f, la variazione di energia interna sarà ΔU=U_f - U_i.
Il primo principio della termodinamica estende il principio di conservazione dell'energia meccanica affermando che
Uf - Ui = Q - L
cioè che la differenza di energia interna tra lo stato finale e quello iniziale è uguale alla quantità di calore assorbita dal sistema meno il lavoro fatto dal sistema.