Lettera dalle studentesse e studenti di 5A

Cari compagni,

provare riconoscenza richiede di riflettere e di comprendere ciò che il prossimo ha fatto per noi, richiede empatia e umiltà. Dunque, provare riconoscenza per un quinquennio in cui le circostanze di scontro, di incomprensione e di fatica ci hanno sempre accompagnati e in cui eventi storici al limite del catastrofico si sono e si stanno susseguendo sembra essere ancora più difficile. Tuttavia, fare questo sforzo risulta essere necessario; riconoscere che oltre allo scontro, all’incomprensione e alla fatica ci sono state delle occasioni per cui essere riconoscenti significa aver maturato consapevolezza dell’ormai quasi terminato percorso.

Nel settembre del 2017 entravamo per la prima volta nel nostro liceo. Ad accoglierci in aula magna c’era il preside Piccolo, incontrammo poi per la prima volta la professoressa Barcariolo ed il professor Margiotta. Ci assegnarono gli armadietti, anche se, dopo cinque anni, devo ancora capire perché sul mio c’è il lucchetto di uno sconosciuto. Da quel primo giorno ad oggi sono accadute veramente tantissime vicende, siamo cresciuti e (fortunatamente) non siamo più quella 1A che veniva sempre perennemente demolita ad ogni consiglio di classe e che in qualche modo è stata “la classe peggiore in venticinque anni di insegnamento” di vari professori. Sembra quasi impossibile aver trascorso già cinque anni tra le mura del Galilei. O meglio tre anni tra le mura del Galilei, gli altri due tra le mura delle nostre camere con la sveglia impostata alle 7.50. In fondo anche la dad, però, ci ha fatto sorridere in un momento molto complesso. Lezioni interrotte dopo quaranta minuti, lezioni registrate ascoltate in ritardo, elaborati consegnati un minuto prima della scadenza e scansioni di verifiche da fare entro il termine dell’ora (che ansia!). E come dimenticare la prima lezione in Zoom con il professor Belli e quel “Mi mette ansia” mandato dalla Benedetta per errore nella chat visibile a tutti.

Affiorano alla mente diversi altri episodi e consuetudini liete. Il biennio passato a chiedere “In che aula siamo?” per poi ricevere come risposta solo e soltanto “Boccaccio”; i leggendari racconti della professoressa Lessi tra camper e autobus rotti; il professor Margiotta che al minimo segno di distrazione chiede :“Dove sono i tuoi appunti?” e che dopo una battuta innocente afferma sempre: “Stavo scherzando” per assicurarsi di non aver offeso nessuno; le verifiche di fisica del primo anno e le versioni di latino nelle quali quattro sufficienze su trenta erano considerate un successo; le prime lezioni con la professoressa Biviano in cui abbiamo capito che due ore di spiegazione continue al liceo sono una cosa normale e non un racconto mitologico. E ancora gli esempi della pesca del professor Belli tratti dalle carpe di Alessandro; la nostra indubbia (tranne per qualcuno) incapacità di fare più di tre scambi in una partita di pallavolo sotto lo sguardo rassegnato della professoressa Siviero; quel “Lo prendiamo? Ci piace?” del professor Magarotto dopo aver spiegato un’opera. Oppure, come dimenticare i classici richiami della professoressa Barotti: “Giovani!” “Bambini!” e quei 5.99 trasformati in 5 dalla professoressa Imperatore. C’è stato anche il banco-gate in seconda in cui la collaboratrice scolastica si arrabbiò per un banco particolarmente malconcio e la professoressa Imperatore ci minacciò di farcelo ripagare.

Un ringraziamento va proprio rivolto a tutti questi nomi qui citati: i nostri professori. Un grazie per aver interrotto la lezione quando avevamo bisogno di un momento di dialogo, per averci ascoltato, per averci consigliato, per averci raccontato, per averci arricchiti e cambiati. Un grazie anche per i momenti di rimprovero e per essere stati autorevoli. Dante, quando viene salvato dalle fiere, si rivolge a Virgilio e dice : “tu se’ lo maestro mio e ‘l mio autore”. Oggi vi ringraziamo per essere stati i nostri “autori”, parola che deriva dal verbo augère cioè “accrescere”. “Autore” e autorevole è proprio colui che fa crescere, e noi vi ringraziamo per esservi dedicati a questo.

Il liceo, per quanto in alcuni momenti abbiamo sognato prendesse fuoco, ci ha dato la possibilità di affrontare un percorso di vita unico. Un percorso fatto di innumerevoli ostacoli che ci hanno portato fuori dalla nostra comfort zone per farci scoprire che al di là della nostra bolla c’è un mondo tutto da scoprire. Un percorso che ha dato a ciascuno la possibilità di conoscere persone e formare amicizie. Amicizie senza le quali il cammino della scuola sarebbe durissimo e che invece un sorriso disperato nel mezzo di una verifica di matematica rende più piacevole e ti ricorda che non sei il solo. E non sei mai solo al liceo. Questo è forse il regalo più grande che ci ha dato la scuola. Essere continuamente circondati da stimoli, da amici, da professori che ci appassionano, affrontare sfide e problemi e crescere con l’altro e mai da soli è una grandissima possibilità che dal prossimo anno non avremo più e che è giusto quindi riconoscere.

Oggi essere riconoscenti, nel mezzo della miriade di incombenze che si accumulano, è difficile. Spesso ci appaiono in primo piano i sacrifici e le fatiche che questo percorso di cinque anni ha comportato. Sono sicuro però che il tempo ci aiuterà a vedere le cose in prospettiva e al pensiero del liceo scaturirà una piacevole risata.

Concludo dicendo: “Ho concluso, grazie mille per l’attenzione” altrimenti rischio di essere rimandato dal professor Margiotta.

Giovanni Maria Morari