Parlando di paura con la prof.ssa Toffano

Avreste mai pensato che anche gli adulti potessero avere delle paure? Abbiamo intervistato la professoressa Toffano (che ringraziamo!), docente di storia e filosofia del nostro Istituto. Ecco cosa ci ha risposto.

Prima di provare a rispondere alle domande vorrei fare una premessa per chiarire qual è il presupposto da cui partono le mie considerazioni.

Non penso che ci sia da una parte la persona paurosa e dall’altra la persona coraggiosa, così come comunemente si pensa. Per due motivi: perché la paura è un sentimento profondo, costitutivo della nostra umanità e perché la paura ha un legame indissolubile con il coraggio, che è il risultato, sempre in fieri, della paura stessa. Quello che cambia nelle persone, è il modo di vivere la paura. Può essere un sentimento costruttivo o devastante e paralizzante: molto dipende dalla nostra consapevolezza, dal rapporto che abbiamo con noi stessi, dalla cura che dedichiamo alle relazioni, dalla capacità di non lasciarci manipolare da certa comunicazione strumentale e falsa, da luoghi comuni, da pregiudizi che deformano la visione di noi stessi e delle cose.

La consapevolezza delle nostre paure può diventare un fondamentale strumento di costruzione della nostra personalità, della nostra vita individuale e anche collettiva. La non consapevolezza, invece, genera chiusura, diffidenza, una visione delle cose univoca e che non tollera di essere messa in discussione. Capita a tutti, credo, nella vita quotidiana, di rendersi conto che esiste, a volte, una sproporzione tra la paura, il timore che si prova e il pericolo che si corre, a volte poco significativo o addirittura inesistente. E’ anche vero il contrario, ossia che a volte ci si mette in situazioni pericolose senza averne una lucida consapevolezza. Perciò la capacità di fermarsi, di interrogarsi su quello che si prova, la riflessione sulle nostre azioni e sulle conseguenze che possono avere sono ingredienti fondamentale del nostro vivere.

La paura è un sentimento molto forte oggi, per me, quando mi misuro con la complessità della realtà in cui viviamo, con la rapidità dei cambiamenti che non ho (abbiamo) il tempo di metabolizzare, con le ingiustizie, le disuguaglianze. Provo un senso di impotenza, di desolazione e mi capita di dire: non mi riconosco più in questa realtà, non c’è più un posto per me. E poi, un po’ alla volta, dico a me stessa: dai Raffaella, devi semplicemente affrontare la vita meglio che puoi, devi mettercela tutta per dare dignità al tuo lavoro, devi curare le relazioni, devi metterti in gioco nelle situazioni, prendere posizione, ascoltare, capire e comprendere, avere cura dell’umano che è in te perché nessun cambiamento è più importante di questo… E ogni giorno ricomincio, con coraggio, per completare il disegno della mia vita.

Mi permetto di fare una citazione:

“La paura non è il contrario del coraggio… semmai è la premessa del coraggio”. Non esiste coraggio se non come risultato di una reazione, di una elaborazione della paura e della sua trasformazione in capacità di agire. Il coraggio (non la temerarietà, la spericolatezza, l’audacia sregolata)... è il buon uso della paura.

Coraggio è reazione attiva ai pericoli individuali e collettivi. Esso è dunque il contrario di indifferenza, di inazione, di passività. E’ il contrario di rassegnazione. Il coraggio è virtù da cittadini consapevoli… da persone che accettano la responsabilità dell’essere umani. E’ una dote del carattere ma anche dell’intelligenza, e consiste fra l’altro nell’accettazione dell’incertezza e della complessità (non l’accettazione dell’esistente)... è la forza di affrontare il mondo consapevoli della sua complessità ma anche della nostra capacità di cambiarlo”. (G. Carofiglio, Della gentilezza e del coraggio, Feltrinelli, pag.95)

  • Noi giovani, pensando alle possibili paure di un adulto ne immaginiamo una che sovrasta: “paura della vecchiaia e dell’avanzare dell’età”. Crede sia una paura reale o solo uno stereotipo? Quali paure nascono con la transizione da adolescenza all'età adulta?

E’ una domanda molto impegnativa. Rispondo in modo sintetico e personale.

Non è uno stereotipo, è una paura profonda e che aumenta via via che ti accorgi dei cambiamenti fisici, dei segni che il tempo scolpisce sul tuo corpo e anche sullo spirito. Penso di più alla morte che diventa una sorta di compagna di viaggio e, naturalmente, alle persone che amo. Il pensiero della vecchiaia e della morte però porta con sé il pensiero della vita che ho vissuto e che sto vivendo, il pensiero di com’ero e come sono. Mi guardo allo specchio: le rughe, la pelle invecchiata .. mi suscitano un senso di tenerezza e di gratitudine verso un corpo che mi ha permesso di sperimentare, di vivere, che ha lottato e gioito con me, che mi ha sempre accompagnato. In quelle rughe... vedo tutta la mia vita e non ne voglio cancellare nessuna.

A volte, sempre più spesso, durante le lezioni m’accorgo che ho delle defaillance, o non mi viene qualche parola, la devo cercare. Spesso sono gli studenti che mi aiutano come se fosse per loro qualcosa di naturale. Li ringrazio tanto per la loro autenticità perché, senza rendersene conto, mi comunicano che il loro orizzonte di comprensione è aperto e “umano”. Penso che ogni età della vita abbia le sue inquietudini e una sua bellezza, anche la vecchiaia. Molto dipende da come si è vissuto e dalla rete di relazioni costruite.

Le paure che nascono con il passaggio all’età adulta: ognuno ha le sue. La prima che mi viene in mente è la paura della responsabilità: ti chiedi se sei o sarai in grado di sostenere la responsabilità che ti è stata affidata o che le scelte che hai fatto comportano, quotidianamente. Le scelte relative alla famiglia al lavoro, alla cittadinanza… Credo sia indispensabile una certa “leggerezza” e fiducia. La libertà si coniuga soprattutto con la responsabilità: ti rendi conto che questa responsabilità è tanto impegnativa e, nello stesso tempo, ti costruisce dentro, ti tempra, forgia la tua personalità e ti fa sperimentare momenti di gioia profonda.

  • Verso l’età adulta: pensa che la paura di non raggiungere l’indipendenza economica si faccia sentire solo da giovani oppure anche una volta raggiunta, quindi da adulti, si ha paura di perderla (rendendo impossibile il mantenimento della propria famiglia e degli ipotetici figli)?

E’ una domanda legata al tema precedente della responsabilità. Il lavoro è una questione essenziale perché, come dice Papa Francesco, non solo garantisce l’indipendenza economica, ma dà dignità alla persona. Penso al dramma sociale delle persone che, soprattutto attualmente, non trovano o hanno perso o rischiano di perdere il lavoro, penso alle loro famiglie. Mi viene in mente il principio costituzionale della solidarietà… non è un problema che riguarda solo loro ma che riguarda tutta la comunità di cui sono parte. Credo che dobbiamo fare ancora tanta strada da questo punto di vista.

  • Quali paure ha in quanto donna adulta?

Che il Mose non funzioni e Venezia vada a fondo… e che l’Inter ricominci a perdere!

  • In quanto adulto, ha paura per il futuro? Che mondo crede riceveranno gli attuali giovani e le generazioni future? Come crede che evolverà il mondo e quali possibili paure potranno nascere?

Il futuro rappresenta una dimensione dell’esistenza non controllabile da parte nostra, è il regno del possibile dice Kierkegaard e, in quanto tale, angoscia perché non sappiamo quello che ci aspetta. Rappresenta, nello stesso tempo, la dimensione a cui si rivolge la nostra progettualità, la nostra speranza. La cosa fondamentale è non essere schiacciati nel presente, avere una visione del futuro, avere una bussola con cui orientare le nostre scelte credendoci. Il pianeta appare compromesso, disuguaglianze e ingiustizie sono sempre più marcate, le classi dirigenti sembrano incapaci di scelte coraggiose e che costituiscano un’inversione di tendenza. Non basta constatare questo e concludere che non cambierà mai niente perché nell’ambito delle società civili e non solo, esistono potenti segni di cambiamento, tante iniziative che partono anche dai giovani per costruire società più giuste, sane, più umane. Il futuro dipenderà molto da noi, da quanto tutte le attuali generazioni, giovani compresi, sapranno mettere in campo in termini di progetti, intelligenza, passione, valori, a cominciare dalla propria famiglia, comunità.

  • Paura e coraggio nel cambiamento: mutare le proprie abitudini o intraprendere scelte radicali quando si è già adulti, pazzia o audacia?

Il cambiamento è la nostra sfida: non è una questione di pazzia né di audacia ma di coraggio e di coerenza. Non siamo in grado di cambiare la società da soli: ciò che conta è avere una direzione da seguire, agire in modo coerente partendo da se stessi perché l’esempio è contagioso. Non possiamo pretendere di cambiare gli altri ma possiamo cambiare noi stessi. E’ importante innescare un processo di cambiamento senza pretendere risultati immediati: un bambino che impara a camminare cade e si rialza centinaia di volte, senza arrendersi mai. L’esperienza della caduta lo aiuta a raggiungere l’equilibrio necessario per camminare da solo. E’ vero che alle volte ci vuole un po’ di “pazzia” per mantenere la speranza in un mondo migliore di fronte ad una realtà che talvolta appare granitica. Ma la realtà non è solo quella che è dentro la nostra testa, è molto di più: esiste sempre un “oltre” che non vediamo ma verso il quale dobbiamo aspirare per lasciarci sorprendere. Non è tutto “incasellabile”, prevedibile, controllabile. C’è un mondo “in potenza” dentro e fuori di noi che aspetta di prendere forma. E’ per questo che un altro elemento determinante per guardare al futuro è la FIDUCIA.

C.B., 4^C e G.P., 4^D