Una ricetta per la felicità

Sapevate che, secondo i risultati di alcuni esperimenti, circa il 50% della nostra felicità è di tipo genetico, intorno al 40% è determinato dalla nostra mente e solo la restante parte varia a seconda degli eventi esterni? Ma se noi in prima persona abbiamo così tanto potere sul nostro stato d’animo, esiste una ricetta che possa aiutarci a controllare positivamente i nostri atteggiamenti? Forse sì…

Ingredienti:

  • voglia di cambiare

  • desiderio di mettersi in gioco

  • forza di volontà

  • pazienza q.b.

Una delle possibili ricette:

  1. comportarsi come se si fosse già felici (sforzarsi di sorridere molto, avere una visione ottimistica delle cose che accadono, …);

  2. trascorrere almeno 20 minuti all’aria aperta ogni giorno;

  3. scoprire i propri punti di forza e sfruttarli;

  4. mantenersi in forma con allenamento fisico regolare;

  5. trovare un significato in quello che si fa e nella propria vita in generale;

  6. circondarsi di persone solari e coltivare le relazioni sociali;

  7. pensare agli altri e aiutarli in caso di bisogno;

  8. smettere di giudicare se stessi negativamente;

  9. essere grati per quello che si ha.

Ok, tutto molto carino, ma questa ricetta ha qualche fondamento? C’è qualche cuoco che l’ha già provata? Ha ottenuto buoni risultati? Certo che sì (anche perché il Liceale vi offre solo informazioni di prima qualità); eccovi alcune testimonianze.

Tantissimi chef hanno provato almeno il primo punto della ricetta; alcuni di loro, quando abbiamo domandato se fosse utile fingersi felici per diventarlo sul serio, hanno risposto: “Scherzi? Senza dubbio! Abbiamo testato la ricetta su un ampio numero di volontari, che al termine del pasto si sono detti davvero più sereni!”

Riguardo al secondo punto, abbiamo parlato con un cuoco che ha pubblicato il suo esperimento una decina di anni fa sul Journal of Environmental Psychology: “Ho osservato che i clienti che hanno assaggiato il mio piatto, oltre a sentirsi tendenzialmente più rilassati di prima, vantavano benefici anche sulla loro memoria, specialmente se il sole si faceva vedere e la temperatura era fresca.”

A questo punto siamo volati ad Harvard, da Shawn Achor, uno psicologo/cuoco che ha riportato in un libro quello che ha scoperto nel suo ristorante, con un esperimento che coinvolgeva ben 577 persone: ”Al termine del lauto banchetto durato una settimana, tutti si sono dichiarati profondamente felici. La cosa più impressionante è che, un mese dopo l’accaduto, in molti sono tornati ancora a ringraziarmi, affermando che la sensazione di gioiosità era ancora viva, dopo tutto quel tempo!”

Il quarto punto è cucinato spesso anche nella nostra società, però, per curiosità, abbiamo chiesto anche alle cucine dell’Università di Bristol se avevano provato tale ricetta: “Ma certo! Quella tipologia di pietanza rilascia endorfine nel cervello e, se gustata regolarmente, darà effetti positivi sull’umore in modo duraturo.”

Il quinto consiglio, invece, nasce da uno studio molto particolare condotto in un intervallo di sette anni da alcuni chef di un’Università del Giappone, che hanno svelato qualche effetto registrato in chi si cibava del loro piatto: “Chi ha scelto di gustare l’ikigai (ossia “senso della vita”) ha avuto, in media, una vita più lunga di chi ha rifiutato di assaggiarlo…”

Per assicurarci della bontà del sesto passaggio, ci siamo rivolti ai mastri di cucina del ristorante Statistics in Medicine, all’interno del quale è custodita la lista dei risultati ottenuti con quell’esperimento culinario: “Questo piatto è per palati esperti: infatti sono proprio i clienti a dover scegliere gli ingredienti perfetti e con chi consumarli, tra una dato numero di conoscenti; abbiamo scoperto che chi preferisce la vicinanza di una persona solare, ha il 25% di probabilità in più di sentirsi a sua volta gioioso!”

Riguardo al settimo punto, abbiamo deciso di parlare con tante mamme casalinghe, che quel piatto l’hanno preparato diverse volte; il loro commento è stato: “Non c’è alcun dubbio sul fatto che mettersi attivamente al servizio degli altri, anche con piccoli gesti quotidiani, aiuti a sentirsi sereni; può risultare faticoso, ma rendersi utili è davvero piacevole… anche cucinando!”

Per gli ultimi due punti, infine, non citerei più alcuna fonte: a voi il compito di provare in prima persona se sono consigli adatti a questa ricetta. In fin dei conti, sono gli sperimentatori del Galilei a condurre gli studi più attendibili, no?

N.S., 4^D