La mia danza

L'aria, la gravità, il pavimento, la stanza, giocano con il mio respiro, i miei muscoli, la mia fatica, la mia energia. In un'infinita tensione tra spazio e corpo, pieno e vuoto, prendo e lascio. Come in una corsa frenetica senza meta la mia danza cerca, cerca persa tra forme, movimenti, gesti con cui il mio corpo può riempire lo spazio che lo circonda.

Un corpo abbandonato, lasciato alla danza. Un corpo che si espande, si contrae, mosso dal flusso continuo e insistente della musica, si disarticola una nota dopo l'altra, come se potesse scomporsi e ricomporsi, annodarsi e snodarsi, mutare, sformarsi. Un corpo che accarezza lo spazio, lo abbraccia, infilandosi e avvolgendosi nell'aria, la quale diventa sempre più densa. E la mia danza continua la sua ricerca immersa in quella che ormai non è più aria, si lascia sostenere da quello che ormai non è più pavimento, tutto si annulla.

Tutto si annulla e il mio corpo comincia fluttuare nella sua danza, una danza che non è più mia, ma solo del mio corpo, un corpo piegato al movimento, un corpo acceso solo dal ritmo, le cui sensazioni si sono spente, non c'è fatica, non c'è stanchezza o pesantezza che possa fermare la sua danza. Nulla può fermarlo, perché finché la musica continuerà a suonare la sua danza continuerà a rimbombare nel suo spazio.

A.B.,3^A