Dialogo sul Sogno dell'uomo forte e dell'uomo giusto

Callicle - Dunque, Socrate, veniamo al punto. Tu sostieni che commettere un'ingiustizia è peggio che subirla. Si direbbe che vivi proprio nel mondo dei sogni. 

Socrate - Ma vedi Callicle, i vantaggi che si possono ottenere commettendo ingiustizia sono solo apparenti e instabili. L’ingiustizia lascia in chi la commette un’irrequietezza d’animo che i piaceri che da essa si potrebbero trarre non riescono mai a placare del tutto. 

Callicle - Eppure, regni e imperi sono stati costruiti su quanto alcune banali persone chiamerebbero ingiustizia. E ancora, mentire di fronte ad un processo basato su false prove, e dunque aver salva la vita, ti appare un vantaggio instabile? Ribadisco: tu cammini sulle nuvole. 

Socrate - Nessun regno e nessun impero è stabile, tanto meno quelli basati sull’ingiustizia. L’inquietudine e l’irrequietezza dei sudditi costretti a subire ingiustizie fanno vacillare e alla fine cadere qualsiasi tiranno, prima o poi. Ripeto: commettere ingiustizia non reca nessun vantaggio reale. Chi mente e con ciò ha salva la vita lo fa per paura della morte e non sarà mai in pace con il suo daimon, sempre costretto a mentirgli e a mentirsi. Non è forse anche questo una specie di sogno? Il peggiore dei sogni, per chi come te si vanta tanto di vivere nella realtà. 

Callicle - La mia realtà, Socrate, è quella della legge della natura, dove il forte prevale. Il tuo daimon avrà la meglio solo sui deboli, intrappolati nel senso di colpa. Hai mai visto in leone avere rimorsi per il suo pranzo? Ma, visto che mi provochi, dimmi: il sogno è ciò che non possiamo avere o ciò che non possiamo accettare?

Socrate - Suvvia Callicle non è certo con questi argomenti che puoi sperare di convincermi a seguirti. Non siamo né leoni né agnelli, non siamo certo solo animali, che sono mossi da un istinto naturale che non conosce responsabilità, meriti o colpe e tanto meno giustizia o ingiustizia. Ciò che non possiamo avere è identico a quanto non possiamo accettare, se a muoverci è la paura. Se è di questo che vogliamo discutere, occorre che tu rivolga lo sguardo laddove è la ragione, dove valgono solo le Idee, dando ascolto a quello che un po’ misteriosamente chiamiamo anima. Lì potrai osservare una realtà ben più alta della pura soddisfazione degli istinti o dei piaceri a cui vorresti legarci. Quello che tu in maniera sprezzante chiami sogni, io chiamo Idee, da cui sole possiamo trarre il senso delle cose e delle azioni, come il musico trae la melodia da semplici note.

Callicle - Dunque, sostieni, sogno è quel che è più reale del reale, ma a cui non abbiamo accesso?

Socrate - Dico solo che il reale è ben poca cosa, e molto lontano dal vero, se si vuole ridurre solo a ciò che è facilmente percepibile dai sensi o ai superficiali giudizi del senso comune. Solo approfondendo la ragione nei concetti e innalzandosi con la discussione fin sopra le nuvole - da cui, al contrario di Aristofane, non temo di cadere - possiamo sperare di avvicinarci al vero, al realmente reale. Sognare è perdere aderenza dall’apparenza, e questo ci avvicina al vero, perché l’apparenza sensibile è falsa.

Callicle - Il sogno, come la reminiscenza, ci costringono a fare i conti con la realtà dei sensi - quasi che essa non possa essere l'unica realtà. Te lo concedo. Ma che cosa ci garantisce che la realtà del sogno o del tuo Iperuranio sia quella migliore?

Socrate - Non ho garanzie da darti caro Callicle, seguo solo la voce del mio demone, che si fa molto più forte e vicina quando nel giudizio non mi affido ai sensi e ai luoghi comuni, ma al faticoso incedere della ragione e alle idee. Quando non agisco per paura.

Callicle - Eppure, carissimo Socrate, mentre perdi tempo in ascolto del tuo stomaco, i forti sono costretti a subire la prepotenza dei deboli, difesi dalle leggi.

Socrate - Vedi Callicle, quelli che tu chiami forti non sono veramente tali, perché ogni cosa in natura è soggetta a cambiamento e a corruzione, anche la presunta forza dei migliori per natura. Chi è forte ora, non lo sarà domani. Chi è forte ora, è perché ha costruito una fortezza per difendersi dalla sua paura. Chi è chiamato a governare non per natura, ma per necessità di ragione sono coloro che sono migliori per la qualità della propria animo e non temono sovvertimenti o inversioni di forze. È solo da questa vera stabilità che la città può trarre giovamento. Forse questa Repubblica è un bel sogno, ma almeno lì saremo liberi dalla paura, anzi: liberi di affrontare ogni paura insieme.

Prof. Realdi e Prof. Belli