Lo spazio e Lovecraft

Il sogno più grande e più comune tra i bambini è esemplificato da una frase detta con molta innocenza e leggerezza: “Signora maestra, io da grande voglio fare l’astronauta”. Tutti possono empatizzare con i grandi sogni dei bambini e nessuno può negare che l’astronauta sia un mestiere dei più affascinanti. Lo spazio profondo è da sempre fonte di mistero e curiosità, e la possibilità di essere catapultati in un ambiente completamente nuovo rendono tale lavoro un’esperienza veramente stratosferica. Tuttavia, all’idea di dover abbandonare per lunghi periodi di tempo i propri cari e averi, andando dove una crepa su un vetro può segnare la propria fine, i bambini apprendono la virtù dell’umiltà e si rendono conto che anche il meccanico o il dottore non sono delle cattive prospettive. Più tendente a quest’ultimo sentimento è la scrittura di Howard Philip Lovecraft, autore statunitense di vari racconti dell’orrore che si basano sulla più antica e forte paura dell’essere umano, quella per l’ignoto. 

Infatti l’essere umano ha sempre temuto, nel corso dei secoli, quello che è diverso e ripudiato ciò che non riusciva a comprendere, in quanto qualcosa di sconosciuto, quindi imprevedibile, è potenzialmente una fonte di pericolo. Con tale chiave di lettura lo spazio profondo diventa come il sipario di un teatro: Infatti mentre si assiste ad una rappresentazione teatrale, si è testimoni solo del risultato finale e manca tutto ciò che ha reso quello a cui si assiste possibile, come la lavorazione e lo studio degli oggetti di scena, le impalcature, le luci. Il sipario è il telo che separa la realtà superficiale e visibile a tutti, dalla verità su cui quello a cui assistiamo si basa. Lo spazio per Lovecraft è quindi una fonte di infinita conoscenza, il cui apprendimento però non è auspicabile per nessun uomo. Infatti come quando si scopre il trucco dietro alle magie di un illusionista, e allora non si riesce più a meravigliarsi e a trovare gioia nei suoi giochetti, allo stesso modo i protagonisti delle opere lovecraftiane, scoprendo le verità proibite che l’universo nasconde, non riescono più a vedere il mondo e a vivere alla stessa maniera spensierata di prima. Essi vengono divorati nel fondo del loro animo da una profonda angoscia, dovuta alla scomoda verità che l’uomo è, in confronto all’inimmaginabile vastità dell’universo e delle aberrazioni che si nascondono in esso, qualcosa di insignificante, che potrebbe essere spazzato via, in qualsiasi momento, da forze di cui non sapeva neanche dell’esistenza. 

A.C., 3^C

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