Lettera dai docenti della 5F

Cari studenti di 5F,

non possiamo sapere cosa significhi per ciascuno di voi terminare questo percorso in cui vi abbiamo accompagnato: immaginiamo sicuramente che vi sia della gioia, come c’è per noi nel vedervi approdare alla meta. Ma non solo. Forse quando un tratto di strada così significativo si è concluso, potrebbe emergere anche una sensazione di stordimento, quello che si prova quando in un punto solo si accumulano i pensieri e i sentimenti che si immaginava di poter collocare in bell’ordine su una retta infinita. E allora potreste essere felici e tristi assieme, esaltati e depressi, appagati e delusi, entusiasti e spaventati, e non sapere neppure se il vostro cuore sia diventato troppo leggero o troppo pesante, troppo pieno o troppo vuoto in un unico momento.

Da questo punto di vista forse noi insegnanti godremo di una visione più nitida: perché per noi, ai quali è stato affidato il compito di traghettatori, la meta è quella che per ciascuno di voi è solamente una tappa. Così, quando sbarcherete, nel salutarvi ciò che percepiremo chiaramente sarà la speranza per il futuro che lasceremo nelle vostre mani e la nostalgia nel sapere che non tornerete indietro con noi, quando riprenderemo il cammino da una sponda all’altra, tra l’adolescenza e la maturità, per accompagnare altri studenti. Ma assieme a tutto questo, ci sarà (come c’è già), un sentimento che non trova un nome se non quello di “5^F”, e che è l’impronta che avete lasciato come classe nella nostra strada. Voi non la potete notare, ma chi torna indietro vede e rivede le orme di colui che ha accompagnato. Hanno battuto la terra, hanno segnato il sentiero.

E il vostro non è stato un sentiero semplice. Lo sappiamo. Però voi lo avete reso comunque luminoso. Non siete stati una classe a tinte neutre, ma colorata e vivace, e se magari il metodo e l’ordine non sono stati la vostra forza, avete però avuto sempre la capacità di non permettere alla fatica di spegnere il vostro desiderio di sorridere, né alla lontananza di soffocare il vostro desiderio di incontrarvi. Ci sono state giornate pesanti, a cui siete stati chiamati a dare un senso, e durante le quali noi stessi, che siamo adulti, abbiamo fatto fatica a dirvi di seguirci. Eppure alla fine, ciascuno a suo modo, ha cercato di farlo. Chi di voi ama ridere, ama scherzare (e non siete pochi, sappiamo anche questo!), ha cercato di rifarlo presto, per sé e per gli altri. E chi di voi ama il silenzio e chiudere la porta della sua stanza, invece ha provato a lasciarla socchiusa, ha cercato di vigliare anche fuori. Ognuno, come ha potuto, come è riuscito, è stato se stesso per sé ma anche per gli altri. Con tutti i vostri limiti e le vostre tensioni, con le vostre energie e le vostre pigrizie, alla fine siete stati una comunità. Assieme a noi, in modo schietto e leale, avete camminato da persone autentiche, e lo abbiamo apprezzato molto. Se un giorno avremo la fortuna di incontrarvi, magari ormai divenuti madri e padri premurosi, o professionisti avviati a cui noi stessi dovremmo rivolgerci, o chissà in quali altre circostanze, quel sentiero che non è stato semplice ma è stato bello sarà il segreto silenzioso che ci accomunerà dietro il saluto e il sorriso che speriamo conserviate intatto. Ancora come una comunità.

I vostri professori