Il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare...

Eh già, come dare torto al povero don Abbondio, illustre rappresentante della schiera dei pusillanimi? Ecco, nell’immaginario comune, la PAURA porta con sé anche il pregiudizio di costituire un sentimento negativo, meschino, debole, mentre il CORAGGIO ruba la scena, si prende tutti gli applausi, ma in fondo questa polarizzazione delle due attitudini è una prospettiva semplicistica, distorta, quando invece è forse più corretto considerare la PAURA e il CORAGGIO come due facce della stessa medaglia.

Anzi, se accostiamo le due emozioni e le facciamo interagire, lì ci rendiamo conto della loro valenza prettamente UMANA.

Quando, nella persona che ha paura, sboccia, non si sa nemmeno da quale remoto angolo dell’anima, un moto inconsulto di coraggio, ecco che gli occhi si illuminano, il volto – ancora un po’ stupito – si rischiara, la stima di sé prende quota e ruba spazio alla modestia (anche Belluca, il protagonista de “Il Treno ha fischiato” – vecchio somaro con tanto di paraocchi - perbacco, a un certo punto si ribella al capufficio!).

Dall’altra parte, quando anche il coraggioso, avvezzo alla forza, spesso sfrontato nella sua intraprendenza, per un momento vacilla, si chiede se ce la farà, se sarà all’altezza della prova e quindi percepisce la paura, anche solo come brivido lungo la schiena, è proprio quello il momento in cui il nostro Supereroe recupera la sua UMANITA’ e conferisce al coraggio il sostegno prezioso della sensibilità (anche l’Innominato, e buon per lui, vive una “provvida” nottataccia!)

E allora impegnamoci a non sminuire la paura, a non esaltare superficialmente il coraggio, ma ascoltiamoli con mente lucida e cuore aperto: sono il freno e l’acceleratore delle nostre “vite di corsa”…

M. Quetore