La ricerca della felicità made in Italy

È italiano il nuovo Will Smith. Se fino a qualche anno fa non sapeva cosa fare della sua vita, oggi, a soli ventitré anni, Francesco Giuglietti è fondatore di un’associazione, studente universitario tirocinante nel reparto di chirurgia pediatrica dell’Ospedale di Padova e capo scout nella sua parrocchia.

Francesco nasce a Padova. Durante l’adolescenza i rapporti con i suoi familiari si fanno tesi e lo portano a vivere lontano da casa per qualche mese. Questo periodo di crisi porta Francesco, che fino a quel momento era stato un ottimo studente, ad essere bocciato per ben due volte in quinta liceo. Ormai quasi senza speranze, Francesco fa il test d’ammissione al Liceo delle Scienze Umane Maria Ausiliatrice di Padova, dove viene accolto a braccia aperte e dove, grazie a due professori accorti e alla conoscenza dell’attuale ragazza Giorgia, si sente per la prima volta avvalorato e compreso e riesce a lasciarsi definitivamente alle spalle gli anni precedenti.

È proprio grazie all’esempio di queste persone che Francesco capisce qual è la sua vocazione: essere per i più piccoli la “mano tesa” di cui lui avrebbe avuto bisogno da bambino.

Nonostante nel post-pandemia fosse stata scoraggiata l’apertura di nuove attività, nel 2020 Francesco fonda l’associazione PREnDE Education, una sorta di start-up che si occupa di organizzare doposcuola, ripetizioni e aiuto compiti per circa 110 bambini e ragazzi. È sorprendente il modo in cui in questi anni Francesco sia riuscito a creare con questi piccoli un legame non solo limitato all’ambito scolastico o ludico dei doposcuola, ma di vera e propria fiducia, tanto da arrivare a sentirsi chiedere consigli anche riguardanti la sfera privata.

Altro contesto in cui Francesco riesce a creare forti legami con i più piccoli è il reparto di chirurgia pediatrica dell’Ospedale di Padova, dove da qualche mese passa le sue mattinate come tirocinante. Lì il giovane segue i piccoli pazienti nel corso delle loro giornate, facendo loro prendere i farmaci e inventando per loro giochi sempre nuovi, fino al giorno dell’operazione, quando li accompagna, distraendoli, fino in sala operatoria, per poi attenderli e aiutarli nella convalescenza. Se tutto questo a molti può sembrare stressante e psicologicamente impegnativo, per Francesco non è niente di ciò: essendo stato abituato fin da piccolo a passare i pomeriggi nello studio di oncologia della madre, conosce questo tipo di ambiente.

In questa sua missione Francesco è stato indirizzato dal primario del reparto all’utilizzo di due robot acquistati dall’ospedale. Non considerando però il rapporto con un macchinario paragonabile al calore di un rapporto umano, Francesco si limita ad utilizzare questi piccoli robot per far giocare i bimbi.

Per quanto a molti questa idoneità di Francesco al mondo ospedaliero possa sembrare quasi una vocazione, per lui il tirocinio rimane un’esperienza arricchente ma limitata, infatti quando lo terminerà, non tornerà sui suoi passi, ma si dedicherà alla ricerca di opportunità sempre nuove che lo aiuteranno nel suo cammino di vita.

M.S. e D.C., 4^E