Mare di persone

Regnava il caos.

Mi trovavo circondato da decine e decine di persone che, come me, stavano fuggendo in cerca di condizioni più favorevoli, che avevano abbandonato le loro case alla ricerca di un futuro migliore. Si sentivano le urla disperate di madri e di padri terrorizzati al solo pensiero di separarsi dai propri figli e di non poter assistere alla loro crescita. Le grida strazianti si alternavano a momenti in cui invece tuonava un silenzio assordante.

Mi accerchiava una moltitudine di individui che scappava per le più svariate ragioni. Chi aveva voltato le spalle al proprio paese d’origine per violenze e conflitti che sembravano non giungere mai al termine, chi per la siccità o per altri sconvolgimenti ambientali. Non ci restava altro che questo viaggio verso la salvezza.

Eravamo schiacciati pesantemente l’un l’altro e percepivo su di me la presenza di tutti quei corpi fragili ammassati ferocemente sulla barca. L’odore della pelle, impregnato di quello del sangue e della benzina, si mescolava al profumo fresco e inebriante del mare. I volti delle donne e degli uomini spaventati risaltavano nel freddo tagliente della notte. Tuttavia il buio pesto, la catasta di gente accalcata e le onde rabbiose impedivano di distinguere i singoli sguardi.

In lontananza un’interminabile successione di navi solcava le acque del mare burrascoso. La folla di corpi stremati dalla fatica mi accompagnava in questo viaggio dall’esito ancora del tutto incerto. Le nostre voci si confondevano con le lacrime e con i violenti schizzi d’acqua che scrosciavano contro la fiancata metallica.

In un attimo fui gettato in acqua.

Sentivo la forza delle onde che mi scagliava al largo con insistenza, mentre galleggiavo a fatica, succube della potenza straordinaria della corrente. Attorno a me una miriade di persone ansimava in bilico tra la vita e la morte.

Echeggiavano grida di aiuto alle quali non seguiva alcuna risposta.

Mi sforzavo di restare in superficie con movimenti rapidi e confusi. Mentre tossivo nel tentativo di prendere boccate d’aria, l’acqua faceva ingresso prepotentemente nella mia bocca.

Fu l’ultima volta che vidi gli occhi di Maya.

Viviana Nevola 5^A