Prosopopea del coraggio

Cara Paura,

ci incontriamo di nuovo.

Ricordo quella notte nel bosco una decina di anni fa: dipingevi mostri e trasformavi il vento in voci. Ti raggiunsi e scrutai dapprima intimidito la bellezza dei tuoi lineamenti, poi ti carezzai il volto e strinsi le tue mani. Ballammo su note vorticose fino a quando, esausta, non stramazzasti a terra. Sconfitta. Un po’ come una mantide, ti amo per poi distruggerti. Così, improvvisamente inerme, lasciasti la radura; ed il bambino, finalmente leggero, sorrise alzando gli occhi alle stelle. Subito corse a perdifiato e, toccando il tronco rugoso, gridò: “un, due, tre per me”.

Il piccolo, che temeva il buio e si addormentava solo se cullato dal profumo della sua mamma, è cresciuto, ed oggi ha paure nuove e ben diverse. Le sue gambe però, sebbene possano ancora tremare in tua presenza, sono più forti ed impavide. Avvicinati, mia cara, danziamo ancora una volta: occhi persi l’uno nell’altra, e nel tempo di un valzer lascerai libera la mente di quel ragazzo.

Sei soltanto fumo: incorporeo e soffocante. Quel vuoto pesante che riempie e stringe lo stomaco impedendo qualsiasi reazione, ma nonostante ciò ti devo ringraziare. Grazie perché mi doni la vita, perché sei il terreno sul quale attecchisco; grazie perché è nei momenti bui e tempestosi che posso crescere in vigore e determinazione.

La verità è che il mio ruolo è essenziale tanto quanto il tuo, non possiamo prescindere l’uno dall’altra e insieme scriviamo l’esistenza di tutti quegli uomini che non si lasciano vivere pigramente, bensì affrontando le difficoltà e le prove di ogni giorno con propositività e ponderazione.

Spesso, vengo confuso con la sprezzante spavalderia assetata di inutili rischi rivestiti di incosciente eroismo, quando invece la mia essenza consiste nella volontà di affermarsi in qualità di individui e nella determinazione nel difendere il proprio pensiero. Abito il cuore e le membra di quanti non si lasciano sopraffare da te e dalle ingiustizie apparentemente insormontabili, ma rischiano la loro stessa vita per gli altri nel proteggere la luce.

Sono il giallo, una lucciola in un campo dissestato in una notte senza Luna, una mano che ne sfiora un’altra. Ho vita breve: sono un guizzo, uno scintillio nello sguardo, il respiro profondo prima del salto.

Sappiamo entrambi che non ci separerà mai un addio e che, ogni volta che ci incontreremo nuovamente, i nostri piedi, ormai memori di questi passi, balleranno un po’ più sicuri.

Allora a presto, mia dolce compagna.

Tuo fedele,

Coraggio

Eleonora Viola, 4^E