Alla ricerca delle origini
Troppo frequentemente la paura è bollata con un'accezione meramente negativa, anzi esclusivamente dispregiativa: la paura è la virtù del debole. Tralasciando il fatto che a lungo si potrebbe discutere sulla definizione di debole e su ciò che concerne, indubbiamente il concetto di paura non dovrebbe essere assolutizzato, bensì inserito nella categoria vox media, affinché la polisemia di cui è propria possa emergere appieno. Ma perché è così importante trasformare l'immaginario collettivo? Non sembra, ma la paura fu lo stato d'animo che permise l'affermazione della nostra specie: l'uomo delle origini senza il timore della morte non avrebbe inventato la medicina, senza il timore dell'ignoto non avrebbe inventato le scienze, senza il timore dell'oblio non avrebbe inventato l'arte… Ma poiché è pur sempre valido il principio omnis determinatio est negatio non tardò a far capolino nell'esistenza umana la negatio della paura, ossia il coraggio, stravolgendo l'orizzonte del nostro lieto vivere; ormai l'uomo ha acquisito il dominio di ciò che lo spaventa e così esordisce con la sua revanche: la natura non incute più paura e così è vessata, la dimenticanza passa in secondo piano e così trascina con sé nel baratro anche le arti da essa stessa generate. E allora? Cosa fare per un'evoluzione degna di essere chiamata tale? Abbracciare le istanze del futuro o quelle del passato? È un ossimoro, ma il progresso è alle nostre spalle, per realizzarlo è sufficiente voltare lo sguardo indietro, interrompendo, anche di un solo istante, l'inesorabile galoppo verso un fuorviante futuro. Ricominciamo ad aver paura così la vita finalmente sarà in grado di ritrovare la serenità e l'armonia delle quali troppo a lungo è stata privata.
"Muore maggior numero di persone per coraggio che per paura"
Michele Negri, 5^E