I colori lassù

Non vedo un arcobaleno da moltissimo tempo. Spesso non ci faccio molto caso, ma se ci penso, la cosa mi dispiace tantissimo: quando ero bambina, bastava che quei nastri di luce colorata si adagiassero sulle nuvole per qualche minuto e il mio sorriso ne avrebbe riflesso le sfumature per tutta la giornata. Ho sempre amato gli arcobaleni, un po’ come tutti, immagino: nessuno può negare che vedere un arcobaleno nel cielo possa far germogliare, anche solo un istante, persino la più burrascosa delle giornate. Mi ha sempre ammaliato questa straordinaria capacità di regalare un piccolo sorriso agli occhi delle persone, un attimo rubato di serenità dopo le angosce di un temporale. E anche se si è consapevoli che la tempesta tornerà, non importa, perché, in quel momento, delle goccioline variopinte sospese a mezz’aria donano una pausa dalla fretta del mondo. Sembra così perfetto, visto da quaggiù: un meraviglioso arco di luce, un ponte da passeggio che porta chissà dove. Immobile. Eppure i colori sono diversi, come fanno a stare quieti, abbracciati, senza muovere un muscolo? Se il compito di addobbare a festa il cielo fosse toccato a noi umani, chissà che disastro avremmo combinato…sarebbero partiti litigi a tutto spiano: chi deve stare davanti, chi ha la precedenza, chi è più importante, tutti vorrebbero essere i primi…come se la bellezza dell’arcobaleno fosse definita esclusivamente dal colore che appare per primo.

Alla fine, avremmo formato una gigantesca e rumorosa autostrada, con delle alte mura a separare le corsie in modo tale che ognuno “stia al suo posto”, e avremmo avuto l’ardire di chiamarlo ordine. Ma possono le costrizioni senz’anima essere definite “equilibrio”? Nel tentativo di convincere gli altri e noi stessi di essere perfetti, avremmo chiuso le nostre emozioni in una grande gabbia senza porta, perdendo il più grande tesoro che ci rende umani. Per colpa nostra, il cielo avrebbe assunto un’aria tetra e triste, e le nuvole ci avrebbero girato alla larga: a nessuno piacciono gli ipocriti. Forse è proprio meglio che l’incarico di creare l’arcobaleno non sia spettato a noi, ma, pur essendo quaggiù, dovremmo comunque prendere esempio dai suoi colori. Certo, da una così grande distanza non possiamo vedere se Viola solletica Indaco di soppiatto, o se Rosso e Giallo si fanno la linguaccia mentre fra di loro Arancione rotea gli occhi spazientito…ma forse è proprio questo ciò che dovremmo imparare: restare uniti, nonostante i difetti, nonostante tutto. Picchiarci, ma solo di baci, come le babysitter tutte miele un po’ troppo impertinenti. Arrabbiarci, ma solo per fare pace. Brillare in un modo imperfetto, ma senza confini, come gli arcobaleni che disegnano i bambini e che, forse, dovremmo riprendere a disegnare pure noi.

L.E., 2^L