Il coming out è un nuovo inizio

Tutti conosciamo le contrastanti sensazioni che si provano di fronte a un nuovo inizio, questo è il coming out, un inizio. Dopo un lungo percorso interiore, fatto di dubbi, domande e insicurezze, è normale che si senta la forte necessità di comunicare quanto si è compreso ai propri familiari ed amici. Tuttavia rivelarsi agli altri può far paura, si ha il timore di non essere accettati e di essere considerati diversi, e di essere pertanto allontanati. Nonostante questo rischio chi decide di fare coming out lo vive come un qualcosa di necessario, dal momento che l’essere umano ha bisogno di sentirsi parte di un qualcosa, di definire la propria identità per trovare sicurezza e stabilità.

Siamo perfettamente consapevoli del fatto che questo argomento sia molto delicato e che c’è ancora uno stigma sociale attorno ad esso, ma pensiamo che portare all’attenzione dei nostri lettori un’esperienza intimamente vissuta, potrebbe aiutare altre persone che si trovano nella stessa situazione a comprendersi maggiormente e trovare appoggio e ispirazione.

“Non credo che sarò mai in grado di esprimere quanto sia stato importante per me capire finalmente chi sono davvero. Abbracciare il mio vero io è stata un’esperienza cruciale, davvero, un capitolo completamente nuovo della mia vita. Ho passato anni e anni, dall’inizio della pubertà, in conflitto con il mio corpo. All’inizio la mia disforia era causata dal fatto che ero molto magra, e di conseguenza il mio seno era abbastanza piatto, mentre altre ragazze della mia età cominciavano a sviluppare il loro corpo molto velocemente, quindi mi sentivo inadeguata, non abbastanza femminile. Quello che la me dodicenne non riusciva a vedere, quello che non riuscivo a capire, era che il mio problema era molto più radicato di quanto pensassi. Ho provato di tutto per aumentare di peso, ma il mio metabolismo era veloce e il mio sforzo era inutile; poi ho cambiato completamente direzione e ho cercato di diventare più magro possibile, al punto che ho sviluppato un disturbo alimentare che mi ha arrecato solo un gran dolore. Dopo di che ho finalmente guadagnato il peso tanto sperato, il mio seno è diventato più grande, il mio corpo ha iniziato a diventare più femminile. Ma la mia disforia è peggiorata. Fu in quel preciso momento che finalmente capii che ciò che causava la mia insoddisfazione non era il fatto che fossi - e io sia tuttora - meno femminile di altre ragazze, ma che, in effetti, non sono una ragazza. Non solo. Sono genderfluid: a volte mi identifico come ragazza, a volte come ragazzo e a volte come nessuno dei due.

Comprendere questo aspetto della mia vita mi ha finalmente dato la pace di cui avevo bisogno. Fu cruciale, trasformante, persino. È stato davvero un nuovo inizio per me: riuscire a riconoscere la mia identità mi ha reso più sicurə di me, mi ha dato conforto e sicurezza e finalmente ho potuto amarmi per quello che sono veramente. In situazioni come la mia, pensare di poter fare affidamento esclusivamente sugli altri è sciocco, poiché non si può sperare di arrivare a comprendere sé stessi basandosi sull'opinione e l'esperienza altrui. Ma altrettanto sciocco sarebbe sperare di farcela unicamente con le proprie forze: che sia nella fase della scoperta della propria identità, o nella fase della sua affermazione, un sostegno da parte di un amico o di un familiare sarà sempre necessario. Nel mio caso, la presenza di due amiche strette è stata di fondamentale importanza. Mi hanno sempre detto che in qualsiasi genere avessi desiderato identificarmi, loro mi avrebbero accettata senza pregiudizi, qualsiasi fosse stata la mia identità, mi avrebbero voluto ugualmente bene. Insomma, non mi hanno aiutata a capire chi fossi, quello è stato un cammino che ho intrapreso da solo, ma mi hanno assicurato un posto nel loro cuore, e ciò mi ha dato la forza e il coraggio di vivere finalmente in modo autentico.”