L'incipit: uno spazio magico

L’incipit di un’opera letteraria si configura come una sorta di spazio magico: è il luogo in cui lo scrittore lancia le sue ‘esche’ al lettore per farlo collaborare all’invenzione narrativa che si appresta a raccontare ma è anche il limen, la soglia che permette a quest’ultimo di delineare il perimetro della vicenda, di assaggiare lo stile dell’autore, di mettere a fuoco il genere letterario con cui si confronterà.

Spesso è proprio l’inizio a dirci che quello è il libro che fa per noi. La letteratura mondiale è ricca di incipit celebri: bastano poche righe per riconoscere testi considerati unanimemente fondamentali, canonici.

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

ché la diritta via era smarrita. 3

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura! 6

Tant’è amara che poco è più morte;

ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,

dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte. 9

Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,

tant’era pien di sonno a quel punto

che la verace via abbandonai. 12

I versi con cui si apre il poema dantesco sono uno degli esempi più evidenti della forza dell’incipit: chi legge Dante fissa nella mente in modo indelebile l’inizio dell’opera, inizio che coincide anche con l’avvio del viaggio oltremondano del Dante viator, fissato una volta per tutte in quella fase cruciale della propria esistenza e spaurito nella selva del peccato. Altrettanto celebre è l’esordio di una delle opere che ha reso famosa la poesia epico cavalleresca italiana in tutta Europa, quello dell’Orlando Furioso di Ariosto:

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,

le cortesie, l’audaci imprese io canto,

che furo al tempo che passaro i Mori

d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,

seguendo l’ire e i giovenil furori

d’Agramante lor re, che si diè vanto

di vendicar la morte di Troiano

sopra re Carlo imperator romano.

Il lettore che si appresta a entrare nell’universo narrativo di questo autore si attrezza, alza le antenne, si prepara a compiere un viaggio in un mondo lontano in cui vicende storiche e amorose di cavalieri antichi si intrecciano a episodi magici e fatati: il palazzo di Atlante, con le sue apparizioni illusorie, o la luna, luogo in cui si raccoglie tutto ciò che gli uomini hanno smarrito, sono esemplari di quanto l’elemento magico, soprannaturale si intrecci con le vicende dei paladini cristiani.

Se si fa un salto in avanti di almeno tre secoli, l’altro incipit indimenticabile è quello dei Promessi Sposi di Manzoni, con lo sguardo del narratore sul paesaggio che fa da sfondo alla vicenda iniziale dei due giovani il cui matrimonio viene ostacolato dai capricci del volubile don Rodrigo:

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talchè non è chi, al primo vederlo, purchè sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune.

Il ritmo piano, la cura per i particolari che caratterizzano i romanzi ottocenteschi ci ricordano oggi che un tempo i lettori non esploravano luoghi e città tramite il web e che, anzi, conoscevano il mondo proprio grazie ai libri; anzi, ne conoscevano usi, costumi, abitudini, modi di pensare, scale di valori. Memorabile, in questo senso, l’inizio di Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen:

È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo provvisto di un ingente patrimonio debba essere in cerca di moglie. Per quanto al suo primo apparire nel vicinato si sappia ben poco dei sentimenti e delle opinioni di quest'uomo, tale verità è così radicata nella mente delle famiglie dei dintorni, da considerarlo legittima proprietà dell'una o dell'altra delle loro figlie.

Questa “passeggiata narrativa” tra gli incipit più noti potrebbe protrarsi a lungo e potremmo stare ore a estrapolare inizi celebri nei quali si stagliano personaggi così vividi da sembrarci strano che non siano mai esistiti: “Chiamatemi Ismaele” sono le parole con cui si apre uno dei capolavori della letteratura americana, Moby Dick di Melville e non c’è dubbio che ciascuno di noi avrebbe voluto incontrare almeno una volta nella vita l’immaginario Capitano Achab.

Mi piace però chiudere questo pezzo per il primo numero del Liceale dell’anno scolastico ‘21/’22 citando l’inizio di un romanzo di Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, con l’augurio che molti di voi ci si possano rispecchiare. Lo scrittore ritrae la prima mossa del lettore, quando si accinge alla lettura e cerca il silenzio, la concentrazione, l’agio anche fisico:

Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla, di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso, dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace. Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull’amaca, se hai un’amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giù, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce. Bene, cosa aspetti? Distendi le gambe, allunga pure i piedi su un cuscino, su due cuscini, sui braccioli del divano, sugli orecchioni della poltrona, sul tavolino da tè, sulla scrivania, sul piano del tavolo, sul mappamondo.

Bene, cosa aspettate? Prendetevi il libro in mano, rifugiatevi in un angolo tranquillo, mettevi comodi e buona lettura a tutti!

Prof.ssa Morena Marsilio