Domenico Caiazza
Roccamonfina - Note di storia, archeologia e toponomastica del territorio dalla preistoria al medioevo
in “Roccamonfina Orto della Regina”, Isola del Liri 1990
Due piccoli strumenti di selce raccolti sulla conoide del Rio Rava di Mignano Montelungo, attribuiti dal Brancaccio al Paleolitico Superiore, sono la più antica testimonianza dell'uomo nei pressi del Roccamonfina. Né sembri poco: nel retroterra della Campania tali ritrovamenti sono assai rari: le amigdale da Venafro, Guardia Sanframondi e Monte Miletto, cui si sono aggiunte di recente belle amigdale da Faicchio ed un raschietto da Roccavecchia di Pratella, nonché una punta dal Montemaggiore e materiali da un deposito epipaleolitico da Falciano del Massico. Frequenza più accentuata si ha nell'attuale Lazio Meridionale - ma già Terra di Lavoro - con i ritrovamenti di Pontecorvo, Pignataro Interamna, Aquino, Roccasecca, Casalvieri.
Nella nostra zona le coltri di tufo e di materiali piroclastici celano i paleosuoli e nascondono i reperti, la scarsa riconoscibilità di questi e la mancanza di indagini impediscono il progredire delle conoscenze. D'altro canto la scarsa antropizzazione del territorio, il diminuire degli addetti alla silvicultura ed all'agricoltura e la mancanza - per buona sorte - di significativi scavi per edilizia, strade o cave non consentono neppure rinvenimenti casuali.
Sicché dei tempi antichissimi non ci rimane che qualche relitto toponomastico, quali ad esempio l'idronimo Savone (= fiume) e gli oronimi con la radice tauros (= monte) come Torano, Tuororame, Tuorisichi, etc.
È ipotizzabile che il vulcano sia stato frequentato durante l'Eneolitico, alla cui economia pastorale offriva pascoli e sorgenti, anche perché una ordinata e quasi geometrica scansione di luoghi di ritrovamento di materiali eneolitici segna la base del vulcano: reperti di tale epoca sono stati trovati a Rocca d'Evandro, Caianello, Teano, Carinola, Sessa e Calvi. E può pensarsi che gli uomini della cd. Cultura del Gaudo, di cui si son rinvenute numerose tombe a Sessa, risalissero con le loro greggi i boschi e le vallate del vulcano.
Nella Età del Bronzo, che data in Campania circa ai secoli XIV-IX a.C, è probabile che anche sulle giogaie del vulcano si insediassero degli abitati, analogamente a quanto avveniva per i vicini rilievi. Infatti un grosso villaggio di capanne di rami intonacate con argilla, poi indurita col fuoco, è testimoniato sulle vicine pendici del Monte Catrevula, tra Vairano Scalo e Pietravairano, e vi sono notevoli indizi di presenza stanziale sulla collina retrostante Cales, mentre nel territorio di Teano è emersa la ceramica appenninica.
Le fonti antiche ci indicano il nome del popolo che in età arcaica abitò il vulcano: gli Ausoni o uomini delle sorgenti (ausa) secondo l'etimologia del Devoto, il cui nome per rotacismo e suffizzazione con "ni" diverrà Auronici per poi contrarsi in Aurunci.
Su tale stirpe sono conservate varie e discordanti tradizioni e troppo arduo sarebbe qui tentarne l'analisi. Basti sapere che le fonti più antiche (IV sec. a.C.) identificano gli Ausoni con gli Opici, abitanti nella Pianura Campana. Polibio ritiene invece che Opici ed Ausoni fossero popoli diversi. Il problema è poi complicato dalla identificazione degli Ausoni con gli Aurunci - generalmente accettata seppure da alcuni con riferimento a periodi cronologici diversi - e tra Opici, Osci, Oschi, più controversa.
Neppure sul territorio occupato dagli Ausoni vi è concordia. Di sicuro però in tempi storici si aveva certezza che, pur dopo l'avvenuto tramonto della loro massima potenza, vi era una reliquia della gente ausone: gli Aurunci, sparsi intorno al Roccamonfina. Cales, l'odierna Calvi, era città degli Aurunci, e vi erano almeno altri tre centri principali: Ausona, Vescia e Minturnae. Le rare ed imprecise notizie sulla ubicazione delle tre città aurunche hanno consentito lo sbizzarrirsi delle opinioni degli studiosi e non vi è solido muro antico, specie le basis villae in opera poligonale, tra il Massico, il Garigliano ed il Roccamonfina di cui non si sia proposta l'identificazione con uno dei detti antichi centri.
La selva delle proposte è così fitta ed intricata da far forse impallidire la pur aggrovigliata ed eterna controversia sui più antichi popoli della Campania, a cui abbiamo ora accennato: il Sacco ubicò Aurunca nel fortilizio megalitico detto Orto della Regina sul Monte Frascara, il Perrotta criticò tale assunto ed associò la città alle mura megalitiche in vetta al vicino Monte S. Croce. In tempi più vicini il Verrengia ha identificato nell'Orto della Regina le rovine dell'antica Vescia, che Maiuri sposta nel Massico, come già il Nissen aveva proposto, mentre il Radke la pone ove sorgeva l'antica Sinuessa, (Mondragone), che per altri autori coincide con la greca Sinope. Molti studiosi poi propongono di identificare Vescia con Sessa, l'antica Suessa Aurunca, che potrebbe, per altri, coincidere proprio con Ausona... leggi tutto