Vi raccomando ancora tutt'i poveri peccatori

26 – Vi raccomando ancora tutt’ i poveri peccatori.

Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri. Sforzatevi di entrare per la porta stretta… Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, comincerete a bussare. Siate pronti con cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e chiama. Stolto questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita.

Ce ne sono tanti di avvertimenti del genere nella vita e nella predicazione di Cristo, uno appresso all’altro. Come non ricordare le provvide belle fanciulle vergini con la lanterna luminosa contro le altre rimaste senza olio per la lampada quando arriva lo sposo? Bisogna tenerne conto e trarne le conclusioni sul piano operativo concreto, cioè bisogna realizzare le cose e i fatti che ci consentono di stare nei limiti di tali raccomandazioni. Quando si sgarra, c’è il peccato, che è in contrapposizione con i comandamenti di Dio e con i precetti della Chiesa. I primi a sapere di averlo fatto siamo noi, perché le regole giuste del vivere umano sono scritte, e a caratteri indelebili, nella coscienza di ciascuno. Chi è che mai ha peccato? Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Donna, va’ e non peccare più. Ti siano rimessi i peccati. La misericordia di Dio è infinita e in essa riponiamo tutta la nostra fiducia.

Il peccato mortale è offesa estrema a Dio e perché esso ci sia nell’atto offensivo devono sussistere insieme tre elementi certi: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso. Anche se in realtà tali condizioni necessarie e sufficienti, indicative di una posizione decisa contri Dio, sono difficili a verificarsi, di peccatori ce ne sono. Io spero che siano pochi, pochissimi, e me lo auguro, e ne ho speranza. Penso che l’inferno non sia affollato, e desidero che sia così, perché io ne ho paura e prego i Padre di non mandarmici. Non è grande, infinita, la misericordia di Dio? E Gesù non è venuto al mondo e si è fatto uccidere per salvarmi? Per assumersi i peccati dell'uomo e bruciarli nel roveto della sua carità? E perché il Figlio di Dio e il Figlio dell'uomo è rimasto con noi sulla terra giorno e notte in carne ed ossa? Al Signore eucaristico ci rivolgiamo oggi con la guida di Alfonso Maria de’ Liguori proprio per raccomandare i peccatori.

Due aggettivi pone il santo a specificare e a qualificare il termine. Il primo è «tutti», nessuno escluso, perché ciascuno di essi ha bisogno di misericordia, io prima di tutti. Molto spesso usa tale sottolineatura quantitativa per rispondere alle urgenze caritative del suo grande cuore, ma qui lo adopera per rafforzare la necessità di dare salvezza a chi ostinatamente non la cerca e rigetta l’invito a ravvedersi che continuamente gli viene rivolto da chi gli vuole veramente bene, per evitare che il sangue di Cristo scorra invano, per aumentare la gloria del Padre, per riscontrare ancora dì più la positività dell’amore che è dono dello Spirito Santo. L’altro aggettivo usato è «poveri», che qui va preso nel senso più autentico del termine e nel pieno valore negativo che ha: privo della grazia di Dio, che è bene sommo, e quindi destinato ad essere per l’eternità privo del bene sommo, che è la visione e il possesso del volto del Padre.

Chi ama sa quali sofferenze portino la Mancanza o appena la lontananza dell’amato; ebbene, si pensi cosa sia non avere il bene sommo cioè Dio la somma di tutti i beni, l'alfa e l'omega, per tutta l’eternità. Il peccato è figlio del male, è generato dal diavolo che è nemico di Dio. Ebbene, la privazione di Dio per l’eternità è l'inferno, il fuoco rosso vermiglio del non avere, l’arsura che ti brucia dentro per la disobbedienza fatta, le fiamme del rimorso e della pena eterna che ti divorano. Penso al ricco epulone che chiede aiuto, ma elevato a una potenza con esponente assai grande, infinito. Signore, fa’ che io non vada all'inferno. Signore, fa’ che nessuno ci vada. Signore, ti raccomando tutti i peccatori: salvali dall'inferno.

Potrebbe sembrare un controsenso questa mia raccomandazione proprio a te, che sei venuto in terra per la loro salvezza. Eppure non è così, perché anche la mia preghiera, per quanto piccola piccola e di pochissimo, di quasi nullo valore, si assomma alle altre per smuovere ancora la carità del Padre e per ottenere che i1 cuore di chi manca si converta e viva nella grazia. Guardo te e nelle specie eucaristiche ritrovo il centro della misericordia: il pane che si spezza, profumato di terra, del grano che il sole indora nella campagna distesa, frutto del sudore dell'uomo; il vino che è salute, che è di buon augurio per tutti, spremuto dai grappoli rigogliosi che danno i vitigni curati con amore.

Ritorno al vignaiolo dell’inizio per ricordare un’immagine che mi è fissa nella mente ad evocare la mia fanciullezza: le cene fatte in famiglia sulla terrazza, sotto il pergolato di viti di nove tipi di uva diversi. Io sono la vera vite, il Padre è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglierà via; e quello che porta frutto lo poterà, perché frutti di più. Signore, che i1 Padre non tagli me con la sua inesorabile giustizia, ma mi poti, mi pieghi, mi aggiusti al sostegno più vicino, perché la volontà ce l’ho di non morire alla grazia e, se non proprio portar frutti, almeno qualche gemma vorrei cacciarla per dare onore e gloria al creatore e signore del cielo e della terra e pure per darmi ancora speranza per il futuro breve che ho.

Anche a questo punto una citazione dì Ratzinger fa bene riportare, perché fa bene proprio al caso nostro. Ricordiamoci che la parabola della vite e dei tralci sta nel contesto dell'ultima cena di Gesù. Dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù aveva parlato del vero pane dal cielo che egli avrebbe donato, dando così una profonda interpretazione anticipata del pane eucaristico. È difficile immaginare che, nel discorso della vite, egli non alluda tacitamente al nuovo vino, cui aveva fatto tanto riferimento a Cana e di cui ora ci fa dono il vino derivato dalla sua passione, dal suo amore sino alla fine. Da questo punto di vista, la parabola della vite ha senz'altro uno sfondo eucaristico. Rimanda al frutto portato da Gesù: il suo amore che si dona sulla croce, che è il nuovo vino pregiato destinato al banchetto nuziale di Dio con gli nomini. L'eucaristia, senza essere menzionata espressamente, diviene così comprensibile in tutta la sua profondità e grandezza. Ci rimanda al frutto che noi, in quanto tralci, possiamo e dobbiamo portare con Cristo e in virtù di Cristo: il frutto che il Signore si aspetta da noi è l'amore, che con lui accetta il mistero della croce e diventa partecipazione alla sua autodonazione e cosi la vera giustizia che prepara il mondo in vista del regno di Dio.

Per questo sei venuto nella storia dell'uomo, Signore, per metterci in condizione di dare questo frutto, per farci essere tralci produttivi d'amore, per portare in una parola i peccatori alla tua mensa, alla mensa del regno: non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori. E insieme con i peccatori e i pubblicani tu mangiavi con la stessa familiarità con cui stavi a tavola con i farisei, che dicevano di scandalizzarsi. Hai dimostralo così non solo di perdonare i peccati, ma di integrare i peccatori perdonati nella comunità del popolo di Dio. Tu non sei il bel pastore che va a trovare la pecora smarrita, la donna che cerca la dramma perduta, il padre che aspetta il figlio prodigo, il samaritano che medica le ferite, il giusto giudice che non fa distinzione di persone?

Sant' Agostino definisce il peccato una parola, un atto o un desiderio contrario alla legge eterna e nel Catechismo la definizione viene chiarita con l'attenzione che richiede la materia: il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza, è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. È l’offesa a Dio e segna la vittoria del diavolo. Contro di te, contro di te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto. Sono versetti del Miserere, un salmo che dovremmo recitare spesso con dolore, con grande dolore.

La radice dì tutti i peccati è nel cuore dell'uomo. Gesù mio, cambiami il cuore. Munda cor meum. Lavami abbondantemente dalla mia iniquità, e dal mio peccato puliscimi. Aspergimi con l'issopo e sarò terso, lavami e sarò bianco come la neve. Un cuore puro crea in me, o Dio, e uno spirito retto rinnova nelle mie viscere. Sai tutto di me, la inveterata cattiveria, la recidività delle passioni perverse, la compiacenza a raccontare malizie e nefandezze, la resistenza alle chiamate che mi hai fatto e mi fai continuamente, entrando da quella porticina misteriosa del tabernacolo nella mia mente e nel mio cuore. Sono stato sacrilego e ho invocato la grazia sacramentale a copertura della mia malvagità? Tu lo sai e sai pure che se mi viene il dubbio il male c’è stato e c’è. Perdonami, perdonami.

Sì, questa parte di me tagliala, fanne fascine e bruciala nell'ardore del tuo amore. Puoi farlo, tu puoi certamente trasformare il peccato in grazia, se c’è la risposta alla tua chiamata. E tu sai se la risposta, almeno quella dell’intelligenza, c’è o non c’è: è la forza di volontà che mi manca. Alfonso de’ Liguori, che è santo, ti prega per tutti i poveri peccatori; pur io, te l’ho detto, ti prego con lui, ma prego, e ne son contento assai, anche per me, che sono tra i poveri, i più poveri peccatori. Alza la mano, perdonami, assolvimi, e poi la stessa mano benedicente poggiala sulla mia testa, che vorrei, per quanto riguarda tanta disubbidienza, vorrei mi fosse cambiata da te, dallo Spirito Santo, che soffia amore sempre e dovunque sulla mia proterva cattiveria.

Non mi rigettare dalla tua faccia, e il tuo santo Spirito non mandar via da me. Lo canto, canto tutto il Miserere in ginocchio, in gregoriano, con i monaci benedettini di Montecassino e nell’eco della nostra invocazione sottomessa sento la voce di tutti quelli che pregano nella Chiesa per la conversione dei peccatori.