Ricostruzione grafica

RICOSTRUZIONE GRAFICA DI ALCUNE ISCRIZIONI ALIFANE

Le numerosissime iscrizioni fratturate venute alla luce nell’ ambito dell’Impero Romano hanno, da sempre, stimolato l’ abilità degli epigrafisti, i quali, con ipotesi, collegamenti e congetture, hanno cercato di ricostruirne le parti mancanti. Anche nel territorio dell’ antica Allifae ci sono alcune epigrafi che, integre, avrebbero potuto fornirci importanti notizie circa la vita politica e sociale della città; ed anche qui non sono mancati i tentativi di ricostruzione, che si sono particolarmente indirizzati verso un’ iscrizione marmorea vista dal Trutta(1) all’ esterno della Chiesa di S. Maria del Campo di S. Angelo d’ Alife ed oggi conservata (?) nello scantinato della Scuola Media del suddetto Comune(2) Dalla fotografia che qui pubblichiamo appare evidente lo scempio al quale è stata sottoposta l’ epigrafe dove, in belle lettere, si legge:

..........O.M.F.TER.CELERI

..........IBVS. IVDICAN. Q.

..........LLI.COS.LEGATVS.MISSVS

..........CVM.A.PLAVTIO.IN.APVLIA

...........RQVENDOS.AED.CERIALIS

...........VNCVLI SVI IN PROVINCIA

...........CAMILLI IN PROVINCIA

...........VINCIAM.CRETAM ET CYRENAS

............RCIANI CONSOBRINI SVI IN PROVINCIA

............A VLTERIORE

Dopo le ipotesi a suo tempo avanzate dall’Hirschfeld, dal Dessau e dall’Alfoldy, è venuta, qualche anno fa, anche quella del prof. G. Camodeca, il quale, attraverso ben costruite ma un po' azzardate supposizioni, suggerisce di attribuire il personaggio onorato, Celer, alla cospicua gens Aedia di Allifae. L’ articolo che sviluppa tutta l’ipotesi del Camodeca reca anche una ricostruzione grafica dell’ intera epigrafe (tav.1), così come doveva apparire sulla lastra marmorea(3)

Ma per un’esatta e ben proporzionata rappresentazione occorre partire da qualche elemento sicuro ed inoppugnabile che permetta di stabilire, con buona approssimazione, l’estensione dello specchio epigrafico. Nel presente caso risulta evidente che l’unica linea ricostruibile in tutta la sua lunghezza e nella sua esatta posizione è la seconda, dove, senza alcun dubbio, si doveva leggere X.VIR.STLITIBVS.IVDICAN.Q.

Si può quindi avere una ricostruzione grafica (tav.2) rispettosa di tutte le simmetrie d’impaginazione evidenti in quanto ci resta dell’ iscrizione(4) , perciò, da un’analisi dettagliata di questa nuova impostazione, sono possibili le seguenti considerazioni.

Linea 1: Nessuna integrazione è possibile. Si può solo dire che il gentilizio di Celer doveva avere circa 7/8 lettere(5)

Linea 3: Il supplemento M. FVRI CAMI è troppo breve per lo spazio da riempire. Meglio Q. CAECILII METE, console nel 7 d. C.

Linea 4: Appare giusta l’integrazione del Camodeca.

Linea 5: La parola SERVOS proposta dal Mommsen non copre interamente lo spazio.

Linea 6: Il nome M. GRANIVS, suggerito dal Camodeca, sarebbe stato poco chiaro per coloro che avrebbero letto l’ epigrafe, perché tutti i membri di questa gens alifana portano il prenome Marcus. Ultimo è M. Granius, M., f., Kanus che un’iscrizione recentemente venuta alla luce indica come praetor e proconsul(6) .

L’abbreviazione LEGAT o LEG. dipende dalla lunghezza del nome di persona da inserire nello spazio.

Linea 7: Nessuna ipotesi. La lunghezza del nome della provincia condiziona l’ abbreviazione della parola legatus.

Linea 8: Giusta l’ipotesi del Camodeca.

Linea 9: Non vi è posto per la parola SORTE.

Linea 10: Inevitabile l’ integrazione HISPANI

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Un’altra ricostruzione grafica è possibile per due grossi frammenti di un’iscrizione di Augusto. Il primo pezzo, visto dal Trutta, è murato in una masseria, sulla cosiddetta Via delle Fosse che da Piedimonte va ad Alife, poco dopo il cimitero. Il secondo è stato rinvenuto verso il 1961, nei pressi dell’ attuale Consorzio Agrario di Piedimonte Matese, nel terreno una volta appartenuto all’ antico monastero di S. Salvatore(7) . La grandezza delle lettere e le dimensioni dei blocchi ci danno la certezza che i frammenti appartengono alla stessa iscrizione, ma non sono consecutivi, perciò, posizionandoli, dovremmo avere.

...SARI·DIV....................O·PON...

...TRIBVNIC·..................III·PAT...

Nella prima linea del secondo frammento, a sinistra, si vede una piccola parte della barra orizzontale di una T; a destra, la N è quasi divisa a metà dal taglio terminale del blocco e perciò doveva continuare sull’ altro che aveva accanto, tenuto stretto da una grappa metallica di cui si vede, sotto la lettera, l’ incasso. Nella seconda riga vi è, quasi intera la mezza barra orizzontale della T, mentre a sinistra restano l’ estremità superiore ed inferiore delle aste oblique di una X.

Il tutto consente questa ricostruzione

imp. caeSARI· DIVi. f. augusTO· PONt. max

cos.xiii.TRIBVNIC.potest.xxIII·PATri.patriae

Gli elementi determinanti per la datazione dell’iscrizione ci vengono forniti dal titolo pater patriae, che Augusto ebbe il 5 febbraio del 2 a. C., e dalle potestà tribunizie XXIII (1 a. C. / 1 d. C.)o XXXIII(8) (10 / 11 d.C.), che rappresentano rispettivamente il termine ante e post quem; perciò in questo intervallo (5 febbraio del 2 a. C., 26 giugno dell’ 11 d.C.), è da porre, con certezza, la data dell’ epigrafe.

Tenuto conto della grandezza dei frammenti e della dimensioni delle lettere in essi contenute, ne viene una ricostruzione grafica dalla quale risulta che non vi è posto per una terza X, così che la data è da fissare alla ventitreesima potestà tribunizia di Augusto, che va dal 27 giugno dell’1 a. C. al 26 giugno del 1 d. C.

Risulta anche che l’ iscrizione doveva svilupparsi su quattro blocchi lapidei per una lunghezza complessiva di circa 52 palmi (3,80 metri circa). Il primo e l’ ultimo blocco dovevano essere di 11 palmi, mentre quelli centrali di 15, così il vincolo delle misure costrinse il lapicida a tagliare alcune lettere, come la N, che si completavano con l’ accostamento dei blocchi. Un’ altra cesura dovette avvenire alla A di Augusto

(Dall’Annuario 1997 dell’ Associazione Storica del Medio Volturno, pag. 154)

(1) G.F- TRUTTA, Dissertazioni Istoriche delle Antichità Alifane, Napoli, 1776, pag. 157.

(2) L’iscrizione, C. I. L., IX, 2335, oggi vittima di un’ altra frattura, giace abbandonata tra frammenti e rifiuti di materiale edilizio, in condizioni poco favorevoli alla sua conservazione.

(3) G: CAMODECA, Problemi di storia sociale in Alife romana, pagg. 123-142, in Il territorio alifano, Marina di Minturno, 1990.

(4) Dal suddetto calcolo proporzionale risulta che la lastra mormorea doveva essere di cm 119 x 82 circa, con uno specchio epigrafico di cm 112 x 65.

(5) Dall’ onomastica di Allifae possiamo trarre solo due nomi che con la loro estensione potrebbero coprire lo spazio vuoto della prima linea: Naevoleius e Salluvius. Il secondo gentilizio è ricordato in tre iscrizioni alifane (C. I. L.,IX, 2323, 2413, 2414), due delle quali rinvenute proprio a S. Angelo d’Alife. Della gens Salluvia si conosce un Salluvius Nasus legato di Lucullo nel 73 a. C. durante la III guerra contro Mitridate.

(6) L’ iscrizione è venuta alla luce nel settembre del 1995, immurata nella parete esterna del campanile della cattedrale di Alife. Vi si legge: M. Granio, M., f., / Kano, pr. pro / cos. / Pleb. urb. h. c. ( vedi SAMNIVM, 1995, pag. 262.

(7) La fotografia dell’ iscrizione è stata pubblicata dal prof. D. Marrocco, Piedimonte, Napoli, 1961, pag. 27.

(8) La XIII potestà tribunizia è da escludere perchè Augusto la tenne nell’ 11/10 a. C., quando ancora non aveva ottenuto il titolo di pater patriae