Trutta_dissertazione V

A PROPOSITO DELLA DISSERTAZIONE V, DELLE MURA

del prof. antonio manzo

(in AA. VV. Gian Francesco Trutta (1699-1786) archeologo e storico del Medio Volturno -Considerazioni su alcune dissertazioni, Quaderno n. 22 dell’ASMV, 1994, pp. 15-17)

Nelle pagine, vòlte allo studio delle mura (pp. 56—63), vediamo il nostro autore impegnato in via pre­liminare ad affermare che "Alife ebbe mura da' primi tempi di qualunque materia esse si fossero" e fondare il proprio convincimento su Livio (8,25,4), il quale, scri­vendo che Allifae cadde nelle mani dei Romani (326 a.C.), la dice oppidum, "ch'è lo stesso, che dir luogo cin­to di mura" (p. 56). Al Trutta, par lecito ritenere, non sfugge il valore spaziale di oppidum, da ob e pedum, gr. pèdon "suolo, terreno"[1], termine che designava il cen­tro urbano di una comunità e implicava quanto ne scri­ve Varrone: Oppidum (città) deriva da ops (potenza), nel senso che esso è fortificato per ragione di potenza; e gli oppida, prosegue Varrone, venivano anzi tutto cinti da mura (moenia), termine derivato dal fatto, che esse servivano a fortificare (muniebant)[2]. Né mancheremo di richiamare l'attenzione sull'endiadi urbes et moenia, usata da Livio (10,17,2), per designare le città fortifica­te, che, se erano dei Sanniti, venivano con relativa faci­lità espugnate dai Romani.

Così fu per Allifae, che, tornata ad essere sannitica dopo l'ignominia delle furculae Caudinae (321 a.C.), il console Gaio Marcio Rutulo prese d'assalto nel 310 a.C.. come scrive Livio (9,38,1). Il quale ci informa poi che Fabio Massimo Rulliano sconfisse i Sanniti ad urbem Allifas (9,42,6), ma la credibilità di questo fatto d'arme è dubbia, mentre il Trutta, senza indicare la fonte, par­la di un Rulliano, che, "profectus ad Nuceriam, Allifates (?) ... oppugnando vi subedit" (p. 56).

È lecito non dubitare che il regolare impianto urba­nistico della praefectura di Allifae risalga al sec. I a.C.[3], sia che voglia essere riferito alla colonia sillana[4], sia che debba essere attribuito alla colonia triumvirale, come attesta il Liber coloniarum, dove si legge che Allifae è un oppidum con un murus[5], che fungeva da cintura difensiva[6].

Al tempo delle guerre sociale e civile Allifae è una città che per Strabene "esiste ancora"[7], ma in età im­periale, dopo che un forte terremoto aveva devastato la regione, anche Allifae ebbe a subire ingenti danni; gra­zie, però, al sollecito intervento di un suo illustre protettore, Fabius Maximus, che fu rector del Sannio dopo l'anno 346, le devastazioni provocate dal sisma vennero sanate. Il personaggio è ricordato da un'epigrafe quale conditor delle mura di Allifae[8], che, precisa il Trutta, sono di "struttura antichissima, contemporanea all'iscri­zione suddetta fino a palmi diece di altezza da ter­ra..., ma indi fino alla cima si conosce esser di opera Longobarda, e forse anche Normanda" (p. 59). Il certo è che quelle mura furono "sottoposte a restauri in età angioina"[9].

Resta ancora da dire che il Trutta si sofferma con tale ampiezza di particolari sull'epigrafe, di cui sopra, da occupare con essi buona parte della sua Dissertazio­ne, e non discute a sufficienza sulle caratteristiche ar­chitettoniche delle mura. Egli, in buona sostanza si li­mita a dirle "da tempo in tempo rifatte, e rialzate, dopo le molte espugnazioni, alle quali soggiacquero, come chiaramente conoscesi da chi osserva, che fino alli die­ci palmi circa da terra, sono formate d'una struttura assai vecchia, e da indi in su d'una struttura più nuo­va, vale a dire di una fabbrica che a cola volgarmente si dice incamiciata quinci, quindi da muricciuoli retico­lati, che vuol dire antichissimi" (p. 57). Osservazioni, queste che dovrebbero trovare conferma nel riporto di quanto in proposito scrive Vitruvio: Structurarum gene­ra sunt haec: reticulatum, quo nunc omnes utuntur, et Antiquum, quod incertum dicitur; ex his Vetustius est reticulatum. Ma il vero è che dal Trutta non è citato con esattezza il testo di Vitruvio (2,8,1), che qualificava venustius, non già vetustius, il genus reticulatum, siste­ma costruttivo, che egli riteneva venustius, cioè "più fi­ne, più elegante", della struttura a incerta caementa, an­che se di questa l'altra gli sembrava meno sicura[10].

Apprendiamo, infine, dal nostro autore che "forman le dette mura un parallelogramma rettangolo", che "in mezzo di ogni cortina evvi una porta di marmo", che "hanno esse porte ciascuna di qua, e di là due bastioni, a guisa di torri quadrate, ripiene di grossa sabbia, di calcina impastata", e che sono "le stesse mura guarnite di certe mezze torri semicircolari, e ripiene ancora di dentro della medesima sabbia, e calcina" (pp. 57 s.).

[1] Cf. P. Kretsclhmer, in "Ciotta" 4, 1913, p. 304.

[2] Varr. de ling. lat. 5, 141,2 s.

[3] Cf. E. Gabba, in "Studi Classici e Orientali" 21, 1972, pp. 73-112.

[4] E' ipotesi di Th. Mommsen (Sesammelte Schriften, V. Berlin 1908, pp 206,; 217), confermata a quanto sembra, dalla tecnica, con cui le mura diAllifae risultano in parte costruite.

[5] Cf. Cromatici veteres, p. 321, 3 s. Lachmann.

[6] Cf. Varr. de ling. Lat. 5, 141, 4.

[7] Strab. 5, 10, p. 238.

[8] S. Cf. C.I.L. 9, 2337 e N. Mancini, Allifae, Piedimonte Malese 1993, pp. 15; 35.

[9] S. De Caro - A. Greco, Campania, Roma - Bari 1981, p. 244.

[10] Cf. G. Lugli, La tecnica edilizia romana, Roma 1957, pp. 487 ss. 633 ss.