Stabia

Questo volume costituisce la sintesi di una ricerca che Maricì Magalhães per diversi anni ha concentrato sull’antica Stabiae e la zona adiacente. È frutto di un lavoro appassionato e instancabile mirante a raccogliere tutta la documentazione epigrafica dell’Ager Stabianus (eccetto l’instrumentum dipinto e i graffiti che saranno inseriti nel IV volume del Corpus Inscriptionum Latinarum). È anche incluso, oltre alle iscrizioni lapidarie e bronzee, un nutrito corpus laterizio con delle utili osservazioni sul funzionamento e l’organizzazione delle numerose figlinae fornitrici di tegole, ceramica, ecc. nel territorio stabiese. Quantitativamente il numero delle epigrafi presentate, tra cui alcune inedite, non può dirsi particolarmente elevato (un totale di 85, quelle su pietra e bronzo), ma dal punto di vista contenutistico il materiale risulta di grande rilievo: si pensi alle testimonianze sul collegio di cultores dei Mithrae e sul Genius Stabiarum (il cui tempio venne restaurato da un Augustale) oppure a quelle che si riferiscono a senatori ed equestri, militari (classiari e altri), Augustali, ecc. Attraverso tali e tanti altri documenti, l’autrice riesce a raggiungere conclusioni che non solo riguardano l’andamento dei singoli testi o l’analisi dei monumenti, ma sono anche direttamente pertinenti a più aspetti della vita sociale stabiese. Così vengono discussi, per esempio, dati prosopografici (peraltro molto interessanti), la struttura dell’amministrazione locale (strettamente collegata con quella nocerina), i culti e la religione (con dei documenti illustranti l’arrivo del cristianesimo), i mestieri localmente attestati, l’edilizia pubblica e privata, la topografia della città e del territorio, e altri argomenti ancora.

È con vivo piacere che scrivo queste righe in quanto il lavoro della Magalhães testimonia un importante contributo non solo allo studio del materiale epigrafico stabiese ma anche alla sua salvaguardia. Non tutti i documenti discussi si custodiscono tranquillamente nell’Antiquarium di Castellammare di Stabia o in altri depositi, infatti alcuni si trovano dispersi in varie località e molti risultano ora irreperibili. Un lavoro come questo, finalizzato anche alla valorizzazione del patrimonio culturale del territorio, va accolto con particolare gioia e mi auguro che il presente risultato del grande impegno dell’autrice, da parte sua, possa far crescere la consapevolezza degli stabiesi e dei nocerini dell’importanza del loro passato.

Infine, mi è doveroso sottolineare che il volume sarà sicuramente di grande utilità per l’équipe finlandese, che da tanti anni, anzi decenni, sta lavorando per la seconda edizione del X volume del CIL.

Mika Kajava

Direttore dell’Institutum Romanum Finlandiae