Mancini_monastero Santo Stefano

La Chiesa di S. Stefano

(in Raviscanina Ricerche Storiche, 1998, pp. 28-29)

di Nicola Mancini

Un’altra antichissima chiesa si trovava in contrada S. Stefano, luogo già noto per numerosi reperti archeologici di epoca romana. Qui, alcuni anni or sono, i germogli di una coltura foraggiera, nati sui ruderi sui ruderi sottostanti, misero in evidenza, col loro stentato sviluppo, i muri maestri di una piccola chiesa, lunga m 32 e larga 20. Doveva essere dedicata a S. Stefano, se vogliamo dar fede al nome che il luogo ancora conserva[1].

La notizia cronologica più sicura per la datazione dell’edificio ci viene dalla presenza del nartece, spazio antistante la chiesa vera e propria, nel quale si raccoglievano i catecumeni ed i penitenti, i quali, secondo le regole di quel tempo, non potevano essere ammessi direttamente alle funzioni. Poiché questa usanza decadde intorno all’anno mille, con la conseguente scomparsa del nartece, si può affermare che la chiesa è anteriore a questa data. Anzi i numerosi frammenti architettonici romani rinvenuti sul luogo ci consentono di risalire ai tempi del primo Cristianesimo, quando gli antichi monumenti pagani furono sistematicamente demoliti ed il loro materiale, già pronto e decorato, fu riutilizzato sul posto.

La chiesa è nominata nei documenti di S. Maria in Cingla, quando Calberisio, rettore di S. Stefano in Prata, acquista un terreno posto in Casale di Ailane. L’atto di vendita è dell’anno 783, scritto in Prata, in curte S. Stefano [2]

[1] La tradizione orale, ripresa dal Trutta, parla di un monastero omonimo sorgente in loco. Il Di Meo (Annali, Vol. 12°) pone il monastero di S. Stefano a Strada forse alla riva del Volturno, sotto Raviscanina, in territorio alifano. L’ipotesi nasce da tre documenti del 747, nei quali si parla appunto di tal monastero. Ma il tutto è troppo vago per una sicura identificazione.

[2] La lettura del documento potrebbe far sorgere dubbi circa l’esatta ubicazione di S. Stefano, che viene esplicitamente posto in Prata. Ma in una carta del 769 si cita una vigna in Prata, in villa quae vocatur Ailane. Dal che si comprende che la dicitura in Prata si riferisce al territorio pratense, che, a quel tempo, si estendeva fino all’odierna contrada di S. Stefano.