Piedimonte_13

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Cap. XIII

FRAZIONI E CASALI

(pp. 112-118)

FRAZIONI E CASALI – Oltre le frazioni « Scorpeto » e « Sepicciano », Piedimonte vantava tre importanti casali: Castello, S. Gregorio e S. Potito, che formavano un sol corpo amministrativo soggetto ad un’unica giurisdizione feudale. Vantava altresì un’altra piccola frazione denominata “Pimpinella” – come si legge in documenti del Sec. XIV – cioè l’attuale contrada Petrara, oggi tutt’una col resto della città.

Sepicciano – Lato “Starza”

La frazione Scorpeto si compone di pochi caseggiati, situati nei pressi della Chiesa di S. Maria di Costantinopoli, dove il 2 luglio si celebra la festività della Visitazione, e dove i gitanti, come per rito, incettano fasci di spiganardi per profumare la biancheria. La frazione conta appena 102 abitanti dediti ai lavori campestri ed alla pastorizia. È sita ad oltre un chilometro dal centro abitato in località salubre, e propriamente sopra una verdeggiante collina. Vi si perviene per due strade, una che parte dalla contrada Petrara o S. Francesco, l’altra dalla piccola piazza di S. Sebastiano.

Non si hanno notizie circa le origini di questa frazione, ma non è improbabile che dessa sia l’antico Scarpellani, di cui si è parlato nel Cap. II, già esistente nei primi anni del Sec. XI.

La frazione di Sepicciano è il centro agricolo di Piedimonte, e si compone di numerosi edifici. È sede parrocchiale, ed ha, ora, una sola chiesa di stile settecentesco.

SEPARAZIONE DEL CASALE DI S. GREGORIO – Nel 1742 il casale di S. Gregorio iniziò procedimento di separazione da Piedimonte. Dopo sei anni di litigio la Regia Camera ordinò (17 luglio 1748) la separazione richiesta.

Sulle origini di questo paese vi sono notizie del tutto incerte. Il ritrovamento di un’epigrafe sepolcrale del IV Sec. dell’E. V. riportata dal Mommsen, farebbe ritenere esistente San Gregorio in tale epoca. Con maggiore probabilità le origini rimonterebbero ai primi anni del VIII Sec., poiché una Bolla di Pasquale I (817-824), che il Di Meo ritiene per spuria, ci dà notizia della conferma di una chiesa di San Gregorio nel Matese a Giosuè abate di S. Vincenzo al Volturno. Questa chiesa venne, successivamente, ridotta a Commenda, indi a Beneficio semplice, e finalmente secolarizzata.

S. Gregorio d’Alife - PANORAMA

Di certo sappiamo che nel 1220 i frati di S. Maria della Ferrara di Vairano pretesero di edificare un convento fortificato nella nostra diocesi, e propriamente in S. Gregorio. Sull’opposizione del Vescovo del tempo, essi ricorsero ad Onorio III (1216-1227), e questo Papa ordinò, nel 1226, la fondazione del convento nella selva denominata « Fort ». Il Trutta, senza precisarne la località, dice che la selva in parola era presso il Casale di San Gregorio. Abbiamo rinvenuti i ruderi del convento a nord della Valle dell’Inferno, a destra di San Gregorio; ruderi consistenti in una muraglia dello spessore di circa due metri, ed in un arco di porta unito ad una torre, modificata in tempo posteriori, ed adibita a colombaia.

Nell’attuale chiesa parrocchiale si conserva la epigrafe seguente, un tempo posta come architrave del tempio: HEC. EP QVA. COMVNITAS ET HOMINES S. GREGORII PRO EOR. COMODITATE. S. V. S. M. D. G. PROPRIIS EOR. LAB. PEOR.. D. V. F. A. D. 6 AP 1596.

SEPARAZIONE DEL CASALE DI SAN POTITO – Nella seduta del Parlamento di Piedimonte tenutasi il 28 agosto 1741, il Sindaco del tempo informò i reggimentari che « da alcuni abitanti di S. Potito, casale della città, si era comparso in S. R. C. (Sacro Reale Consiglio), e dal Sig. Consigliere Invitti Commissario avere ottenuto sorrettiziamente provisioni ordinanti che si procedesse all’elezione dei nuovi Sindaci di d.o Casale, ed in seguito aver preinteso che l’altro giorno 26 corrente fusse capitato in esso Casale uno Scrivano di d.o S. C., ed ieri li 27 detto, aver proceduto all’elezione così di due Sindaci, come del Cancelliere, Razionale, e Soprintendente contro la forma di rito, e senza farne intesa questa Uni. che fa un sol corpo con d.o suo Casale, ed un numero di fuochi, e si governa dall’istesso Governatore di Piedimonte.».

Il Parlamento, intesa la relazione deliberò « non destinarsi più i Vice Sindaci, Soprintendente e razionale in d.o Casale per le novità ed attentati commessi dal Casale di S. Potito, e fare qualunque lite in S. C., o in qualsivoglia Tribunale ».

Il litigio durò otto anni e nel 1749 San Potito ottenne la separazione, assumendo il nome di S. Potito Sannitico.

S. Potito Sannitico - PANORAMA

Oltre i ruderi delle Terme alifane dedicate ad Ercole, ricordate dalla iscrizione:

FABIVS MAXIMVS. V. C. RECT. PROV.

THERMAS HERCVLIS. VI TERREMOTVS

EVERSAS. RESTITVIT. A. FVNDAMENTIS.

comprovano l’origine romana di San Potito numerosi musaici, vasi, monete e svariatissimi altri oggetti d’arte e di antichità rinvenuti in quel territorio. A meglio precisare i ritrovamenti, diremo che nell’anno 1891, in un fondo di proprietà di Antonio Petella, fu rinvenuto un bellissimo ed interessante musaico che, per la sua quadratura e grandezza, si appalesò come il pavimento di una stanza di una villa patrizia.

Nella contrada « Ponte rotto » si rinvennero importanti costruzioni romane, e nel 1916 nel fondo di Ferdinando dall’Estero l’epigrafe: D.M.S. / L. PACIDEO / L. F. ANIVL / LO. V. A. L. / PAC. PROCVLA / LIB. / PAIR. BEN. M.

Nel 1919, in un fondo appartenente a Colucci Pasquale furono scoperte due tombe rettangolari a capanna, formate da blocchi di tufo cinereo, e in esse si rinvennero vasi, anfore ed una coppa di bucchero, quest’ultima adorna di graziose figurine in rosso, danzanti. Tali oggetti sono conservati nel Museo Civico di Piedimonte.

SEPARAZIONE DEL CASALE DI CASTELLO – Sull’esempio dei precedenti, anche il Casale di Castello domandò ed ottenne il 12 febbraio 1752, la sua separazione da Piedimonte. Dibattendosi, però, in gravissime angustie finanziarie, ottenne nuovamente la riunione a Piedimonte, e all’uopo i reggimentari di Castello redassero il 9 agosto del 1764 il seguente atto di notevole interesse:

« Si propone che essendosi per lo corso di anni dodeci sperimentato da questo Quartiere il suo governo separato dal Comune della Città di Piedimonte, ognuno già vede e compiange i gravissimi danni avvenuti da questa separazione, poicche coll’affitto separato di quelle gabelle, prima comuni, non ha potuto q.sto Quartiere giungere, anno per anno, à formare l’intiero pieno, (bilancio) da mettere à coverto la giusta rata de’ suoi pesi universali, ed in pieno le sue spese straordinarie, motivo per cui è stato di continuo bersagliato da Commissari. Hà dovuto crescere le sue gabelle, ed oltre à q.sto, hà soggiaciuto, e tuttavia dovrebbe soggiacere ad una ingente tassa, inter Cives, per poter sodisfare i suoi attrassi à beneficio dell’Uni. di Piedimonte, e per tante gravezze buona parte degli Abbitanti di d.o Quartiere è passata in altro luogo a stabilire il suo domicilio; le gabelle non si ritrovano più ad affittare à giusto prezzo, gli Amministratori di continuo sono perseguitati, e costretti à stare per lo più rifugiati in Chiesa. Per evitare dunque maggiori disastri, ulteriori attrassi ed intiera desolazione di q.sto Quartiere, si è pensato di unire di nuovo il governo del medesimo Quartiere al Comune della Città di Pied.e e di mettere nella pristina comunità tutte le pubbliche rendite, con farsi da oggi in avanti unitim tutti gli appaldi delle gabelle; si è pensato parimenti di doversi in ogn’anno anche unitim eliggere in Pubblico Parlamento una persona proba e benestante di detto Quartiere, che in solidum coll’altri Amministratori del Comune di Piedimonte debba sopraintendere al peculio universale, e debba particolarm.te invigilare alla pubblica annona del sud.o Quartiere, ed all’accomodo delle sue strade, fontane, orologio, ed altro, con facoltà ancora di giudicare le differenze di modica somma attinenti solam.te alla gente di esso Quartiere. Ed à riguardo agl’attrassi dovuti sinoggi da esso Quartiere all’Uni. di Pied.e, e suoi Assegnatarii, si pensato che debbano sodisfarsi à ragione di docati ottanta in ogn’anno, e che à tall’effetto si debbia fare un equivalente sovraimposizione sopra di qualche particolare gabella di esso Quartiere, sino à che d.i attrassi si saranno intieram.te estinti, per quelle quantità però che dovaranno amichevolm.te giustificarsi ».

Castello d’Alife - PANORAMA

Questa proposta di riunione venne accolta dal Parlamento di Piedimonte il 25 agosto di quell’anno, e i Reggimentari formarono sull’oggetto un apposito regolamento.

Nel 1801, però il quartiere di Castello si divise nuovamente da Piedimonte assumendo il nome di Castello d’Alife.

MOVIMENTO SEPARATISTA DEL RIONE VALLATA – Il rione Vallata tentò separarsi nel 1752 dal resto di Piedimonte. La questione venne innanzi al Re ed alla R. Camera. Questa, sull’opposizione del Pubblico Parlamento e della Casa Gaetani, non trovò a provvedere sull’istanza presentata.

Un documento inedito, rimontante all’epoca cennata, narra tutta la storia della tentata separazione, e poiché in esso sono riportati fatti di non lieve importanza e meritevoli d’essere conosciuti, crediamo opportuno trascriverne la parte principale.

« Alcuni pochi abitanti della Vallata, che è una contrada della Città di Piedimonte, ànno tentato di fare con la stessa Città loro la separazione. Essi tuttoché idioti si sono infastiditi del presente stato del Governo, e lungi dal fomentare l’antica loro unione, capricciosamente pretendono di volersi dividere dal corpo della Città per volere essi stessi con miglior forma governarsi. Ed ecco come li stessi cittadini con novità sì mostruose voglion procurare Civitatis destructionem, ed una guerra civile colà richiamare. Se possono, però, o non farlo, dopo una breve esposizione del fatto, il vedremo. Nell’ano 1752 alcuni pochi cittadini della Vallata, quartiero di Piedimonte, esposero alla M. del Rè, N. S., ed indi nella R. Camera, che essi non intendevano di avere più comunione colla Città di Piedimonte à causacche di continuo erano gravati di pesi da i Giudici e Sindaci di d.a Città, i q.li malmenavano il peculio universale, senza badare à far accomodare le strade pubbliche, gli acquedotti, ed à tutto ciò, che era necessario per il proprio lor comodo. Domandarono perciò ordinarsi la divisione, acciò potessero essi far governo diviso e separato. Si oppose la città, ed in una lunghissima istanza dedusse li motivi per i q.li non potea deferirsi alla sognata separazione, quindi sotto il dì 6 7bre dello stesso anno 1752 fu sulle scambievoli cose dedotte impartito termine ordinario. Si opposero ancora alcuni altri Cittadini in numero di 78 dello stesso Quartiere della Vallata, i q.li considerando i mali che dall’ideata divisione avvenir loro doveano, dissentirono dalla d.a separazione.

Per parte della Vallata si presentarono gli articoli, li q.li tutti concernono la mala amministrazione dei Sindaci di Piedimonte per il mal uso che si fà del peculio universale. Furono esaminati i testimoni in numero di otto, e se io volessi imprendere à dimostrare quanto sian vari, inverisimili, ed à loro stessi contrari, sarebbe lo stesso che assordar le altrui orecchie. Basta dire che nel termine della repulsa furono per più giuste cause ripulsati per esser dello stesso Quartiero della Vallata, chi per essersi colà casato, chi per esser nei servizi dell’attuale loro Avvocato, chi per andar mendicando, come dagli articoli e dall’esame.

Per parte della Città di Piedimonte si presentarono anche gli articoli, nelli q. si dedusse che la Vallata non era un Casale, ma un Quartiero, o sia una Ottina della Città; che il corpo ed il distretto della città si componeva dal d.o Quartiero, e da quello di Piedimonte; esser ciò tanto vero che tutto il corpo per la cura delle Anime si governava da due sole Parrocchie, l’una sotto il tit.o della SS. Annunc.ta e l’altra di S. M.a Maggiore. Esser tanto ciò vero che trò la Vallata e la Cità non vi è interruzione di case, ma le abitazioni son continuate e consecutive per la Vallata e per tutto il resto di Piedimonte, in modocche tutte unite formano il corpo della città, che nella situazione del Regno sistente in R.a Cam.a si trova che il corpo della Città comprende l’estensione delle d.e due Parrrocchie, con vedersi separatam.e descritti li Casali. Esser sì bene uniti li d. due Quartieri che tengono una sola porta chiamata della Vallata per la q.le si và in tutta la Città. Che quantunque nel luogo ove comincia la Vallata vi corresse un rivo d’acqua, non è questo segno di divisione, poiché se fosse tale, la Città dovrebbe dirsi divisa in mille altre parti, per le q.li corrono d.i rivi. Che la Città si governa da due Giudici, ò sia Sindaci, l’uno dell’Ottina di S. M.a Maggiore, e l’altro della Vallata, e 18 Regimentari, cioè 12 di detta Ottina di S. M.a Maggiore, e l’altri sei della Vallata. Che fra’ d. due Quartieri non può esservi divisione né fisicam.e né moralm.e, altrimenti ne nascerebber inconvenienti irreparabili nell’esercizio delle Gabelle, e l’un Quartiero farebbe all’altro de controbanni, e quindi sorgerebbero le risse; e finalmente che da alcuni pochi soli Cittadini della Vallata, per loro privati fini fomentati da persona che accudisce ne’ Tribunali è nota una tal dimanda, senzacche la generalità vi concorra ».

Qui il documento riporta la ripartizione dei pesi che sarebbero gravati sul quartiere Vallata in caso di separazione. Indi espone le ragioni giuridiche contrarie alla separazione stessa citando massime di giuristi e sentenze riguardanti divisioni chieste da altre città del Regno, per dimostrare insussistenti le ragioni prodotte dagli interessati, tanto più, poi, che dei 2610 abitanti di Vallata soltanto 302 presentarono procura nel giudizio di separazione. Questa, come si è detto, venne negata dalla R. Camera.

Nel 1758 lo stesso rione riprese l’agitazione separatista e il litigio durò sino a tutto il 1760 con lo stesso esito negativo.

D’allora gli abitanti dei due rioni hanno serbato sempre l’antico spirito dualistico. Ma l’insano contrasto è finito affievolendosi in questi ultimi tempi soltanto, col dar posto al comune sentimento di civica fraternità.

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