Chiesa del Sacro Cuore

Nicola Mancini

LA CHIESA DELLA SS. ANNUNCIAZIONE

(in Raviscanina – Ricerche storiche, 1998, pp. 85-87)

Recentemente, nel ripostiglio che si trova tra il campanile e la sacrestia della Chiesa del Sacro Cuore, ho potuto notare, nel muro che separa questo ambiente dalla navata della chiesa, la presenza di un arco largo tre metri ed alto quattro[1]. Su di esso vi sono confuse tracce di pitture decorative, riferibili ad un’abside appartenente ad un vecchio edificio di culto a forma rettangolare, m 14 x 8, che si sviluppa trasversalmente alla suddetta Chiesa del Sacro Cuore. Si tratta dell’antica Chiesa di S. Maria Annunziata di cui ci giunge notizia dalla già citata Platea della Ferrara.

Ma nella pianta totale di questa costruzione bisogna comprendere il campanile, il quale, fermo nell’attuale posizione, ma più basso, era unito e perfettamente allineato alla facciata occidentale della chiesetta. D’altra parte la parete correva lungo la linea dei muri interni delle due sacrestie, mentre l’ingresso si apriva a sud, sull’antica mulattiera che portava al castello. È chiaro, perciò, che l’odierna chiesa, una volta detta dell’Annunziata, nacque da una radicale modifica della prima costruzione che, ampliata ad est ed ad ovest, prese la forma e l’orientamento attuali, più adatti ai nuovi bisogni della popolazione.

L’anno di costruzione del nuovo edificio ci viene da un’iscrizione vista dal sacerdote Belisario Mancini che vi

lesse[2]:

UNIVERSITAS

RAVISCANINAE

POPULI FERRE

PIISQUE ELEMOSYNIS

ERETTA

1590

Si ricordava così ai posteri che la chiesa, costruita con le offerte e la partecipazione del popolo, apparteneva all’Università di Raviscanina. Questa, perciò, aveva il diritto di proporre al vescovo di Alife il sacerdote che, in veste di rettore, vi avrebbe tenuto le funzioni religiose ed amministrate le rendite provenienti dai terreni di cui la chiesa era stata dotata.

In occasione dei lavori di ampliamento vennero immurati due massi regolari. Uno recava l’epigrafe del sacerdote pagano Pylades, sull’altro si incise, posteriormente, la data del 1632, in riferimento ad un evento di cui non abbiamo conoscenza. Il tutto fu tratto dai resti di un monumento sepolcrale romano che doveva trovarsi nelle immediate vicinanze e che dette altri grossi blocchi di pietra, regolari, che furono sistemati nella piazza come sedili.

Seguendo le necessità di quel tempo, il pavimento della chiesa fu soprelevato rispetto al terreno circostante allo scopo di ottenere un ampio locale sotterraneo per la sepoltura dei defunti. L’accesso fu probabilmente ricavato sul lato meridionale, utilizzando il naturale dislivello del terreno[3].

A riguardo di questa chiesa, il Catasto Onciario del 1741 dice che tiene l’ospedale per ricovero dei Pellegrini, però senza letto ed ospedaliere, abitazione distinta per i più civili o meno; e quando si dà il caso di qualche ammalato, doppo qualche giorno si fa, come in uso, trasportare a spesi di detta Università a luoghi convicini, dove vi è migliore commodo per soccorrerlo, non essendovi medici o spetiaria (farmacia), in do luogo, e così si è pratticato da cent’anni a questo presente[4].

[1] Debbo qui ringraziare l’amico, rag. Mario Nassa, per il valido aiuto che mi ha dato durante l’ispezione alla chiesa suddetta.

[2] L’iscrizione è in uno zibaldone del sac. Belisario Mancini (Raviscanina, 1815-1857) che la vide nel 1842 nella Chiesa di A.G.P. di Raviscanina, nell’altare del SS. Rosario, sotto la colonna che guarda il settentrione. L’abbreviazione si può interpretare FERVORE.

[3] Un luogo di sepoltura si trovava sotto la Chiesa di S. Croce. Vi si entrava da oriente, attraverso due corridoi sotterranei che ancora oggi sono, inaccessibili, sotto la piazza. Il primo è posto a m 1,40 dallo spigolo settentrionale della parete esterna della chiesa; il secondo a m 6,90. Dopo la costruzione del cimitero le porte d’accesso al sepolcreto vennero murate e i corridoi, col passar del tempo, persero significato e divennero luogo di gioco dei ragazzi e rifugio di animali. Poi scomparvero sotto la terra.

[4] L’ospedale era una stanza accanto alla chiesa, là dove è oggi l’abitazione della famiglia Fattore che, in questo secolo, acquistò la costruzione.