Marrocco_Ignota zecca

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Raffaele Marrocco

UN’IGNOTA ZECCA IN ALIFE DURANTE I PRIMI TEMPO DELL’E.V.

(In Archivio Storico del Sannio Alifano e Contrade Limitrofe, Anno II, n. 4, Gen.-Apr. 1917, pp. 11-15)

Tutti gli storici che ci hanno parlato degli avvenimenti storici, politici, e militari di Alife, e tutti i numismatici che si sono occupati delle zecche dell’Impero, non hanno fatto mai alcun cenno sull’esistenza di un’antica officina monetaria nella millenaria città sannitica. Lo stesso Trutta[1] che è stato il principale illustratore delle antichità alifane, e che ci ha data una particolareggiata ed apprezzata storia di Alife, ha anch’egli sorvolato sull’importantissimo argomento. Dobbiamo da ciò dedurre o che essi non pensarono che Alife avesse potuto vantare una zecca, o che, pensandoci, non credettero l’argomento degno di particolare considerazione. Eppure il soggetto era così seducente e suggestivo insieme, che, parlandosene, si sarebbe portato alla storia di Alife un efficace contributo.

Una iscrizione onoraria latina[2], mancante però di una parte, recentemente illustrata[3], ma che da anni, in Alife, era a vista di tutti, ci offre la prova dell’esistenza di questa zecca, e il nome del magistrato che la dirigeva.

L’iscrizione è la seguete:

L. PULLA...

VEL. GAI...

TIQV...

XV. VIR. S...

RICIAS. FAM...

PRAET. AED. C...

A. A. A. F. F. PRAEF...

CVRAT. R. P. PRAEI...

ALLIFANOR. DE...

LUSQ. ALLIFAN...

...AMANTIS...

.........................

Questa iscrizione è stata così ricostruita da un dotto cultore di scienze archeologiche – l’Ing. R. Mengarelli[4]:

L(ucio) Pulla[ieno L(ucii) f(ilio)] Vel(ina) Gar[gilio... An]tiquo XV Vir(o) s(acris) [f(aciundis) lecto in pat]ricias fam[ilias ab imp... oppure a divo...] prae(tori) aed(ili) c(uruli) [q(uaestori III viro] a(uro) a(rgento) a(eri) f(lando) f(eriundo) praef(ecto) [i(uri) d(icundo)...] curat(ori) r(ei) p(ublicae) Prae[nestinorum] [idem r(ei) p(ublicae)] Allifanor(um) de[curiones popu]lusdqu(ue) Allifan(orum) amantis[simo...].

Sulla scorta del Ramasay[5], e del Mommsen[6], del De Ruggero[7], ed altri, il Mengarelli ci fa conoscere tutti i personaggi che possano avere attinenza con quello indicato nell’epigrafe, cioè un Gargilius Antiquus proconsole d’Asia sotto Adriano; un Lucius Pullaienus Gargilius Antiquus legato di Marco Aurelio e Lucio Vero in Tracia; un Gargilius Antiquus quindecemvir sacris faciundis nel 204; ed infine un L. Pullaienus Gargilius console in epoca ignota, patrono di Tugga, il quale ultimo potrebbe essere, forse, una sola persona con uno dei precedenti. Il personaggio però indicato nella lapide alifana non può essere identico a L. Pullaieno legato di Tracia, perché mentre quegli occupò nel vigintivirato l’ufficio di decemvir litibus iudicandis, e fu, poi, tribuno della plebe, il nostro fu, invece, triumviro monetale ed edile curule. Per cui il Pullaieno della lapide di Alife, potrebbe ritenersi tutt’uno col proconsole d’Asia sotto Adriano, e che la nostra iscrizione sarebbe stata redatta prima che il personaggio avesse raggiunto il consolato e quell’alto governo di provincia, tanto più che degli uffici ricordati nella lapide, nessuno sconverrebbe a tale ipotesi, se non forse la cura reipublicae due volte rivestita a Praeneste e ad Allifae. È noto, infati, dice il Mengarelli, che i curatores reipublicae cominciano ad apparire sotto Traiano, e probabilmente negli ultimi anni di quell’impero, per cui riesce singolare il fatto che il Gargilius Antiquo – il quale chiuse col proconsolato d’Asia la sua carriera sotto Adriano, ma quasi tutta l’aveva compiuta sotto Traiano – avesse per due volte rivestito un ufficio di nuova istituzione e di straordinaria e certamente ancora rara applicazione. Egli ritiene più esatto dare una identità del personaggio della lapide alifana con quello della iscrizione dell’anno 204, personaggio, che fu, poi, come il nostro, quindicemviro sacris faciundis, a meno che, come anche è possibile, il nostro sia diverso da tutti i suoi omonimi.

***

Ma dopo questa indagine sul personaggio, il Mengarelli tronca, nel meglio, il suo pregevole lavoro, e, come gli storici di Alife, tace anch’egli sull’argomento principale relativo alla zecca.

La lapide, come si è visto, accenna, tra gli altri, ad un ufficio rivestito dal Pullaieno – quello di triumviro monetale, cioè di addetto alla coniazione delle monete. Questa indicazione, così determinata ed esplicita, è di per se stessa la prova come nella città di Alife sia esistita un’officina monetaria. Considerando la importanza militare e politica di questa città, in quei tempi remoti, si comprende di leggieri come essa dovette contribuire non poco sulla concessione dell’officina conferitale dal Senato Romano: Municipio prima, Prefettura, Questura, e Collegio Sacerdotale poi[8], oltre una storia d’importanti avvenimenti, potettero essere requisiti questi, per Alife, più che sufficienti perché una zecca vi funzionasse, tanto più, poi, che durante la dominazione greca essa ebbe a vantare anche una particolare monetazione[9].

Che la zecca vi sia effettivamente esistita è dimostrato altresì dallo stesso monumento epigrafico elevato in onore del Pullaieno, il quale – non essendo cittadino di Alife, come risula dalla indicazione della tribù[10] – lo dobbiamo considerare come espressamente incaricato in Alife, da parte del Senato, oltre che per gli uffici di Pretore, Questore, Prefetto, ecc., come addetto, ripeto alla direzione dell’officina monetaria ivi esistente; officina che, dato il tipo dell’iscrizione, avrà potuto avere il suo funzionamento tra la fine del Secolo I ed il principio del Secolo II dell’E.V., senza escludere però che abbia potuto anche funzionare antecedentemente e posteriormente alla iscrizione in parola. Infatti la tecnica dell’incisione, la forma delle lettere e delle linee equidistanti, decrescenti dall’alto al basso, sono particolari caratteristici questi di quasi tutte le iscrizioni dei secoli indicati[11]; la formula stessa: AAA. FF. (aere argento auro flando feriundo), in grande uso durante la Repubblica, resiste appena ai primi tempi dell’impero[12], come l’indicazione della tribù sulle epigrafi – menzionata anche nella nostra iscrizione – diventa determinazione addirittura trascurata e rara sotto Caracalla[13].

***

Ora, una domanda sorge spontanea: – Quali sarebbero allora le monete imperiali uscite dall’officina di Alife?

Per un complesso di fatti, che per brevità ci asteniamo d’indicare, ci è assolutamente impossibile rispondere alla domanda, innanzi tutto perché non esiste sulle monete dei primi tempi dell’Impero nessuna indicazione di zecca che potesse far determinare il nome della città autorizzata alla coniazione. Questa indicazione sulle monete si rinviene soltanto a partire dal regno di Gallieno[14], in un’epoca di oltre un secolo posteriore all’iscrizione in parola, quando cioè la zecca di Alife aveva, forse anche cessato di funzionare. Ma con ciò non escludiamo che si possano riconoscere lo stesso le monete di conio alifano: uno studio diretto ed accurato su tutte le monete dei primi tempi dell’Impero, in particolar modo sui tipi, sui caratteri e sull’arte di ciascuna, potrà indubbiamente produrre soddisfacenti risultati.

Riservandoci di ritornare sull’argomento, poniamo, per ora, al giudizio ed alla competenza degli studiosi l’interessante problema, con l’augurio di vederlo al più presto risoluto nello interesse della storia di Alife e della scienza numismatica.

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Note;

[1] Cfr. Gianfrancesco Trutta: « Dissertazioni Istoriche delle antichità alifane », Napoli 1776.

[2] La iscrizione era un tempo fissata al suolo presso la casa del Sig. Mariano di Caprio, in via G. F. Trutta; ora è murata sulla facciata di un’altra casa dello stesso di Caprio, pure nella stessa via.

[3] Cfr. R. Mengarelli in Notizie degli Scavi, Roma, anno 1915, fasc. IV.

[4] Cfr. R. Mengarelli: op. cit.

[5] Cfr. Ramsay in American journal of arch., 1887.

[6] Cfr. T. Mommsen: « Corpus Inscriptionum latinarum », III, VI, VIII, IX, XII, XIV.

[7] Cfr. Ettore De Ruggero: « Diz. Epigrafico di antichità romane », II.

[8] Cfr. Gianfrancesco Trutta: op. cit.

[9] Cfr. R. Marrocco: « La monetazione alifana » in Rivista Storica del Sanio, Benevento, 1915, n. 2.

[10] Infatti il Pullaieno è indicato come appartenente alla tribù Velina, che, secondo il risultato delle ricerche del Kubitscher (Imperium romanum tributim, Vienna, 1889), è ripartita nelle regioni II, V, VII e X d’Italia, mentre la tribù Teretina nella I, in cui era compresa Alife.

[11] Cfr. Serafino Ricci: « Epigrafia latina », Milano, 1898.

[12] Cfr. Serafino Ricci: op. cit.

[13] Cfr. Serafino Ricci: op. cit.

[14] Cfr. Francesco Gnecchi: « Monete romane », Milano, 1907.