Necrologio

"Io credo che tu sei la resurrezione e la vita e credo che sebbene io sia morto tu mi farai rivivere" diceva l’amico Gaetano Andrisani a Gesù, perfino quando a morire non era ancora il suo corpo sofferente ma la sua volontà smarrita, non sottomessa, cioè, completamente a Dio e per questo non corrispondente in modo adeguato alle sue grazie.

La morte sorella che già egli aveva sperimentato con la perdita dei cari genitori e dell’amatissima moglie Anna Maria si approssimava, ma non era del tutto imminente e gli avrebbe lasciato ancora il tempo necessario per comporre la sua lunga lettera d’amore a Dio uno e Trino: il lascito più bello per quanti lo hanno amato. Mi riferisco, naturalmente, a Una preghiera di Sant’Alfonso e a Il Signore della vita editi, rispettivamente, nel 2008 e nel 2009. In essi all’approssimarsi del distacco terreno egli dedica pagine meravigliose.

La bellissima e bendata giovane bionda, intenta a raccogliere il giglio del trapasso per metterlo davanti all’Onnipotente, ultimamente la immaginava coi capelli argentati ma sempre attraente: una nobiltà unica.

«Il povero in vita diventa sempre più povero e la povertà è la virtù indispensabile appunto per il transito. Si nasce solo e si muore solo. Fate voi di me e delle mie cose tutto quello che vi piace. La povertà è piena, totale: esisto in te, Dio, solo in te e il volto aspetto di vedere così come dice Giovanni. Non avrai più la barba bianca pietosa, morbida come l’ho sognata per una vita, gli occhi pieni di benevolenza e di misericordia, la lacrima appena accennata per il dolore che ti dà la mia disubbidienza recidiva…

Io mi butto in te e tu di me sei la vita; non sei il padrone, ma sei me stesso. La mia libertà si annega nella tua, che è libertà d’amore: tutto quello che piace a te non può non piacere a me, perché tu sei la bontà infinita, la pienezza dell’essere, la gioia dell’esistere».

«Ho paura dell’inferno, non del fuoco, che sei tu, quello che ha portato Cristo tra di noi. Ho paura di non avere il bene per l’eternità, ho paura della privazione di te, che sei il bene sommo. Di te Padre, con la barba bianca fluente, di te Figlio Gesù Cristo che del Padre siedi alla destra, di te, Spirito di Dio, che vedo battere le ali sulla porticina d’argento della custodia dell’eucarestia, il Figlio dell’uomo vivo e vero, corpo, sangue, anima e divinità. Fammi vedere per l’eternità il volto del mio Signore, pure dall’ultimo posto, a cantargli gloria con tutti gli angeli e i santi, con tutti gli uomini che lo riconoscono, con madre natura, con il cielo luminoso d’oggi…»

Chiedeva sempre ai medici e ai preti come si muore perché a quell’appuntamento fissatogli dall’avvenente signora per l’inizio della settimana santa di quest’anno 2010 voleva presentarsi preparato. “Aiutami con la preghiera” furono le parole nella sua ultima lettera. Stava lavorando su un saggio riguardante antichi inni mariani.

Presso la Bibliotheca Scriptorum Loci della nostra associazione storica del Medio Volturno possono consultarsi tanti dei suoi lavori donatici durante i molti anni di amabilissimi contatti culturali.

M.N.