Marazzi_Rupecanina

Federico Marazzi*

RUPE CANINA

(S. ANGELO D’ALIFE – RAVISCANINA – CE)

NOTE INTRODUTTIVE SU UN PROGETTO

DI ARCHEOLOGIA MEDIEVALE

Il sito e le sue caratteristiche.

Il sito di Rupe Canina (posto a cavallo fra il territorio comunale di Sant’Angelo di Alife e quello di Raviscanina) si presenta oggi come un caso esemplare e notevolmente spettacolare di villaggio fortificato dell’epoca tardo-medievale.

L’insediamento è collocato sulla sommità di un colle, a circa 500 metri sul livello del mare, in posizione dominante nell’ambito della Media valle del Volturno, abbracciandone la visuale dalla confluenza della valle del Lete a nord sino ad Alife ed oltre verso sud, mentre, verso ovest/nordovest, la vista spazia libera sino al Tirreno, della cui costa appare il tratto all’altezza di Mondragone, delimitato dalla mole del monte Massico. Alle spalle della rocca di Sant’Angelo, verso est, si innalzano i contrafforti della catena del Matese, di cui la stessa altura di Rupe Canina costituisce una delle prime elevazioni.

Esso si presenta con una morfologia ben nota per questo tipo d’insediamenti nella regione mediterranea occidentale.

Sulla sommità del colle sorge la rocca signorile, delimitata da un robusto recinto murario di forma vagamente trapezoidale, che racchiude all’interno una serie di edifici (non tutti riconoscibili al momento attuale, poiché parzialmente o interamente interrati) pertinenti alla residenza del signore e dominati da un poderoso maschio quadrangolare, tutti raggruppati presso l’angolo nord occidentale del recinto stesso; a questi edifici si aggiunge, sempre all’interno del recinto, ma in posizione discosta da essi, nell’angolo opposto, un piccolo edificio di culto, la cui dedica attuale è a Santa Lucia, che però le fonti documentarie disponibili fanno ritenere abbia sostituito una più antica dedica alla Vergine.

Questa cappella, oggetto di restauri piuttosto radicali negli anni ’60, serba ancora, nell’abside, i resti di una decorazione pittorica che, secondo recenti ipotesi di L. Di Cosmo, può datarsi al XII secolo.

Nella fascia sottostante alla rocca si distribuisce e si articola la struttura del villaggio vero e proprio, a sua volta delimitato da un altro poderoso recinto fortificato.

Il recinto murario che racchiude il villaggio si estende per una lunghezza di circa 800 metri ed è rinforzato da torri circolari e rettangolari, poste a distanza l’una dall’altra di circa 100 metri. Il villaggio era dotato di almeno due accessi principali, dei quali appare particolarmente ben conservato ancora oggi quello di sud-est, affiancato da una delle più imponenti torri del circuito. In alcuni tratti la muratura del circuito è realizzata, nella parte basamentale, con grandi massi non connessi fra loro da legante. È possibile che tali strutture possano essere pertinenti ad una fase anteriore (preromana?) di fortificazione del colle, riutilizzata nel periodo medievale.

I resti del villaggio si distribuiscono all’interno di tutta l’area compresa fra la rocca e la cinta inferiore, ma sono particolarmente cospicui sui versanti meridionale e orientale ove, per la migliore insolazione, è probabile che in assoluto la densità delle costruzioni fosse maggiore.

Gli alzati delle strutture sono spesso conservati per diversi metri dal piano di campagna. Si può riconoscere con facilità, sul versante meridionale, la chiesa del villaggio (ecclesia castri) e, nell’angolo orientale del recinto, si trova – praticamente integra – una grande cisterna seminterrata. Nella chiesa – un edificio mononave di circa venti metri di lunghezza per sei di larghezza, sono inoltre ancora leggibili tracce della decorazione pittorica che doveva un tempo adornare tutto l’edificio.

Il villaggio sembra, ad un primo sguardo, avere avuto una struttura di tipo spiraliforme, che si sviluppa progressivamente sulle balze della collina, sino a raggiungere la sommità dove è edificata la rocca. Questa caratteristica morfologica planimetrica – comune a molti insediamenti di analoga natura ed epoca – è comunque, allo stato attuale delle conoscenze sul sito, solamente ipotizzabile data la problematica visibilità delle strutture parzialmente nascoste dalla vegetazione e dai crolli.

Le case sono realizzate sfruttando il pendio della collina, sicché i pianterreni delle costruzioni risultano spesso parzialmente ipogei.

Tutti gli edifici del sito (sia all’interno della rocca che nell’ambito del sottostante villaggio) sono realizzati con la locale pietra calcarea.

Le fonti storiche – che mi asterrò in questa sede dall’esaminare dettagliatamente – documentano che il periodo di maggior vigore dell’insediamento di Rupe Canina si colloca fra la fase di formazione e consolidamento della contea normanna di Alife (fra primo e secondo quarto del XII secolo) e la metà del XV, quando un sisma determinò l’abbandono definitivo del sito, che sembra si trovasse però già in una situazione di accentuato declino demografico.

Due elementi archeologicamente leggibili già ora nell’ambito del sito – la datazione del ciclo di affreschi nella cappella di Santa Lucia, cui si è già accennato, e l’assenza di significative ristrutturazioni delle fortificazioni per sostenere la minaccia delle armi da fuoco – fanno ritenere che la forchetta cronologica che emerge dall’esame delle fonti storiche possa essere considerata affidabile come riferimento di partenza per inquadrare la vicenda del villaggio nell’assetto in cui esso oggi si mostra.

Il che non toglie, come si vedrà più avanti, che si possa ipotizzare una maggiore estensione “verso l’alto” (cioè anteriormente all’età normanna) della vita del sito.

Un ulteriore conferma della plausibilità di questo arco cronologico è offerta dall’orizzonte dei ritrovamenti ceramici di superficie, effettuati nel corso degli anni sul sito dal Dott. Luigi Di Cosmo, Ispettore Onorario della Soprintendenza B.A.A.S. di Caserta e Benevento, oggetto anche di pubblicazioni curate dallo stesso studioso.

Il sito nel contesto insediativo della valle del Volturno.

Il villaggio incastellato di Rupe Canina non è certamente l’unico nel suo genere all’interno del comprensorio territoriale al quale appartiene. Si può anzi affermare che, in genere, tutti i centri abitati dei dintorni presentino in genere la medesima morfologia, poiché il processo dell’incastellamento ha interessato estensivamente questa come la maggior parte delle regioni dell’Itali centro-meridionale appenninica. Si può anzi giungere ad affermare, senza tema di smentita, che il paesaggio dell’insediamento storico vivente dell’Alto Casertano odierno sia, per una parte significativa, proprio il prodotto delle scelte effettuate fra X e XIII secolo, tendenti a privilegiare l’occupazione e la fortificazione di sommità collinari (a volte già occupate in epoca preromana), creando forme di controllo territoriale estremamente parcellizzate.

Rupe Canina appare come l’esito, giunto a piena maturazione, di questo processo. Il villaggio accentrato e murato, dominato dalla grande rocca sommitale, in cui si trova una residenza signorile che è qualcosa di più di un semplice fortilizio, è il testimone di un’epoca – il tardo medioevo – nella quale la struttura del potere nel Regno di Napoli era ormai caratterizzata da una presenza strutturata e potente del baronaggio, che governava il territorio con ampie prerogative signorili sulle popolazioni.

Rispetto a Rupe Canina, la maggior parte dei centri presenti nel territorio della valle del Volturno, essendo siti in cui la vita è continuata sino ad oggi, non consentono però condizioni per una lettura potenzialmente così chiara della morfologia di un villaggio fortificato basso medievale. Così, ad esempio, le strutture castrali vere e proprie, anche se abbandonate in seguito alla cessazione dei casati aristocratici che li possedevano, presentano morfologie architettoniche di epoche successive (secoli XV-XVIII) a quelle testimoniate a Rupe Canina, legate all’irrompere delle armi da fuoco e all’evoluzione dei castelli in veri e propri palazzi patrizi.

Basti, a questo proposito ricordare, fra i molti, casi emblematici come quello di Pietravairano, di Pietramelara, di Prata Sannita o quello di Piedimonte Matese, nella provincia di Caserta, e quelli mo Monteroduni, Macchia d’Isernia e Cerro al Volturno, nella parte molisana della valle. Altri casi, come quello di Castello Matese, Gioia Sannitica e Roccaravindola, mantengono, ancora ben visibili, strutture castrali coeve a quelle di Rupe Canina, ma il villaggio circostante è stato profondamente modificato dalla continuità di vita dell’insediamento.

Casi a parte sono quelli degli abitati di Alife e di Venafro, la cui origine romana, vede lo sviluppo delle strutture relative alle fasi medievali fortemente condizionate dalle preesistenza di quelle antiche: in primo luogo la cinta muraria di età tardo repubblicana, che ad Alife sopravvive ancor oggi in maniera assai consistente.

Così, ad esempio, l’imponente castello tardo-medievale (ma probabilmente impostato su preesistenze di età longobarda e normanna) si colloca nell’angolo sud orientale della cinta romana ad affaccio sul fiume Torano, per sfruttare al massimo le condizioni geo-morfologiche dell’area.

La situazione del castello di Venafro, rispetto alle mura della città romana, non è concettualmente dissimile, poiché anche in questo caso il fortilizio medievale si va a collocare nel luogo più favorevole, che in questo caso corrisponde alla parte più elevata dell’area urbana antica.

Il sito di Rupe Canina e l’insediamento medievale italiano.

La morfologia del sito di Rupe Canina e le componenti di esso rappresentano, come già detto in precedenza, una tipologia insediativa ben nota in tutto il bacino del Mediterraneo centro-occidentale, espressione della fase più matura del cosiddetto processo di “incastellamento” che portà, fra X e XII secolo, alla formazione (soprattutto nelle zone montane) di villaggi accentrati, con un proprio territorio di pertinenza e sottoposti alla signoria di famiglie aristocratiche o di potenti enti ecclesiastici o, in alcuni casi, soggetti direttamente alla giurisdizione del sovrano. Se, nella loro fase iniziale, questi insediamenti appaiono caratterizzati da dimensioni abbastanza ridotte e dal predominio di un’edilizia in legno (di cui si colgono sovente con difficoltà le tracce archeologiche), nella fase più tarda (XII-XIII secolo) prevale l’edilizia in pietra e si sviluppano in modo significativo sia gli apparati di difesa che quartieri privilegiati, questi ultimi legati alla residenza delle famiglie aristocratiche dominanti.

Nell’Italia Meridionale, il fenomeno dello sviluppo dell’edilizia castrale e, più in particolare, delle strutture di residenza signorile, è particolarmente significativo in connessione al processo di forte feudalizzazione del regno, avviato dai Normanni e portato a compimento da Svevi e Angioini. Anche nel caso di Rupe Canina non è assolutamente da escludere che, al di sotto delle strutture assai più imponenti e monumentali del villaggio basso medievale possano essere presenti tracce di una prima fase insediativa, caratterizzata dalla predominanza dell’edilizia in legno e priva dell’accentuata differenziazione fra area signorile e area abitativa. Del resto, una sequenza insediativa di questo tipo è stata ben illustrata dallo scavo di altri insediamenti incastellati indagati estensivamente nell’Italia centrale (Scarlino – GR, Montarrenti – SI, Caprignano – RI) ed è stata anche individuata in almeno due siti dell’alta Valle del Volturno (Colle Castellano, presso Montaquila e Vacchereccia, presso Rocchetta a Volturno), indagati negli anni ’80 nell’ambito delle prime campagne di scavo e ricognizione dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno e dei suoi immediati dintorni, che hanno restituito un orizzonte di vita che nel caso del primo sito prende le mosse a partire dalla fine del IX/ inizi del X secolo, mentre nel secondo sembra risalire sino all’VIII. Non va peraltro dimenticato che l’esistenza della grotta di San Michele, ai piedi della collina di Rupe Canina, il cui arredamento liturgico interno può farne presupporre una utilizzazione in età alto-medievale, incoraggia a immaginare una frequentazione organizzata dell’area già prima del Mille, le cui modalità sono comunque, allo stato attuale, tutte da mettere a fuoco.

Il precoce abbandono (tra la fine del XIV secolo e la metà del XV) in favore dei nuovi insediamenti di Sant’Angelo di Alife e di Raviscanina, pone il sito di Rupe Canina di diritto nella categoria dei cosiddetti “Villagesdesertées” (Villaggi abbandonati), che abbondano in alcune regioni d’Italia e di Francia, in seguito al congiunto verificarsi di un forte spopolamento a causa della Peste Nera del 1348 e della riorganizzazione delle signorie feudali in insiemi più cospicui e organici, con conseguente declassamento ed eventuale abbandono delle sedi meno idonee.

Tali evenienze hanno determinato l’effetto di un vero è proprio “congelamento” dell’aspetto di questi insediamenti, consegnandoli al presente come eccezionali laboratori per ricostruire la vita e la cultura materiale del tardo medioevo, rendendoli quindi potenziali giacimenti archeologici della massima importanza e, considerato il livello di conservazione nello specifico, di Rupe Canina, anche della massima spettacolarità.

Il progetto di sviluppo del sito.

Rupe Canina, per le sue caratteristiche ambientali, morfologiche e architettoniche, si può potenzialmente collocare senza dubbio a fianco dei più celebri casi di villaggi medievali europei abbandonati, esplorati archeologicamente nell’Europa mediterranea, come Rougiers e Les Baux de Provence in Provenza (Francia), Rocca San Silvestro in Toscana e Mistrà in Peloponneso (Grecia). Siti che, oltre ad aver costituito dei giacimenti d’importanza incommensurabile sotto il profilo scientifico, hanno anche prodotto il risultato finale di divenire poli rilevanti di attrazione turistica, data la naturale bellezza della loro collocazione geografica.

Il sito si presta a:

ospitare prestigiose manifestazioni culturali (teatro, musica, balletto, etc.) nell’area del castello;

organizzare ricostruzioni in costume della vita medievale, restituendo magicamente vita al passato nelle case e nelle strade del borgo e nel castello;

ospitare un centro di studi nella torre principale del castello;

servire come parco ricreativo, organizzando in modo degno della bellezza del luogo, aree per la ristorazione, l’intrattenimento, la sosta.

Le condizioni attuali di conservazione del sito sono estremamente interessanti, ma naturalmente si sconta, allo stato attuale, un forte deficit di conoscenza scientifica e una sua assai problematica visibilità, dovuta quest’ultima alla proliferazione della vegetazione e ai notevoli accumuli di macerie formatisi in seguito ai crolli degli edifici.

Un sito di queste dimensioni, così esemplare sotto il profilo tipologico e giunto a noi in un stato di conservazione così buono merita senz’altro un’esplorazione archeologica estensiva, collegata a diffusi interventi di restauro conservativo.

In considerazione di tutto ciò, l’Amministrazione Comunale di Sant’Angelo di Alife ha deciso di lanciare un progetto integrato di studio, conservazione e valorizzazione del sito di Rupe Canina, d’intesa anche con l’Amministrazione Comunale di Raviscanina, nel territorio della quale ricade il margine settentrionale dell’area archeologica.

Al fine di poter correttamente valutare posizionamento, estensione, densità e condizioni di conservazione dei resti archeologici presenti sul sito, l’Amministrazione Comunale di Sant’Angelo d’Alife ha incaricato l’Istituto Universitario “Suor Orsola Benincasa” di Napoli dell’effettuzione di una campagna di rilievo con stazione totale del castello di Rupe Canina e del borgo sottostante.

Le operazioni di rilievo sono condotte da un’equipe di archeologi coordinata da chi scrive, e che vede operare sul campo Salvatore Volpe, Archidio Mariani, Gabriele Raddi e Stefano Tilia. Il gruppo di lavoro opera sotto la supervisione del personale tecnico-scientifico e di vigilanza dell’Ufficio Archeologico di Alife (CE) della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, coordinato dal dott. Gianluca Tagliamonte.

In fase iniziale le operazioni hanno interessato soltanto le aree libere da vegetazione, limitando il rilievo topografico al recinto fortificato interno della rocca, al mastio ed alle strutture residenziali annesse, per poi estendersi a tutta l’area del villaggio, mano a mano che procedeva lo sfoltimento della densissima macchia che vi si era andata insediando nel corso degli ultimi decenni.

Il posizionamento topografico degli edifici visibili è completo per quanto concerne l’area della rocca e ne è prevista l’ultimazione nell’area del villaggio per la fine del mese di giugno 2002.

Insieme al rilievo topografico dell’area è in corso una sistematica documentazione fotografica delle emergenze visibili allo stato attuale di conservazione, nonché una prima campionatura delle diverse tecniche edilizie riscontrabili sul sito.

Successivamente al completamento di questa prima operazione, ci si propone di effettuare due sondaggi di scavo di m 5 x 5, all’interno della rocca.

Saggio A: a Sud-Ovest del mastio, in prossimità delle strutture residenziali che ad esso sono collegate.

Saggio B: a Sud-Est dell’attuale ingresso alla cinta muraria interna.

L’intervento è volto al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

valutazione della potenza dell’accumulo archeologico;

precisazione della cronologia dell’insediamento;

individuazione delle aree in cui si conserva la stratificazione medievale;

definizione della profondità dei piani di frequentazione antichi rispetto al piano campagna attuale;

verifica delle caratteristiche pedologiche del suolo.

Contestualmente, ci si propone di effettuare una ricognizione del sito, al fine di riconoscere e delimitare le aree in cui, nel corso degli anni ’50 e ’60 sono stati effettuati interventi di restauro e ricostruzione, sotto l’egida dell’ing. Martone, al quale peraltro si devono i primi, importantissimi studi sul sito. Della documentazione di tali interventi si dovrà anche realizzare un puntuale censimento, in considerazione sia dell’esigenza in sé di acquisire tutte le informazioni relative alle modalità di lavoro seguite dal Martone, sia del fatto che essa può certamente restituire una serie di dati, attualmente non più leggibili in loco, sulla morfologia delle strutture nel loro originario stato di conservazione.

Una volta conclusa questa fase preliminare di lavori, si può immaginare un intervento articolato in due fasi, da articolare come segue nell’arco di quattro anni (2003-2006):

FASE 1 (due anni)

Scavo estensivo e restauro dell’area della rocca (escluso il mastio); scavo sistematico e restauro di un campione significativo del villaggio.

FASE 2 (due anni)

Ampliamento dello scavo nell’area del villaggio; bonifica (eliminazione dei crolli e della vegetazione infestante) di tutta l’area del villaggio e consolidamento di tutte le strutture murarie emergenti (in primis, la cinta del villaggio), per consentire la frequentazione di tutto il sito ai visitatori; restauro e ripristino del maschio della rocca come antiquarium e centro di studio; realizzazione di infrastrutture e percorsi per la visita del sito; definizione delle modalità di gestione del sito stesso, in quanto parco archeologico.

Conclusioni.

La fase di intervento attualmente in corso ha un carattere di assoluta preliminarietà, ed è destinata ad offrire l’inquadramento operativo alle ulteriori attività di cui si è appena parlato. Gli obiettivi della valorizzazione del sito, a scopi sia scientifici sia turistici sono tuttavia ben chiari e si può dire con assoluta sicurezza che le potenzialità dell’insediamento di Rupe Canina sono altissime sia sotto il primo sia sotto il secondo profilo.

Non esiste peraltro, allo stato attuale, nessun progetto organico in corso di esplorazione archeologica, in tutta l’Italia Meridionale, che abbia per oggetto l’indagine estensiva di un sito di caratteristiche analoghe a Rupe Canina, che si candida quindi a rappresentare un case study di promettente rilevanza.

Gli aspetti più concretamente definibili, allo stato attuale delle conoscenze, del percorso di studio del sito, sono i seguenti:

definizione della cronologia sino al suo definitivo abbandono;

definizione del suo sviluppo urbanistico e delle modalità del suo abbandono;

individuazione delle attività produttive eventualmente in esso presenti;

studio del “cantiere” costruttivo del villaggio e dello sfruttamento delle aree circostanti per l’approvvigionamento dei materiali edilizi;

valutazione della sua consistenza demografica nella fase matura del suo sviluppo (XIII-XIV secolo);

definizione della dinamica di sviluppo del controllo signorile sul villaggio e sul territorio da esso dipendente;

inquadramento del fenomeno della formazione del sito accentrato e fortificato di Rupe Canina in relazione al precedente equilibrio territoriale di età altomedievale.

Tutte le informazioni che questi filoni d’indagine potranno e dovranno produrre costituiranno naturalmente linfa vitale per comprendere come valorizzare il sito in maniera affascinante per chi verrà a visitarlo, ma allo stesso tempo rigorosamente aderente alla realtà storica di chi lo ha costruito e abitato nei secoli.

Ringraziamenti: il progetto di ricerca e valorizzazione di Rupe Canina è promosso dall’Amministrazione Comunale di Sant’Angelo di Alife, che qui si ringrazia, in particolare nella persona del Sindaco, Dott. Salvatore Bucci, per aver voluto sceglierci per una collaborazione così prestigiosa e per l’entusiasmo con cui sta sostenendo la nostra attività.

Nel corso delle attività sul campo un validissimo aiuto logistico ci è stato offerto dall’Ufficio Tecnico del Comune di Sant’Angelo che qui si vuole ringraziare, unitamente alla Comunità Montana del Matese, per aver messo a disposizione la manodopera per portare a termine il faticoso disboscamento dell’area del sito.

Un ringraziamento al Soprintendente Archeologo alle Province di Napoli e Caserta, Prof. Stefano De Caro, per aver voluto autorizzare questo primo intervento, e al Dott. Gianluca Tagliamonte, Ispettore archeologo della stessa Soprintendenza, responsabile dell’Ufficio scavi di Alife, per aver concretamente incoraggiato il nostro lavoro e per la sua cortesissima disponibilità nel fornire consigli e indispensabili indicazioni operative.

Un grazie particolare, infine, al Dott. Luigi Di Cosmo, Ispettore Onorario della Soprintendenza ai B.A.A.S. delle Province di Caserta e Benevento, grande conoscitore delle produzioni ceramiche medievali del territorio campano ma in particolare, in quanto cittadino di Sant’Angelo, studioso di Rupe Canina e del suo patrimonio artistico e monumentale, che con grande generosità ci ha guidati a comprendere la storia del sito e le sue vicende antiche e più recenti.