Le ricette di donna Livia

Maiello Teresa

LE RICETTE DI DONNA LIVIA

(In Narrazioni, n. 5 vol. 2, giugno 2003, pp. 82-85)

Negli ultimi tempi ho iniziato a raccogliere le ricette di alcuni piatti tipici di famiglia, intesa in senso lato, e nel fare ciò non ho potuto fare a meno di collegare tali ricette alle persone che me le hanno trasmesse e che le realizzavano in maniera superba. Tra le persone che ho ricordato, durante tale paziente lavora di raccolta, una menzione d’onore merita mia suocera, donna Livia, come la chiamavano a Raviscanina, un ridente paese dell’alto Casertano.

A mio parere era una cuoca eccellente; mi piaceva moltissimo stare in cucina con lei e vederla realizzare piatti semplici ma gustosi in poco tempo e a volte anche con poca spesa.

La cosa che mi colpì di più nei primi tempi fu il pranzo della domenica, caratterizzato da un ragù eccezionale con cui condiva la pasta, carne di ragù e polpettone, melanzane alla scapece in estate oppure sottolio in inverno (rigorosamente preparate da lei) e infine una buonissima crostata di amarene oppure la torta di mele.

Quando tornavo a casa, mia madre si risentiva perché le dicevo che il sugo, anche semplice, di donna Livia era di gran lunga superiore al suo. Dopo poco capii che il segreto stava nella preparazione della salsa di pomodoro. Infatti, nella preparazione delle bottiglie di salsa, i pomodori venivano cotti due volte. Prima di passarli venivano fatti cuocere e, dopo passati, fatti bollire per circa 30 minuti con il sale. La salsa, così, diventava densa e pronta per essere invasata ancora bollente nelle bottiglie, che venivano messe sotto le coperte in una vecchia cassa o contenitore capace di contenerle.

Dopo le mie insistenze, mia madre si dovette arrendere ed ammettere che effettivamente la salsa era più saporita preparata in questo modo.

Un altro menù che mi affascinò fu il pranzo di Pasqua, che ormai è diventato patrimonio anche di casa di mia madre, oltre che della mia.

Incominciava con un sontuoso antipasto, composto da prosciutto affettato, formaggio di pecora stagionato e fresco, frittata di “pariatella” di agnellino, preparata almeno con 30 uova, pizza rustica ripiena e verdure sottolio. Poi si continuava con il primo piatto, composto da tagliatelle fatte in casa oppure una pasta ripiene. Il secondo era rigorosamente l’agnello preparato a fuoco lento sulla brace e amorevolmente accudito da mia suocera; le costolette dell’agnello, invece, venivano cucinate in fricassea con uova sbattute, succo di limone e formaggio di pecora in parte grattugiato ed in parte in piccoli pezzetti. Il pranzo terminava ovviamente con la pastiera di grano.

Nel vicinato donna Livia era famosa per la preparazione delle torte e in particolare per una squisita torta al caffè, mai più eguagliata da nessuno che io conosca. Aveva una pazienza enorme in cucina che derivava dalla consapevolezza che ogni piatto va prima di tutto condito con amore altrimenti se ne compromette irrimediabilmente la riuscita.

Il filo conduttore di questo racconto potrebbe sembrare la cucina oppure alcuni piatti caratteristici come quelli sopra descritti. In realtà tutto questo rappresenta solo il pretesto per raccontare una persona, mia suocera, che è uscita di scena troppo presto, lasciando un vuoto difficile da colmare non solo per la famiglia ma per tutta la comunità di cui faceva parte...