Piedimonte_07

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Cap. VII

DEMANIO E COMMISSIONE FEUDALE

(pp. 64-68)

CONTROVERSIE PER LA DIVISIONE DEL DEMANIO EX FEUDALE – Le controversie tra Casa Gaetani e l’Università di Piedimonte con i suoi antichi casali, relative alla divisione del demanio ex feudale, sorte in seguito all’abolizione della feudalità, sono meritevoli di ricordo perché esse offrono un vasto campo di considerazioni non soltanto storiche, per le vicende che subì il feudo sin dai tempi della promulgazione degli antichi Statuti della Terra (1481) e delle successive Convenzioni, ma anche giuridiche e sociali dal punto di vista del diritto pubblico e privato, e dei rapporti tra le prerogative della Casa feudataria e la libertà cui era pervenuto il Comune.

Ritenendo superfluo addentrarci in una disamina di tali considerazioni, meglio è che parlino per noi i documenti. Da essi il lettore potrà trarre le necessarie illazioni e riflessioni.

Promulgate, adunque, le leggi eversive, l’Università (Comune) e i suoi antichi casali, chiesero:

    1. Dichiararsi demani comunali tutte le montagne del Matese che componevano il territorio dell’Università e dei suoi casali, coll’essere reintegrata di quanto la Casa Gaetani aveva usurpato nel corso di vari secoli, delle difese che aveva costruite sulle stesse montagne, del diritto di pesca nel Lago Matese, e del diritto di esigere le decime.
    2. Abolirsi le decime che la stessa Casa esigeva come supposta amministratrice di una Badia posta nel territorio di San Gregorio.
    3. Dichiararsi universale il patronato sotto il titolo di S. Maria Occorrevole.
    4. Restituirsi tutte le somme esatte dalla Casa per Camera riservata.
  1. Condannarsi la Casa stessa a restituire le somme pagate dall’Università ai Luoghi Pii, come cessionari di essa Casa, ordinandosi di non essere molestata per l’avvenire dagli stessi Luoghi Pii e per essi dall’Amministrazione dei Regi Demanj.

Su questa istanza si accesero le controversie, e si ebbero il 15 maggio e 31 agosto 1810 due decisioni della Commissione feudale; il 20 ottobre 1813 un’ordinanza di divisione del demanio Matese tra la Casa Gaetani e i Comuni già promiscui, ed il 10 novembre 1854, infine, l’ultima e comprensiva ordinanza di divisione.

DECISIONI DEL 15 MAGGIO E 31 AGOSTO 1810 – Con le sentenze del 15 maggio e 31 agosto 1810, la Commissione feudale decise: a) che la proprietà dell’erba, non escluso le abusive difese dell’ex feudatario, fosse reintegrata al Comune di Piedimonte,riservando al primo la facoltà di far pascere i suoi animali, in qualità di cittadino; b) che all’ex feudatario fosse lecito di esigere il teraggio non maggiore del decimo sui generi di prima coltura; c) di competere ai cittadini sul demanio del Matese, oltre il pascolo, i pieni e comodi usi; d) di competere all’Università di Piedimonte e suoi cittadini l’uso delle acque e della pesca nel Lago Matese, e di commerciare tra loro il prodotto della pesca; e) dichiararsi infine abolite le decime esatte pel passato dal Duca di Laurenzana per la Badia di San Gregorio.

Il Commissario del Re, Dumas, incaricato della divisione del demanio del Matese e della esecuzione delle citate sentenze, ordinò le relative verifiche e perizie, che furono eseguite dagli Ing. Mangieri, Curci ed Abatelli. Costoro a 20 aprile 1811 fecero un dettagliato rapporto sulla topografia del Matese e sulla valutazione delle diverse contrade della località.

ORDINANZA 20 OTTOBRE 1813 – Nel 1813, a 20 ottobre, la Commissione feudale (Commissario Petroni), emise l’ordinanza di divisione del demanio fra i Comuni già promiscui: Piedimonte, San Gregorio, San Potito, Castello d’Alife, ed il Duca Gaetani di Laurenzana, decidendo: 1) Che il demanio ex feudale del Matese veniva ripartito in ventiquattro parti, delle quali, nove a favore dell’ex feudatario, e le restanti quindici ai Comuni, con specificazione che questi ultimi dovevano prendere in massa la quota, per poi effettuarne la divisione con altra ordinanza; 2) che non entravano a far parte della massa divisa tutti i terreni coltivati, dei quali erano in possesso i coloni. Gli stessi terreni, trovandosi legittimamente ripartiti, non potevano cadere in altra divisione, ed i coloni o superficiari fuori del terratico – non maggiore del decimo sui generi di prima coltura annuale, esclusi i legumi – dovevano reputarsi come padroni delle rispettive terre a termini del Decreto 16 ottobre 1809 n° 486, e sotto i vincoli e condizioni prescritte con l’Art. 31 del Decreto 3 gennaio 1808, con facoltà di redimere il canone. Questa decima si ordinava corrispondersi a quelli nella cui continuità di porzione sarebbero caduti. Quindi l’ex feudatario era facultato ad esigere una tale decima sui fondi compresi nella sua quota; 3) che sulla divisione, essendo stata fatta con conciliazione, le parti non avrebbero avuto altro a pretendere, e che il demanio diviso, restava di assoluta proprietà delle rispettive parti; 4) che a seconda le regole della pastorizia e delle leggi in vigore, si sarebbe accordato il passaggio alle greggi ed agli armenti per portarsi ad abbeverare nelle fonti e nelle sorgive di Fontana di Campo, Campo dell’Arco, e Fontana di S. Maria sull’Esule. Si sarebbe accordato anche, per il passaggio delle greggi e degli armenti, un tratturo, secondo le regole stabilite per i tratturi del Regno, cominciando dal Perrone, per la Catena, Campo di Campo e Vollatino, e prendendo la direzione del Lago, sarebbe passato per Prete Morto sino a Piedimonte; 5) non essendo, poi, suscettibile di divisione il Lago Matese, esso restava comune tra il Municipio di Piedimonte e la Casa Gaetani, ed in comune anche il relativo fitto, con libertà ad entrambi l’uso di abbeverare e di acquare.

Nei rapporti tra il Comune di Piedimonte e la Casa Gaetani, le questioni furono quasi tutte transatte mercé una convenzione in data 26 maggio 1820, approvata con Sovrano Rescritto degli 11 aprile 1822. Rimasero pendenti soltanto due liti, quella relativa alla spettanza delle adiacenza del Lago e l’altra intorno al confine nelle contrade Monteporco e Selvapiana.

ORDINANZA 10 NOVEMBRE 1854 – Finalmente il 10 novembre 1854, dopo un lungo litigio tra le parti interessate, la Commissione Feudale emise la sua ultima ordinanza relativa alla divisione del demanio promiscuo del Matese. In essa viene riportato tutto ciò che fu oggetto di precedenti discussioni, decisioni e sentenze, e dopo non pochi considerandi, è detto: « 1) Il demanio promiscuo del Matese del valore di ducati 99850 sarà diviso in 24 eguali porzioni, di cui 11 rimangono assegnate a Piedimonte e 13 agli altri Comuni, cioè 3 a S. Potito, 4 a Castello e 6 a San Gregorio. L’accantonamento delle terre pascolatorie sarà fatto a norma dell’Art. 9 della legge 1° settembre 1805, nella parte più vicina dell’abitato di ciascun Comune. L’accantonamento poi delle terre boscose seguitè nei luoghi ove i boschi esistono, come viene prescritto nei seguenti articoli; 2) le 11 porzioni di Piedimonte, confinanti in parte con le proprietà private, e poste più vicine all’abitato di esso Comune, sono: a) Muto, b) Cesalfano, c) Cila, d) Valle Paterno, e) Valle Cortolella, f) Valle de’ Mari, g) Ferracciano, h) Valle del Termine, i) Sorgenze, oltre la contrada boscosa detta Valle Cusanara, con Piana Maiuri ed il Perrone. Saranno dippiù distaccate, ed aggregate a questa, dalla parte boscosa della contrada Monteporco in confine col Perrone, moggia 93 di terreno pel valore di ducati 1496,68. Infine spetta a Piedimonte la metà del Lago valutata pel capitale di ducati 740.

Tutte le cennate contrade ascesero in valore a ducati 45764 e grana 51 compresi in detta cifra ducati 157,08 per indennizzo dovuto al Comune di San Potito per la costruzione degli abbeveratoi... Desse erano equivalenti alle 11 porzioni assegnate a detto Comune pel valore totale del demanio divisibile a norma del verbale di valutazione, eseguito d’accordo tra gli arbitri a 7 ottobre 1854 e dello emendo allo stesso apportato in forma amministrativa del 7 corrente novembre. Tutte le contrade pascolatorie erano continue, ma divise in due porzioni distinte e avendo tra mezzo l’abitato di Piedimonte ».

Vengono poi descritte nell’ordinanza le confinazioni di ciascuna sezione e le porzioni spettanti agli altri Comuni promiscui con le adiacenze del Lago al Comune di San Gregorio.

All’art. 10 dell’ordinanza citata è detto che sarebbero stati formati dai rispettivi decurionati gli stati delle colonie perpetue, cioè quelle accatastate nel 1752 e 1753. Tali stati verificati dal Sottintendente (Sotto Prefetto) del Distretto, si sarebbero allegati a quattro originali da rilasciarsi a ciascun Comune. Ogni colono avrebbe reso, poi al Comune cui apparteneva, il decimo dei generi di prima coltura annuale, esclusi i legumi, a termini dell’ordinanza Petroni del 1813, con gli arretrati agli stessi Comuni. Tutte le altre colonie sparse nel demanio furono dichiarate abusive, e reintegrate ai Comuni, e così le terre, in confine tra le proprietà private e il demanio che si sarebbero dimostrate usurpate.

L’Art. 11 stabilisce, infine che essendo stato diviso il Lago per metà al Comune di Piedimonte e per l’altra metà a Casa Gaetani, l’affitto di esso si sarebbe fatto d’accordo tra le parti.

Per maggiore chiarezza di quanto riferito diamo il seguente prospetto delle quantità terriere con i relativi valori assegnate al nostro Comune coll’ordinanza del 1854:

Cioè moggia 18222 per un valore complessivo, non già di ducati 45764,51 come è detto nell’ordinanza medesima, ma di ducati 44162,98 pari a L. 288826,65.

USI CIVICI – Non è a credersi che l’esercizio degli usi civici da parte della popolazione avesse inizio con la divisione del demanio ex feudale. Esso è, invece, antichissimo. L’origine dei beni demaniali è in apparenza feudale, ma in realtà la proprietà collettiva da cui derivano era anteriore alla feudalità, la quale usurpò e non accrebbe i beni del Comune. Questi beni sono generalmente soggetti all’uso di legnare sul secco, di abbeverare e di far pascolare gli animali ove non vi è danno per le piante che vi crescono, pagandosi all’uopo un diritto e « fida » a beneficio del Comune. Tra questo e Casa Gaetani vi sono state in proposito non poche liti nei tempi andati. Nel 1567, ve ne fu una proprio per la fida e pei diritti della bagliava e mastrodattia, ed essa fu transatta, come altrove si è detto, pagando il Comune ducati 6500 mercé due convenzioni con le quali il feudatario del tempo rinunziò ad ogni sua pretesa, riservandosi soltanto il pascolo pei suoi animali e il diritto di terraggio. Dopo un secolo circa da queste convenzioni, il Comune, a conferma di tale acquisto, versò alla Casa Gaetani altri 3000 ducati, come risulta da un istrumento di convenzione in data 21 maggio 1614.

L’uso civico è ora pacifico, nel senso che viene esercitato dalla popolazione senza contrasto.

Nei boschi soggetti a tale uso la popolazione si reca a far legna e scende in città con grossi fasci, che non eccedono i 50 chili di peso. La legna viene generalmente usata dalla stessa famiglia che la raccoglie e spesse volte venduta.

Più efficace è l’esercizio del pascolo in quanto che una famiglia con un branco di pecore o di capre, si procura per ogni animale un discreto utile annuo, contro poche lire complessive di fida. Il bilancio familiare cresce anche coll’opera di custodia dei ragazzi che vengono però allontanati dalla scuola, con grave pregiudizio della loro istruzione ed educazione.

Numerosi cittadini detengono, poi, non pochi appezzamenti di terreno appartenenti al Comune, denominati « Cesine », e pagano un canone annuo in ragione dell’estensione; canone però fissato un secolo fa, e che oggi non è più in rispondenza al valore del terreno. Molti si sono perfino appropriati di cesine senza pagarne il canone, altri hanno usurpate delle zone adiacenti, ed altri ancora le hanno addirittura abbandonate, per cui, tempo fa s’impose la generale sistemazione dei demani comunali, le cui operazioni vennero iniziate nel 1913 e non ancora sono state compiute; o meglio, furono sospese, né si accenna a riprenderle. È da augurare che a ciò si addivenga sollecitamente anche per farle coincidere col riordinamento generale degli usi civici nel regno, stabilito col R.D. 22 maggio 1923, N°. 751, col quale si fa obbligo ai Comuni di presentare istanze per ottenere il riconoscimento degli usi civici pretesi e non esercitati, l’accertamento e la liquidazione di quelli riconosciuti od esercitati, e la revindica e reintegra di terre illegittimamente sottratte al patrimonio comunale.

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