Cielo_il castello di Sant'Angelo

Luigi R. Cielo

IL CASTELLO DI S. ANGELO NELLA REALTA’ INSEDIATIVA E STRATEGICA DELLA TERRA ALIFANA

(in S. Angelo di Ravecanina – Un insediamento medievale nel Sannio Alifano, a cura di L. Di Cosmo, 2001, pp. 98-110)

(...)

Sono questi gli anni della durissima lotta tra Ruggero II da un aparte e Roberto di Capua con alleato il conte di Alife, Rainulfo II Drengot-Quarrel, ed è adesso, nel 1135, che si ha la prima menzione del centro abitato e del castello di Rupecanina in una con quello di Alife, quando cioè il re Ruggero dà ordine al cancelliere Guarino di requisire tutte le roccaforti del conte Rainulfo[1]. Questi “aveva affidato la difesa di esse al fratello Riccardo, che però era fuggito alla notizia della presa di Aversa da parte di Ruggero. Così all’arrivo del cancelliere Guarino sia Alife sia S. Angelo si arrendono”[2]. Ma non si arrendono S. Agata e Caiazzo, che soltanto all’arrivo di un altro assediante, il re Ruggero, desistono[3]. A questo punto Ruggero II “dedit edictum , ut cuncta in terra Comitis subverterentur oppida, praete munitiora castra, quae ei sub proprio dominio ad eiusdem pacis tutelam retineri pacerent”[4]. Dal racconto di Alessandro di Alessandro Telesino “si evince che nel quarto decennio del XII secolo le principali sedi di dominio del conte Rainulfo erano ben difese” e che “in previsione dello scontro con il re erano state ulteriormente rinforzate: (Comes) munitiones interim suas omnes magis praemunire studuit”[5].

I movimenti di Riccardo di Rupecanina dopo che Alife e S. Angelo di Rupecanina sono state nel giugno del 1135 prese da Ruggero[6], si ricostruiscono sulle pagine di Falcone. Da Pisa il principe di Capua Roberto insieme con il cardinale Gerardo e il nostro Riccardo si recano presso l’imperatore Lotario, dal quale hanno la promessa di aiuti per l’anno seguente[7], cosa che avviene tanto che il principe di Capua, Roberto, va ad ossequiare l’imperatore a Cremona – dove si era accampato – mentre anche il conte Rainulfo si unisce all’imperatore nel seguito della discesa in Italia meridionale[8].

A questo punto Falcone, dopo aver descritto le vicende beneventane centrate sulla presenza del papa oltre che dell’imperatore[9] e anche salernitane[10], riferisce dell’elezione a duca di Puglia di Rainulfo nel 1137[11]. Ma re Ruggero è pronto a riprendere la lotta e, quando sente che l’imperatore ha preso la via del ritorno, inizia le operazioni, sottomette Nocera e conquista tutte le terre del conte Rainulfo. Assoggetta anche Benevento (metà ottobre 1137), Montesarchio “et inde procedens super civitatem comitis Riccardi… alligavit”[12], informazione che si scioglie nel senso che Riccardo nel frattempo è assurto a conte e che possiede la città di Alife.

Per rimanere nella sola area alifana si segnalano ora la riconquista di Alife da parte di Rainulfo[13] e l’anno successivo (1138) un secondo attacco, violentissimo, alla città portato da re Ruggero[14] fino alla morte e sepoltura “infra episcopium” a Troia di Rainulfo il 30 aprile 1137[15]. Segue l’imboscata, preparata dalle truppe di re Ruggero a San Germano, dalla quale il principe di Capua e Riccardo di Raviscanina si salvano con la fuga, mentre il papa Innocenzo II viene catturato e, privo di ogni appoggio, riconosce nel giorno di S. Giacomo, cioè il 25 luglio 1139, il regno di Sicilia a Ruggero e ai due figli rispettivamente il ducato di Puglia e il principato di Capua[16].

Si eclissa così il glorioso principato di Capua fondato da Riccardo Quarel[17] e nella rovina soccombe anche la signoria di Rainulfo II Quarel, che aveva ereditato dal nonno Rainulfo e dal padre Roberto, e ciò al di là dei tentativi – anche temporaneamente riusciti – di riconquista operati per tutto il XII sec.

Dopo il 1139 infatti il conte di Alife è Malgerio[18], che è poi al tempo del Catalogus Baronum anche titolare del feudo di Alife, che raccoglie inoltre Presenzano, Penta, Mignano[19]. Lo smembramento della contea di Alife viene confermato dal nuovo titolare del feudo di Prata, di Letino e del nostro S. Angelo, che è Rainone di Prata[20].

Il seguito degli avvenimenti, con un Drengot-Quarel, Andrea, figlio di Riccardo, che si riappropria della contea di Alife, e con il successivo subentrare di Malgerio e i connessi tentativi di recupero ancora di Andrea[21], interessa relativamente il tema in oggetto, dal momento che a nostro giudizio l’attacco di Ruggero II nel 1135 dovette vedere pienamente efficiente il baluardo castellare di Sant’Angelo-Rupecanina e ciò per due motivi.

Il primo è che i Quarel sia del ramo principesco di Capua sia del ramo comitale di Alife, Telese, S. Agata, Caiazzo, sono di altissimo profilo nel settore della guerra, e presumibilmente anche nelle strutture di appoggio come i castelli, alla luce dei riconoscimenti di valore professati già da Amato di Montecassino[22] e quindi ampiamente confermati da Alessandro Telesino e Falcone Beneventano, con i più ragguagli rivenienti da test iconografici della loro terra[23].

Il secondo è che, in vista dello scontro con Ruggero II, Rainulfo, si è visto, ha rafforzato le difese delle sue contee, dove peraltro dovevano già essere efficienti i castelli di Caiazzo e di S. Agata[24].

Il mastio di Rupecanina inoltre, quadrato e con coronamento merlato in appiombo sulla cortina muraria, rientra nella tipologia studiata da Santoro – con la sola particolarità della base a scarpa, sulla quale bisogna ritornare – ed esemplificata negli episodi di Arpino, Baia, Latina, Carinola, Pietramelara, Capua[25], così da poter essere attribuito ad una committenza normanna[26].

Ma una prova indiretta – cosa che ho gia notato altrove – viene dalla importanza strategica oltre che del castello di Alife, anche di quello di S. Angelo, siglata in successione temporale dal controllo avocato alla curi da Federico II. Questi, che naturalmente si avvale del sistema difensivo normanno, pronto a riattarlo ed ad integrarlo, nelle Assise di Capua (1220) dispone innanzitutto il ritorno al demanio di città, fortificazioni, castelli, villaggi, casali alienati dopo la morte di Guglielmo II e la requisizione/distruzione di ogni struttura difensiva costruita nello stesso periodo[27]. Già nel 1221 “Alife insieme con Caiazzo è nelle mani di Federico II, avendone l’imperatore imposto la consegna a Sifrido, fratello del conte Diopoldo”[28]. Nel riassetto castrale di Terra di Lavoro – Federico è spesso ad Alife o nei pressi[29] ed è in buoni rapporti col monastero della Ferraria presso Vairano[30] - il ruolo, affidato all’Ordine teutonico nel 1230-31, contempla, secondo gli accordi con Gregorio IX del novembre 1229 (dopo le operazioni militari del cardinale Pelagio nel mese di marzo dello stesso anno, quando vengono prese Ailano, Alife e il castello di Piedimonte[31], senza menzione del castello di Rupecanina), la custodia dei castelli, tra gli altri, di Presenzano, Capua (castrum lapidum) Caiazzo, Maddaloni, Tocco Caudio e appunto Roccam Sancti Angeli de Rupe Canina[32]. Cosicché appare strettamente conseguenziale che nello Statuto de reparacione castrorum del 1241-45 il castello di Alife debba essere riparato dagli uomini di Alife, Piedimonte, Baia e quello di Rupecanina dagli uomini di S. Angelo, della baronia di Prata, di Ailano, e di Rocca San Vito[33].

Il castello di S. Angelo mantiene intatto il suo potenziale strategico e la stessa estensione del centro che gli si arrocca ai piedi ne è una dimostrazione ancora oggi nella diramata sequenza di cortine murarie, torri, case, cisterne, la cui condizione di ruderi non può intaccare l’orgoglio di una casata, sul campo spesso invitta.

[1] Alessandro Telesino, De rebus gestis Rogerii Siciliae Regis, in G. Del Re, Cronisti e scrittori sincroni, Napoli 1845, III, 13-14, pp. 135-136; Alexandri Telesini Abbatis, Historia Rogerii Regis Sicilie Calabrieatque Apulie, a c. L. De Nava-D. Clementi, Roma 1991, pp. 66-67 (da cui si cita in seguito); L. R. Cielo, Il castello di Alife: la documentazione in età medievale, in stampa.

[2] Alexandri Teleseini, cit., III, 14, p. 67: “Quo facto (cioè presa Alife), postera die ad oppidum Sancti Angeli cognomento Rabicanum suscipiendum tendit; cuius videlicet Ricardus frater eiusdem comitis dominatusfuerat; quique etiam regio, ut iam fatum est, adventu perterritus, dimisso eodem castro in Campaniam aufugerat”.

[3] Ibid., III, 16-17, pp. 68-69.

[4] Ibid., III, 18, p. 69 (vedi anche il commento storico di Clementi a p. 216).

[5] Ibid., II, 17, p. 31.

[6] Ibid., p. 258.

[7] Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum. Città e feudi nell’Italia dei Normanni, a c. E. D’Angelo, Firenze 1998 (da cui si cita in seguito), ad annum 1135, p. 174 (vedi pure la traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2000).

[8] Falcone di Benevento, cit., ad annum 1136, p. 176.

[9] Ibid., ad annum 1137, pp. 178-186 e 188-194.

[10] Ibid., pp. 186-188.

[11] Ibid., p. 190.

[12] Ibid., pp. 194-198.

[13] Ibid., p. 206; L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit.

[14] Falcone di Benevento, cit., ad annum 1138, p. 210; L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit.

[15] Falcone di Benevento, cit., ad annum 1139, p. 216; L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit.

[16] Falcone di Benevento, cit., ad annum 1139, pp. 220-222.

[17] Il principato solo nel 1156 vedrà forse Roberto II momentaneamente al potere (G. A. Loud, Church and Society in the Norman Principality of Capua, 1058-1197, Oxford, 1985, pp. 185, 194, 199).

[18] Catalogus Baronum. Commentario, a c. E. Cuozzo, Roma, 1984, p. 266.

[19] Catalogus Baronum, a cura di E. Jamison, Roma 1972, pp. 170-171; L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit.

[20] Catalogus Baronum, cit., p. 178; Catalogus Baronum. Commentario, cit., pp. 281-282.

[21] Per queste vicende cfr. Catalogus Baronum. Commentario, cit., pp. 266-267 con i relativi rimandi bibliografici e Loud, Church, cit. pp. 185 e 187 per attacchi di Andrea al nord del principato di Capua nel 1158.

[22] Amato di Montecassino, Storia de’ Normanni, a c. V. De Barholomeis, Roma 1935, VII, c. 15, p. 307.

[23] L. R. Cielo, L’iconografia del cavaliere nella Campania normanna, in XIVe Congrès International, Société Rencesvals, Napoli 24-30 luglio 1997, ed. S. Luongo, 3 voll., Napoli 2001, pp. 51-70; L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit.

[24] L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit.

[25] L. Santoro, Castelli nell’Italia meridionale, in I Normanni popolo d’Europa 1030-1200, Catalogo della Mostra, Roma 28 gennario-30aprile 1994, a c. M. D’Onofrio, Venezia 1994, pp. 209-213.

[26] L. R. Cielo, Fondazioni monastiche e incastellamento, cit., pp. 137-138; L. R. Cielo, L’incastellamento nel Matese campano, cit. Vedi anche G. Martone, Rupecanina, Napoli 1981.

[27] Riccardo di S. Germano, Cronaca, in G. Del Re, Cronisti e scrittori sincroni, cit., ad annum 1220, p. 33; A. Cadei, Introduzione, in Federico e la Sicilia dalla terra alla corona. I, Archeololgia e architettura, Catalogo della mostra a c. C. A. di Stefano-A. Cadei, Palerno 1995, p. 369.

[28] L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit.

[29] Cfr. J. L. A. Huillard-Bréholles, Historia Diplomatica Friderici secundi, voll. 6, Paris, 1852-61, II, 1, pp. 512-515, VI. I, p. 548.

[30] Ignoti Monachi Cisterciensis S. Mariae de Ferraria, Chronica, ed. A. Gaudenzi, Napoli 1888, prefazione, pp. 7-9; F. Scandone, Santa Maria di Ferraria, Napoli 1908, pp. 10-16.

[31] Riccardo di S. Germano, cit., ad annum 1229, p. 53; L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit.

[32] Huillard-Bréholles, cit., III, pp. 215-216. Sulla logica delle operazioni politico-militari, la cui fonte è Riccardo di S. Germano, ad annos 1230-32, v. P. F. Pistilli, Castelli federiciani in Terra di Lavoro: dalla conquista del territorio alla difesa dei confini (1220-1239), in Mezzogiorno-Federico II-Mezzogiorno, Atti del Convegno int. Di Studi, Potenza, Lagopesole, Melfi 1994, Roma 1999, pp. 290-291, che opera un aprima ricostruzione del sistema difensivo di Terra di Lavoro in questi anni. Utilissima la rassegna di M. D’Onofrio, Castra, Palatia, Domus: un bilancio degli studi sull’architettura federiciana, in Convegno int. Di studio “Federico II tra l’VIII centenario della nascita e i settecentocinquant’anni dalla morte”, Lagopesole 14-15 dic. 2000.

[33] L. R. Cielo, Il castello di Alife, cit., con gli opportuni rimandi alle fonti anche per il controllo della viabilità.