Il Matese domani

Storia ed arte sul Matese

di DANTE MARROCCO

Un massiccio impervio, vasto, finora fasciato di un pauroso isolamento, è fuori della storia e dell’arte, è solo Natura. Fino a quarant'anni or sono il Matese si presentava cosi, come una terra vergine, e l'opera umana era alla sua periferia, nei centri antichissimi di Aesernia, Allifae, Bovianum, Saepinum, Thelesia, e in quelli sviluppatisi dopo di Cerreto, Morcone e Piedimonte. Oggi la situazione è mutata. Le vie penetrano nel massiccio e lo attraversano, la SME vi ha installato i suoi impianti, il turismo ne fa la sua meta.

In questo opuscolo, che vuol mostrare tutti gli aspetti del Matese: non mancherà dunque il quadro storico ed artistico. Svolgerò l'argomento, mostrando l'arte concomitante al momento storico. Saranno logicamente pochi cenni, ma almeno sufficienti a indirizzare il turista e il ricercatore volenteroso.

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Emerso l'ultima volta nell'epoca Terziaria, il Matese fu sicuramente abitato nel Neolitico. Lo assicurano le armi di selce levigata nel museo di Piedimonte. Nel periodo del bronzo e del ferro, i suoi abitati preistorici sulle colline diventano stabili, creando accanto all'economia pastorale anche un artigianato, poi lentamente attuano il passaggio all’·agricoltura, e scendono, si trasferiscono nelle pianure circostanti. Dalla costa tirrenica giunge l'influsso spirituale delle colonie greche, e allora un soffio di civiltà avanza attraverso le vallate del Volturno, del Tammaro e del Biferno.

Arriva Roma, e lotta col Sannio. Siamo nel 343 a.C., e il Matese si macchia di sangue. Il Tifernus mons è scalato dalle legioni parecchie volte, e il console Q. Fabio Rulliano lo attraversa, stabilendo una congiungente Alife-Bojano. Quando si estinguerà anche la guerra sociale nel 90 a.C., in Italia cessa di scorrere sangue, e coll'Impero tutto si rinnova.

Si rinnovano anche i centri nostri, e diventano belle città. Vedono nuove mura e porte (Alife, Sepino, Telese), templi e teatri e anfiteatri (Sepino, Telese), crittoportici (Alife), sepolcri (Alife, Sepino), ville patrizie grandiose (S. Angelo), e comode strade intorno e attraverso il massiccio, uomini di gran nome escono dal Matese. Bastano qui i telesini Erennio Ponzio, che fa passare i romani sotto le forche caudine, e Pompedio Silone che è a capo degli italici contro Roma, e il sepinate L. Nerazio Prisco, candidato all’ Impero.

Ma, sopraggiunti i barbari, tutto finisce nell'ombra di morte. Sopravvivono solo i vescovati aeserninus, allifanus, bovianensis, saepinensis, thelesinus, e quello, di rito greco a Morcone. I duchi di Benevento, dato lo spopolamento, vi stanziano greci (Letino, Morcone), slavi (Cantalupo), bulgari (Gallo). Il monachesimo benedettino realizza fari di pietà e di cultura in S. Maria in Cingla (Ailano) e in S. Salvatore (Telese). Poi, coi Normanni e il feudalesimo, i centri matesini divengono contee, e vedono l'arte romanica in Alife (Cripta della Cattedrale), e ad Isernia, patria di Celestino V (S. Francesco e l'Assunta); e vedono anche l'arte gotica a Piedimonte (S. Biagio e S. M. Occorrevole).

Non mancherà la poesia: il paesaggio matesino sarà cantato con tristezza nel verso di L. Paterno (Piedimonte).

Il '600 porta aria di rinnovamento. Il mecenatismo dei Gaetani d' Aragona, dei Domenicani e delle Collegiate chiama a dipingere a Piedimonte Solimena, Cesari, Ruoppolo, Nani, Cusati, Rossi, allievi del De Mura. Già hanno istoriato le chiese Cicino, Belisario, Santafede.. E così il barocco spiega il suo fasto nel Palazzo ducale, in S. Maria, S. Salvatore (disegnata dal Fanzago), Annunziata. Stucchi e intagli sfolgorano anche a Castello (S. Croce), Cusano (S. Giovanni, SS. Pietro e Paolo), Sepino (S. Cristina). Perfino il neo-classico giunge sul Matese (Cattedrale d’Isernia). I ricami (Isernia, Pontelandolfo), e le ceramiche (Cerreto, Piedimonte) completano il quadro dell'arte applicata ai bisogni.

Passano i tempi e i gusti. Terra di Lavoro, Molise, e Principato Ultra che si dividono il Matese, giungono al Risorgimento. E, per la storia, il massiccio appare alla ribalta con una sua Legione garibaldina, ma ben più è celebrato nell'arte del pennello di G. Toma, ivi confinato (Piedimonte, S. Gregorio), che vi pensa e prepara tele. Il brigantaggio scrive anche su queste montagne la sua pagina paurosa.

La cultura dei tempi nostri nutre ai piedi del Matese i matematici De Martino e il fisico Palmieri (Faicchio), l'antropologo Di Blasio (Guardia), il musicista Vessella (Alife), lo scienziato Petella (Piedimonte), la scrittrice e critica Matilde Egg (Piedimonte). Sono fra i tanti altri che hanno seguito il gran nome dei passati, quali il giureconsulto Andrea e lo storico Ciarlanti d'Isernia, il vescovo scrittore Genovese, il giurista De Franchis e il prelato diplomatico Gaetani (tutti di Piedimonte), e ancor prima, i due amici di Plinio, il letterato Ponzio (Alife) e il giurista Nerazio (Sepino) ...

Guerre, fenomeni sismici, tempo, distruggono bellezze d'arte a Boviano, Cerreto, Piedimonte..., ma la tela o il verso ispirati dal Matese, ricostruiranno sotto forme tradizionali o nuove, i lavori perduti, poiché è l'ambiente, lo scenario matesino, pauroso nelle sue forre selvagge, sconfinato dalle sue cime, lontano dai formicai rumorosi, che si presta naturalmente a dare al cuore, elevato dal sentimento, quel tocco di grazia che fa scaturire l'arte.

DANTE MARROCCO

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