Marrocco_Tornese_inedito

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Marrocco Raffaele

UN TORNESE INEDITO DI RENATO D’ANGIÒ NEL MUSEO DI PIEDIMONTE

(In Archivio Storico del Sannio Alifano e contrade limitrofe, Anno I, n. 3, set.-dic. 1916, pp. 22-23)

Dopo le pubblicazioni del Pansa[1], del Sambon[2], e del Cagiati[3] sui tornesi di Renato d’Angiò, per Sulmona, si è ritenuto che gli unici esemplari esistenti fossero soltanto i seguenti:

1) D. . RENATUS . D. G. REX

Croce in circolo di perline

R. . DE SULMONA . l

Catello sormontato da un giglio

(Museo di Brescia)[4]

2) D. + RENATUS . D. G. R.

simile

R. DE SULMONA . l

simile

(Collezione Sambon)

Ora, invece, un terzo tipo di tornese sulmonese, pure di Renato d’Angiò, è stato da me scoperto, ed è entrato nella piccola collezione numismatica del Museo di Piedimonte. Esso è sconosciuto ai numismatici, e manca in tutte le collezioni, non esclusa quella di S. M. il Re.

Eccone l’indicazione:

D. . RENATUS + . REX

Croce in circolo di perline

R. . DE SULMONA . l

Castello sormontato da un giglio

Come si vede, la leggenda nel D., del tornese da me scoperto, varia da quelle degli altri due, oltre pel fatto che la crocetta non precede il nome di Renato – come nell’esemplare del Sambon, – ma perché nella leggenda stessa mancano le lettere D. G. (Dei Gratia), che sono negli esemplari conosciuti. Nel R., poi, della moneta conservata a Piedimonte, va notata un’altra variante, che ha anche particolare interesse, e cioè mentre sotto la base del triangolo simboleggiante il Castello vi sono – negli indicati tornesi – tre piccolissimi cerchietti: uno al centro, e gli altri due sotto gli angoli opposti, nel nostro tornese, invece, i cerchietti sono soltanto due, posti sotto i rispettivi angoli della base.

La scoperta, intanto, di questo nuovo tornese di Renato d’Angiò, per la zecca di Sulmona, ha – secondo me – non poca importanza storico-scientifica, perché ritengo che il medesimo sia stato il primo della ristretta serie sulmonese appunto per la mancanza delle lettere D. G., innanzi citata, le quali sarebbero state aggiunte soltanto nella successiva coniazione, quando cioè Renato d’Angiò volle – usandole – indicare l’origine della sua sovranità per favore divino.

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[1] Cfr. G. Pansa: « Saggio di una bibliografia della zecca medioevale degli Abbruzzi » in Supplemento all’Opera LE MONETE DEL REAME DELLE DUE SICILIE a cura di M. Cagiati, anno III, n. 3-4.

[2] Cfr. A. Sambon: « Le monete di Renato d’Angiò coniate nel Reame di Napoli » in Suppl. citato, anno IV, n. 1.

[3] Cfr. M. Cagiati: « Le Monete del Reame delle Due Sicilie da Carlo I d’Angiò a Vittorio Emanuele II », 8° Fas., Napoli, 1916

[4] L’esemplare venne scoperto dal Sig. Dott. Prospero Rizzini, Direttore del Museo di Brescia, come ne assicura il Pansa, nell’op. cit.