Porta della discordia

La porta della discordia (*)

di Nicola Mancini


Intorno alla metà del sec. XVIII i buoni rapporti tra l’Università di Pietravairano ed il marchese Giovan Battista Grimaldi(1) si erano lentamente deteriorati. Infatti il feudatario, padrone della Terra, estremamente irritato per due cause ancora pendenti nel Sacro Regio Consiglio,(2) volle rispondere agli amministratori facendo riparare una vecchia porta sgangherata che, rimessa in opera il 2 agosto 1752 e serrata con catenaccio, chiuse il passaggio al pubblico attraverso il cortile del palazzo baronale.

Intorno alla metà del sec. XVIII i buoni rapporti tra l’Università di Pietravairano ed il marchese Giovan Battista Grimaldi(1) si erano lentamente deteriorati. Infatti il feudatario, padrone della Terra, estremamente irritato per due cause ancora pendenti nel Sacro Regio Consiglio,(2) volle rispondere agli amministratori facendo riparare una vecchia porta sgangherata che, rimessa in opera il 2 agosto 1752 e serrata con catenaccio, chiuse il passaggio al pubblico attraverso il cortile del palazzo baronale.

Alla presenza di Domenico Ricciardi, amministratore del marchese, Francesco Pisacane, protetto da sei soldati,(3) sistemò la nuova porta che avrebbe impedito ai cittadini il passaggio attraverso il cortile antistante il palazzo marchesale, al quale cortile, chiuso da muri e contenente anche le rimesse per le carrozze, si accedeva per due porte. Quella carrozzabile, posta ad occidente, recava, in alto, su lastra di marmo, lo stemma di Grimaldi; quella opposta, fatta chiudere dal marchese, era più piccola, ma di grande comodità per il cancelliere dell’Università, Nicola Albani, che vi abitava accanto.

Al momento di porre in opera e chiudere la nuova porta fu proprio l’Albani quello che con più determinazione, spalleggiato dalla moglie, si oppose all’ Erario(4) con parole offensive ed arroganti, così che il marchese, il giorno 7 agosto, tramite il suo procuratore, ne fece esposto a don Giuseppe Romano, consigliere della Regia Camera della Vicaria, chiedendo una giusta punizione per tanta tracotanza.

La personalità dell’Albani ci è nota dal citato articolo di R. Cifonelli dove l’Albani compare, già dal 1728, come governatore di Pietravairano. In seguito sarà più volte “eletto” e cancelliere dell’Università, ed in quanto tale ebbe occasione e competenza per influenzare le decisioni degli amministratori, sindaci ed eletti, il più delle volte analfabeti. Perciò alcuni cittadini e lo stesso feudatario non lo ebbero mai in simpatia, tanto che il 24 agosto 1752 il procuratore del marchese Grimaldi, l’avvocato Carlo Antonio de Blasio, giunse a definirlo uomo assai facinoroso, inquisito di barbaro omicidio nella Gran Corte della Vicaria, e colla sua prepotenza a chi fa male, et a chi minaccia, oltrecche abusandosi dell’uffizio suddetto di Cancelliere sgrava de giusti pesi i suoi aderenti, e carica tutti quelli che sono zelanti del bene pubblico

Ma a difesa dell’Albani e dell’ acquisito passaggio attraverso il cortile intervenne la stessa Università di Pietravairano, che, oltre ad invocare un esemplar castigo, chiedeva la riapertura immediata della porta che, chiusa, impediva il passaggio a tutti i cittadini per detta strada pubblica con incommodo positivo degli abitanti siti in detta contrada, giacchè vengono necessitati per condursi all chiesa fare strada più lunga e precipitosa.

Nello stesso giorno otto agosto la Regia Camera convocò le parti che sarebbero dovute comparire entro dieci giorni, rappresentate da un loro procuratore da scegliersi, secondo la prassi, tra gli avvocati residenti a Napoli ed iscritti in un apposito registro(5). Contemporaneamente si ordinò al governatore(6) di Marzano di prendere informazione di quanto accaduto e di darne dettagliato resoconto alla stessa Camera. Nel frattempo la porta doveva essere riaperta.

Subito in paese cominciarono gli schieramenti. Infatti tra il 21 ed il 31 agosto, con opportuni atti pubblici, centocinquanta cittadini si dichiararono a favore del marchese contro l’Albani. Tra loro i notai Stefano Russo, Eraclio D’Agnenica ed Eraclio d’ Adamo, i sacerdoti don Francesco Simone, e don Eraclio d’ Adamo

Il governatore di Marzano, al momento di acquisire le dovute informazioni, alloggiò in casa di Francesco di Robbio, cognato dell’Albani, e perciò l’Erario del marchese chiese agli organi competenti di non tener conto della relazione perché le informazioni erano state prese in luogo sospetto senza averne nemmeno dato avviso all’ amministratore del marchese.

Il 22 agosto il governatore, il suo mastrodatti ed alcuni soldati si recarono davanti alla porta in questione con l’intento di aprirla secondo quanto stabilito dalla Regia Camera. Si oppose però l’Erario Domenico Ricciardi, che, in presenza del notaio Eraclio d’Agnenica, lesse un’istanza protestativa con la quale si diffidava il governatore dall’ abbattere la porta, facendogli notare che essa era inserita in una proprietà dei Grimaldi, come chiaramente si desumeva dallo stemma gentilizio inserito nella muratura. Aggiunse anche che gli atti della causa erano stati trasferiti dalla Regia Camera della Vicaria al tribunale del Sacro Regio Consiglio, pertanto il decreto della Vicaria non aveva nessun valore. Al che il governatore, indeciso sul da farsi, se ne andò col suo mastrodatti ed i soldati.

Così la porta restò chiusa. Intanto gli amministratori dell’ Università(7), i sindaci Domenico de Robbio, Federico Iadevaia e Gioacchino Altieri, e gli eletti, Antonio Marcello, Mattia Lombardo, Giuseppe de Bottis, e Nicola di Cerbo, avevano affidato la causa all’avvocato Tommaso Ancona e contemporaneamente, in opposizione all’ altro schieramento ed a favore dell’Università, ne venne creato un altro composto da oltre 220 cittadini, i quali, guidati da Lorenzo Iasimone e Carlo Palumbo, entrambi dottori fisici, cioè medici, nominarono a rappresentarli l’avvocato Gaetano Vendettuoli.

Nell’accanimento della controversia la caccia ai testimoni si rivolse anche verso i religiosi, i quali, per ripetute esperienze e con la loro autorità, ben potevano servire la causa dell’Università. Perciò in data del 24 settembre alcuni sacerdoti del Capitolo della Pietra giurarono, tacto pectore, e sottoscrissero una deposizione con la quale affermavano di aver da tempo immmorabile e per antica costumanza l’obligo di andare su quella strada nel giorno dell’Ottava del Corpus Domini colla processione del Venerabile(8). E sullo stesso percorso erano sempre passati per ottemperare agli obblighi del loro ministero, sia in occasione di funerali, sia quando si recavano a somministrare il Viatico ai moribondi.

Firmarono il documento i canonici don Eraclio de Felice, don Eraclio Pone, don Geronimo Scorpo, don Pietro de Robbio, don Giovanni di Cerbo, don Giuseppe Cannalonga, don Fabio Pitocco, seguiti dall’ arciprete don Vincenzo Perrotta, e dai sacerdoti don Giovan Battista Bilotta, don Giovanni Mariano, don Giulio Montanaro e da un altro non identificabile.

In replica alle suddette dichiarazioni comparvero, il 1° ottobre, davanti al notaio Eraclio d’ Agnenica, diciannove cittadini i quali affermarono che mai per dette porte e cortile era passata processione, eccetto quella dell’ Ottava del Corpo di Cristo, ed in tale occasione si faceva la benedizione nel cortile, dirimpetto al portone del palazzo, e quindi il corteo entrava nella Capella di Santa Caterina, giuspadronato dei Grimaldi, posta proprio dentro il loro palazzo.(9) I dichiaranti precisavano che per quei luoghi non vi era mai passata la statua di S. Eraclio, se non nell’ occasione che stando a morte l’eccellentissima signora marchesa, donna Ginevra Centurioni, per sua divozione gli si portò detta statua.

Intanto mentre le parti cercavano di accaparrarsi testimonianze favorevoli e decisive, la porta della discordia restava chiusa, perché in quell’ incessante produzione di documenti la Regia Camera della Sommaria non aveva elementi inoppugnabili per decidere. Così il marchese, per offrire un documento più probante chiese, il 22 dicembre 1752, ed ottenne la copia dell’apprezzo della Terra di Pietravairano, fatto il 27 novembre 1684. In esso venivano descritte la Terra e le sue porte nella maniera che segue.

In primis la Terra della Pietra prope Vayranum, sita e posta in Terra di Lavoro, dista da questa fedelissima città di Napoli miglia 34; da Capua miglia 18; da Tiano miglia 6: da Vairano miglio uno, da Marzano miglia 8, da Piedimonte miglia 12.

Si va in essa Terra per buone e commode strade di estate e d’ inverno, così a piedi, come a cavallo, lettica, galesso e carrozza, e si ritrova esser situata nella falda di una montagna acqua pennente di forma semicircolare, viene serrata parte da proprie mura, e parte dalle mura dell’ abitazioni di essi cittadini, e con alcune torri tramezzate, con che si rende sicura da un improvviso assaldo, si ascende in essa Terra con larga, e lunga strada dal piano, sin dentro di essa anco con carrozza, proprio dove si dice la Piazza, entrandosi in essa Terra per la porta si dice della Piazza, quale vine difesa da due torri, fra quale è il loggione guarnito con merli di fabrica, quali sono guarniti con moschettoni, difendendo essa porta, ed oltre la porta suddetta si entra in essa Terra per altre cinque porte, e sono la Porta del Pertuso, la Porta di S. Sebastiano, la Porta della Grotta, la Porta della Vigna e la Porta Nova.

La replica dell’Università non si fece attendere e si concretizzò il 30 gennaio 1753 con la presentazione di un documento tratto da un altro apprezzo della Terra, fatto nel 1683. Si trattava di una copia del capitolo nel quale si descriveva il palazzo baronale, descrizione dalla quale gli amministratori erano certi di poter trarre indicazioni favorevoli alla riapertura della porta.(10)

Intanto l’Università ricominciò la raccolta di testimonianze che dall’ 8 marzo in poi si spostò nei paesi limitrofi a cominciare da Marzano che ne offrì tre. Seguirono Marzanello (18 marzo) con nove, tra le quali quelle del sindaco, Andrea Venditto, ed il cancelliere, Nicola di Sano; Vairano (24 marzo) con 18, comprese quelle dei sindaci Antonio d’ Arezzo, Clemente d’Alfonso e Francesco Caiazza, ed il medico Giovanni d’Apice; Prata, Letino e Valle di Prata (16 giugno) erano presenti con rispettivamente con 10, 15 e 16 testimoni, tra i quali il sindaco di Letino, Basilio Fortino e due eletti di Valle di Prata, Fancesco Lanni e Filippo Pisaturo; Ciorlano, Fossaceca (Fontegreca) e Baia (17 giugno) collaborarono con 15, 27 e 13 firmatari, tra essi i due sindaci di Baia, Sebastiano Gio….? e Ferdinando di Tomaso; Pietramelara (18 giugno) con i due sindaci Innocenzo Maggi e Tomaso di Padre.

Infine la raccolta si estese fino a Napoli, dove (30 giugno), insieme al dottor Andrea Liguoro, governatore di Pietravairano nel 1744-45, testimoniarono perfino il capitano don Claudio Francesco Dauriere, il tenente don Antonio de Cramont ed il sottotenente don Giovan Battista Fichallette, ufficiali del Reggimento d’ Infanteria Vallora de Haynault, distaccati nel 1747 a Pietravairano.

Nel luglio dello stesso anno si schierò a favore dell’Università l’ex governatore Vincenzo Cirella di Teano, in carica nell’ anno 1731-32. A questo si aggiunsero gli amministratori di Riardo, Biaso Parillo, sindaco, Giovanni Ruozzo e Gaetano Ferro eletti. Poi i canonici don Antonio Zanfagna, don Francesco e don Benedetto d’ Alfonso, ed il sacerdote don Giuseppe Sisto, tutti di Vairano. Ultimi, il 7 gennaio 1754, quattro cittadini di Rocca romana con i loro sindaci, Innocenzo di Buono e Giovanni Varra.

In soccorso del marchese venne (28 maggio 1753) il padre bacelliere Fra Marc’ Antonio de Angelillis, domenicano nel monastero di S. Tommaso d’ Aquino di Piedimonte, che, sotto giuramento, dichiarò che essendo stato per più anni nel Monastero di S. Maria della Vigna aveva visto la porta essere aperta o chiusa a volontà del marchese. Altrettanto affermarono il dottor fisico Pietro de Rinaldo(11), Giovan Battista Cicerchia, Giacom’ Antonio Gauzio ed il sacerdote Simone d’ Ambrosio, tutti di S. Angelo(12), e Eraclio Ciorlano e Tommaso Antonio Prete di Vairano.

A tutto questo rincorrersi di prove il marchese volle aggiungerne una che pubblicamente ed inequivocabilmente confermasse il suo diritto. Perciò, l’otto giugno 1753, Ottava del Corpus Domini, tramite il suo amministratore, fece sapere all’ arciprete, don Vincenzo Perrotta, di essere propenso a riaprire la porta per far passare la processione. L’arciprete, indeciso sul da farsi, chiese il parere dei canonici(13) che avrebbero preso parte alla processione, ed, ottenutone il consenso, si fece la processione passando attraverso il cortile del palazzo marchesale. Di tutto ciò, a richiesta del marchese che voleva ufficializzare l’evento, il notaio Eraclio d’Agnenica redasse un dettagliato atto pubblico, la cui copia venne allegata agli atti del processo.

Intanto, mentre l’intero anno 1753 era trascorso alla raccolta delle testimonianze e di altri documenti, la porta era rimasta chiusa ed i cittadini si stavano rassegnando a quella realtà che li costringeva a cambiare le loro abitudini.

Finalmente, nel gennaio del 1754, tutte le carte vennero presentate nel tribunale della Regia Camera della Sommaria, il quale, riprendendo una vecchia richiesta del marchese, pensò di far intervenire un ingegnere super partes, che, portatosi sul luogo della controversia, avrebbe dovuto farne una pianta corredata da una relazione. L’ ordine venne dato il 6 febbraio 1754 dal presidente della Camera della Sommaria, Saverio Garofalo, che concesse due giorni di tempo alle parti per comunicare i nomi degli ingegneri non graditi.

Al rifiuto dell’Università che affermava non esservi bisogno di un ingegnere trattandosi di ripristinare un diritto di passaggio, il Grimaldi passò gli atti all’avvocato del Fisco Regio, un tal cavalier Vargas, il quale recatosi sul posto ne fece relazione alla Regia Camera. Le conclusioni del Vargas, favorevoli al Grimaldi, non piacquero all’ Università che cercò di averne altra di sua maggior sodisfazione dall’ illustre marchese Mauri altro avvocato fiscale.

A questo punto il procuratore del marchese presentò, in contraddittorio con la parte avversa, la pianta del palazzo e del luogo in controversia al marchese Mauri che l’accettò per vera. Inoltre il procuratore fece notare che essendovi dalla parte di occidente del cortile suddetto esteriore una porta più grande, in dove sono scolpite in marmo le armi della famiglia Grimaldi, e chiudendosi questa, sopra la quale sin’ ora non è caduta controversia, resterebbe inutile l’altra, perché quelle persone, che sarebbero entrate dalla detta porta più piccola dalla parte di oriente situata vicino la casa del detto magnifico dottor Albani, non avrebbero avuto uscita.

Perciò il marchese Mauri, dopo il contraddittorio, si accorse che la relazione del governatore di Marzano non aveva alcuni valore e perciò c’era bisogno del già richiesto intervento di un ingegnere, richiesta che il commissario Garofalo inoltrò alle parti in data del 28 maggio 1754. Ma a sua volta il marchese rispose che la sua ragione era inoppugnabile e che non c’era più bisogno di una ricognizione dell’ingegnere.

A questo punto, il giorno seguente, il tribunale stabilì che la richiesta di ripristinare il passaggio (restitutio ad integrum) non poteva essere accolta, pertanto la porta poteva essere aperta o chiusa ad arbitrio del proprietario, il marchese Grimaldi.

Immediate furono le proteste, le suppliche e gli incessanti interventi dei procuratori d’ ambo le parti che si protrassero per tutto l’anno 1755, finchè il 16 marzo 1756, un nuovo decreto del commissario don FilippoCorvo conferma la precedente sentenza. Al che gli amministratori dell’Università, i sindaci Nicola di Zuoglio, Giuseppe Mariano e Antonio Rega, e gli “eletti”, Pietro di Scuorpo, Pietro Massarotti e Domenico Iasimone, replicarono convocando, per il 9 maggio un pubblico parlamento. Si chiese l’invio dell’ingegnere, a spese del marchese, e contemporaneamente, pagato dall’ Università, la presenza del commissario Corvo, il quale su la faccia del luogo dar debba quelle provvidenze, ed ordini che, meglio stimerà di giustizia.

Alla susseguente convocazione delle parti, il 22 maggio, davanti al commissario Corvo, il procuratore del Grimaldi affermò che il parlamento del 9 maggio non poteva aver luogo dovendosi deliberare una spesa grave a danno dell’Università doveva essere confermato di Real assenso. …Onde è che non può quello aver luogo. Inoltre il procuratore chiese che la spesa per l’intervento del Commissario doveva essere messa a carico dei 197 cittadini che avevano partecipato al parlamento e sottoscritto la richiesta, alla quale si era associato, con la sua presenza, anche il governatore di Marzano, Antonio Avitabile. In alternativa il procuratore propose che si tenesse un altro parlamento dove dovevano intervenire anche quei cittadini che non avevano partecipato al primo.

Così termina la presentazione dei documenti, tra i quali quello decisivo è il decreto del 16 marzo 1756 col quale don Filippo Corvo dava definitivamente ragione al marchese Grimaldi. Si chiuse così una lunga contesa giudiziaria che aveva tenuto in grande ed ansiosa aspettativa, per opposte ragioni, tutti i cittadini di Pietravairano, e creato anche qualche inutile rivalità su di una situazione ancor oggi di discutibile interpretazione.

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Documento

Ritrovasi nell’ entrarsi essa Terra per la porta si dice della Piazza il palazzo baronale, il quale è molto magnifico ornando grandemente essa Terra, con la sua prospettiva, quale si ritrova esser sito, e posto dentro di quella, e proprio dove si dice la Piazza, consiste in uno entrato tonno s’ entra ad un cortile ad un cortile coverto a lamia se va fuora al discoverto, a destra se ritrova una stanza grande ad uso di stalla, coverta a lamia capace per quattordici cavalli, a sinistra se ritrova un’ altra stanza a lamia, siegue accosto passetto s’ entra ad un' altra stanza grande coverta a travi divisa con cancello di legname la metta per uso di stalla, l’ altra mettà per uso di carceri civili, che piglia lume, con fenestra, con cancellata di ferro dalla parte della strada, da essa s’ entra ad un’ altra stanza per uso di carceri criminali.

E tornando al predetto cortile discoverto, se ritrova grada (gradinata). di fabrica coverta, in mezzo la tesa a sinistra, se ritrovano quattro camere, due di esse coverte a travi altre due a lamia, siegue detta grada s’ ascende ad una comoda sala, coverta con tempiatura di tavole piana, nel mezzo, l’ impresa della casa Grimaldi pittata a fresco, al piano di essa sala si ritrova la cappella con tre altari, con sue cone, e frontespetij di stucco, dietro la sua sacrestia, siegue una porta, dalla quale con passetto s’ entra ad alcune camere del quarto si descriverà, siegue un’ altra porta, dalla quale s’ entra ad un’ altra stanza per uso di riposto, siegue la comodità della cisterna, siegue un’ altra porta, dalla quale s’ entra ad una camera coverta, con tempiatura di tavole piana, a destra, se ritrova la stanza prima descritta, che tiene porta alla sals, e dalla medesimama camera, con grada di fabrica si cala ad’ un quarto inferiore consistente in una stanza coverta, con tempiatura di tavole quadrellata, al suo piano sono altre due camerette, e due camerini per una di esse per grada di fabrica si cala ad un ballaturo a destra si ritrova una stanza grande mettà coverta a trave con pilastri et archi di fabrica, a sinistra se ritrovano altre due stanze, a destra della prima di esse se ritrova grada di fabrica, per la quale s’ ascende ad un giardinetto, del quarto superiore però al presente se ritrova fabricato.

Ritornando nella camera predetta del quarto superiore da essa s’ entra ad altre due camere simile dall’ ultima di esse se va fuora ad una loggia discoverta formata sovra la porta della Terra, che si dice della Piazza, quale è guarnita con merli di fabrica fra essi se ritrova guarnimento di moschettoni per la difesa di esa porta da dentro, e fuora, ritornando a detta camera da essa s’ entra ad un camerino, dal quale s’ entra ad una camera grande, a sinistra della quale se ritrova una loggia sfinestrata, coverta, con tempiatura di tavole con fontana d’ acqua a forza, da essa con grada di fabrica discoverta si cala ad un giardinetto dove sono alcune poche agrume con la comodità della cisterna, et altra fontana a forza si passa da esso ad un coverto a travi formato sotto detta loggia di prima descritta, quale similmente è sfenestrata, siegue in testa esso giardino un altro cortile discoverto, che corrisponde alla strada publica, che li è dietro, in esso se ritrova la cappella sotto titolo di S. Caterina, dove si celebra ogni giorno, se ritrova anco in esso cortile la comodità della peschiera, et vollera, e da esso giardino con fenestra, con cancello di ferro dentro un ristretto di tavole si vede la santa messa-

Ritornando a detta loggia superiore da essa con corridoro discoverti se passa ad una stanza grande mettà coverta a travi per uso di granaro, siegue accosto due camere, una sopra l’ altra. Ritornando alla camera di sopra accennata s’ entra da essa ad un’ altra camera che piglia lo lume dalla loggia predetta, e dalla prima camera oltre un ristretto se trova in esso se passa ad un’ altra camera quale corrisponde alle prime camere di sopra descritte, a sinistra se ritrova un’ altra camera dalla quale con scalandrone s’ ascende a due stanze ritornando alla predetta in testa se ritrova un’ altra camera accosto passetto che va fuora alla sala conforme di sopra si è detto da esso se va fuora ad un discoverto formato dietro la cappella, da esso con grada di fabrica s’ ascende ad un vacuo, parte coverto a tetto parte discoverto, dove è la comodità del forno, e con un piede di fico, a destra con pochi gradi s’ ascende a tre stanze, una di esse per uso di cucina, ritornando al corridore predetto in esso si ritrovano due porte, una di esse entra alla prima camera di sopra descritta, l’ altra alla cappella, e con altra porta nel medesimo corridore con scalandrone si ascende ad alcune stanze che sono per uso di guardarobba al numero di otto coverte a tetto, con due penne, ritornando alla sala predetta incontro la cappella se ritrova un’ altra porta, dalla quale con grada si fabrica s’ ascende ad un ballaturo dove è grada a lumaca che cala alle stanze inferiore di sopra descritte, segue detta grada s’ impiana ad un altro ballaturo, a destra del quale se ritrovano cinque stanze coverte con tempiatura di tavole, ed a sinistra del medesimo ballaturo se ritrova un altro quarto consistente in quattro stanze coverte con tempiatura di tavole quadrellate, dall’ ultima di esse se rivolta ad altre tre camere simile, e ritornando alla predetta con una tesa di grada di fabrica, e per portella vi va fuori alla strada predetta sopra esso quarto se ritrova la comodità del granaro coverto con canali di creta per il contenuto di dette stanze ritornando al piano della sala predetta accosto la grada a sinistra l’ entrarsi se ritrova un altro quarto, al quale s’ entra da essa sala con due porte, consistente in due stanze loggia discoverta con fontana a forza, e con atrio coverto a travi, dal quale con porta ferrata si va fuora alla strada publica.

Detto quarto è habitato dal dottor don Giovan Battista Grimaldo, quale da me non si è riconosciuto da dentro, stante non vi erano le chiavi, ben vero ho quello riconosciuto dalla parte del quarto superiore descritto di sopra e dal piano della medesima sala accosto la grada maggiore a destra se ritrova un'altra portella, da essa con grada di fabrica s’ ascende ad una camera ed a fede ita est. Napoli li 30 gennaro 1753

Io Bernardo Davino subalterno del S. R. C.

di detta causa fo fede come sopra

(*) Gli atti del processo sono conservati presso l’ Archivio di Stato di Napoli, fondo Pandetta dei Processi Civili. Ordinamento Zevi Fs 148/2

(1) Vedi R. Cifonelli, I Parlamenti della Terra della Pietra nella prima metà del 18° secolo,in Annuario 1986 dell’ Associazione Storica del Medio Volturno

(2) Una controversia riguardava li territorij a Selva delli quali non ostante che ne esigesse dall’ Università doc. (sic) ne pretese la relassatione, ed essendosi detta Università difesa nel S. R. C. si ritrova per ora sospeso il pagamento. L’ altra fu per la bagliva, per la quale detto illustre marchese pretese astringere essa Università al pagamento dell’ annui docati 54, quale pretentione diede motivo all’ Università di dimandare il pagamento de proventi civili.

(3) Il Pisacane e quattro soldati erano del feudo di S. Angelo Raviscanina, anch’ esso posseduto, insieme a quello di S. Felice, dal marchese Grimaldi

(4) Era detto Erario il tesoriere ed amministratore del feudatario

(5) A questo registro si iscrisse, il 5 novembre del 1683, anche Silvio Cicerchia di S. Angelo Raviscanina, che vi fu ammesso dopo aver sostenuto il prescritto esame presso il Sacro Regio Consiglio.(A.S.N. S.R.C. Processi Civili. 125/110

(6) Il governatore era un funzionario che rappresentava la Corte Regia della quale curava gli interessi. Generalmente durava in carica un anno seguendo i limiti di tempo assegnati agli amministratori locali che entravano in carica il 1° settembre e ne uscivano il 31 agosto successivo.

(7) L’Università della Pietra era amministrata da tre sindaci e quattro “eletti”, che erano scelti in pubblico parlamento agli inizi del mese di settembre. Duravano in carica un anno. Vedi R. Cifonelli, I Parlamenti della Terra della Pietra nella prima metà del 18° secolo, A. S. M. V. Annuario 1986, pagg. 49 e segg.

(8) In quel tempo la festività del Corpus Domini, detta Ottava del Corpus Domini, cadeva sessanta giorni dopo la Pasqua, sempre di giovedì..Oggi invece questa è posta nella domenica seguente il sessantesimo giorno dalla Pasqua.

(9) Per l’ esatta ubicazione vedi la descrizione del palazzo marchesale.

(10) Tale descrizione è riportata integralmente al termine di queste note ed affidata a quanti volessero farne una ricostruzione grafica.

(11) Dal citato articolo di R Cifonelli risulta che Pietro de Rinaldo era stato governatore della Pietra nel 1718-19 e, come dottor fisico, vi era stato medico condotto dal 1717 al 1723

(12) A quel tempo il marchese Giovan Battista Grimaldi era padrone anche del feudo di S. Angelo Raviscanina, pertanto gli amministratori credettero opportuno tacere. Si schierarono invece le succitate persone. Ma tacque anche il feudo di S. Felice, anch’ esso posseduto dai Grimaldi.

(13) I canonici erano don Eraclio Pone, don Eraclio de Felice, don Pietro de Robbio, don Domenico Cannalnga, don Giovanni di Cerbo, don Fabio Pitocco, don Geronimo de Scorpo, don Giovanni Battista de Agnenica e l’ arciprete don Vincenzo Perrotta.