De Sisto_la strada

Antonio De Sisto

LA COSTRUZIONE DELLA STRADA DA S. ANGELO A PRATA E IL COMUNE DI RAVISCANINA

(in Annuario ASMV 1979, pp. 46-63)

La strada rotabile da S. Angelo a Prata

Il Sotto-Intendente del Distretto di Piedimonte, conte Francesco Viti[1], nella relazione tenuta davanti ai Componenti del Consiglio Distrettuale il 15 aprile 1857, fra le moltissime opere pubbliche in attuazione nel territorio sotto la sua giurisdizione amministrativa, annovera anche la costruzione della Strada da S. Angelo[2] a Prata[3].

Anzi a questa dedica più di una frase del suo discorso.

Dice che se ne sono completate due miglia, con vari ponti, sulle sei miglia e un quarto complessive; aggiunge che tutto il tracciato è stato già aperto; si augura che la strada possa essere inaugurata il 30 maggio 1858, onomastico del Re[4]. (In effetti la strada non fu inaugurata in quella data, né è stata trovata traccia di tale evento in documenti di vari archivi o in volumi per altre, immediate, successive date).

A renderne, poi, più importante la destinazione, comunica al Consiglio che «con sovrana determinazione del 14 giugno 1856, si è ordinato che la strada in parola si protraesse sino al Regio cammino degli Abruzzi per sotto Capriati al così detto Ponte Reale di Torcina che di due miglia dista da Venafro»; a farla apparire, infine, più solida e più ridente a lavori ultimati, riporta la proposta dell’Ing. Progettista e direttore dei lavori, Sig. Garzia Giuseppe, accolta dal Decurionato di Prata, di piantare degli alberi, a preferenza degli olmi, lungo la strada, presso l’abitato di Prata[5].

Questo scritto dedicherà alla costruzione della strada di Prata qualche pagina in più; ed esaminerà l’avvenimento in stretta connessione con le implicazioni di ordine economico-contributive, che, parallelamente al suo evolversi, interessarono il Comune di Raviscanina.

La viabilità precedente

In epoca romana l’unica via della zona era la prima diramazione da Teano della Via Latina, che, per Alife e Telese, menava a Benevento, come ci dice l’Itinerario di Antonino: «Theanum m.p. XVIII / Allifas m.p. XVII / Thelesiam m.p. XV / Beneventum m.p. XVIII».

Questo ramo della Latina partiva da Teano, attraversava l’agro sidicino, entrava fra le montagne e le valli del Sannio alla destra del Volturno, passava il fiume al romano Ponte di Baia e, dopo breve tratto, in corrispondenza dell’attuale Strada Statale 158, andando verso Alife per indi raggiungere Telese e Benevento, passava in prossimità di uno dei villaggi già sorti in epoca sannitica in pianura, sulla sinistra del Volturno, dei quali Roma dopo la conquista aveva latinizzato il nome. Si trattava, probabilmente, di Ravecanina o Raviscanna, da «rave»[6] erroneamente scambiato per «ravis» = raucedine[7], poi «canina», forse da «Canina», console romano che trionfò sui Sanniti nell’anno 480 di Roma[8], meno probabilmente, di Rufrium[9], ancor meno probabilmente, di Rufricum[10], antichi centri abitati dai nomi riecheggianti, completamente o in parte, nell’odierno toponimo di Raviscanina.

In epoca medioevale, quando appunto nella zona molti villaggi, come l’antica Raviscanina (Ravecanina, Raviscanina, Rufrium o Rufricum che fosse), si rifugiarono sui luoghi eminenti, venne aperta una via submontana che collegava in maniera diretta il Borgo e Castello medioevale allora di Rupecanina con Alife e Piedimonte da un lato e Ailano, Pratella e Capriati dall’altro.

Questa resterà la più importante via di comunicazione tra i comuni di Letino, Gallo, Capriati, Fossaceca (oggi Fontegreca), Ciorlano, Prata, Pratella, Ailano, Valle di Prata (oggi Valle Agricola), Raviscanina e S. Angelo, Alife e Piedimonte (oggi Piedimonte Matese), principali centri della zona, fino a tutta la prima metà dell’800, cioè fino alla costruzione della rotabile S. Angelo-Prata.

Ed è lo stesso Sotto-Intendente Conte Viti che parla del tratto di questa strada che va da S. Angelo a Raviscanina come di una delle migliori strade del suo distretto[11], anche se ciò asserisce riferendosi ad un tempo antecedente all’alluvione del 13 settembre 1857 che colpì la zona. Restano della strada, oggi, brevi tratti abbandonati e quindi non transitabili, e il più lungo tratto Raviscanina-Sant’Angelo d’Alife, rimasto così come allora, ad eccezione del suo accesso dalla parte dell’abitato di Raviscanina, che sprofondò per l’alluvione ricordata, transitabile ancor oggi comodamente per pedoni, quadrupedi, bestie da soma jeeps[12] e «campagnole».

Molto verosimilmente la strada non era una «rotabile» vera e propria: non lo era certamente nel tratto Raviscanina-S.Angelo, di forte pendenza in alcuni punti, che veniva superata con ampi gradoni, e di molta angustia in altri.

Essa è stata oggi completamente sostituita dalla Strada di Bonifica (ora Strada Provinciale) Piedimonte Matese-Sant’Angelo d’Alife-Raviscanina-Ailano-Innesto con la Statale 158, alla Salita di Stecchetti, terminata nel 1954 per il tratto fino ad Ailano, e nel 1972 per il tratto finale.

Bisogna ora qui solo aggiungere che i paesi collegati con la vecchia strada submatesina erano collegati anche, mediante stridette secondarie, percorribili però solo col tempo asciutto[13], con le «scafe», che molti di essi avevano sul fiume Volturno[14], o con quelle ad essi più vicine. Queste stridete diventeranno le strade comunali di raccordo con la Statale 158, dopo l’Unificazione[15].

Le ragioni dell’opera

La strada rotabile di Prata venne aperta per dare ai comuni di Gallo, Letino, Ciorlano, Prata, Pratella, Valle di Prata, Ailano, Raviscanina un collegamento su ruota, più o meno diretto, più o meno completo con Alife e, soprattutto, con Piedimonte, Capoluogo del Distretto, con grande beneficio di tutti gli abitanti di quei comuni fino ad allora «quasi segregati dal resto degli altri paesi del Regno, per la topografica situazione»[16], i quali, con la costruzione della nuova strada, venivano ad avere «un mezzo di comunicazione libero»[17]. Fu utile, è chiaro, anche ai centri di Piedimonte, Alife e S. Angelo e a quelli di Fossaceca, Capriati e Venafro, i quali tre ultimi per giunta, insieme con altri comuni viciniori, secondo un reale intendimento, avrebbero dovuto essere serviti anche da una nuova strada, che, innestandosi sulla Statale S. Angelo-Prata, raggiungesse la Strada Consolare degli Abruzzi al Ponte del Re, al Baraccone presso Venafro[18].

Non si capisce, pertanto, perché questi comuni fossero esentati da una qualsiasi contribuzione all’opera della Strada di Prata (misteri della politica, anche allora!); soprattutto se si considera che, per il prosieguo della stessa per Venafro, fu sollecitato il contributo di Raviscanina[19].

Le caratteristiche e i dati principali dell’opera

Caratteristiche:

1) la strada fu una «rotabile», a doppio senso di marcia, del tipo delle «viae» romane;

2) fu costruita su fondo di terra battuta, con massicciata di pietra e manto di breccia e pietrisco;

3) lungo l’intero percorso fu necessario gettare numerosi ponti e ponticelli di fabbrica;

4) fu fatta correre quasi tutta in pianura, con qualche breve tratto in salita, alla Salita degli Stecchetti in tenimento di Ailano e a quella di Prata in prossimità dell’abitato omonimo, con pendenza quindi, molto lieve.

Dati principale:

a) fu lunga sei miglia e un quarto corrispondenti a km 9,750; il suo inizio era alla Taverna di S. Angelo Raviscanina, il suo termine a Prata;

b) il suo progettista fu l’Ing. Giuseppe Garzia, primo tenente del Genio attaccato allao Stato Maggiore Generale dell’Esercito;

c) l’inizio dei lavori di progettazione data 7 ottobre 1852[20]; l’inaugurazione, con ogni probabilità, non fu mai celebrata: la strada andò in funzione quasi in sordina;

d) il suo costo fu preventivato in Ducati 19.878,30, così suddivisi tra gli otto comuni che furono dal Re Ferdinando interessati all’opera:

Raviscanina Ducati 3.614,24

Prata Ducati 3.164,24

Ailano Ducati 3.164,24

Ciorlano Ducati 1.807

Pratella Ducati 1.807

Gallo Ducati 1.807

Letino Ducati 1.807

Valle di Prata Ducati 1.807

Totale Ducati 19.878,30[21]

La storia dell’opera

La prima notizia della costruendo rotabile arriva al Sindaco di Raviscanina col primo atto della Direzione della strada da Prata a S. Angelo, allora installatasi in Prata, contenente la richiesta di Ducati 8 «in conto di rata del suo Comune…, per anticipo per le spese per di operazioni, disegni e viaggi» riguardanti l’opera di progettazione della nuova arteria viaria. La richiesta è firmata dal primo Tenente del Genio attaccato allo Stato Maggiore Generale dell’Esercito, Giuseppe Garzia, cui è stato ordinato dal Sovrano, per il tramite dei Ministeri della Guerra e dell’Interno, il progetto dell’opera, e che è stato preposto alla Direzione dell’ufficio istituito in Prata per la realizzazione della strada[22].

Vien qui subito spontanea l’osservazione che questa prima lettera, con la sua prima richiesta di denaro, scritta e indirizzata dalla Direzione della Strada al comune di Raviscanina, è quasi un presagio di quello che sarà il ruolo principale del piccolo Comune del Matese nella realizzazione dell’opera: dal punto di vista della contribuzione economica e, quindi, dal punto di vista più+ impegnativo, più importante, più decisivo, sarà Raviscanina il Comune più invitato, più costretto a versare denaro nella Cassa comune; avrà il certo non invidiabile compito o ruolo, da parte degli altri Comuni di Comune finanziatore dell’opera, quasi in esclusiva.

I progetto filò veloce: il 28 settembre 1852 era quasi completato, il 21 febbraio 1853 era completato e approvato dal Re. E abbiamo a riguardo il primo importante «Uffizio» della Sotto-Intendenza del Distretto di Piedimonte al Sindaco di Raviscanina, che si riporta integralmente:

Piedimonte 21 febbraio 1853

«Sotto Intendenza del Distretto di Piedimonte

Sezione 2° n. 1142

Signor Sindaco

Al seguito del mio Ufficio del 28 Settembre dello scorso anno N. 4642, le manifesto che l’Ingegnere del Genio Signor Giuseppe Garzia ha di già elevato il disegno, lo estimativo, e formato pure le condizioni di appalto per la costruzione della strada rotabile da S. Angelo a Prata. Da tale elemento risulta che lo importo della spesa ammonta a Dt. 19,4888=54 oltre di altri Dt 389,76 per compenso e spese all’Ingegnere medesimo, che in uno formano Dt. 19.878,30, che debba eseguirsi per appalto in 30 mesi, e che la cennata somma va ratizzata tra i Comuni al margine segnati, ciascuno per la cifra ivi pure indicata; cioè i primi quattro per doppia rata pel maggior comodo, che ritraggono dalla strada, e gl altri tre per una sola rata, da che vi hanno meno vantaggio.

Siffatto progetto è stato rassegnato a S.M. dal detto Ingegnere Signor Garzia e la M.S. si è degnata di esternargli a voce la sua sovrana approvazione, facendo pur sentire al Signor Intendente di adoperare subito ogni mezzo per promuovere l’altro breve tratto, che innestandosi con quello in progetto al Comune di Pratella, andasse a congiungersi per la Piana di Capriati al Ponte del Re, al Baraccone presso venafro, sulla consolare degli Abruzzi, interessandone i Comuni di Capriati, Venafro, Fossaceca ed altri che più prossimi ne risentirebbero vantaggi.

Premesso tutto ciò, io le comunico il cennato ratizzo di Dt. 19.878,30, perché Ella subito faccia deliberare cotesto decurionato sulla proposta di fondi espliciti a sopperire la rata di codesto Comune; quali fondi facilmente possonsi avere dalla proposizione di un tagli regolare di bosco, il quale atteso le premure dimostrate dall’augusto Sovrano pel confezionamento di tale strada pel bene del Comune interessato, onde dargli un mezzo di commercio libero, con tutta prestezza verrebbe approvato; ovvero proponendosi una aggiunzione di grani addizionali alla fondiaria corrispondenti al 10 per %, e da durare fino alla estinzione del debito verso l’appaltatore che farà la strada, mettendosi per condizione di estinguere il debito fra otto o nove anni, ciò che produrrebbe l’affluenza degli speculatori sulla accendine della candela a ribasso, e così diminuirsi la somma progettata dei Dt. 19.878,30; e così avrebbe l’appaltatore a tempi determinati il pagamento dallo stesso esattore, che percepisce i fondi del Real Tesoro, senza remora alcuna.

Ella Signor Sindaco in tale circostanza deve direttamente spiegare tutta la sua energia per secondare le vedute paterne del nostro Augusto Sovrano, inculcate dai superiori, e reclamate dalle popolazioni, finora quasi segregate dal resto degli altri paesi del Regno per la topografica situazione; e sia sicura, che la emulazione dei di Lei colleghi sarà tenuta in particolar conto per quelli che maggiormante si saranno distinti per ottenere lo scopo desiderato, quale viene spiegato con le nrme di sopra date.

Mi rimetterà fra l’improrogabile termine di otto giorni l’analoga deliberazine in triplice spedizione per espresso, onde poterla spedire al prefato Signor Intendente, prevenendola che elasso tal termine, la manderò a rilevare con corriere a di Lei carico e del Cancelliere, se non mi perverrà.

La prego inoltre far deliberare con separato atto codesta decuria, a riguardo dell’altra strada di sopra menzionata, rimettendomi anche questa in triplice spedizione, e per lo stesso messo che invierà

Son sicuro, che l’interesse reale dei di Lei amministrati, a prescindere dalla Sovrana volontà, sia una molla possente per impegnarla a fare il totum posse nell’adempiere strettamente alla prescrizione, il di cui risultato mi attendo.

Pel Sotto Intendente in congedo – Il Consiglie Prov.le – F. Pascale

Ratizzo

Raviscanina Dt. 3614:24

Prata Dt. 3614:24

Ailano Dt. 3614:24

Ciorlano e Pratella Dt. 3614:24

Gallo Dt. 1807:11

Letino Dt. 1807:11

Valle di Prata Dt. 1807:11

Totale Dt. 19878:30»[23]

Il Decurionato di Raviscanina si riuniva subito i 27 dello stesso mese, e deliberavo conformemente al secondo, importante documento che pur si riporta per intero:

«Copia c. Oggi che sono lì 27 Febbraio in Raviscanina: Il Sindaco ha convocato il Decurionato nello infrascritto numero, a cui ha dato lettura di un officio del Signor Sotto Intendente del dì 21 corrente N. 1142 relativo al progetto redatto dall’Ingegnere del Genio Signor D. Giuseppe Garzia per la costruzione della strada rotabile da S. Angelo a Prata, dal quale risulta che lo importo della spesa ammonta a Dt. 19878:30 da eseguirsi per appalti in 30 mesi, e che la cennata somma va ratizzata tra i Comuni di Raviscanina, Ailano, Prata, e Pratella per Dt. 3614:24 per ciascuno, e per gli altri Comuni di Valle, Letino, e Gallo per Dt. 1807:11 per ciascuno: ed ha invitato il Decurionato a deliberarvi analogamente.

Il Decurionato letto il predetto officio, ed esaminata seriamente la cosa, ha osservato che mal si è ratizzata la somma anzidetta, tassandosi in doppia rata questo Comune pell’ideale comodo che si dice avere con la costruzione della strada in parola, mentre i soli Comuni, che attualmente ne ritraggono un utile positivo sono Pratella, e Prata dal perché ad essi solo interessa aprirsi il commercio col Capoluogo del Distretto e Provincia, e non a Raviscaninia nel punto progettato che lascia il Comune al Nordest nella lontananza di ben oltre due miglia, e non tocca di questo tenimento che poca estensione.

Ha osservato pure che la strada anzidetta nel punto progettato lungi dal facilitare il commercio a questo Comune, lo rende invece meno proficuo per la ragione che si allontana dall’abitato, e non si avvicina, ed i paesi contribuenti, che per portarsi al Capoluogo del Distretto, e Provincia, dovevano per necessità passare per Raviscanina, presentemente con la costruzione della strada nel punto progettato, non passano più per l’abitato, anzi si scostano per oltre due miglia e per conseguenza i Comune perde, e no acquista di commercio. E ciò crede questa decuria essere dipeso dalché l’Ingegnere Garzia nell’elevarvi progetto si pose di accordo solo con l’amministrazione di Prata, senza punto invitare questa Amministrazione, che avrebbe certamente somministrato dei lumi per dove eseguirsi più comodamente, e con vantaggio di questo e degli altri Comuni.

Indipendentemente da tuttocciò ha osservato, che questo Comune, la cui rendita non oltrepassa i Dt. 400, non può affatto sopportare un tale esito, stante la ricostruzione della Chiesa Parrocchiale, già appaltata per Dt. 2641:00 per la cui esecuzione ha dovuto ricorrere alla esazione dei mezzi eccezionali delle privative, per non alienare i beni patrimoniali.

Epperò il Decurionato, stante la niuna utilità con la costruzione della strada in parola nel punto progettato; attesoché questo Comune trovasi esausto di mezzi, ed il ratizzo soverchiamente eccessivo, delibera, perché il Signor Intendente penetrato delle ragioni che assistono questo Comune, voglia dispensarlo dalla contribuzione e lo spera.

Pascale del Santo – Alfonzo Rao – Ferdinando Orsi – Francesco Palumbo – Giuseppe De Sisto – Michele Mancini – Pascale Ezzo – Paolo Iannace Segretario – Girolamo Mancini Sindaco.

Rilasciata in Ravis: lì 1° Marzo 1853

Il Sindaco

Girolamo Mancini

Timbro ovale del Comune di Raviscanina

Per copia conforme

Il Seg.

Paolo Iannace

G. B. De Sisto C.re»[24].

In merito a questa deliberazione si osserva che il Decurionato di Raviscanina ben si lamenta di essere stato quotato per la stessa somma attribuita a Prata e per il doppio di quella attribuita a Pratella, i due comuni che beneficiano maggiormente dell’opera.

Giustamente lamenta anche il venir meno in futuro, a causa della costruzione della strada, del passaggio pel centro abitato di Raviscanina degli abitanti dei comuni viciniori, Ailano, Pratella, Prata etc., in viaggio per Piedimonte, con conseguenze negative per il suo commercio. Questa condizione di quasi isolamento nei confronti dei comuni ricordati durerà fino all’apertura della Strada submatesina Piedimonte Matese-Sant’Angelo d’Alife-Raviscanina-Ailano-Innesto sulla statale 158, costruita dal Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano fra il 1952 ed il 1972, ora passata all’Amministrazione della Provincia di Caserta.

Ma il suo risentimento più giusto è quello generato dal niun conto in cui il progettista ha tenuto il parere della civica Amministrazione di Raviscanina nell’opera da farsi. Questo parere non è stato né chiesto, né, quindi, tenuto in alcuna considerazione; come d’altronde, è avvenuto anche nei confronti degli altri comuni interessati all’opera, con l’unica eccezione del Comune di Prata, nel cui tenimento, però, l’Ing. Garzia aveva fissato il suo temporaneo domicilio.

Più debole è la ragione accampata della mancanza di fondi in bilancio e delle opere già in cantiere: per opere straordinarie, qual era la strada da costruirsi, dovevano reperirsi fondi straordinari e le popolazioni dovevano assoggettarsi a sacrifici eccezionali.

Ha infine completamente torto il Decurionato là dove afferma che la costruzione della strada nel punto progettato è al paese di Raviscanina di niuna utilità. In effetti la nuova strada sarà il presupposto per il futuro, più naturale, più comodo collegamento del paese con la stazione ferroviaria più vicina, Vairano-Scalo, con la Casilina, e quindi con Teano, Capua, S. Maria C. V., Napoli da un lato, Venafro, Cassino, Roma dall’altro.

A questa deliberazione la Sotto-Intendenza risponde subito con lo “Uffizio” “pressantissimo” dell’11 marzo 1853 che si riporta ancora integralmente:

Piedimonte, lì 11 marzo 1853

Sotto-Intendenza

del Distretto di Piedimonte

Signor Sindaco

di Raviscanina

Num. 1142 – Sez. 2^ - Oggetto: Pressantissima

Signor Sindaco

Di riscontro al di Lei foglio del 1° marzo n. 49 le restituisco una delle copie della deliberazione decurionale compilata a 27 febbraio, e che riguarda la proposta dei fondi per la strada da S. Angelo a Prata, le dico che con somma meraviglia ho veduto che codesto decurionato solamente a confronto di tutti gli altri è stato recalcitrante all’adempiere strettamente alle disposizioni dai Superiori date, nonché ostacolarsi alle vedute paterne del munificentissimo Sovrano con alligare sofismi, ed eccezioni non competenti al corpo deliberante di rilevare secondo la disposizione data. Oltre dell’infelicissima figura che codesto corpo decurionale può fare affronto degli altri Comuni interessati alla bisogna, non saprei in quale senso potrebbesi pigliare tal modo di procedere dal nostro amatissimo Sovrano tantocché venisse alla di Lui conoscenza, e quale ne potrebbero essere le dispiacevoli conseguenze; ed è perciò che ad evitare simile infrangente le ordino con termini chiari e precisi che nel ricevere la presente, che le rimetto per espresso a cui dalle imprevedute pagherà il giusto pedatico in gr.ni 54 Ella riunirà il decurionato istantemente, e lo farà deliberare ne’ sensi della disposizione data a 24 Feb. p.p. N. 1142, rimettendomi per lo stesso espresso in quatripla spedizione la Copia dell’atto che andrà ad ammettere il Collegio deliberante, e qualora il decurionato persistesse di non adempiere strettamente alla disposizione Ella unita al medesimo si recheranno in questa residenza assieme al Corriere, prevenendola che elasso 24 ora che non vedrò adempito alla disposizione, o con la deliberazione, o colla presenza del decurionato, disporrò che la forza di Gendarmeria accompagni l’insubordinato decurionato nonché Lei in questo Capoluogo, onde imparino tutti a rispettare i voleri del Monarca Regnante, e le disposizioni dei Superiori.

A di Lei stretta osservanza che trasgredita verrà punita severamente con i dettami dell’art. 137, della Legge de 12 Xbre 1816, oltre delle più energiche misure di polizia; mi attendo l’adempimento del sopradetto.

Pel Sotto Intendente in Congedo – Il Consigliere Provinciale – F. Pascale. – Pied. 11 Marzo 1853 – N. 1142 – Chiamata del Sindaco, e decurionato in Residenza per la strada di Prata”[25].

Dalla lettura dell’Uffizio su riportato risultano evidenti i limiti, in quel tempo, della partecipazione popolare al governo della cosa pubblica: una specie di democrazia, più apparente che reale, era pur tollerata; sempreché essa, però, non contrastasse col volere sovrano[26].

Raviscanina, infatti, sebbene recalcitrante, dovette ubbidire. Fu mandato, quindi, un Ispettore Forestale “onde verificare quali boschi dei Comuni emarginati (Prata, Pratella, Ailano, Letino, Gallo, Raviscanina) possono regolarmente tagliarsi per far fronte col prodotto di essi alla costruzione della strada da Prata a S. Angelo”[27] e il 1° febbraio 1854 fu bocciata una deliberazione del Comune di Raviscanina dello stesso anno precedente, nella quale si proponeva il taglio regolare di un bosco per far fronte alle spese del nuovo esercizio finanziario, con la espressa motivazione che era il “proposto taglio destinato per far fronte alla rata che contribuir deve il cennato Comune (Raviscanina) per la costruzione della Strada superiormente ordinata da S. Angelo a Prata”[28].

Ma... non si poteva cavar sangue dalle pietre; ovverosia non si potevano cacciar tante migliaia di ducati da Amministrazioni che si reggevano su bilanci annui striminziti, di poche centinaia di ducati, formati, soprattutto, con l’introito del taglio regolare dei propri demani comunali forestali. C’era poco da sperare, perciò anche dal taglio dei boschi, perché il ricavato della vendita dei prodotti di questi doveva servire ai Comuni per sopperire a tante loro normali, annualmente ricorrenti necessità. Ci sarebbe voluto un introito straordinario o degli introiti straordinari per far fronte ad un’opera straordinaria: con questo o con questi si sarebbe potuto far fronte, tutto in una volta, alla spesa dell’opera.

Intanto trascorreva l’anno 1854 senza che avvenisse niente altro, riguardo alla Strada che qualche scambio epistolare tra la Sotto-Intendenza di Piedimonte e il Consigliere Provinciale Benedetto del Prete da una parte e il Comune di Raviscanina dall’altra, e qualche riunione interlocutoria di Amministratori dei Comuni interessati all’opera, con tentativi di trovare il denaro per la Strada dal taglio dei boschi, di risparmiare un po’ con gare al ribasso negli appalti dei lavori o di guadagnarne con gare al rialzo nella vendita del legname ricavato dai tagli boschivi, di trovarne almeno per pagare il progetto dell’Ing. Garzia e le diarie dell’Ispettore Forestale, che era venuto sul posto a vedere quel che c’era da vendere dei beni comunali in materia di prodotti forestali. I delegati a rappresentare il Comune di Raviscanina in queste riunioni, ostinati, continuavano da parte loro a sottolineare l’ingiustizia operata nel “ratizzo” e a chiederne uno più equo[29].

Nello stesso anno 1854 veniva creata una deputazione dei Comuni interessati alla Strada che doveva seguire le gare di appalto e i lavori. Fra i deputati, questa volta, c’è anche il deputato di S. Angelo, comune che pure, per la costruzione della Strada, era tassato per nessuna quota. Il deputato di Raviscanina fu scelto fra una terna di nomi inviata al Sotto-Intendente: fu D. Paolo Iannace.

Passava anche il 1855 e la prima metà del 1856; e questa volta senza che della Strada di Prata si fosse neppur parlato, almeno a Raviscanina.

Ed ecco, finalmente, la data risolutiva del 13 luglio 1856. È in questo giorno che salta fuori la somma di Dt. 13.000, per la prima volta, da usare quasi tutta per la costruzione della Strada da S. Angelo a Prata. Leggiamo il documento che la contiene:

Piedimonte lì 13 Luglio 1856

Sott’Intendenza di Piedimonte

N. 5646

Signor Sindaco

Il Signor Intendente con foglio dei 3 stante n. 22640 mi scrive così:

“Signore: Mi affretto a comunicarLe perché pratichi Ella altrettanto con l’Amministrazione Comunale di Raviscanina, il seguente Real Rescritto:

Ministero e Real Segreteria di Stato dell’Interno – Rip.to 2. Carico 4° N. 2568.

Relativamente all’uso da farsi dei Dt. 13000, prodotto dalla vendita del legname del Bosco di Raviscanina, oggetto di precedente corrispondenza e per ultimo della Ministeriale dei 14 del corrente mese Né 2352, S.M. il Re si è degnato nel Consiglio ordinario di Stato dei 19 di questo mese, comandare che il Comune di Raviscanina versi i Dt. 3614:24 per la sua quota per la strada da S. Angelo a Prata, che paghi alla provincia i Dt. 2000 di anticipo fatto, che Dt. 2000 siano per la Chiesa, e che Dt. 5000 siano da lui anticipati da ora per la strada in parola, da rivalersene degli altri Comuni interessati a quell’opera dal prodotto dei tagli dei rispettivi boschi, dovendo gli aggiudicatari di siffatti tagli versare al detto Comune di Raviscanina direttamente le somme.

Nel real Nome le comunico questo Sovrano volere per l’uso di risultamento, ed intanto la prego di provvedere che i Dt. 719:09 rimasti disponibili sulla prima rata soddisfatta dall’aggiudicatario della mentovata vendita di legname del Comune di Raviscanina restino destinati ai lavori della Chiesa in conto dei Dt. 2000, e la interesso a trasmettere a questo Real Ministero gli atti della vendita del legname dei Comuni di Valle di Prata, Ailano, e Pratella, appena che saranno espletati.

Napoli 25 Giugno 1866 – Firmato: Bianchini

Al Signor Intendente di Caserta – L’Intendente G. De Marco

La incarico pel più esatto e sollecito adempimento, riscontrandomi.

Il Sott’Intendente Viti.

Al S.r Sindaco di Raviscanina”[30].

Come si vede, si è di fronte alla soluzione quasi definitiva del reperimento di fondi per l’attuazione dell’opera; e il Re affronta la nuova, favorevole situazione senza scrupoli, senza falsi pudori: tutta la somma, salvo solo duemila ducati che andranno al completamento della Chiesa Parrocchiale di S. Croce di Raviscanina, andrà alla costruzione della Strada di Prata.

Ma come erano potuti venire nella Cassa Comunale di Raviscanina tanti soldi? Rifacciamoci un po’ da lontano.

Il patrimonio forestale di Raviscanina, nella prima metà del secolo scorso, era uno dei più estesi e ricchi fra quelli esistenti nella fascia appartenente alla provincia di Terra di Lavoro del versante campano del Massiccio del Matese[31]. La sua caratteristica principale era la ricchezza di alberi di alto fusto, presenti anche, sebbene in numero ridotto, nei cedui prolifiti decidui, ma soprattutto, nei cedui di cerro (Bosco “Cerrete”), in quelli di farnia (Bosco “Fargneto”), in quelli misti col faggio, in quelli di solo faggio e nelle (allora) numerose e plurisecolari fustaie di faggio, veri monumenti vegetali del nostro Appennino[32].

E questa sua caratteristica era stata salvata per moltissimi ani, anzitutto dalla mancanza di strade di accesso alle estensioni boschive di alto fusto, poste a elevate altitudini o, comunque, lontane dall’abitato; poi, dalla povertà dell’economia della zona, che non richiedeva l’uso del legname delle piante di alto fusto, dalla facilità di trovar legna da ardere e da carbonizzare nelle fasce di bosco ceduo a minor altitudine, spesso, ai confini dell’abitato stesso, dalla sufficienza dell’uso del sottobosco e dei frutti del bosco di alto fusto per il diffuso allevamento dei suini, caprini e ovini, su cui, principalmente, fondavasi l’economia del paese.

Ma coll’avvento della ferrovia, che nel Regno dei Borboni di Napoli fu un problema preminente e sentito, i boschi di piante di alto fusto si trovarono ad avere una improvvisa, nuova importanza. I faggi, i cerri, le roveri, le roverelle, le farnie, i farnetti erano ottimo legname per ricavarne traverse, traversine e scambi ferroviari; e il valore dei boschi di queste specie vegetali aumentò, perciò, enormemente, e se ne decise la vendita e l’abbattimento; il quale ultimo, quando divenne indiscriminato e completo, come nel caso del taglio del Bosco “Campo Ceraso” a monte dell’abitato di Raviscanina, effettuato immediatamente a ridosso del 1857, non fu causa secondaria, rispetto a quella del pascolo caprino dei boschi stessi e del loro taglio per dissodare nuovi terreni e ricavarne perciò le cosiddette “cese”[33], di dannose, a volte, catastrofiche alluvioni, come quella del 13 settembre 1857, che si abbatté, oltre che su Raviscanina, anche su S. Angelo, Piedimonte, e su altri piccoli centri ad Est del Capoluogo Distrettuale.

E così, già nel 1837, si distaccò l’ottava sezione del Bosco Montagna nelle Contrade della Valle del Turco, Soglio della Spina, e Valle dell’Emme[34]; nel 1854, in un documento inteso a ricercare le risorse economiche dei Comuni interessati alla Strada di Prata, si fa cenno a un probabile ricavo di ducati 3.000, da parte del Comune di Raviscanina, per la vendita del legname di un suo bosco, che dovrebbe corrispondere ad un’altra o ad altre sezioni dello stesso Bosco di Raviscanina, per la vendita del legname di un suo bosco, che dovrebbe corrispondere ad un’altra o ad altre sezioni dello stesso Bosco Montagna[35]; nel 1856, infine, “la vendita del legname del Bosco di Raviscanina... nel calore delle subaste”[36] offre ‘un inaspettato aumento, cioè da duc. 7.200 a 13.000”[37]; la undicesima e dodicesima sezione del Bosco Montagna vengono così aggiudicate al notaio raviscaninese Giambattista De Sisto[38].

Il Re, come si è visto, fece di questi ducati quasi un unico uso: undicimila ducati andarono così alla costruzione della Strada di Prata.

Raviscanina, memore della precedente minaccia, non recalcitrò, non si oppose, questa volta: ubbidì. E con tanti suoi problemi che aveva da risolvere, risolse quello della Strada di Prata, che, se poteva recare qualche beneficio anche ai suoi abitanti, giovava soprattutto a Prate e a Pratella. E ciò fece con l’abbattimento dei suoi boschi più maestosi, che uno dei suoi figli migliori aveva pagato così bene da attirare sulla somma l’attenzione del Sovrano, pensando, forse, anche ai benefici collettivi che da quell’introito sarebbero potuti venire al proprio paese.

E se tutto si fosse limitato a questo! Un anno dopo, la Strada già tutta tracciata e per un terzo già completata, i Comuni ai quali Raviscanina era venuto incontro anticipando le loro quote per la costruzione di quella, incominciarono a vendere i propri boschi, a si guardarono bene dal versarne il ricavato nella Cassa della Tesoreria Comunale raviscaninese, così come pure aveva ordinato il Re. E il Comune creditore dovette allora avviare con essi un difficile ed estenuante carteggio, e contro alcuni, come Ailano, Letino e Prata, intraprendere anche lunghe e dispendiose azioni legali durate fino al 1868[39], che solo dopo l’anno 1876[40], quando la Strada percorreva ormai da più lustri, bianca e maestosa, con il fiume Volturno, l’ubertosa, verde vallata, e “a stracci e a petacci”[41], e non quanti ne erano usciti, riportarono nelle esauste casse comunali di Raviscanina i ducati diventati ormai lire dati forzatamente in prestito.

A questa mala volontà di onorare i propri impegni da parte dei Comuni viciniori sovrastò, poi, l’immane calamità dell’alluvione del 13 settembre 1857. Questo disastro diede il colpo di grazia all’economia raviscaninese pubblica e privata, e il paese fu completamente prostrato.

Ma neppure in quelle condizioni poté ottenere la restituzione del prestito. A nulla valse allo scopo, per esempio, nemmeno l’accorata e illuminante supplica al Re da parte del Sindaco Domenico Gaetano Mancini, qui di seguito riportata per intero, che pur chiedeva la restituzione di una sola parte del debito di Ailano:

“Sacra Real Maestà

Sire

Il sindaco di Raviscanina, in Distretto di Piedimonte, a nome anche del decurionato, e della intera popolazione di detto Comune umilmente rassegna a V.a M. che antecedenti recentissimi esistenti nel ministero dell’Interno, in ordine al destino dei Dt. 13.000 circa ricavati dal taglio del Bosco Comunale Montagna nel passato anno, e la prima imputazione data a quella somma, rettificata poscia col Real Rescritto del 19 giugno 1856 lo dispensano dal riandar la storia delle gravezze patite dal Comune suddetto per la costruzione della strada di Prata.

Con docilità senza pari, il Comune di Raviscanina oltre d’adempiere alla sua simbola di Dt 3614,26 per detta strada, fu obbligato con il mentovato Real Rescritto a far prestito di Dt. 7000, cioè 2000 alla provincia, e Dt. 5000 ai Comuni quotizzati per detta strada, tra’ quali quello di Ailano, tassato per simil somma di Dt. 3614,26.

Fu scolpito però in quel Real Rescritto, che tutti i Comuni col taglio de’ loro Boschi, o altrimenti versar dovessero la quota per essi pagata, e rimborsarne Raviscanina.

È avvenuto che il Comune di Ailano, per lo quale in concorrenza degli altri di Prata, Valle di Prata, Letino, Gallo, Pratella e Ciorlano furono anticipati da Raviscanina i Dt. 5000: trovasi d’aver venduto il suo Bosco Coste per Dt. 1310, aggiudicato a Giacomo Toscano; e mentre Raviscanina si attendeva la soddisfazione con prelevazione dei Dt. 1310 di quella rata di debito che Ailano rappresenta nei Dt. 5000, con rincrescimento, e senza sua intelligenza vede elevato un dubbio, che snaturando la prima giusta, e sacrissima disposizione data da V.a M.à, del rimborso cioè del prestito, si è fatto risolvere con altro Real Rescritto de’ 14 ottobre 1857, portante che il Comune di Ailano dia la rata, che deve per la strada, e il dippiù lo paghi a Raviscanina.

Questa disposizione, se il Bosco di Ailano avesse dato Dt. 3614: sarebbe giustissima, ma siccome ha dato appena Dt. 1310 lede non poco gl’interessi di Raviscanina, che perciò il Sindaco rappresentante quel Comune umilia a V.a M. le seguenti rispettose osservazioni.

Quando la M. V. emise il Real Rescritto del 19 giugno 1857 non ebbe affatto in mente di far rendere senza termine la restituzione del Prestito fatto da Raviscanina, e senza interesse. È vero che la cosa pubblica vince da la privata, ma la strada di Prata non dee calcolarsi solo a fronte dei bisogni del Comune di Raviscanina.

Le ultime luttuose vicende degli alluvioni de’ 13 Settembre che tanta rovina hanno cagionato sulle persone e nelle sostanze dei miseri abitanti di questo Comune sventurato e che alla M. V.a, non sono ignote, doveano ortare in ben altro campo il dubbio elevato, e che die’ vita al Real Rescritto del 14 Ottobre 1857, avrebbe dovuto piuttosto sottomettersi alla sapienza di V. M.a la indispensabile necessità di tosto, e tutta passarsi a Raviscanina la tenue somma di Dt. 1310 per equilibrar in parte le disgrazie patite, usandosi così giustizia, equità, e cristiana filantropia per rimarginare le piaghe ancor cruenti da quella alluvione lasciate, anziché con sottigliezza di severa amministrazione addirsi tutta quella cifra per la strada di Prata.

Ciascun Comune ha particolari risorse, che al bisogno valgono per equilibrar i propri vuoti, e talvolta ancora le deficienze dei Comuni limitrofi: ma non è consentaneo ad alcuna legge un ruinoso sconvolgimento della finanza Comunale, che tenderebbe in taluni casi con improvvide largizioni ad impoverire un Comune, come nella specie per Raviscanina.

I lavori in corso, altri in progetto, le strade interne, ed esterne da riattarsi, i crollati edifizi da restaurarsi, la Cassa Comunale esausta, l’introito pel taglio del Bosco mancato pel prestito ad altri Comuni, sono estremi che reclamano la più seria attenzione.

Abbia un limite la docilità di questo Comune di Raviscanina, se ne valutino le sciagure sofferte, e V. M.à richiamando per più maturo esame il già disposto, ma non ancora eseguito, si degni far rivocare la disposizione del 14 Ottobre 1857 con assegnarglisi la tenue somma di Dt. 1310 in quistione. In linea subordinata valutando V. M.à aequa lance da buon padre di famiglia se sia da preferirsi forse alquanto più celere della strada di Prata, alla necessità indispensabile di prontamente aiutarsi Raviscanina si degni disporre una ripartizione prudenziale della dinotata somma.

E tanto si attende a singolar grazia.

Raviscanina lì 29 Novembre 1857.

Il Sindaco

Domenico Gaetano Mancini”[42].

Il paese dovette subire per lungo tempo ancora l’imposizione della legge: se non era potuto venire in possesso del suo nemmeno quando i suoi bisogni erano diventati impellenti, tale stato di cose non cambiò neppure dopo la conquista di Garibaldi e la proclamazione del Regno d’Italia, con l’inclusione in questo dell’antico Regno delle Due Sicilie. Solo dopo molti anni, come si è già accennato, poté ricovrare in gran parte il suo credito da parte dei paesi debitori.

Non può far meraviglia, se, anche nel recupero del credito, fu interessata, sollecita ed efficace soprattutto l’opera svolta dal già ricordato Notaio Giambattista De Sisto, ora in veste di Cassiere Comunale (nel 1861[43] e in altri anni ancora), ora di Consigliere o Assessore (in buona parte delle civiche amministrazioni raviscaninesi succedutesi dal 1863 al 1876), ora di Sindaco di Raviscanina (per parecchi mesi degli anni 1864 e 1865 e per il 1868)[44].

Conclusione

Nel corso di questa breve trattazione non mi sono sempre astenuto dal dire anche la mia, fosse essa di approvazione o di disapprovazione, su specifici atti, alcuni, invero, di ampio respiro e di vasta portata, di amministrazione e di governo dei Borboni di Napoli.

Ma, giunto ora al termine del lavoro prefissatomi, mi guardo bene dal dare un giudizio generale ed univoco sul Governo Borbonico nell’Italia Meridionale e in Sicilia, e lascio questo compito ai veri addetti ai lavori, cioè agli storici.

Io mi limito a chiudere queste poche pagine col reiterato ricordo del Notaio Raviscaninese, mio avo: non nel tentativo di una encomiastica celebrazione di famiglia, sibbene per l’inizio di un giusto se pur tardivo riconoscimento dei meriti di un concittadino, che alla Amministrazione, nelle sue varie branche e accezioni, e quindi alla vita e al progresso del suo paese, dedicò tutta la sua lunga e laboriosa esistenza.

Raviscanina, 22 agosto 1978

Bibligrafia

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[1] GIACINTO DE SIVO in “Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861”, Napoli, 1964, a proposito del comportamento di questo personaggio durante la Spedizione dei Mille, a pag. 174, scrive: “...cheta era Terra di Lavoro, ché, sendovi soldati i faziosi cagliavano; ma intendente v’era il conte Francesco Viti, servitore de’ Borboni tanti anni, e scrittone anche da adulatore, uomo che sapea navigare; il quale in sul bello si chiarì rivoluzionario e fellone. Costui col braccio d’un Rispoli, già regio giudice, mandato D. Liborio Sottintendente in Piedimonte, avea lasciato unir sul Matese un dugentocinquanta rompicolli, che come dirò meglio, andarono al Garibaldi” (La Legione del Matese, N.d.A.); a pag. 253, aggiunge: “Il Viti, intendente della provincia, datosi a lui (a Garibaldi), emanò lettere incitanti i municipi ad aderire con indirizzi al dittatore: e fece correre voce il re fuggito a Spagna, onde n’ebbe subito premio con maggiore ufficio. Ma il dittatore volendo uno strumento nuovo gli sostituì un Pizzi Curiale campano”.

[2] S. Angelo di Raviscanina dal Medio Evo a tutto il ‘700 nei documenti, e dal Medio Evo a quasi tutto ‘800 nella lingua parlata; Sant’Angelo d’Alife dal 22 luglio 1862. Cfr. DANTE B. MARROCCO, La Bolla di fondazione della Recettizia in S. Angelo, Napoli, 1876, pag. 4.

[3] Prata Sannita dal 30 agosto 1862.

[4] D.B. MARROCCO, Il Distretto di Piedimonte alla vigilia del 1860, Piedimonte d’Alife, 1963, pag. 15.

[5] FRANCESCO VITI, Sul Distretto di Piedimonte di Alife in Provincia di Terra di Lavoro, Napoli, 1857, pag. 41.

[6] Dall’antico termine mediterraneo “ravve”, frana, precipizio, burrone scavato dalle acque, passato nella zona a significare un lungo e incassato e ghiaioso greto per lo più asciutto, di torrente. It. “grave”; cfr. G. DEVOTO, Avviamento alla Etimologia Italiana, Dizionario Etimologico, Firenze, 1967, alle voci “rava” e “rave”., a pag. 349.

[7] GIANFRANCESCO TRUTTA, Dissertazioni Istoriche delle Antichità Alifane, Dissertazione VI, Napoli, MDCCLXXVI, pag. 70.

[8] GIANFRANCESCO TRUTTA, op. cit., Diss. XIV, pagg. 207-208.

[9] GIANFRANCESCO TRUTTA, op. cit., Diss. XVII, pag. 242. L’autore ricava il nome da Livio, Historiae, Lib. 8 (25, 4): “Eodem tempore etiam in Sannio res prospere gesta est. Tria oppida in potestatem venerunAllifae, Callifae, Rufriumque”. Su una più probabile corrispondenza dell’antica Rufrium o Rufrae con località di oggi (S. Felice a Ruvo presso Presenzano) cfr. la voce “Rufrae”” sulla Real Encyclopädie del ClassichenAltertumswissenschaft dei Pauly-Wissowa.

[10] D.B. MARROCCO, L’Arte nel Medio Volturno, Piedimonte d’Alife, 1964, pag. 6; e Touring Club Italiano, Guida d’Italia, Milano, 1928.

[11] F. VITI, Dell’Azione Amministrativa nella Calamità dell’Alluvione, Napoli, 1858, pag. 73.

[12] Gli Americani, infatti, entrarono a Raviscanina provenienti da Sant’Angelo d’Alife, percorrendo questa strada in “jeeps”.

[13] A Raviscanina, perciò, in quel tempo, si usava andare al mulino, sul fiume, una sola volta all’anno, nei mesi estivi, quando queste stradette erano transitabili e non si sprofondava nel fango.

[14] Raviscanina aveva una “scafa” poco a Ovest dell’attuale Ponte di Raviscanina. Ancor oggi la località è detta “La Scafa”, e i membri della famiglia raviscaninese dei Ferraro, molto estesa ieri e oggi in paese, anticamente addetti al passaggio del fiume con quel mezzo, sono ancor soprannominati “Gli Scafari”.

[15] Una visione generale della viabilità romana e medioevale, che, con poche aggiunte e modifiche, resterà quella in efficienza alla vigilia della costruzione della rotabile S. Angelo-Prata, si può avere dallo schizzo tracciato dal Canonico Gian Francesco Trutta illustrante tutto il corso del fiume Volturno, posto in appendice al suo volume già citato, nella edizione del 1776.

[16] “Uffizio” (termine burocratico dell’epoca; sta per “nota”, “comunicazione”, “lettera”) del Sotto-Intendente di Piedimonte al Sindaco di Raviscanina del 21-2-1853, Sez. 2, N. 1142, Archivio Comunale di Raviscanina.

[17] “Uffizio del Sotto-Intendente del 18 agosto 1859 al Sindaco di Raviscanina, senza indicazioni a numero, Arch. Com. di Raviscanina.

[18] “Uffizio” della Direzione della Strada rotabile da Prata a S. Angelo del 7 ottobre 1852, N. 1, Arch. Com. di Raviscanina.

[19] “Uffizio” del 21-2-1853, N. 1142 già cit., Arch. Com. di Raviscanina.

[20] “Uffizio” N. 1 del 7 ottobre 1852, già cit. Arch. Com. di Rav.

[21] “Uffizio” della Sotto-Intendenza di Piedimonte, N. 1142 del 21-2-1853 già cit. Arch. Com. di Raviscanina.

[22] “Uffizio” N. 1 del 7 ottobre 1852 già cit. Arch. Com. di Raviscanina.

[23] “Uffizio” della Sotto-Intendenza di Piedimonte del 21-2-1853, Sez. 2 N. 1142 già cit., Arch. Com. di Raviscanina.

[24] Deliberazione del Decurionato di Raviscanina del 27-2-1853, (copia conforme), Arch. Com. di Raviscanina.

[25] “Uffizio” della Sotto-Intendenza di Piedimonte dell’11-3-1853, Sez. 2, N. 1142, Arch. Com. di Raviscanina.

[26] Cfr. anche D.B. MARROCCO, Il Distretto di Piedimonte alla Vigilia del 1860 già citato, pag. 6.

[27] “Uffizio” della Sotto-Intendenza di Piedimonte del 24-5-1853, Sez. 2, N. 3415, Arch. Com. di Raviscanina.

[28] “Uffizio” della Sotto-Intendenza di Piedimonte del 1° Febbraio, 3° Carico, Num. 64q”, Arch. Com. di Raviscanina.

[29] “Uffizio” del Consiglio Provinciale B. del Prete di Venafro del 29-2-1864; “Uffizio” dello stesso Cons. Prov.le del 17-3-1854; verbale della riunione dei Sindaci, Cancellieri e Decurioni deputati dell’8-3-1854, Arch.Com. di Raviscanina.

[30] “Uffizio” della Sotto-Intendenza di Piedimonte del 13 luglio 1856, N. 5646, Arch. Com. di Raviscanina.

[31] Ancora nel 1929, per il Comune di Raviscanina si registrava un coefficiente di boscosità del 51,9%; il Comune era il quarto fra i più ricchi di boschi dei diciassette Comuni che ne possedevano sul versante campano-casertano del Matese. Poi la situazione andò via via deteriorandosi, fino a far registrare, nel 1977, per il Comune matesino, il più alto indice di decremento di superficie boscata: il -376! Cfr. L. BOGGIA, Il Bosco del Matese e la sua difesa, in Annuario 1977 dell’A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1977, pag. 46 e Tab. 2°.

[32] Ancora oggi il Comune di Raviscanina possiede qualche fustaia di faggio: nella 2° Sezione boschiva denominata “Camporuccio”, a oltre mille metri di quota, ce n’è una estesa, sana, diritta, svettante, fra le più belle del Matese. Alcuni giganteschi faggi, dal tronco che misura circa cinque metri di circonferenza, restano, poi a testimoniare, nelle sezioni boschive di “Valle Mandrella” e “Campo Ceraso”, le passate ricchezze delle montagne comunali.

[33] “Cesa”: da “caedere” = tagliare; a Raviscanina, piccoli appezzamenti collinari, generalmente a terrazze, dissodati e piantati ad oliveti; a Sant’Angelo d’Alife, invece, gli stessi terreni piantati a viti.

[34] Processo verbale del 30 settembre 1837 del Misuratore privato Felice Ragucci, Arch. Com. di Raviscanina.

[35] Processo verbale della riunione dei Comuni interessati alla Strada di Prata, a Capriati del 6 marzo 1854, Arch. Com. di Raviscanina.

[36] F. VITI, Sul Distretto etc. op. cit. pag. 40.

[37] F. VITI, Sul Distretto etc. op. cit. pag. 40.

[38] Citazione del Comune di Raviscanina al Comune di Ailano del 4 settembre 1857, Arch. Com. di Raviscanina.

Il Notaio Giambattista De Sisto (1810-1896) fu Cancelliere del Comune di Raviscanina del 1839 al 1853, Sindaco f.f. dello stesso Comune per parte dell’anno 1864 e per buona parte dell’anno 1865, Sindaco per l’anno 1868, Assessore e Consigliere Comunale in quasi tutte le civiche Amministrazioni raviscaninesi dal 1863 al 1896, Capitano della Guardia Nazionale dopo l’Unificazione.

[39] Atto di intimazione del 4-9-1857 del Giudicato Regio del Circondario di Piedimonte al Sindaco e al Cassiere di Ailano: lettera del Sindaco di Raviscanina al Prefetto del 7-10-1864 per la quota di Gallo e la situazione debitoria generale; lettera dell’Avv. Vespasiani al Notaio Giambattista De Sisto, Arch. Com. di Raviscanina (i primi due documenti), Arch. Personale dell’Autore (ultimo documento).

[40] Conti Morali della Giunta Comunale di Raviscanina dell’anno 1875 e 1876. Dal primo documento si apprende che i Comuni ratizzati per la Strada di Prata avrebbero dovuto dare in restituzione la somma di L. 3.317,84; dal secondo che gli stessi erano ancora in debito, Arch. Com. di Raviscanina.

[41] Espressione dialettale locale, Cfr. l’espressione dialettale napoletana “a piezze e a petacce” in R. ANDREOLI, Vocabolario Napoletano-Italiano, Napoli, 1966, alla voce “petacci”, a pag. 295, in italiano: brandello.

[42] Lettera del Sindaco Domenico Gaetano Mancini al Re del 29-11-1857, Arch. Com. di Raviscanina.

[43] Decreto dell’ingiunzione del Sindaco D. G. Mancini e del Cassiere Comunale G. B. De Sisto al Comune di Letino e agli aggiudicatari dei boschi comunali D. F. De Simone e D. A. Del giudice del 26-1-1861, Arch.Com. di Raviscanina.

[44] Delibera del Comune di Raviscanina del 24-22-1868; Conto Morale della Giunta Comunale di Raviscanina dell’anno 1868, Arch. Com. di Raviscanina.