Arulone

Si erano visti moltissimi olmi seccarsi per cui si pensò ad una malattia endemica di questa pianta, ma non si pensava che “gl’iarulone”, così grande e maestoso, potesse essere soggetto alla malattia e da questa essere vinto come un’olmo qualsiasi.

Adesso che “gl’iarulone” non c’è più qualche ricordo mi affiora alla mente.

Ricordo che i Raviscaninesi soprattutto d’estate, e specialmente nei giorni festivi, si raccoglievano all’ombra de “gl’iarulone” sul grosso masso di pietra levigata o in piedi o seduti per terra sull’erbetta di fronte e chiacchieravano e discutevano. Nessuno può negare questa azione associante de “gl’iarulone” e della sua ombra sia tra i Raviscaninesi che tra questi e gli amici dei paesi vicini.

Ricordo ancora quando lo scalai; avevo una ventina d’anni, poco più o poco meno, e mentre lo guardavo, amirandolo come sempre, vidi sul tronco, ad altezza d’uomo, un pollone di due o tre anni; cominciando di lì mi arrampicai quasi fino alla cima, ma in quel momento venne mio fratello, più grande di me, che mi impose di scendere immediatamente.

Ce ne sarebbero tanti di ricordi legati a “gl’iarulone”. Ma perché ricordarlo mi commuove? Non lo so, ma forse perché mi ricorda la gioventù: quel periodo della vita che ci fa scalare un albero unico per la sua grandezza e ci fa sognare che saremo sempre buoni, generosi, fortunati e che daremo anche capaci di superare tutti gli ostacoli che la vita ci farà incontrare sul nostro cammino.