Martone_castello di rupecanina

RUPECANINA

(I Edizione, 1956, pp. 5-10; II Edizione, 1981, pp. 51-63)

Ing. Gabriele Martone

I Ruderi.

Tra Sant’Angelo d’Alife, ad oriente, e Raviscanina, ad occidente, si erge, di fronte alla vallata del medio Volturno, la storica Rupecanina, di cui restano attualmente i ruderi secolari.

Tali ruderi occupano, per un’area di tre ettari, la cima della collina conica, scoscesa, originariamente brulla di tipo carsico che si eleva a 530 metri sul livello del mare, ed a 400 circa sul livello dell’antistante piana del medio Volturno. L’altura, che con le sue ripide falde nord-orientali guarda direttamente la sottostante Sant’Angelo d’Alife, degrada invece, ad occidente, con dolce pendio, in cime collinose meno elevate, egualmente brulle, che sovrastano la sottostante Raviscanina. A settentrione si svolge la catena montuosa del Matese.

Rupecanina! I tuoi ruderi silenti e solenni, le tue muraglie dirute che sfidano i secoli, e che tanti anni di lavoro richiesero per essere edificate dal popolo che poi, nel prosieguo dei secoli, le abbandonò per sempre, ci guardano e ci parlano! Noi possiamo, con un attento esame, ricostruire idealmente quello che fu il vasto borgo medioevale, che aveva una popolazione notevole per quei tempi, di circa 1500 anime.

L’area abitata era chiusa in una cinta di forti mura, per un ininterrotto perimetro pressoché pentagonale, con base a nord. Tale cinta, benché diruta, è conservata tuttora, e ci permette di poter fissare a 10 metri l’altezza di essa per il tratto a nord-est, a nord ed a nord-ovest, e a 7-8 metri l’altezza per il rimanente tratto, sovrastante le falde più scoscese dell’altura. Le mura di cinta presentano cinque bastioni, di cui tre lungo il lato settentrionale, a forma di torri quadrangolari, e due a forma di torri rotonde, site l’una al lato orientale e l’altra al lato occidentale, quest’ultima più grande e meglio conservata, con alte feritoie.

Si entrava nel borgo per due porte, l’una nel lato orientale della cinta, più a sud del bastione, e l’altra nelle mura della torre quadrangolare sita all’estremo occidentale del lato nord. La più importante era quella ad oriente, alla quale si arrivava direttamente per una rapida via, che si svolgeva a zig-zag lungo le falde orientali, e che passava accanto al cimitero, testé scoperto.

La strada principale di accesso, però, era quella che proveniva dal nord, ossia dalla mulattiera che attualmente unisce i comuni di Sant’Angelo e Raviscanina. Una porta di soccorso trovasi poi ad ovest, un po’ più a sud del grosso bastione rotondo occidentale. Il lato settentrionale della cinta, e buona parte del lato occidentale, erano circondati da un fossato, l’esistenza del quale viene attualmente indicata da una visibile depressione del terreno. Infine, al lato sud delle mura, si apriva un canale di scolo, che discendeva al piano.

La cinta delle mura difendeva tutte le abitazioni fittamente agglomerate, e nel punto più elevato del borgo si ergeva il Castello propriamente detto, con l’annesso Maschio che con la sua altezza dominava tutto l’abitato, tutta l’altura e tutta la pianura sottostante, e che spicca tuttora ben visibile da molti chilometri di distanza.

Tale Maschio è sito verso l’estremità sud-occidentale del Castello, e per tre lati è circondato, fino ad una certa altezza, da un recinto murario con feritoie, rimanendone separato solo da un corridoio circolare. La parte più vasta del Castello, con gran numero dei vani sovrastanti e sottostanti, e di ambienti interrati, è rappresentata dal fabbricato antistante al maschio, ma di esso rimangono scarsi ruderi. Davanti a tal fabbricato, a nord-est, le mura esterne di esso si prolungano recingendo uno spiazzale da costruzioni, ad oriente del quale si trova, sempre nel perimetro di dette mura, la cappella di Santa Lucia, di cui rimane l’alta torre rotonda, diroccata in cima, e l’abside; delle mura laterali della cappella rimangono quasi soltanto le fondamenta. La suddetta torre rotonda non è una torre campanaria, ma un bastione costruito tutt’attorno all’abside della Cappella, la quale già preesisteva alla costruzione del castello; e che poi, al sorgere di questo, fatta più piccola, vi fu inclusa. Che la cappella preesistesse alla costruzione del borgo medioevale di Rupecanina, appare evidente dalle rovine delle opere murarie di due epoche diverse, che mostrano chiaramente l’inclusione della cappella (più antica) nelle fabbriche (posteriori) fatte all’epoca della fondazione del borgo. La cappella di Santa Lucia è di una importanza notevole, e meritamente dovrebbe essere catalogata fra i “Monumenti Nazionali”, poiché l’abside (superstite delle sue rovine) presenta degli affreschi di tipo bizantino, abbastanza ben conservati dove è rimasto l’intonaco, ed abbastanza ben fatti e pregevoli, che rappresentano Santa Lucia al centro e quattro Santi, due per lato, uno dei quali è indubbiamente San Giovanni Battista ed un altro Sant’Andrea.

Questi affreschi, che furono fatti sempre in tempo anteriore alla costruzione di Rupecanina, ricoprono alla loro volta, col loro intonaco, altri affreschi sottostanti, che si intravedono nelle zone ove il suddetto intonaco scrostato, e che sono ancora più antichi, ma più rozzi, ed attualmente, per il cattivo stato della parete, anche poco chiari. Gli affreschi sovrapposti, invece, meglio fatti e con colori migliori, sono suggestivi nel loro stile bizantino. I grandi occhi del volto dei santi, par che ci guardino dall’alto dell’abside; grandi occhi incantati e contemplativi, davanti ai quali è sfilata la serie dei secoli e degli eventi! La porta d’accesso al Castello s’indovina in corrispondenza dello spiazzo interno libero da costruzioni, ed a breve distanza dal bastione sovrapposto all’abside della cappella. Nei ruderi del Castello si rilevano due cisterne per acqua.

Il vasto spazio, compreso tra la cinta muraria esterna ed il Castello, era occupato completamente dalle case di tutta la popolazione, le quali, fittamente agglomerate, racchiudevano tutt’intorno le opere edilizie di tal Castello propriamente detto. Una via principale, irregolarmente circolare, girando tra le abitazioni, attraversava tutto il borgo, e da essa si irradiavano fra le case, numerose viuzze. Le abitazioni, alcune ad un piano, altre a due piani, di tipica costruzione medioevale, tutte in pietra e con copertura di tegoli, raccoglievano coi loro tetti le acque piovane per l’approvvigionamento idrico della popolazione, acque che venivano raccolte in cisterne. Sono visibili varie cisterne in tutta l’area del borgo: una nella zona settentrionale, un’altra nella zona occidentale, un’altra ancora a sud, ecc., ma è specialmente degna di essere menzionata una grande conserva d’acqua sita nella zona orientale, nella parte più settentrionale di essa. Tale vasta opera, costruita in cinque spaziosi ambienti aprentisi l’uno nell’altro a mezzo di grandi arcate, ha una capacità di 300.000 litri di acqua. È costituita da solide muraglie, abbastanza ben conservate, interrate nella parte più saliente del pendio, ma per metà sopra terra nella parte più decline.

Quest’opera di raccolta idrica viene denominata ab antiquo dalle popolazioni di Sant’Angelo e di Raviscanina col nome di “Cisternòle” e rappresentavano il pubblico rifornimento di acqua potabile.

Da notare infine nel corpo dell’abitato, verso est, e propriamente in vicinanza della porta d’accesso orientale (da cui si scendeva al cimitero), una chiesa, detta “S.ta Maria a Castello”, più lunga della cappella di S.ta Lucia, ma alquanto più stretta. Le mura della chiesa sono diroccate, e soltanto in pochi punti della parte più bassa di esse si rilevano tracce indecise di pitture.

Nel complesso il borgo presenta un addensamento maggiore di case di abitazione nelle parti orientale e meridionale, mentre il lato settentrionale, trovandosi di fronte ad una zona di terreno meno scosceso, doveva essere necessariamente costruito, come in effetti fu, per opporre adeguata difesa agli eventuali assalti di nemici. Una grande breccia esistente nella cinta muraria, verso tale lato, potrebbe essere appunto dovuta a qualcuno degli assalti subiti negli eventi di guerra.

Nel chiudere la descrizione dei ruderi di Rupecanina, possiamo asserire, come asseriva nello scorso secolo l’erudito dott. Giov. Giuseppe Iannace di Raviscanina nel suo “Discorso sul Castello” che Rupecanina fu il più grande dei Castelli siti nella valle del Volturno.