e l'adempimento perfetto della Vostra volontà

24 – e l’adempimento perfetto della vostra volontà.

         Non mea voluntas, sed tua fiat: riprendo il rosario operaio, ripetitivo, ma giovevole, la nostalgia di ore mistiche dentro il getsemani dell’essere a rifare la cena con il Signore e al cercare di piangere l’amore. Il mare ha colore cupo, ora che scrivo, i cavalloni sono piccoli, si rovesciano con stanchezza sulla sabbia, fanno una musica sottile, monotematica, iterata come quella di Philip Glass e i miei rosari, gli ombrelloni sono aperti ma vuoti, minaccia la pioggia ma non viene. Non ci sono gli ulivi, ma gli alberi della macchia mediterranea del monte oltre l’istmo attorno al convento anticamente alcantarino, nella cui chiesa ci sei tu, Signore, in carne ed ossa, che ascolti i miei lamenti lontani. Ma mi volgo a te, che sei lì pronto a spezzare con me il pane. E faccio la tua volontà. Cos’altro potrei fare? Questi altri pochi giorni che mi restano riempili del tuo amore.

         Faccio più accorata la preghiera di sant’Alfonso a questo punto: con lui già ho rinunziato alla mia volontà e l’ho donata a te. Ma non mi basta, lo ripeto che la mia volontà ricalchi in tutto la volontà del Padre è quanto chiedo, insistentemente, col cuore in mano. Come vuole Dio, sia fatta la volontà di Dio, lascia fare a Dio: lo dicevano i nostri antichi per i beni avuti ad ogni piè sospinto, ringraziando il Padre, mattina e sera, ad ogni suono di campana. La civiltà contadina è intrisa di adeguamenti alla volontà celeste, oltre tutto perché dal cielo vengono sole e pioggia a far fruttificare la terra.

La perfettibilità è caratteristica positiva delle tensioni dell’uomo a vincere la sua condizione, a migliorare il suo esistere, a raggiungere la vetta di ogni sua aspirazione. La perfezione è solo di Dio; ebbene, l’uomo a Dio si rivolge per chiedere che sia perfetto in lui l’adempimento della volontà divina. Nella struttura della preghiera Alfonso de’ Liguori, lo abbiamo detto, privilegia il numero tre, e pure le richieste di questa parte sono tre, ma sono tutte e tre concatenate tanto che è difficile stabilire quale di essa debba avere il primo posto, quale il secondo e quale il terzo. Tutte e tre attengono alla salvezza dell’uomo e riguardano, quindi, il raggiungimento della santità per arrivare a godere della visione del volto divino.

Il concetto di adempimento qui, più che di compimento, appagamento, è di osservanza, attuazione, esecuzione: e che sia il più completa possibile l’accettazione del volere divino, totale, piena, che abbia in sé il più alto livello qualitativo raggiungibile, immune da difetti, eccellente al massimo grado. Questa interpretazione attinente alla persona richiedente non esclude l’altra della realizzazione compiuta della volontà del Padre, la quale come scrive san Paolo a Timoteo è che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Per questa spiegazione va bene l’uso del «voglio», ma qui si accoppia al «ti chiedo» e tra le richieste c’è la perseveranza finale, che è d’interesse certamente personale.

La plausibilità delle due interpretazioni, comunque, ci giova: l’una non esclude l’altra; anzi è bene osservare che esse si integrano senza stacchi. Il dono dei comandamenti è dono di Dio stesso e della sua santa volontà, che è di elevare gli uomini alla partecipazione della vita divina. Noi siamo predestinati ad essere figli adottivi di Dio per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. Lo scrive san Paolo agli Efesini e conclude la frase affermando che questo è a lode e gloria della sua grazia. Si riprende bene a questo punto il discorso di sant’Ireneo di Lione: infatti, la gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la visione di Dio; se già la rivelazione di Dio attraverso la creazione procurò la vita a tutti gli esseri che vivono sulla terra, quanto più la manifestazione del Padre per mezzo del Verbo dà la vita a coloro che vedono Dio.

Nel Catechismo è scritto che la gloria di Dio è che si realizzino la manifestazione e la comunicazione della sua bontà. Nella misura in cui sono volontari la libertà rende l’uomo responsabili dei suoi atti. Il dominio della volontà sui propri atti è accresciuto dal progresso nella virtù, dalla conoscenza del bene e dall’ascesi. Nella preghiera che tu ci hai insegnato, Gesù, diciamo: sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Quanti commenti ad essa sono stati fatti, da quando tu la recitasti la prima volta, e tutti accorti quanto interessanti. Ricordo quello di Carnelutti, che impressionò in qualche punto la trama dei pensieri dei miei tempi più giovanili. Ce n’è uno che chiude il Catechismo della Chiesa Cattolica, esattamente la sua sezione seconda, La preghiera del Signore: «Padre nostro», della parte quarta, La preghiera cristiana. È ricco di sostanza teologica e di buon senso interpretativo, certamente una sinossi perfetta e completa degli insegnamenti della Chiesa. Consigliamo di farne oggetto di riflessione a quanti vogliano in merito saperne di più.

Papa Ratzinger nel suo Gesù di Nazaret, uscito per i suoi ottant’anni, fa della preghiera dominicale una trattazione compendiosa, ma ricca di spunti originali e di suggestivi approfondimenti. C’interessa qui, ovviamente, quanto espone sulla proposizione al nostro esame e del ragionamento il nocciolo è illuminante. Poiché il nostro essere proviene da Dio, possiamo, nonostante tutte le sozzure che ci ostacolano, metterci in cammino verso la volontà di Dio. Il concetto veterotestamentario di «giusto» significava proprio questo: vivere della parola di Dio e così della volontà di Dio ed entrare progressivamente in sintonia con questa volontà. Come essere una cosa sola con la volontà del Padre è la fonte della vita di Gesù, indirizzare tutte le tensioni del nostro esistere affinché in noi si attui la volontà del Padre è la via della nostra salvezza.

Dice Ratzinger che per Cristo l’unità di volontà col Padre è il nocciolo dell’essere in assoluto e che, in fondo, la sofferenza del Getsemani, che si ammanta di suggestioni umane, è rivelatrice dell’appassionata lotta interiore di Gesù e ci permette di guardare nella sua anima di uomo e nel suo diventare «una» con la volontà di Dio. Mio Signore avvolto nelle sacre specie ma vivo e vero, a te mi volgo perché mi aiuti nel cammino che ho intrapreso verso la volontà di Dio. Ringrazio il Padre per come è andata finora e gli sono grato di tutto ciò che mi ha dato, infiniti doni gratuiti, tanta grazia purtroppo in massima parte male spesa. Tutte le azioni del resto della mia vita, quel che mi rimane, voglio che siano secondo la sua volontà: faccio qui dichiarazione di accettazione completa del volere del Padre. Tu dicesti: mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato; ebbene, io, che mi cibo di te, assumo anche il tuo cibo per fare una con la volontà di Dio la mia anima. Son certo, Signore, che questa preghiera tu ascolti con gioia e mi verrai incontro affinché sia completo questo mio adempimento.

Ma, essendomi formato alla domanda della volontà divina della preghiera dominicale ed avendo riportato alcune considerazioni di Benedetto XVI, non posso esimermi dal riprendere quanto egli scrive in apertura del capitoletto, riflessioni di raffinata consapevolezza ascetica e di sostanzioso possesso del Verbo di Dio. Dalle parole di questa domanda si rendono immediatamente evidenti due cose: c’è una volontà di Dio con noi e per noi che deve diventare il criterio del nostro volere e del nostro essere. E ancora: la caratteristica del «cielo» è che lì immancabilmente viene fatta la volontà di Dio, o con altre parole: dove si fa la volontà di Dio è cielo. L’essenza del cielo è l’essere una cosa sola con la volontà di Dio, l’unione tra verità e volontà. La terra divenuta «cielo», se e in quanto in essa viene fatta la volontà di Dio, mentre è solo «terra», polo opposto al cielo, se e in quanto essa si sottrae alla volontà di Dio. Perciò noi chiediamo che le cose in terra vadano come in cielo, che la terra diventi cielo.

Io aderisco a te, Cristo Signore. Argomenta saggiamente Origene che, aderendo a Cristo, possiamo diventare un solo Spirito con lui e così compiere la sua volontà: in tal modo essa sarà fatta perfettamente in terra come in cielo. Dio ascolta chi fa la sua volontà: lo dice Giovanni, e della Chiesa è potente la preghiera soprattutto nell’eucaristia, che è comunione d’intercessione con Maria, madre di Dio, e con tutti i santi che sono stati graditi al Signore, come si dice nel Catechismo, per non aver voluto che la sua volontà. In te, Cristo, siamo stati fatti anche eredi, lo dice Paolo ancora agli Efesini, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà. Il mistero della volontà di Dio è ricapitolato in te, Gesù mio Signore e mio tutto, ogni cosa. In te, mediante la volontà umana la volontà del Padre è stata compiuta perfettamente e una volta per tutte. Tu hai detto: ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà. E per questa volontà che tu hai fatta in pieno che noi siamo stati santificati pe mezzo dell’offerta appunto del tuo corpo, come dice Paolo questa volta agli Ebrei. Per mezzo dell’offerta di te voglio essere santificato pur io. No, non penso così alto: mi basta l’ultimo posto, uno sgabello aggiunto, uno strapuntino, un sedile di fortuna, nemmeno un materasso di quelli dati in dotazione ai marinai per la branda scomoda da fare ogni sera a bordo; ma voglio pur io avere la salvezza.