Manzo_il seme della parola
Antonio Manzo
Il seme della Parola
(in Cl@rus – Periodico della comunità ecclesiale di Alife-Caiazzo, Anno I, n. 0 gennaio 2001)
Ho pensato di aprire il dialogo con i lettori di Clarus ricorrendo all'ausilio della parabola del seminatore (Mc 4,1-9), una parabola, che faceva parte integrante del periodo iniziale della predicazione di Gesù, sia per la ricchezza del suo significato, sia per l'appartenenza al cuore ed anche al metodo del linguaggio usato dal divino Maestro.
La parabola evoca un'immagine universalmente comprensibile, oggi forse un po' meno, perché non sappiamo più provare le emozioni corrispondenti al suo simbolismo. Tutta l'atmosfera di gioia propria del seminare: l'uomo che esce da sé, butta via qualcosa di sé, lo dona alla terra con speranza. È' un simbolismo che, una volta compreso, raggiunge l'anima di tutti, esprime qualcosa che è nell'intimo di ciascuno.
La prima sorpresa della parabola del seminatore, che è sostanzialmente pessimistica, si prova vedendo che il seme è destinato ai più svariati insuccessi. Proviamo, infatti, a riflettere sul gesto del seminatore, così carico di speranza nel rinunciare a qualcosa dell'oggi per darlo alla terra con la fiducia del domani: è un gesto in buona parte non utile, ma deve far riflettere sui problemi della semina cristiana, la quale, nella parabola, è la premessa, che condiziona poi tutto il discorso. E questo è importante, dà senso a quanto segue: si sta seminando la parola, il seminatore semina il logos, la parola divina. Perciò il seme è buono e lo si vede dalla finale: dove esso è ricevuto, produce molto frutto.
C'è poi la parabola del granello di senapa (Mc 4,30-32), cui Gesù paragona il regno di Dio, parabola che si sviluppa tutta su un contrasto. Da una parte abbiamo "il più piccolo di tutti i semi", dall'altra una pianta dai "rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono riposarsi alla sua ombra".
Modesti sono gli inizi del regno di Dio, inaugurato da un Bambino, che alla fine dei suoi giorni sarà crocifisso, e affidato alle cure di un "piccolo gregge", che s'ingrosserà; gloriosa sarà la meta e aperta a tutti la salvezza.
Le parabole più belle sono sulla bocca di Gesù ed erano ricordate dalle prime comunità cristiane, che le interpretavano e ne adattavano il messaggio alle loro situazioni. I discepoli furono i primi a capirne il senso, che, ieri come oggi, viene sempre capito da quanti 'ascoltano'.