Piedimonte_29

Cap. XXIX

PIEDIMONTE SACRA

(pp. 274-302)

CHIESA DI S. GIOVANNI BATTISTA – Questo antico tempio – situato nell’estremo limite del paese, ove si diceva « Capo la Terra », a picco di una rupe, e propriamente accosto alla mulattiera per Castello d’Alife – è ad una sola navata, poco ampia. Ha vôlte a crociera e tracce di archi gotici. È ritenuto come la chiesa di più antica costruzione, anzi la prima che sarebbe stata edificata in Piedimonte. Questa comune credenza è smentita da tre fatti: 1) dalla sua piccola mole incapace a contenere più di cinquanta devoti; 2) dal suo carattere costruttivo rimontabile al Sec. XIII, se non più tardi, come dimostra l’arco acuto del portale; 3) dalla preesistenza ad essa di un’altra chiesa dal titolo di S. Maria Maggiore, di cui ci occuperemo.

Fra le chiese esistenti è in effetti la più antica. Essa è di natura arcipretale, ed ivi venne sepolto uno dei suoi primi arcipreti, come risulta da una tomba posta nel breve spazio che segue il portale, sulla quale esiste tuttora il coperchio in pietra ove è scolpita a mezzo rilievo la figura di quel sacerdote contornata da un’iscrizione in gran parte corrosa, che lascia però comprendere, in alcune righe scritte a caratteri gotici, che il nome dell’arciprete in parola fosse quello di Benedetto Clarelli.

OPERE D’ARTE – Un tempo questa Chiesa conteneva non poche opere d’arte. Ora vi sono conservati cinque quadri su tavola, a fondo d’oro, di scuola umbra del Sec. XV. Di essi, un trittico posto sull’altare maggiore, rappresenta una Madonna in trono col Bambino sulle ginocchia. Negli sportelli vi sono dipinti Santi ed Angeli. Essendo stato restaurato nel 1907, ha perduto l’antico splendore. Gli altri quadri, quantunque mal conservati, servano ancora le figurazioni primitive.

CHIESA DI S. LUCIA A MONTE – È pure sita nel rione S. Giovanni. È una cappellina rimontante alla fine del Sec. XIV, restaurata in parte, nel secolo scorso, dal Canonico Luigi Merolla. Non ha d’interessane che il solo portale, in travertino, ad arco acuto. Nella lunetta dell’arco è riprodotto, su piastrelle a maiolica, un paesaggio con la figura di S. Lucia nel mezzo e con gli episodi relativi alla sua condanna ed alla sua decollazione.

CHIESA E CONVENTO DI S. TOMMASO D’AQUINO O S. DOMENICO – Quando sulla fine del Sec. XIV l’attuale Piazza Ercole d’Agnese era una boscaglia, e tale rimase fino al Sec. XVII, nella quale s’ergeva un’antica chiesa dedicata a S. Pietro, sorta a sua volta sulle rovine di un tempio romano, vi si eressero la chiesa ed il convento di S. Tommaso d’Aquino, meglio conosciuti col nome di « S. Domenico ». Che ivi esistesse il tempio romano lo attestano oltre a delle notizie tratte da antichi documenti, gli avanzi architettonici murati in basso al campanile, cioè delle metope con brucani e triglifi. La chiesa di S. Tommaso venne costruita, verso il 1380, a spese di Sveva Sanseverino, moglie di Giacomo Gaetani. La costruzione terminò nel 1414. Il portale principale ad occidente è formato da un arco acuto attraversato da un architrave poggiante su due rozze mensole. Il tutto è in travertino.

CHIESA DI S. DOMENICO O DI S. TOMMASO

Accosto alla chiesa sorgeva il convento ove erano istallati i PP. Domenicani. Era un grande edifizio quadrato con porticati a vôlte a crociera. Venne adibito per alloggio del Sotto Intendente (Sotto Prefetto) e per edifizio Scolastico. Questo convento divenne, sin dai suoi primi tempi, centro di studi, e vi fiorirono non pochi uomini d’ingegno, come Ottavio Chiarizia di Sepino (Sec. XVIII) Teologo del Vice Re di Palermo ed autore di non poche opere tra le quali « Giannone da’ Campo Elisi » ovvero: conferenze segrete fra Tanucci e Pietro Giannone intorno ad importanti oggetti riguardanti il benessere della nazione napoletana. Quest’opera, stampata nel 1791, servì per le due questioni tra il Re di Napoli e la Corte Romana per la nomina di prelati ai Vescovadi e ad altri Benefizi, e per la questione della Chinea. Vi fece i suoi primi studi anche E. d’Agnese.

In seguito alle leggi di soppressione, tanto il convento quanto la chiesa passarono in proprietà del Municipio. Nel 1877 quest’ultimo cedette in uso perpetuo la chiesa all’Arciconfraternita del Sagramento e del SS. Rosario, fermo restando la proprietà al Comune.

CORO INTAGLIATO – Questa chiesa possiede un artistico coro, con stalli, ricco di pregevoli intagli, lungo metri 17,50 ed alto metri 3,50. È un bel lavoro del Sec. XVI, dovuto, con molta probabilità, agli stessi Padri Domenicani.

CHIESA DI S. DOMENICO – La Nascita del Bambino

QUADRO: « LA NASCITA DELLA MADONNA » – È dipinto su tavola. Si conserva ottimamente. È opera di Fabrizio Santafede (Sec. XVI). L’episodio è bene studiato ed anche ben trattato. Ha pregi artistici non comuni per indovinata intonazione e naturalezza. Il quadro misura m 2 x 1,70.

QUADRO: « LA NASCITA DEL BAMBINO » – Tela di Nicola Maria Rossi (Sec. XVIII). È un lavoro suggestivo che il Rossi dipinse qui nel 1732. Indovinato nei giochi di luce, negli scorci e nella espressione dei personaggi, è di bello effetto. Ricorda il Natale del Reni. Il quadro misura m 2 x 1,70 ed è ben conservato.

AFFRESCHI DI GIUSEPPE CESARI – Nella piccola cappella del Rosario a destra della navata, vi sono, sulla vôlta, interessanti affreschi, dovuti al pennello di Giuseppe Cesari, conosciuto col nome di Cavalier d’Arpino. Non sono, invero, delle pitture maestose, ma piccole scene nelle quali il Cesari si rivela coi suoi tocchi caratteristici.

Questi dipinti, copiosi e minuti, sono alquanto malandati per l’azione dell’umido penetrato nella vôlta e per quella del fumo dei ceri. Vennero eseguiti dal Cesari e dal germano Bernardino verso i primi anni del Sec. XVII.

A proposito di questa cappella è bene ricordare un ordine di Marcello Lante, Protonotario Apostolico, in data 16 novembre 1771, diretto al Vescovo Francesco Ferdinando Sanseverino. Con esso si vietò al Vescovo di visitare la cappella o di farla visitare, né fare in essa innovazione alcuna, sotto pena di ducati 500 e sospensione dall’ufficio.

CAPPELLA DI S. BIAGIO – L’artistica cappella di S. Biagio, in via Ercole d’Agnese, già Crocevia, è un tempio edificato verso il primo quarto del Sec. XV. È di pertinenza della famiglia Cenci, alla quale pervenne, per dotazione nuziale, dalla famiglia Meola. Sembra sia appartenuta in origine ad una famiglia Iacobucci, estinta da oltre due secoli.

È ad una sola navata, divisa in due parti. Contiene tutto un piccolo tesoro di arte romana classica, cioè una tardiva riproduzione dell’arte di Pietro Cavallini, contemporaneo di Giotto. Un seguace della scuola del Cavallini affrescò le pareti e le vôlte a crociera con numerosi episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, come la Creazione dell’uomo; Adamo ed Eva nel Paradiso; la Fuga in Egitto; la Disputa coi Dottori, ecc. e con quelli relativi alla tortura e decollazione di San Biagio, ai suoi miracoli e ad una sua maestosa figura.

Tutti gli affreschi non sono in buono stato di conservazione. Alcuni episodi sono stati distrutti, altri ricoperti d’intonaco. Come si vede in S. Biagio si è operata una vandalica distruzione.

Il portale, alto e svelto, è ad arco acuto, in travertino, attraversato da un architrave.

La cappella è iscritta nell’Elenco degli edifizi monumentali della Nazione.

CHIESA E CONVENTO DI S. MARIA OCCORREVOLE – Narra una leggenda che in un giorno di sabato della quaresima del 1437, un pastore scoprì, entro folti cespugli del monte Muto, un’immagine della Vergine dipinta su alcune mura abbandonate. La scoperta, stando alle Cronache di quei tempi, sarebbe avvenuta quando il pastore, smarrita una pecora che faceva parte della mandra, la ritrovò innanzi alla figura della Vergine come in atto di adorazione. Alla notizia del miracolo tutti i devoti del contado salirono sul monte giudicando conveniente erigervi un tempio. Con la licenza del Vescovo del tempo e con contributo dell’Università, di Casa Gaetani e della Confraternita di S. Maria di Costantinopoli, si dette inizio alle fabbriche; e poiché la Vergine, con la positura delle braccia aperte, dava l’idea di venire in soccorso dei fedeli, venne chiamata « S. Maria Occorrevole », donde il nome del tempio.

Quest’ultimo è a tre navate, spazioso, privo di ornamenti architettonici. Nel Sec. XVII subì non poche trasformazioni, specie nel portale. Esso è di patronato comunale.

CAMPANILE E CONVENTO DI S. MARIA OCCORREVOLE

CONVENTO DI S. MARIA OCCORR. E CASAMENTO DELLA – BENEFICENZA -

AFFRESCHI DEL SEC. XIV – Il muro dipinto, di cui parlano le citate Cronache, era un’abside trecentesca. Di queste, costruite in luoghi isolati, se ne fece grande uso fino a tutto il Sec. XVI. L’abside di S. Maria Occorrevole – tenendo presente la successione feudale di Piedimonte – si appartenne alla famiglia della Leonessa.

Essa – semi circolare – non conteneva soltanto l’immagine della Vergine a braccia aperte, ma ben altre sedici figure, tra le quali quella, interessantissima, del Redentore in trono, tutte ben conservate. Le stesse giammai valutate, sono dei tardi riflessi di arte giottesca di notevolissimo interesse.

La figura centrale è una vergine orante, e ai suoi lati, poste in otto rettangoli, vi sono figurazioni di Sante e di Santi assai pregevoli. In alto, poi, vi è la cennata figura del Redentore in trono, racchiusa nell’Iride sostenuta da sei Angeli svolazzanti. La figura, due volte il naturale, è impressionante, ed ha un’espressione singolarmente suggestiva.

Tutti gli affreschi rappresentano un piccolo tesoro d’arte e sono iscritti nel Catalogo delle opere monumentali della Nazione.

ABSIDE DI S. MARIA OCCORR. – Affreschi del sec. XIV

CONFRATERNITE E CAPPELLANI – Appena costruita la Chiesa di S. Maria Occorrevole, vi si stabilì una Confraternita d’ambo i sessi. Per alloggio dei Cappellani si fabbricò un ampio casamento, ora denominato « Beneficenza » appartenente alla Congregazione di Carità, avente causa dalla Confraternita di S. Maria di Costantinopoli. La costruzione venne completata nel 1504. I Cappellani ne avevano preso possesso dopo la Bolla di Innocenzo VIII, in data 9 febbraio 1487, provocata dal Conte di Fondi e Signore di Piedimonte, Onorato Gaetani.

I PP. ALCANTARINI – Per beghe sorte, che qui non è il caso di riportare, i Cappellani sloggiarono dopo un secolo da S. Maria Occorrevole e furono sostituiti, nel 1611, dai Padri Alcantarini. L’anno seguente, pure per litigi, sloggiarono gli Alcantarini, e vi ritornarono i Cappellani. Senonché, per determinazione dell’Università e di Casa Gaetani, come risulta da un documento in data 21 luglio 1612 rogato dal Not. Carlo Ciccarelli di Piedimonte, furono richiamati in via definitiva i PP. Alcantarini. I Preti Cappellani, che avevano lasciato S. Maria Occorrevole, passarono nelle chiese di S. Sebastiano e di S. Rocco, grancie della prima.

SEQUESTRO DELLA CHIESA DI S. MARIA OCCORREVOLE – Con Real Carta del giorno 8 novembre 1788 la Chiesa di S. Maria Occorrevole e sue grancie, vennero sottoposte a sequestro, ritenendosi di regio patronato, e quindi poste alla dipendenza della reale giurisdizione. Ma a seguito di ricorso di Casa Gaetani il sequestro venne revocato, come risulta da un Dispaccio in data 3 gennaio 1789 della Segreteria delle Finanze.

LA SOLITUDINE – Sul monte Muto, oltre la chiesa e convento di S. Maria Occorrevole, esiste un tempio dedicato a S. Maria degli Angioli, conosciuto col nome di « Solitudine ».

Vi si accede dal piazzale di S. Maria Occorrevole per un lungo viale.

In fondo a questo viale s’erge un cancello, alla cui sinistra è collocata la seguente iscrizione:

D.O.M. D’ordine del B.mo P. Innoc. XI li 9 agosto 1679 niuna persona di qualsisia stato conditione ò sesso puol’entrare nel recinto di questa Solitudine di S. Maria de gl’Angioli senza l’espressa licenza del P. Guardiano di S. Maria Occorrevole, sotto pena di scomunica late sentent. Ipso facto, senz’altra dichiaratione incorrenda, e sotto l’istessa pena nò possa il Guardiano dispensare se nò sono di XII miglia distante.

In alto al cancello è collocata quest’altra:

O Beata Solitudo – O Sola Beatitudo. – Taciturni romiti, o passeggiero – vivon lieti in quest’eremo beato – Che non senza profetico mistero – Nei tempi andati il Muto fu appellato – Qui si conversa in ciel, qui in spirto vero – Da muti e morti al mondo è Dio lodato – Qui parla il Verbo al core, entri chi tace – Perché il solo silenzio è qui loquace.

Infatti appena varcato il cancello e posto piede nell’incantevole viale della Solitudine, il più profondo silenzio colpisce il visitatore. Questo viale, a precipizio della valle sottostante, è fiancheggiato da platani altissimi e da copiosi quercioli, attraverso i quali raramente penetra un raggio di sole. La frescura deliziosissima, che vi regna sovrana, dà subito una sensazione di benessere al corpo stanco, e l’aria che vi circola è tutta impregnata di effluvi aromatici. Miriadi di ciclamini occhieggiano come corrucciati contro il violatore del sacro silenzio.

Lungo questo viale vi sono quattordici tabernacoli rappresentanti le Stazioni del Calvario.

In fondo, a pié di una roccia maestosa, sorge il Santuario di S. Maria degli Angioli, ove è murata l’iscrizione: CONSACRATA FUIT BASILICA ISTA AB ILL.MO ET R.MO D. IOSEPH LAZARA EP.O ALIPHANO DIE II AUG. AN. MDCLXXVIII.

S. MARIA OCC. – Ingresso al viale della Solitudine

L’interno è ordinato con cura ed in modo decoroso e reverente. Si compone di due cappelle a pianterreno e di alcune celle al piano superiore. Nelle cappelle sono custodite non poche reliquie; autografi di S. Carlo Borromeo e di S. Giovan Giuseppe della Croce; la piccola statua in legno di S. Pietro d’Alcantara scolpita da Nicola Fumo, napoletano, nel 1716; il quadro su tavola, della Vergine della Purità, un bel dipinto del Sec. XVI di scuola napoletana, e le statue dei martiri S. Flaviano, S. Vincenzo e S. Pietro collocate in artistiche vetrine settecentesche.

A sinistra della prima cappella vi è il sepolcreto del Duca Giuseppe Antonio Gaetani, morto nel Sec. XVIII; a destra quello di Cecilia Acquaviva dei Duchi di Atri, moglie di Francesco Gaetani, morta a quarantacinque anni.

Di fuori, e propriamente sul muro a sinistra, vi è incrostato un grande quadro a piastrelle, colorate rappresentante la Fuga in Egitto. È un bel lavoro del Secolo XVIII, dovuto, con molta probabilità, alla fabbrica Battiloro di Piedimonte.

CECILIA ACQUAVIVA – A proposito di questa dama, vissuta nella metà del Sec. XVII, le cronache ecclesiastiche la dicono d’indole fiera e sanguinaria, e che abusò della sua potenza per compiere non pochi delitti, sì da meritare la scomunica papale. Pentita dai suoi falli, divenne penitente di Giovan Giuseppe della Croce, allora Guardiano del convento di S. Maria Occorrevole. Sotto la di lui guida Cecilia Acquaviva si emendò. Era divenuta esempio di umiltà e di bontà, e per espiare le sue colpe non fece che flagellarsi con orribili cilici. Durante la sua vita di penitente s’iniziò la fabbrica della « Solitudine ». Cecilia si caricava sul capo e sulle spalle i materiali da costruzione, servendo, così i mastri muratori. Saliva ogni mattina, da Piedimonte, sulla montagna, camminando scalza e indossando vesti dimesse. Si alimentava di qualche tozzo di pane datole dai Frati a titolo di elimosina. La storia del sacro luogo narra che nel transito che ella fece al Cielo l’8 novembre 1683, « stando Giovan Giuseppe della Croce rapito in spirito, vide delle schiere di Angioli trasportarne l’anima negli eterni riposi ».

S. MARIA OCC. – Viale della Solitudine

ALTRE CAPPELLE NEL BOSCO E LA VALLE DELL’INFERNO – Poco discosto dal tempio di S. Maria degli Angioli s’erge una piccola cappella ad esaedro dedicata a S. Giovan Giuseppe della Croce, perché da costui fatta costruire in ricordo di un avvenimento. Stando cioè egli seduto in quei pressi, precipitò e cadde ai suoi piedi, senza toccarlo, un gran masso che s’era distaccato dalla roccia sovrastante.

Proseguendo oltre la Solitudine, per un viale attraversante la boscaglia, s’incontra la cappella di S. Antonio. Dietro di essa vi è una microscopica terrazza denominata Loggia di Pilato da cui si ammira la Valle dell’Inferno profondissima, circondata da rocce di natura pliocenica. Essa divide il territorio di Piedimonte da quello di Castello d’Alife. In fondo vi è una grotta, le cui rocce, sia per effetto della rifrazione della luce sia per effetto dello stillicidio delle acque, hanno una tinta smeraldina. Inerpicandosi per il lato destro, e ascendendo sulle altre rocce che fiancheggiano dei precipizi, si ammira il resto della grande valle che termina a S. Gregorio d’Alife. Nel bosco vi sono altre cappelle.

S. MARIA DEGLI ANGIOLI – Prima Cappella

S. GIOVAN GIUSEPPE DELLA CROCE – Benché nato ad Ischia, questo Santo è considerato Piedimontese perché qui trascorse buona parte di sua esistenza, spiegando il massimo zelo religioso. Egli nacque il 15 agosto 1654, e il nome di battesimo fu Carlo Gaetano Calosirto. Fece la solenne professione di fede il 24 giugno 1670. Venne in qualità di chierico in Piedimonte, coll’incarico di fondare un convento, eretto nel 1678, accosto alla chiesa di S. Maria occorrevole, in una zona di terreno concessa dall’Università, come risulta da un istrumento in data 6 luglio di detto anno per Not. Gallo. L’istituzione del convento venne approvata con Bolla del 15 giugno 1679. San Giovan Giuseppe fu, poi, nominato Diacono, e celebrò la sua prima messa in S. Maria Occorrevole il 29 settembre 1679. Poco dopo fece costruire la Solitudine con l’annesso Conventino. Di seguito fu prescelto a Maestro dei Novizi poi a Guardiano. Nel 1690 fu nominato Diffinitore, indi Padre Provinciale. Morì in Napoli nel 1734, nel convento di S. Lucia a Monte.

I superiori dell’Ordine intrapresero subito le pratiche per la di lui canonizzazione. Furono formati i relativi processi e presentati alla Congregazione dei Riti, questa, dopo lunghi anni, e dopo esperite le formalità e procedure prescritte, lo beatificò il 20 gennaio 1789.

S. MARIA DEGLI ANGIOLI – Seconda Cappella

CAMPANILE DI S. MARIA OCCORREVOLE – Assai prima di giungere al Santuario di S. Maria Occorrevole, s’incontra, a picco del Muto, il grandioso campanile, che sovrasta l’abitato di Piedimonte. Fu costruito in quel punto perché il suono della campana si potesse udire anche in lontani paesi. Venne eretto nell’anno 1700 a spese dell’Università e di Francesco e Giuseppe Gaetani. Ha una campana di circa venti quintali, fatta da Pietro Colbachini di Bassano Veneto nel 1892, dopo rottasi quella del 1753 di Ercole Mariello di Ancona, e perché non riuscita perfetta l’altra, del 1882, di Domenico e Vincenzo Muscetta di Napoli.

La campana porta in giro le seguenti iscrizioni:

a) Sanctus Deus, sanctus fortis, sanctus immortalis miserere nobis. Querenti occurrit, pascenti accurret et ipsa succurrit misero numinis alma parens.

b) Priorem in hac turri campanam ære et cura sodalium laicorum virginis S.M. Occurribilis Hercules Mariello Anconitanus fudit A.D. 1753 secundam antem Comitatus ab Universitate costitutus.

c) Præside Syndico Hercule D’Agnese ære publico fundendam curavit A.D. 1879 A Dominico et Vincentis Muscetta a Neapoli qui ob vitium artis illam iterum fuderun 1882.

d) Postrema hac aære et cura Universitatis Præside eodem Syndico Hercule D’Agnese fusa est Bassani et Venetis artifice Petro Colbachini et in hanc regionem lata et posita A.D. 1892.

Porta ancora in giro le figurazioni di Gesù Crocifisso, Gesù Sacramentato, S. Paolo, S. Giovanni Battista, la Vergine, S. Maria Occorrevole, l’Impresa civica di Piedimonte, e, istoriata, la vita della Vergine con alcuni episodi del Vecchio Testamento.

Dai finestroni del campanile si ammira uno stupendo panorama, tutta cioè una serie di monti e di valli lontane, villaggi e città, il Volturno e il Vesuvio coi suoi pennacchi di fumo.

MONUMENTO AL REDENTORE – A pié del campanile si eleva il monumento al Redentore, consistente in una grande croce in ferro, appostavi nel 1900 a spese del pubblico e del Municipio, in occasione del Giubileo celebrato in tutto il mondo cattolico.

CHIESA DI S. ANTONIO ABATE – Da notizie di fonte ecclesiastica, risulterebbe che questa chiesa – posta nelle vicinanze dell’antica Polveriera e propriamente di fronte alla Stazione ferroviaria – fosse stata fondata sulla fine del Sec. XIII. Dal carattere costruttivo risulta, invece, che la fondazione avvenne sul Sec. XV.

Su questa chiesa esisteva un Beneficio detto di S. Stefano, annesso, poi, dal Vescovo Innocenzo Sanseverino al nostro Seminario con Decreto di Santa Visita in data 21 aprile 1756. Il passaggio al Municipio dovette verificarsi con l’applicazione della legge del 1866, allorché furono incamerati i beni del Seminario.

Sino ad un ventennio fa, quando era ancora officiata – perché in seguito la chiesa venne chiusa al pubblico – una cerimonia si svolgeva il 17 gennaio di ogni anno. Essa consisteva nella benedizione di animali equini e vaccini – che i proprietari ivi portavano – fatta dal Cappellano incaricato.

CHIESA DELLA PIETÀ – Venne costruita nel 1522, come risulta dalla data incisa sull’architrave di uno dei due portali in travertino, rozzi e pesanti. Il tempio, piccolissimo, non ha niente d’interessante. Nell’epoca di sua fondazione aveva però le pareti affrescate, le cui pitture furono distrutte. Scrostata di recente una parte d’intonaco è venuta fuori una bella testa di Santo contornata da aureola graffita. Questa pittura presenta dei tardi riflessi di arte quattrocentesca.

CHIESA DI S. ROCCO E CAPPELLA DELL’ADDOLORATA – Nel 1528 s’iniziò la costruzione della Chiesa di S. Rocco, verso l’antica via Petrara. Venne fondata a spese della Confraternita di S. Maria Occorrevole che si addossò il peso di una messa la settimana per « l’anima di Maria Trutta, vedova di Onorato Contenta » cui apparteneva il terreno ove fu eretta, come risulta da un atto dell’epoca rogato dal Not. Angelo de Rinaldis di Roccaromana. Con altro atto per Not. Michele Perrotta di Piedimonte, in data 21 novembre 1611, la Chiesa venne concessa alla Confraternita della Morte mercé il tributo di una libbra di cera da portarsi processionalmente, nel martedì di Pentecoste, alla Chiesa di S. Maria Occorrevole.

Attigua alla Chiesa vi è la Cappella dell’Addolorata, ove si custodisce una discreta scultura in legno rappresentante il corpo del “Cristo morto”, che nel venerdì santo, viene portato in giro per il paese.

PATRONATO DI S. ROCCO – A proposito di questo Santo riesce opportuno conoscere la seguente deliberazione del 13 luglio 1743 trascritta nel “Libro delle Conclusioni” dell’Università. Essa dice: « Si propone per li mag. Giovanangelo Pagani, e N.r Dom.co Paterno Giudici, e Sindaci dell’Uni. della Città di Piedimonte agl’infrascritti mag.ci del Regim.to di essa, che stante i timori ne’ quali si vive in questo Regno per lo morbo contagioso, che presentem.te fa stragge nella Città di Messina, per brevissimo tratto di mare discosta dalle coste di questo Regno, hanno pensato, e risoluto di eliggere anche, e ricevere in Protettore di questa Città il Glorioso S. Rocco, al di cui onore si ritrova eretto, dentro il Corpo di questa Città, un Tempio che viene mantenuto, ed assistito continuam.te da otto Cappellani Sacerdoti, ed anche a riguardo, delle Grazie del med.mo S. ricevute da questo pubblico nell’anno 1676, e nell’anno 1636, che furono anche i contagi in questo Regno; Su della quale risoluzione essersi già ottenuto il consenso dell’ordinario, come del Clero; proponerlo perciò ad essi mag.ci del Regim.to, acciò considerato la qualità della proposta si compiacciano concludere affirmativam.te su di essa, acciò se ne possa ottenere approvazione, e confirma dalla Sagra Congregazione de’ Riti a tenore del decreto della med.ma sotto il dì 23 Marzo 1630. E pigliatisi i voti per bussola segreta giusta l’ordinato in d. decreto della Sagra Congregazione de’ Riti di d. anno 1630; si è concluso per voti diciassette del sì inclusivi ed uno del nò esclusivo ».

CHIESA DI S. SEBASTIANO – Venne costruita sulla fine del Sec. XVI, e fu grancia di S. Maria Occorrevole, come abbiamo già scritto. Ha una discreta architettura interna, ma manca di qualsiasi opera d’arte. Raccoglieva un tempo numerose reliquie di Santi.

CHIESA DI S. MARIA DI COSTANTINOPOLI – È la Chiesa della frazione Scorpeto. Fu edificata nel Sec. XV. Nel 1626 vi fu creata una confraternita aggregata alla Cappella dei SS. Lorenzo e Damaso di Roma. La confraternita ampliò in seguito la Chiesa, ed in ricordo dell’avvenimento vi murò la seguente iscrizione: CONSTANTINOPOLIS VIRGO HAC VENERATUR IN EDE HANC ILLI EREXI NOMINE DICTA SUO CONFRATERNITAS.

Alcuni altari di questo tempio hanno dei marmi assai pregevoli. Nulla possiede nei rapporti dell’arte.

Il 2 luglio vi si celebra la festività della Visitazione, e in tale circostanza si concedeva, un tempo, un maritaggio di 15 ducati.

Questa chiesa vantava, nel 1787, un credito verso il Principe Girolamo de Luna d’Aragona e sua moglie Vincenza Invitti, ammontante a Duc. 3200, come risulta da un atto per Not. Lorenza Troccoli di Napoli, in data 20 dicembre 1787, debito non ancora estinto nel 1821. In tale anno venne regolarizzato con novello istrumento, e il credito, tra capitale ed interessi, ascese a Duc. 5526 pari a L. 23.485,50.

La chiesa è amministrata dalla Congregazione di Carità.

CHIESA E CONVENTO DI S. FRANCESCO – La Chiesa di S. Francesco, in località Petrara (con annesso convento dei Cappuccini, ora trasformato, ora trasformato in Scuola Agraria) fu costruita sul finire del Sec. XVI. Ha una buona architettura interna, e contiene, tra gli altri, un bel dipinto rappresentante S. Francesco, la Vergine ed il Bambino, racchiuso in una pregevole cona intagliata retrostante l’altare maggiore. Sino a pochi anni or sono aveva davanti un pronao, che venne abbattuto per la sistemazione della facciata della Scuola Agraria. La Chiesa, nel 1919, è stata ceduta in uso al Vescovo di Alife da parte del Municipio.

La contessa Gaetani, Cassandra de Capua, nel suo testamento dell’anno 1609, lasciò a questa chiesa Duc. 200 per le spese occorrenti alla costruzione di un acquedotto, e dispose di voler essere in essa sepolta all’epoca della sua morte.

La stessa chiesa possedeva una ricca biblioteca, ora non più esistente.

In seguito al Real Decreto 229 giugno 1813 una parte del convento venne concessa al Municipio e fu adibita a sede della Gendarmeria Reale, e con la legge 1866 l’intero edifizio, con la chiesa e l’orto, fu dato definitivamente al nostro Comune. L’effettiva consegna avvenne però il 2 ottobre 1867 da parte dell’Amministrazione del Fondo per il Culto.

CHIESA E MONASTERO DI S. SALVATORE – Da un processo istruttorio di reintegra alla Corona di molti monasteri, iniziato nel 1801 dalla Curia Vescovile, risulta che vi era in Piedimonte, ov’è oggi la stazione ferroviaria, la chiesa ed il monastero di S. Salvatore (fondati l’anno 770), dipendenti dalla Badia di S. Vincenzo al Volturno, cui vennero riconfermati da Sergio IV il 16 febbraio 1012. Il grandioso edifizio andò, nei secoli posteriori, deperendo al segno che nell’anno 1750 rovinò del tutto. Dalle sue mura venne fuori un frammento del Calendario Alifano che si conserva nel Museo Nazionale di Napoli.

Un secolo innanzi, quando l’edifizio non era più abitabile, le Suore Benedettine si trasferirono entro l’abitato di Piedimonte, e propriamente nel monastero omonimo fatto costruire, con la chiesa, da Suor Caterina Paterno, come risulta dall’istrumento per Not. Giacomo De Angelis in data 14 novembre 1654. La chiesa venne eretta su disegno e direzione del famoso architetto Cosimo Fanzaga bergamasco, che esplicava la sua attività in Napoli.

Mentre il monastero rappresenta un’accozzaglia di sale e di stanze, senza ordine e senza criterio d’arte, la chiesa ha invece una bella architettura barocca, specialmente nel suo interno adorno di magnifici stucchi, e di alabastro di Fontegreca e marmo rosso di S. Felice, presso Pietravairano. Esecutori furono: Giacomo Ferretti e Nunzio Melone di Alfidena, e Giovan Battista Scala di Napoli. Un tempo monastero e chiesa possedevano non poche opere artistiche, come abbiamo letto in diversi inventari, ma esse andarono... smarrite. Il vasto edificio, in Via Ercole d’Agnese, appartiene al Municipio, e la chiesa è stata ceduta al Vescovo di Alife nel 1919.

STATUA DI S. MARIA DELLA NEVE – Nella Chiesa in parola si venera un’antica statua raffigurante S. Maria della Neve. Narra una cronaca che « quando il monastero era governato, unitamente a quello di S. Vittorino di Benevento, da una medesima Abadessa, e la statua da Piedimonte fu trasferita colà, la mattina seguente si trovò nuovamente in Piedimonte senza che alcuno ve l’avesse trasportata ».

CHIESA DELL’ANNUNCIATA O DI A.G.P. – Questa chiesa, nella piazza omonima del rione Vallata, venne edificata sopra un’altra dello stesso nome rimontante al Sec. IX. La fabbrica s’iniziò verso la metà del Sec. XVII, ed ebbe compimento nel 1690, quando fu consegnata al Capitolo di A.G.P. dal Vescovo del tempo Pietro Paolo de Medici. È tutta di stile barocco a cominciare dal portale – formato da colonne con capitelli corinti, e da un arco spezzato – fino all’interno, ampio, a tre navate, ricco di copiosi stucchi che riproducono ornamentazioni, fiori, frutta e putti, giranti sui frontoni sovrastanti le arcate.

CHIESA DI A.G.P. - Facciata

CHIESA DI A.G.P. - Portale

CHIESA DI A.G.P. – Navata centrale

STATUA DELL’IMMACOLATA – PATRONATO – In questa chiesa si venera una bella statua raffigurante l’Immacolata Concezione. Porta sul capo una corona dorata con aureola formata da un cerchio adorno di dodici stelle d’oro, offerta dai fedeli nel 1894, epoca in cui si ebbero, per l’occasione, speciali e solenni festeggiamenti, con l’intervento del concerto musicale di Roma. La statua venne scolpita nel 1759 da Gennaro d’Amore, napoletano. La fede e la divozione del popolo verso la sua « Bianca Regina » è viva ed intensa.

Nella seduta del 1° gennaio 1764 i « magnifici del Reggimento » (Parlamento) proclamarono l’Immacolata Concezione protettrice di Piedimonte e Casali in unione di S. Marcellino, come risulta dalla seguente deliberazione:

« Si propone, come essendosi nel Quartiere della Vallata, da particolari divoti dell’Immacolata Concezione fatta una nuova statua di essa per vieppiù crescere la divozione verso detta Immacolata Concezione, sarebbe espediente dichiararsi Protettrice di d.a Città e suoi casali. Si è concluso unica voce dichiararsi dett’Immacolata Concezione per Protettrice di d.a Città e suoi Casali, acciocché si creschi verso la med.a maggiore devozione, con pigliarsi tutti gli espedienti per la confirma della presente conclusione, ed anco darne supp.a à Sua Maestà, Dio guardi ».

STATUA DELL’IMMACOLATA

CHIESA DI A.G.P. – Altare dell’Immacolata

CHIESA DI A.G.P. – L’Immacolata in trono

STALLI DEL CORO – Dietro l’altare maggiore vi sono gli stalli del coro. Questo è un discreto lavoro settecentesco. Ha i braccioli che imitano la scultura in legno del Sec. XVI. Ne fu autore Aniello Giordano, napoletano, nel 1748.

QUADRO: LE NOZZE DI CANA – In fondo alla navata centrale, sopra gli stalli del coro, risalta la grandiosa tela rappresentante le « Nozze di Cana », ritenuta finora copia di un dipinto di Scuola Veneziana. Il quadro, invece, è di Nicola Maria Rossi, napoletano, che lo dipinse in Piedimonte nel 1732, come risulta dalla firma e data poste a pié di esso.

Riproduce il primo miracolo di Gesù, quando cioè tramutò l’acqua in vino. La scena, grandiosa, contiene oltre sessanta personaggi. Ha luminosità e spettacolosità notevoli. Gli scorci e la prospettiva sono indovinati e coretto n’è il disegno. Il quadro, di grande pregio artistico, è alquanto sbiadito nelle tinte per effetto della luce che penetra dai finestroni posti ai suoi lati.

QUADRO DELL’ANNUNCIAZIONE – È tra i più interessanti della chiesa. È dipinto su tavola racchiusa in una cona barocca dorata, posta in fondo alla navata destra. Il quadro non porta nessuna firma o data, ma n’è autore Giovan Filippo Criscuolo di Gaeta (Secolo XV) che fu allievo del Sabatini e di Pierin del Vaga. La tavola è, forse, il migliore dipinto del Criscuolo perché allo studio del disegno è unita nobiltà di concetto e indovinata espressione. Si scosta di molto dalla maniera dei seguaci di Raffaello, ai quali il Criscuolo attinse. Il quadro ha dell’originalità ma va deperendo per l’azione dell’umido attraversane la parete retrostante.

QUADRO: LA NASCITA DEL BAMBINO – È una grandiosa e pregevole tela di scuola napoletana (sembra sia opera del Curia), posta in una cona dorata nella navata sinistra. Ha una scena suggestiva, corretta nel disegno e nella disposizione dei personaggi, con forti contrasti di luci e di ombre.

Il quadro, non per cattiva manutenzione, ma per effetto stesso degli acidi contenuti nei colori, va annerendosi, e quindi perdendo l’antico splendore.

CHIESA E MONASTERO DI S. BENEDETTO – La chiesa ed il monastero di S. Benedetto, nel rione Vallata, rimontano al 1646. Ne fu fondatrice Porzia Carafa, Duchessa di Laurenzana. All’epoca di sua morte, venne sepolta nella stessa chiesa. Sul mausoleo fu scritta la seguente epigrafe: HIC PORZIAE CARAFA EX ANDRIAE DVCIBUS IACET CORPVS QVAE OBIIT DIE X. AN. A. D. MDCLII AET. XLIII.

Il mausoleo fu visibile fino al 1831, quando, demolita in gran parte la chiesa – trasformata in « Parlatorio » – venne distrutto. L’attuale chiesa si cominciò a costruire nel 1745 e venne aperta al culto nel 1831, e in tal epoca consegnata al Vescovo del tempo.

CHIESA E CONVENTO DEI PP. CELESTINI – Venne costruita nel Sec. XVII. In origine fu denominata Chiesa della « Dottrina Cristiana ».

Le scritture del tempo riferiscono che i PP. Celestini di Alife, ove avevano un proprio convento lontano dalla città, si rivolsero alla S. Sede per essere trasferiti in Piedimonte, perché stando in aperta campagna, spesso « venivano visitati da malviventi, i quali continuamente si presentavano al Convento nell’ora del pranzo e divoravano quanto trovavano apparecchiato, lasciando digiuni li Religiosi ». Avutana licenza, vennero in Piedimonte, e, mentre ottennero la chiesa dal Capitolo di A.G.P. costruirono il convento, innalzato, poi, a dignità di Abazia.

Soppresso il convento nel 1807, i canonici di A.G.P. rivendicarono la chiesa, nella quale – dopo la soppressione dell’altro convento del Carmine nel 1809 – fu trasferita la Confraternita di quest’ultimo e vi furono trasportate le statue della Vergine del Carmelo, di S. Anna e di S. Angelo Martire, unitamente a quadri e campane.

Il fabbricato dell’ex Convento venne ceduto al Comune con Decreto 29 giugno 1813, e questa cessione fu riconfermata con Decreto in data 6 Novembre 1816.

CHIESA DI S. FILIPPO NERI – È nel rione Vallata ove fu edificata nel Sec. XVII, e propriamente tra gli anni 1659-1662, ai tempi del Vescovo Dossena. Ne furono fondatori: Pietro Cavicchia, Andrea Paterno, Lecio Zucchi e Girolamo Maioccolo. È chiesa ricettizia non numerata. Ha una discreta architettura e non contiene opere d’arte.

PATRONATO DI S. FILIPPO – Nella seduta del Pubblico Parlamento del 17 gennaio 1762 venne proposto ed approvato che si fosse dichiarato « il glorioso S. Filippo, Protettore meno principale » della nostra città e casali, e « che le rendite fossero state franche ed esenti di peso di catasto, così p. il passato come per l’avvenire, e che in segno di soggezione l’Uni. ogn’anno gl’avesse dovuto contribuire la somma di doc. cinque ».

CHIESA E CONVENTO DELLA CONCEZIONE – Sul finire del Sec. XV fu edificata, alle falde del Cila, una cappellina a spese dell’Arciprete Crisostomo de Parrillis. Su questa cappellina la Principessa Aurora Sanseverino, moglie di Niccolò Gaetani, edificò, nel 1710, la chiesa ed il Convento sotto il titolo della SS. Concezione o della Pietrasanta, meglio conosciuti col nome di « Madonna delle Grazie ». L’uno e l’altro furono ceduti ai PP. dell’Ordine di S. Francesco di Paola col consenso del Capitolo di S. Maria Maggiore, e con un contributo di Duc. 400 da parte dell’Università, sempre che i Religiosi avessero tenute pubbliche scuole. Avendo però quei Padri ricusata la concessione, la chiesa ed il convento furono dati a P. Federico Cozzani dei Chierici Regolari Minori, con istrumento 14 maggio 1711.

Il grandioso edificio rientrò, poi, nei beni di Casa Gaetani per effetto di una clausola contenuta nel citato istrumento, nel senso che, in caso di soppressione – cosa che si verificò nel 1777 con Real Diploma – il convento dovesse ritornare ai concedenti. Con Decreto della Vicaria in data 17 giugno 1782, si ordinò che i beni del soppresso convento e chiesa fossero amministrati dal Duca di Laurenzana mediante obbligo di mantenere la chiesa stessa e d’istituire numerosi maritaggi di Duc. 20 ognuno per le fanciulle povere di Piedimonte.

Da molti anni il convento è stato trasformato in casa di abitazione.

CHIESA DI S. MICHELE – Questa chiesa è sita nella frazione Sepicciano, in luogo denominato Starza. Fu edificata a cura e spese della famiglia Onoratelli nel 1740. Venne aperta al pubblico il 15 aprile 1742, ai tempi del Vescovo Egidio Antonio Isabella.

È ad una sola navata, ricca nell’interno di pregevoli stucchi e adorna di qualche discreto quadro di Scuola Napoletana. Il maggior pregio di questo tempio è nel prospetto ancor privo d’intonaco, che ricorda il Settecento romano. La chiesa, perciò, trovasi iscritta fra gli edifizi monumentali della Nazione. Essa è di patronato municipale avendola acquistata il Comune nel 1903.

CHIESA DI S. LUCIA AL CARMINE – È sita alla via Gaetani, nei pressi del Ponte del Carmine.

In origine (Sec. XIV) consisteva in una cappellina ove officiavano i Canonici di S. Maria Maggiore, i quali, fin dal 1413, vi celebravano anche la festa della Trinità. Nel 1763 fu annessa al Seminario Alifano dal Vescovo Filippo Sanseverino. Un ventennio fa il Sig. Giuseppe Scorciarini lascio, un discreto legato alla chiesa pel suo ampliamento. La chiesa venne consacrata nel 1907 dal Vescovo Caracciolo. Oggi è un tempio di non poca importanza per il fatto di essere l’unico esistente lungo la principale strada centrale. Non contiene opere d’arte.

CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE – Nel 1725 s’iniziò la costruzione di questo tempio a spese dei cittadini e dell’Università. Il Vescovo Mons. Angelo Porfirio benedisse la prima pietra con una funzione solenne cui intervennero le autorità municipali, politiche e militari, i personaggi della Casa Gaetani e tutto il popolo di Piedimonte. « Si travagliò da principio – dice una cronaca manoscritta – con molto calore, mercé l’opera gratuita della popolazione e li soccorsi dei Luoghi Pii e dei benestanti; ma a poco a poco raffreddatosi lo zelo, restò l’opera imperfetta per molti anni, fino a che vedendosi pericolanti la vecchia Chiesa di S. Maria, si viddero obbligati li Canonici andare ad ufficiare nella chiesa di S. Salvatore. Allora fu, riacceso lo zelo, fu ripigliata la Fabbrica, furono ridotti a perfezione il Presbiterio e la Crociera, quale separata dal resto della Chiesa con barricate di tavole e panni, nel mentre si procedeva a perfezionare le tre navate, cominciò addirsi al Culto quella parte, che era già terminata ».

Il 7 agosto 1773, giorno di sabato, dopo quarantotto anni e quattro mesi dalla posa della prima pietra, il Vescovo Mons. Francesco Ferdinando Sanseverino, si portò in abito pontificale dal palazzo Gaetani alla porta della nuova chiesa dove asperse l’acqua lustrale. « Ciò fatto – segue la cronaca – il Capitolo e il Clero andarono alla Chiesa di S. Giovanni e di là trasferirono il Venerabile. In seguito si cantò la messa del Vescovo, e dopo di essa il Sindaco e Giudice di quell’anno, Vincenzo d’Amore, consegnò le Chiavi della Chiesa all’Arciprete e Capitolo con atto pubblico, rogato dal Not. Pasquale Paterno, portante la data del medesimo giorno ».

CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE – Prospetto

ALTARE DI S. MARCELLINO

Da quest’atto risulta che la Chiesa è di patronato municipale e di « diretto dominio dell’Università... per essere stata costrutta ed edificata, abbellita e ridotta nella forma nella quale si vede, a spese di tutto il Popolo di detta città di Piedimonte, colle loro pie contribuzioni, come altresì con quelle delle Venerabili Laicali Cappelle del Glorioso Martire S. Marcellino Protettore e del SS. Sacramento eretta dentro la suddetta nuova Chiesa, e di altre Venerabili Chiese e Cappelle di detta Città di Piedimonte, dell’Ill.mo e R.mo Monsignor D. Filippo Sanseverino, odierno Vescovo di Alife medesimo, e dei molto R.di Signori Arciprete e Canonici di detta Insigne Collegiata Chiesa di S. Maria Maggiore ».

Il tempio è a croce latina, a tre navate, ampio, in stile semplice e corretto, adorno di altari e balaustre in marmo. Non contiene opere d’arte.

Il suo campanile venne ultimato nel 1786, e si costruì su disegno dell’Ing. Domenico Brunelli di Caserta. Costò ducati 1776 pagati dall’Università. Nel 1857 furono raccolte delle offerte volontarie ammontanti a Duc. 1604 coi quali si pagò la spesa per il restauro della facciata, su progetto dell’Ing. Garzia, e ciò per voto espresso ad occasione dello scampato assassinio del Re verificatosi l’8 dicembre 1856.

Stando all’autorità del Trutta, e sulla scorta di alcune notizie indirette tratte dagli archivi parrocchiali, la prima chiesa di Piedimonte sarebbe stata, come altrove si è detto, l’antica S. Maria Maggiore sorta nel Sec. VI o verso i primi anni di quello successivo, presso l’attuale piazzale denominato « Largo S. Maria Vecchia », e propriamente là dove esistono ancora i ruderi del teatro Gaetani.

Tale chiesa conteneva non poche opere d’arte, in particolar modo quadri di pregio, trasferiti nella chiesa omonima. Il De Dominicis, che era stato in Piedimonte a dipingere in Casa Gaetani, dice di aver visto nella chiesa tre tavole di Pietro Negrone (Sec. XVI), due situate lateralmente l’altare maggiore e la terza in una cappella, rappresentanti le prime un S. Girolamo e un S. Luca in atto di scrivere, l’altra la Vergine ed il Bambino in gloria d’Angioli con alcune figure di Santi. Di tali opere oggi non si hanno più tracce.

STATUA DI S. MARCELLINO – PATRONATO – Tanto nell’antica quanto nell’attuale Chiesa di S. Maria Maggiore si venerava, come si venera, la statua di S. Marcellino, Patrono di Piedimonte e Casali. Questo patronato si ebbe con atto del Pubblico Parlamento in data 16 agosto 1645. Con decreto della Sacra Congregazione del 6 maggio 1646 fu ordinato che il 2 giugno, festa del Santo, si osservasse come giorno di precetto.

STATUA DI S. MARCELLINO

S. Marcellino fu, com’è noto, un sacerdote dei tempi di Diocleziano. Morì decollato con S. Pietro l’Esorcista. I loro corpi, gittati in una caverna, furono, dai fedeli, rimossi e deposti in degna sepoltura. L’Imperatore Costantino edificò in loro onore una chiesa in Roma, che fu, poi, annessa alla Basilica Laterana. Nell’anno 826 le reliquie dei due Santi furono trasportate in Germania.

Una parte del cranio di s. Marcellino l’ottenne il Vescovo di Alife, Pietro Paolo de Medici, e portata in Piedimonte. Lo stesso Vescovo collocò la reliquia nella testa d’argento, vuota, della statua del Santo. Questa fu consegnata, poi, alla Collegiata di S. Maria Maggiore, come risulta da un atto per Not. Giovan Battista del Vecchio di Piedimonte.

Nell’anno 1700 la statua venne rifatta con maggiore ricchezza, onde, ridotta a verghe, si trovò che era di libbre 51. Per la statua che al presente si venera, s’impiegò, di solo argento e rame, la somma di Duca. 932,17, cioè ducati 915,87 per libbre 70 d’argento, e ducati 16,30 per libbre 55 di rame.

DUE RIONI NON VOGLIONO RICONOSCERE IL PATRONATO DI S. MARCELLINO – Per un periodo di circa quarantasei anni i cittadini dei rioni Vallata e Castello non vollero riconoscere il patronato di S. Marcellino, avendo, invece, riconosciuto sempre quello di S. Sisto I Patrono di Alife. La controversia, sottoposta alla Sacra Congregazione, riuscì sfavorevole ai due rioni, poiché con Decreto 15 Dicembre 1691 venne ordinato che S. Marcellino dovevasi riconoscere per Patrono tanto di Piedimonte quanto dei Casali di Vallata, Castello, S. Gregorio, S. Potito, Sepicciano e Scorpeto.

PRODIGI DI S. MARCELLINO – A questo Santo vengono attribuiti non pochi prodigi. Fra i tanti vi è quello di aver fatto ricomparire le acque alla sorgente del Torano nell’anno 1676, deviate, attraverso i visceri del massiccio del Muto, in seguito ad una scossa di terremoto.

ORATORIO DI S. TOMMASO D’AQUINO – Degno di essere ricordato è l’oratorio della chiesa di S. Tommaso d’Aquino o S. Domenico, costruito nel 1599 da alcuni gentiluomini, sotto il titolo del SS. Sacramento. Vi s’istituì la Congregazione dei Nobili (aggregata all’Arciconfraternita della Minerva di Roma) che nel 27 giugno 1776 fu munita di R. Assenso, e ad 11 ottobre 1829 innalzata ad Arciconfraternita. Nel 1843 cominciò ad usare l’abito scarlatto in forza di un Real Rescritto in data 12 luglio 1841.

ORATORI DIVERSI – Altri antichi oratori di Piedimonte sono: Cappella Ferrazza (non officiata) in contrada S. Nicola; Cappella S. Giuseppe, di proprietà Ciminelli, ora Sebastianelli, in contrada Petrara; Cappella di S. Antonio, di proprietà Ragucci, in via d’Agnese, Cappella di S. Alfonso, di proprietà Guglietti, ora Di Nocera, in Via Vallata; Cappela del Seminario Alifano, in Via Immacolata; Cappella dell’Addolorata, in Via Vallata; Cappella dell’Istituto delle « Figlie della Carità » in Via G. F. Trutta; Cappella Trutta, di proprietà Trutta, poi della famiglia Selvaggi, indi dell’Ospedale dei Pellegrini di Napoli, ed infine di Costa Enrico, in Via Trutta.

CHIESE E CAPPELLE SECONDARIE, DIRUTE O NON PIÙ ESISTENTI – Esse sono: S. Antonio in Via Trutta; S. Giuseppe (non officiata) in Via Vallata; Gesù e Maria (non officiata) in Via Vallata; S. Maria degli Angioli (diruta) in contrada S. Giovanni; S. Pietro (non officiata) nella contrada omonima; S. Nicola (diruta) nella contrada Coppetelle; Misericordia (diruta) nella contrada Valle Paterno; S. Marcello (diruta) nella borgata Sepicciano; S. Marco (non più esistente) nella contrada omonima; Carmine (non più esistente) nella contrada omonima.

DIVIETO AL VESCOVO PORFIRIO DI VISITARE ALCUNE CHIESE – Documenti dei primi anni del Sec. XVIII, conservati nell’Archivio di Casa Gaetani, riferiscono che al Vescovo Angelo Maria Porfirio fu fatto divieto, con lettere regie in data 10 luglio 1710, 19 luglio 1713, e 26 giugno 1714, di visitare le chiese di S. Rocco, S. Giacomo, e S. Sebastiano. Ciò in seguito a ricorsi di Casa Gaetani che, vantando il compatronato sulle chiese in parola, non tollerava l’ingerenza del Vescovo.

PARROCCHIE – Le parrocchie di Piedimonte furono sino al Sec. XV ben numerose. Di poi si ridussero a tre, tuttora esistenti, e cioè: S. Maria Maggiore, Annunciata o A.G.P. e S. Marcello in Sepicciano.

Delle prime due non si hanno notizie dell’epoca in cui vennero istituite; l’ultima fu dichiarata parrocchia indipendente il 25 marzo 1697.

COLLEGIATE – Piedimonte annovera due Collegiate: quella di S. Maria Maggiore e l’altra di A.G.P. o dell’Annunciata.

In origine erano costituite da sei canonici ciascuna, che usavano la cotta e la mozzetta violacea, senza cappuccio, che ottennero in seguito. Entrambe formavano due Capitoli distinti.

Successivamente i canonici furono portati a dodici per ognuna. I sacerdoti, oltre la cura delle anime, avevano il peso dell’officiatura e messa conventuale quotidiana nelle rispettive chiese, ed erano provveduti di congrua sufficiente. Al presente i canonici per ognuna delle Collegiate sono sei.

La Collegiata di S. Maria Maggiore – che venne creata nel 1417 – fu dichiarata « Insigne » con Decreto della Sacra Congregazione dei Riti in data 9 luglio 1650, confermato poscia con Breve Apostolico di Alessandro VII del 3 giugno 1660.

La Collegiata di A.G.P. venne pure creata nel 1417.

Il regolamento che la riguardava venne affidato per l’esecuzione all’Arcivescovo di Benevento dal Pontefice Sisto IV nell’anno 1475.

ARCIPRETE E DECANO – La Collegiata di S. Maria Maggiore ha per suo capo un Arciprete, creato con Bolla del 22 dicembre 1581, ed è la prima dignità ecclesiastica locale. Quella di A.G.P. ha per suo capo un Diacono di cui ignorasi l’epoca dell’istituzione. Entrambi prescelti dai rispettivi canonici.

QUESTIONI DI PREMINENZA FRA LE COLLEGIATE – Tra le due Collegiate si verificarono, in epoca passata, non poche questioni in ordine alla rispettiva preminenza, specie quando nell’anno 1719 la Collegiata di A.G.P. divenne uguale, pel numero dei canonici, a quella di S. Maria Maggiore. Alle precedenti decisioni della S.C. dei Riti, in ordine a tale preminenza, se ne ebbero altre nel 1735 che confermarono le antiche a favore di S. Maria Maggiore, decisioni che nel 1743 furono munite di Regio Exequatur. Nel 1745 si stipulò fra le Collegiate pubblico istrumento mercé il quale si convenne che i canonici di A.G.P. dovessero intervenire soltanto nella processione del Patrono, dando alla Collegiata di S. Maria Maggiore la precedenza, e così girare pel rione Vallata ed entrare nella stessa chiesa di A.G.P. All’incontro la Collegiata di S. Maria Maggiore rimise all’altra di A.G.P. l’intervento dei suoi canonici alle processioni generali prescritto nei decreti della S. C. dei Riti. Fu parimenti convenuto di rimanere in vigore l’antica osservanza di precedere la Collegiata di S. Maria Maggiore nel suono delle campane durante le funzioni del Sabato Santo.

Nel 1773 la Collegiata di A.G.P. ruppe il concordato, donde nuovi litigi, con sommosse popolari, sedate dagli agenti del Commissario di Campagna, il quale, ad evitare maggiori disordini, stabilì di sua iniziativa, che ognuna delle due Collegiate facesse le funzioni ecclesiastiche l’una indipendente dall’altra.

Senonché a derimere le questioni fu necessario l’intervento del re Ferdinando IV il quale, prescrivendo nel 1781 di spettare alla Collegiata di S. Maria Maggiore la precedenza dibattuta, decise che si fosse eseguita la convenzione del 1745, e che entrando la processione del Patrono nel territorio parrocchiale di A.G.P. potessero i canonici di questa inalberare la croce avanti la processione stessa, dando però sempre la precedenza ai canonici di S. Maria Maggiore.

MANSIONARI E COADIUTORI – Nella Parrocchia di S. Maria Maggiore furono istituiti, sin dal 15 marco 1832, due mansionari per assistere il Parroco nelle solennità, e per coadiuvarlo nell’amministrazione dei Sacramenti. Furono dotati di congruo appannaggio. Nel 1834 il Dott. Raffaele d’Errico istituì, nella stessa parrocchia, altri due mansionari, donando, all’upo, alcune sue proprietà.

Il Vescovo del tempo accordò ai mansionari l’uso della mozzetta violacea.

La Collegiata di A.G.P. non essendo riuscita ad ottenere anch’essa i Mansionari, istituì due Coadiutori del Parroco per assisterlo nelle solennità religiose e nell’amministrazione dei Sacramenti.

INCAMERAMENTO DEI BENI DEI CAPITOLI, DEL SEMINARIO E DEI MONASTERI – In esecuzione della Legge del 1866 furono incamerati dallo Stato i beni dei due Capitoli parrocchiali che fruttavano la rendita di L. 25.000 annue; quelli del Seminario di L. 10.000, e quelli dei Monasteri di S. Salvatore e delle Benedettine di L. 50.000 complessivamente.

EPISCOPIO – Dopo che, per ordine del Pontefice Pio IV, fu decapitato in Roma Ferrante Diazgarlon, Conte di Alife, e questa città fu confiscata (1561) per ordine di Filippo II, entrandovi le truppe della Chiesa e dello stesso re Filippo, la sede vescovile venne trasferita in Piedimonte nella casa de Clavellis alla Via Coppetelle (Cila). Fu poscia acquistata una casa, con giardino, nell’attuale piazza E. d’Agnese, di Violante d’Errico – che a sua volta l’aveva acquistata dai PP. Domenicani – e trasformata a Palazzo. Ne fece l’acquisto il Vescovo Valerio Seta per Duc. 420, come risulta dall’istrumento 4 novembre 1611 per Not. Michele Perrotta.

Con Bolla di Pio IX del 6 luglio 1852 Piedimonte fu dichiarata definitivamente sede vescovile. Nel documento, tra l’altro, è detto: « Superius itaque memorati Pedemontis oppidum præstantioris etiam Episcopalis Civitatis titulo, honorificaque prærogativa condecoratum perpetuo esse volumnus, atque mandamus ».

PRINCIPALI FESTIVITÀ RELIGIOSE – Nei giorni 1° e 2 giugno si celebra in Piedimonte la festività del Patrono S. Marcellino, e nella terza domenica di maggio quella in onore dell’Immacolata Concezione. Entrambe si svolgono in forma solenne, con l’intervento di rinomate bande musicali, e di scelti oratori sacri per i rispettivi novenari. Le vie, tutte pavesate con festoni, sono, nelle serate, sfarzosamente illuminate con lampadine multicolori.

Si celebrano altresì, ma con minor pompa, le festività del Carmelo, di S. Anna, del Rosario, e del Martedì in Albis sul monte Muto.

PROCESSIONE DEL « VENERDI SANTO » – È una caratteristica, mesta ed imponente processione.

La statua del Cristo morto, seguita da quella della Madonna dei Sette dolori, viene portata in giro per il paese. Precedono il corteo dei gruppi di ragazzi portanti sul capo una corona di spine. Agitano ognuno uno strumento di legno denominato « tavella » col quale fanno rumori stridenti ed assordanti. Seguono le Confraternite, gli alunni del Seminario, i PP. AA. ed il Clero; indi i sodalizi religiosi, e, in due file lunghissime parecchie centinaia di bambine vestite di bianco, numerose giovanette e donne maritate vestite di nero. Il concerto musicale intuona, per l’occasione, delle marce funebri, dando, così, alla cerimonia maggiore tristezza.

PROCESSIONI DEL CORPUS DOMINI E DEL CUORE DI GESÙ – Sono anch’esse caratteristiche, e vi prendono parte numerose bambine, giovanette e donne maritate. Cantano, per l’occasione, degli inni speciali. In determinate località vengono improvvisati degli altari presso i quali le processioni sostano, ed il Vescovo impartisce solenni benedizioni al popolo.

ORDINE DI PRECEDENZA DELLE CONFRATERNITE – Poiché verso il primo quarto del decorso secolo si verificarono non pochi inconvenienti causati dalla precedenza che ciascuna delle quattro Confraternite locali pretendeva nelle sacre funzioni e nelle pubbliche processioni, così il Sotto Intendente del tempo, a tenore di sovrane disposizioni, stabilì che « a scanso di ogni disturbo e disordine » la precedenza dovesse osservarsi in relazione alla data di concessione dei Regi Assensi per ciascun sodalizio.

REALE ARCICONFRATERNITA DEL CARMINE – Questa arciconfraternita ebbe origine nel Sec. XVI e fu munita di R. Assenso il 19 agosto 1777.

A suo Priore Perpetuo fu nominato Ferdinando II che con Rescritto del 16 novembre 1857 accettò l’onorifica carica. Lo stesso Re stabilì procedersi al possesso del Priorato il giorno 18 aprile 1858 e nella cerimonia fu rappresentato dal Sotto Intendente Conte Francesco Viti. La carica venne offerta perché Ferdinando II donò alla Chiesa dei Celestini alcuni preziosi arredi sacri dopo l’inondazione del 1857 che distrusse quelli posseduti dalla Chiesa. La confraternita possiede un capitale patrimoniale di L. 160.09.

CONFRATERNITA DEL SS. ROSARIO E NOME DI DIO – Vanta antica origine e propriamente dal Sec. XVI. Ebbe però il R. Assenso il 25 settembre 1777. Possiede un capitale di L. 617,95 costituito da titoli di rendita e da canoni, nonché dalle contribuzioni degli iscritti e dai provventi dei funerali.

Documenti dell’epoca riferiscono che in data 26 novembre 1600 vi fu ordine del Papa Clemente VIII al Vescovo Modesto Ganuzio di non visitare la Confraternita del SS. Rosario. Ciò, forse, perché la stessa, non soggetta alla giurisdizione episcopale, per capitoli speciali, aveva protestato contro l’ingerenza del Ganuzio.

CONFRATERNITA DI MORTE ED ORAZIONE – Si fondò nel Sec. XVII sotto la denominazione di « Confraternita della Morte ». Ebbe il R. Assenso il 31 agosto 1786. Un tempo possedeva discreti capitali. Ora non ha rendite, e si mantiene con gli introiti degli iscritti e sui proventi dei funerali.

CONFRATERNITA DI S. MARIA DELLA LIBERA – S’ignora l’epoca di sua costituzione. Ebbe il R. Assenso il 22 settembre 1787. Ha un capitale patrimoniale di L. 24.553,51 comprese le contribuzioni degli iscritti e i proventi dei funerali.

VIGILANZA MUNICIPALE NELLE AMMINISTRAZIONI DI CULTO – Fin da tempi remoti il Comune era chiamato ad una particolare vigilanza su determinate amministrazioni di chiese, cappelle, ospizi ed altri luoghi pii della Città. Questa vigilanza si esercitava a mezzo di deputati municipali.

Le Confraternite avevano amministratori propri, mentre la Cappella dell’Addolorata era amministrata da ecclesiastici.

COMMISSIONI CHE SOSTITUIRONO I DEPUTATI – I Decreti 1° e 29 febbraio 1816 prescrissero però un nuovo sistema di amministrazione per gli stabilimenti e cappelle laicali, col mezzo cioè delle Commissioni, che sostituirono i Deputati. I membri di queste Commissioni si eleggevano dal Decurionato e con essi anche i rispettivi Cassieri sopra due terne. Le nomine avevano la durata di un anno.

CIMITERO COMUNALE – Sino alla metà del 1840 permase l’antica usanza di seppellire i cadaveri nei sotterranei delle chiese. Nell’epoca indicata venne aperto il Cimitero Comunale, ad un chilometro dall’abitato, sull’antica strada di S. Salvatore, o via Vecchia per Alife. Per la costruzione di questo Cimitero il Comune ebbe in enfiteusi una zona di terreno dall’estensione di un ettare dalla Abadessa del Monastero di S. Salvatore, Maria Crocifisso d’Amore, per la somma di annui ducati 21,60, netti di contributo fondiario. La costruzione fu iniziata nel 1838. Le Confraternite locali vi edificarono alcune cappelle nelle quali tumulano i cadaveri.

Il 14 giugno del 1840, dopo la solenne benedizione del Vescovo Puoti, fu dichiarato aperto il Cimitero.

Esso però non risponde più allo scopo dato lo spazio insufficiente. Il Comune dovrà provvedere al suo ampliamento. All’uopo è stato redatto dall’Ing. Gaetano Cariati analogo progetto.

Nell’attesa, il Cimitero si va abbellendo di cappelle gentilizie e di artistiche tombe.

CIMITERO PROTESTANTE – È sulla via di S. Marco. In esso, fino ad un trentennio fa, s’inumavano i cadaveri di quanti appartenevano alla religione protestante. Lo costruì Gaspare Egg, cittadino svizzero, in un breve recinto. Al centro del piccolo cimitero si eleva una piramide quadrangolare entro cui riposano le ceneri dell’Egg, e di altre persone di sua famiglia.

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