Si vive fra realtà e sogno

DANTE B. MARROCCO

“SI VIVE FRA REALTÀ E SOGNO”

Il diario del professor Marrocco era, non solo la naturale prosecuzione ma, parte integrante della primavera di poesia sbocciata in lui nel 1948, riordinata e sviluppata nel 1957 e data alle stampe, parzialmente, circa un decennio fa.

Per meglio dire, le due cose sarebbero dovute confluire in una pubblicazione postuma[1] dal titolo Versi e Riflessioni di Bruno Carullo (conosciuto da alcuni come “Mirtillo del Matese”). Il secondo nome, infatti, legato al cognome di sua madre era l’alter ego del professore: lo pseudonimo[2] col quale firmava i prodotti letterari ossia gli scritti nei quali veniva coinvolto emotivamente. Un precedente significativo è il Soliloquio di Ponzio Telesino (Antologia 1983 pp. 21-24).

Queste sue riflessioni, tuttora inedite, iniziate all’età di quarantasei anni si protraggono, per oltre un trentennio, fino alla soglia dell’ottantesimo compleanno, usque ad senectutem come avrebbe detto lui, cioè fino a quando è stato autonomo nell’uso della macchina da scrivere.

Nel ripercorrere questi anni sono state anche inserite poesie ed iscrizioni da lui composte in varie occasioni nonché rare note esplicative trascritte, quando era possibile, con le sue stesse parole.

Premura massima, in questa fase, più che al commento pressoché assente, è stata dedicata alla fedele restituzione alla città e agli studiosi del prezioso lascito di questo suo figlio e maestro: di quest’uomo sacrato alla Cultura[3] che, realmente, durante la sua lunga esistenza, verbo docuit scriptisque meminit.

Giugno 1953

L’11 è morta mia madre[4], al terzo attacco cerebrale, seduta in poltrona. L’ho contemplata a lungo, per l’ultima volta.

Sull’immaginetta-ricordo ho fatto scrivere gli ultimi versi di lei:

Preghiera

Quando la prima volta,

mio Dio, cosciente e pura,

io mi prostrai dinanzi a Te pregando,

perché da me fugassi ogni sventura,

un raggio del tuo amore

mi penetrò nel core.

Da quel dì tante pene

si mutarono in bene.

Ed ora che son giunta

al mesto terminar della mia vita

torno a chiederti aita.

Perdona, o Nazareno, i miei peccati,

la tua giustizia frena,

e, lieve al par di foglia,

fammi varcar la soglia

della tua casa in cielo.

Ho aggiunto: VISSE PER LA FAMIGLIA E LA SCUOLA, / E RIVOLSE LA MENTE ALLO STUDIO. / IN QUANTI LA CONOBBERO / LASCIA RICORDO GENTILE.

NULLA DIES SINE LINEA

Nessun giorno senza una riga

1962. Luglio 15, Domenica.

Giornata di splendida luce, di calore, di vitalità. All’età di quarantasei anni e mezzo ho deciso di riflettere con sistema su me, vedendomi nei fatti umani, nel mistero della vita, nell’esistenza del mondo.

Considererò gli anni passati una preistoria, tutto al più una protostoria, in cui barlumi, indizi, lampi son guizzati e spenti, lasciando poca o nessuna traccia di sé.

Ormai nella parabola discendente della mia vita, rifletterò pure su un fatto che porta con sé una decisione: possibile che la mia giovinezza spirituale si sia prolungata tanto, colle sue incertezze, i suoi sogni, le sue velleità? ...

Formalmente sono credente in Dio. Ma devo ancora trovarlo in me. Spero che un verme possa essere illuminato, che io possa avere la mia teofania. So che Dio si manifesta, ma non ho percorso le vie solitarie additate da Savi ... Saprò riflettere, perseverare, avanzare? ...Potevo mai continuare nell’incoscienza? In una vita passionale e fanciulla? Vedo il mio legame alla terra. Finora, colla cultura l’ho appena ripulito. Riuscirò a spezzarlo? O sarà un inutile tentativo? ...

1962. Luglio 22, Domenica.

In questo pomeriggio ho visitato con amici le “Grotte”sotto Sant’Angelo-Raviscanina, grandioso monumento romano di epoca imperiale, con ampia fronte, lungo e imponente criptoportico, accenno a un complesso di altri edifici.

Guardavo e riflettevo.

1° - Caducità delle cose umane. Che capovolgimento di valori, che regresso spaventoso dovette causare l’imbarbarimento del V-VI secolo! Che forza ha il primitivo, irrompente su tutto ciò che è civile e raffinato! E com’è lenta e superficiale l’azione del raffinato sul primitivo! La civiltà edifica senza dubbio, lentamente, sistematicamente, progressivamente, poi, gruppi umani impreparati e immaturi, tenuti esclusi dagli altri, adeguano al suolo il raggiunto, o lasciano che l’ambiente regredito lo abbandoni.

Questo è successo tante volte. Ma quando, dopo l’ultimo cozzo di popoli e di razze non vi saranno più barbari, dopo l’ultima fusione razziale, che avverrà al mondo?

2° - Ho visto che tutti ammiravano la splendida villa romana. Se l’ammirazione è disinteressata, attesta la nostra civiltà e il buon gusto. Ma strano che nessuno diceva: Da chi fu costruita? E a chi serviva? ...Strana sorte quella degli archeologi. Ammirare i ruderi, la mummia di ciò che una volta fu vivo. Quando questa villa fu “viva”, non vide l’opera geniale di un aedificator? Il capitale dei ricchi? La mano d’opera servile? Non fu residenza di etère? ...Noi ammiriamo l’apparenza, e ci sfugge la vita sotterranea, i sogni, e ci sfugge il vizio, proprio come le lapidi dei cimiteri.

3° - La villa esiste forse da duemila anni e, se ha perduto lo splendore della decorazione, mantiene un complesso imponente, forte, muscoloso: un cadavere sfigurato ma dalla forte ossatura. Ma, dov’è chi ideò? Chi volle? Chi lavorò? Chi pagò? Niente. Marcito, e passato in altri organismi. Il mollusco che s’era scavato un guscio, è scomparso, e il guscio è rimasto. La vita cosciente sconvolge e piega la materia, poi scompare; la materia rimane, e ne mostra il genio e l’azione.

1963. Febbraio 17, Domenica.

Quando medito sul mio agire vedo che l’incostanza mi domina e spinge. Vado avanti dietro scosse ed emozioni. Le idee improvvise, i sentimenti affioranti raramente restano stabili. A quarantasette anni ormai non spero più di potermi modificare.

Vivo sempre ai margini. Se sto a contatto coi più giovani, mi sento da loro trascinare in quella mentalità propria dell’età, e che io ho superato. Essi intanto interpretano ritegno e contegno come incapacità a realizzare quello di cui son capaci, e ridono di me. Colpa mia.

Conclusione. Da una gita sul Matese con conseguente sosta al rifugio dove ho bevuto e cantato, mi sono ritirato più seccato e isolato.

Se l’isolazionismo produce niente è evidente la sconfitta dispettosa, se è fecondo di creatività indica la vittoria della volontà a isolarsi dal formicaio.

1963. Maggio 6, ore 22.

Come si distingue dignità da superbia? Carattere da ripicco? Mansuetudine da paura? Distanza da scontrosità? ...Se esamino solo me stesso non lo so ancora. La sola guida intima non è assolutamente sicura. Lo scambio è facile, a volte impercettibile. Spesso la vista è velata, non c’è malignità cosciente, c’è abbaglio.

Una soluzione è data dal Vangelo: ex fructibus eorum cognoscetis eos[5]. Che produce quel sentimento? Pragmatismo? ...

Questo momento di interiorizzazione nasce in un’ora di solitudine, di silenzio intimo reso vivo dall’onda sonora della Quarta di Beethoven. Questa musica agevola la soluzione dell’enigma. Come distinguere genio da follia? Ex fructibus eorum ...Gli uomini di genio certamente non sono normali. La loro anormalità è supernormalità. Me lo accerta questa musica.

1963. Maggio 16, Giovedì.

Pensato prima di levarmi. Che cosa prolunga la giovinezza? Che cosa illude di prolungarla? Una certa dieta, un po’ di ginnastica, l’escursionismo, la morigeratezza nel bere ...L’illusione poi è data dall’assenza di preoccupazioni economiche, dalla mancanza di figli che, col loro crescere, danno il quadro esatto del declino paterno. Ma il richiamo della realtà fisiologica e sociale, a chi è normale si fa sentire, e comprime le velleità. Nasce l’ondeggiamento fra il mondo di sogno e quello reale: nel primo si rifugiano gl’introversi, nell’altro si dimenano gli estroversi. Ma dal sogno si esce. È dunque distinto, anzi opposto alla vita? O la vida es sueno?[6] Innestare il sogno alla vita è la caratteristica delle anime forti.

Ma sia nel primo che nel secondo caso c’è l’antitesi, che si risolve in adattamento o ripulsa, disillusione ...Come avverrà in me? Di colpo, per qualche trauma psichico o fisico? Gradualmente per riflessione? ...Sarà una finestra spalancata improvvisamente sul vuoto? O uno spiraglio di luce che renderà lucido un sogno, un sogno che svanisce senza scosse? ...

Questo che penso è di una interiorità riflessa, è un guardarsi da fuori. Pensiero inferiore, come ce l’hanno tutti, non pensiero che sia vera indagine di una evoluzione spirituale. È incertezza di fronte a un Ignoto che incombe, non coraggiosa predisposizione.

1963. Maggio 18, Sabato.

Un’astuzia per iniziare un’ascensione è un alimento energetico non pesante, di facile assimilazione, ripetuto con facilità. Voglio tentare l’inizio della mia salita nello spirito, con un pensiero spirituale da applicare. Se avrò volontà ferrea, chi sa dove potrò tendere ...

Subito all’opera. Ho scorso i primi capitoli del Vangelo di Matteo, e non ho potuto che fermarmi sulla grande anima di Giovanni Battista verso il quale nutro intensa ammirazione. Quante supposizioni, dubbi, ricostruzioni mentali, credute scoperte! ...

Ma se mi fermo all’indagine, non avanzo. Devo applicare e vivere l’insegnamento di lui. Ma, se applicassi un mito? Una delle tante trasfigurazioni di qualcosa di storico? ...Chi è prima, e genera l’altro: la gallina o l’uovo? La pianta o il seme? ...La convinzione teorica spinge alla pratica, o l’interesse pratico spinge alla giustificazione della teoria? ...È un dubbio tormentoso.

1963. Agosto 29.

Che cosa è l’amicizia?

Una frase di Cicerone mi ha fatto riflettere, portandomi a una conclusione amara prima, autonoma dopo: “Consenso nelle cose umane e divine, con benevolenza e carità”[7]. Definiamola:

Consenso. È accordo, credo. Ma c’è accordo e accordo. C’è il consenso vero, disinteressato, quasi sempre ideologico, e c’è il consenso contrattuale, interessato, derivante dall’utile, e l’utile può essere anche il vizio per il vizioso. Ma ecco la chiarificazione: “nelle cose umane e divine”. Umane: interessi, soddisfazioni, ambizioni ...; divine: aspirazioni, acquisizioni delle mente ...

Vedo fra le due direttive distinzione, anzi opposizione, e portano a due metodi di agire: l’associazione a delinquere e la comunione dei santi, la “crosca” dei giovinastri, e la società di cultura e di edificazione. Più reale la prima, più ideale l’altra.

Entrambe persistono, convivono in noi, e non si può che tendere al mezzo termine: legittimare, con una dose di superiore spiritualità, inevitabili interessi, tenersi possibilmente in alto, nelle relazioni e nei giudizi, condiscendere anche. Bene. Questa è l’amicizia “diplomatica”. E gli amici? Esistono? ...Mi par di sentire qui il paradosso di Aristotele: “cari amici, non vi sono amici”. L’amico si riduce a colui col quale si chiacchiera? Dinanzi al quale si continua a parlar male di assenti, ma non male dei presenti? ... Penso che anche qui si deve ricorrere al mezzo termine: saper fare la scelta, trattare con cortese distanza, mai con familiarità, imporre un discorso elevato ... Se diamo, otteniamo. Essere utile, per quanto si può. E quando non si potrà dare niente più? Constatare che l’amicizia era una illusione, e prepararsi da solo alla fine.

1963. Settembre 1, Domenica.

Il 30 Agosto ho compiuto il pellegrinaggio a S. Michele del Gargano. Mi tenevano predisposto alla commozione la conoscenza che avevo del celebre santuario, la storia del luogo famoso, la solennità della tradizione. Salendo da Manfredonia, mentre il paesaggio diveniva sconfinato, ho visto nella mia fantasia salire le romerìe italiche, gote, longobarde, normanne, balcaniche, i crociati, i sovrani, i papi, i santi, ...ed ho pregato colle preghiere della Chiesa, ma sentendole nelle invocazioni e nei canti del popolo e di quelli. Sono passate inosservate le case di Monte Sant’Angelo, e dinanzi ai due archi ogivali s’è impadronita di me l’emozione che precede l’avvenimento imminente, come se fossi andato all’udienza di un sovrano.

In chiesa mi son fermato sul ciglio della grotta famosa. S. Francesco dall’animo poetico dovette vivere qui momenti di spettacolosa contemplazione se, colto dal tremendum numinosum, non ebbe il coraggio di avanzare, e pregò in un angolo, colla fronte sulla roccia, e retrocesse intimorito.

Anche io son retrocesso nei millenni. San Pietro di Roma non poteva emozionarmi come la sacra spelonca. Mi ha attanagliato lì un ritorno alla vita ancestrale, che mi piglia sulle vette e nelle grotte.

Una spelonca ampia e profonda, manifesta una Natura nuova, misteriosa, da dove veniamo, spiraglio di un altro mistero dove andiamo. Il monumento michelangiolesco è struttura recente, chiara produzione del genio umano, la grotta del Gargano palesa una religiosità naturale, allontanantesi nella nebbia dei millenni.

Ho fermato le preghiere tradizionali. Non corrispondevano più al momento di eccezione che vivevo.

Lo spirito aleggiante qui, nella visione di S. Lorenzo Maiorano annunziò: “Dove si spalancano i sassi, lì son rimessi i peccati degli uomini”, ed ancora: “Questa è la sede speciale in cui si stempera ogni azione delittuosa”. Gli ho esposto la mia miseria morale, il mio vano pensare, la mia superficialità religiosa e intellettuale, e mi son visto effimero come gli individui delle folle che si affacciarono qui. Poi ho detto tutto questo a un sacerdote, e ne ho ricevuto la speranza della redenzione ed il mistico pane.

Dopo l’aspettazione, e la prima commossa meditazione, non mi sono sentito più un salmodiante pellegrino. A sprazzi ho intravisto qui riti di divinità preistoriche, e poi ho rivissuto un barlume della visione dell’8 Maggio 491, del santo pastore di Siponto. Egli certamente combatteva qui quel Paganesimo teologicamente morto, ma ostinatamente vivo, perché era il peccato stesso insito nell’uomo. Egli sapeva dai libri sacri e filosofici, delle Intelligenze, della Cause seconde, esecutrici della Potenza creatrice, rivelatrice, ordinatrice ... Fu l’episodio della frecciata al toro nella spelonca, e che invece ferisce il padrone, ad additare al suo animo mite, una presenza lì, invisibile, che respinge la violenza, l’egoismo, il peccato? Questa presenza si rivestì in lui della mitica personificazione guerriera? All’anima santa che contempla un mondo meraviglioso, ma pur sempre dietro gli spessi veli di sensi, di nervi, di cellule grigie cerebrali ( e anche quella di un santo è tale), apparvero luci, gemme, fiori, espressioni del bello terreno, simboli di quanto sarebbe altrimenti inconcepibile ed incomunicabile? Vide lui nell’intervento misterioso una Coscienza metafisica? E venne da ciò per fede, per persuasione, per tradizione, tutta una storia mistica, vennero le folle e gl’insigni peregrinanti? Sarebbe questo un altro esempio che le emozioni collettive, le forze trascinanti si fondano sulla rivelazione di una personalità superiore? ... Così potrebbe pensare chi analizza una psiche figlia della materia.

Ma è sicuro costui che, rotti i legami col mondo e col vano fantasticare, e addentrandosi sulle vie della penitenza oltre il sensibile e lo sperimentale, non si arrivi alla visione di un mondo nuovo, che si rivela solo ai santi? Può negare che a queste coscienze purificate non giungano impressioni ineffabili, che si convertono in formulazione di visioni, di voci, di missioni? È logico che essi, rientrando dall’estasi nelle facoltà sensibili e rappresentative, devono pur dare immagine al sentito. Visionari o rivelatori? ...

In altre parole, fu S. Lorenzo pio e mite, di fronte a un fatto ricco di mistero e di simbolo, a dedurre sul Gargano primitivo la semitica rappresentazione? O gli si rivelò un’Intelligenza-guida di anime allo Spirito sovrano dell’Universo, una Coscienza-giudice di anime, una Spiritualità nemica della bestialità? E gli si rivelò venendo incontro alle necessità storico-ambientali e personali? Visionario o rivelatore? ...

Qui la mia ragione s’è fermata, ed ha ricordato solo che nei momenti in cui si annebbia nel peccato ignora la domanda tormentosa; nei momenti in cui si gonfia superba oscilla nel dubbio; nei momenti in cui si eleva e compie il bene, allora intuisce oltre i veli e risponde sicura: Rivelatori!

Ma che ci vuole per entrare in questa superiore umanità? Siamo così vicini alla notte dei tempi! Come faremo a credere che una forma, letteralmente parlando, mitica, sia veste di un’esistenza metafisica? ... Non pretendevano lo stesso i miti pagani? Un modo c’è, e non si confonde.

Solo se ci convinceremo che la materia colle sue esigenze non vale Dio coi suoi diritti, potremo riconoscere l’esistenza del santo spirito di Michael, chi è come Dio? Solo se raggiungeremo la vittoria su ogni forma di concupiscenza e di sopraffazione, potremo concepire la funzione dell’Arcangelo nella lotta incessante del bene contro il male: Ti comandi Dio! L’essenza del monoteismo evangelico non si confonde colla mitologia.

Da commosso pellegrino del passato m’ero ritrovato l’uomo moderno del dubbio, che cerca disperatamente una via, una luce, la calma! La bianca, mite personificazione della grotta garganica non mi ha lasciato nel dubbio, mi ha indicato subito la via. Mi ha detto: “Elevati spiritualmente, ed io per te passerò dalla visione mitica e artistica alla mia essenza spirituale. Sparirò dinanzi a te come guerriero alato, e ti resterò accanto quale spirito-guida del tuo anelito, quale spirito-giudice dei tuoi sforzi. E rivelerò a te, polvere dell’infinito, la via per aderire eternamente allo Spirito infinito. È questo il Paradiso a cui guido”.

La grotta del monte Gargano l’ho vista così: un faro di luce spirituale, perché fondata sulla penitenza che è elevazione di masse e freno di potenti. S’illuminò mentre la civiltà antica si spegneva, e lampeggiò vivida nel millennio seguente, guidando attraverso il fascino che ne emanava, un’Europa giovane, rinata col Cristianesimo.

Nacque e resta domus specialis di ravvedimento dall’odio alla mitezza cristiana, di conversione dalla materia alla spiritualità cristiana.

È questa la missione che ebbe, e che ne ha fatto in quindici secoli, per Tommaso d’Aquino come per l’umile contadina meridionale, il vestibolo del Soprannaturale.

1963. Settembre, 5.

Nei caldi pomeriggi, seduto fra i libri sulla mia loggetta, sento lontani e festosi gridi di fanciulli, conversazioni incomprensibili di adulti, bruiti di motori ...Lontano, dietro i giardini ferve la vita. È la vita delle folle, quasi tutta attività e ciarle, diretta a fini materiali, a volte opaca, a volte delirante. Io, solo, senza una famiglia mia, seggo e penso.

A volte sono pensieri di vita, a volte di rinunzia; a volte tocco con mano l’isolamento costruttivo, a volte l’abbattimento. La mia vita intanto passa. Passa fra la cortesia di qualcuno, l’ostilità di altri, l’indifferenza di tutti. Mi sembra di essere in un treno: rumori, scosse e isolamento tra la folla. I passeggeri son tanti. Passano come meteore effimere che non vedrò più. Con qualcuno ho parlato, qualche altro mi guarda seccato, tutti gli altri non mi vedono. Dove va questo carrozzone tanto velocemente? ... Nessuno è salito e scenderà con me. Non ho avuto l’intimo focolare familiare. Viaggio fra ignoti.

1963. Dicembre 15.

A Domenico e Bianca Maria Marsella che lasciano Piedimonte per la Sardegna.

Aggiu sentutu rì ca ve ne jate,

i ca nun turnarrate mai cchiù ccà.

Se rice ca ‘n Sardegna ve’ purtate

‘e criature, a farle sturià.

Stévemu sempe nzieme, i che ce vuò fa?

O core sta comm’a nu libru nchiusu,

riént’o penziere ‘o nomme vuostu sta,

comm’int’u libru nu sciore annascusu.

Penz’o triatu, int’a chiesia, p’a via ...

Pareva bell’ sapite? ‘e ve sentì,

se ricave na parola, na pazzìa,

quannu penzu ca tutt’adda fernì!

Quannu a Procita, a Capri simmu juti,

a Napule, ‘a staggiona, ‘o rricurdate?

Ncopp’a na chiaia nce simmu stennuti,

che sole, che priezza, che risate!

I a Matese? Nce simme truvate?

Stévemu a na tàvula càvura attuorne ...

Fore, na neve i nu viéntu gelate,

rintu nu fuocu ca pareva juorne.

Mo pare ca nu filu s’è spezzatu.

Nu filu ca ‘a sta terra ve teneva:

se chiammava amicizia ... s’allentatu

nce mancarrà quaccosa ca piaceva.

Se fa pe i figli, e chestu già o sapimmu.

Lassammu addò se nasce, i nui co’ core

giramm’o munnu, e chi sa addò murimmu,

pe’ fa cuntiénte ... Embè chist’è l’ammore,

chist’è ‘o bbene ra mamma, chist’è ‘o core!

1964. Gennaio 30

Sul giornalino di classe della III A della scuola di avviamento di Piedimonte[8].

Che cosa è un “giornalino”?

è il ricordo di quando,

la scuola frequentando

in modo sbarazzino,

andavo all’Avviamento.

Quante birichinate,

quanti scherzi e risate,

quanti fatti rammento!

Io so che passeranno

gli anni velocemente,

svaniran dalla mente

le cose di quest’anno.

Ma quando la mia mano

aprirà il giornalino,

misurerò il cammino

da quel giorno lontano,.

Ricorderò che ero

ragazzo, che sognavo,

che alla vita guardavo

con animo sincero...

Sarà la nostalgia

a tenermi più puro.

E guarderò sicuro

la difficile via.

1964. Febbraio 17

‘O Mak P ‘e ll’Istitutu agrariu

Ve nvitamm ‘a ballà. Sentit’a nnuie.

Fa friddu, spissu chiove, i nu languore

nce piglia ‘e fa quaccosa... Rint’o core

ve sentarrite ‘o fuocu puru vuie

Cu ‘a festa nosta nun ce se pazzéa.

Nun ‘o ccrerite?... Venitev’ affaccià;

E’ nu suonnu ca nun se pò scurdà!

N’ora bella ca ognuno s’arrecrea!

A ‘o pianefforte sona Aurelio Pasta,

e “I Dottori”stann’all’orchestrina.

I comme sona bellu, comm’affina!

Che lussu, che buffette!... Nè, nun basta?

Po nce sta n’atu fattu... V’aggia dì?...

Però sst!... Gloria Cristian sta llà:

venite! Ve ll’avisseva perdì?

‘E ll’Istitutu agrariu simmu alunn.

A Giugnu ce ne jammu, i sta serata

c’a tant’anne sunnàveme, nchiuvata

sempe ncap’adda sta, pe vvie do munnu.

1964. Luglio 22

- Puveréllu, comme fa a sta sulu? Così e stato detto di me.

Senza voler ricambiare, ho pensato: Puveréllu, comme fa a sta ‘ncumpagnia?

A rifletterci, abbiamo torto entrambi. Si bada infatti quasi esclusivamente alle proprie abitudini, o allo studio silenzioso da parte mia, o al terrore dell’isolamento dall’altra parte.

Si può perdere coscienza del sentimento dell’io profondo affogato nelle chiacchiere insulse e malevoli, e si può finire con disprezzare la vita sociale insulsa, per ritrovare sé stesso sfuggendo, no, evitando positivamente gli altri. È difficile comprendere gli altri, perché è difficile capire sé stesso.

1964. Luglio 28

Le “Arti zingaresche” di Sarasate[9] mi hanno sollevato nel mondo del sogno. Mentre tentavo di concretizzare il languore e la frenesia che vibravano nel violino gitano, come un essere alato entravo ed uscivo nel mondo sognante. Quando vi entravo, rivivevo la vita che contemplavo, e la fiaba diveniva realtà, come nel sogno del bambino. Quando ne uscivo, mi vedevo fuori da una nuvola lontana. Restavo in un mondo sottostante, e avvertivo la mia solitudine.

Solitudine! Quando rifletto, sentendomi in essa, mi sento isolato da una massa rumorosa e incapace, proteso verso studi e conoscenze non raggiunte. Quando in essa sogno, nasce in me la visione artistica. Quando in essa medito sulla mia miseria, nasce in me la religiosità. Tre momenti per tre esseri diversi in me. Solitudine produttiva, non come quella che produce zappando o martellando, o preparando pratiche. La “solitudine costruttiva” del mio spirito aveva avuto per guida l’iscrizione sul cancello della “Solitudine” sul monte Muto, attribuita alla poetessa Aurora Sanseverino Gaetani[10]. Invito più che guida. Dopo mi ero evoluto per vie mie.

In momenti di ondeggiamento, a volte mi ci vedevo immerso, e mi seccava la compagnia superficiale. A volte, facendo parte di un gruppo, la vedevo come una segreta aspirazione. Con gli altri, a volte producevo qualcosa inerente alla socialità, ma era produzione esteriore, senz’anima. Produzione vera, che dava, e dà coscienza vera al mio spirito, era quella che sentivo solo e in silenzio, e che cantai pure in “Gioia di che?”[11].

Riflessioni sulla mia vita rappresentativa, nel senso di fantastica, pensate dopo aver sentito una musica.

1964. Settembre 20

Il “Tempio della Fama”.

Due monumenti sono stati inaugurati. Speriamo di farne altri.

Vitale e Petella furono due degne persone, ma per continuare a insegnare, dovrebbero parlare attraverso gli opuscoli preparati. E ci vorrebbe una scolaresca obbligata a sentirne la voce.

Le esperienze sono personali e intime. Solo qualcuno, immedesimando il proprio sforzo a emergere, nei risultati ottenuti da quei due, li penserà guardandoli. Per la massa resteranno un elemento decorativo del giardino pubblico. Non chiederanno mai chi sono.

1964. Novembre

Sull’immagine-ricordo di Michele Riselli:

LA VITA PER LUI / SIGNIFICO’ / LAVORO COSTRUTTIVO, / SENZA SOSTE SLEALTA’ MIRAGGI. / OLTRE LA FAMIGLIA / E LA PUBBLICA ATTIVITA’ / NON SEPPE DI SVAGHI. / TROVO’ SODDISFAZIONE / NELL’OPEROSITA’ / NEL RISPETTO DELLA PAROLA, / NELL’AZIONE CORRETTA, / NELLA FINEZZA DEL GARBO. / ORA CHE E’ NELL’ETERNITA’ / LO ALLIETI LA LUCE / CHE SPLENDE / AGLI ONESTI.

1964. Novembre 8, Domenica.

Sono le 10 di sera. Un silenzio profondo mi lascia. Ho adesso terminato l’Ufficio dei Morti che recito ogni tanto non solo per ricordare alla Divinità eterna quelli che vissero un momento, ma anche per purificare me col terrore della fine che sovrasta e del destino che ci attende: noncuranza, ignoranza totale da parte di chi resta, sorte misteriosa per chi muore. Oltre che dalle visioni tremende della Libera, sono rimasto colpito dalla IX lezione che, umanamente, è disperazione se non facesse supporre la possibilità di una via.

Senza redenzione soprannaturale, senza la possibilità di vivere unito alla vita divina, ha ragione Giobbe di dire: “Perché mi hai fatto uscire dal seno materno? Fossi morto, e occhio non mi avesse visto! Sarei stato come se non fossi esistito, portato dall’utero materno al sepolcro. Non deve finir presto il piccolo numero dei miei giorni?... Lasciami dunque piangere un poco la mia sventura, prima che vada, senza più ritornare, al luogo tenebroso coperto di caligine di morte, alla terra di miserie e di tenebra, dove regna l’ombra della morte, il disordine e l’orrore sempiterno!” [12].

Vivo due momenti di stupenda, terrorizzante poesia! Quella del primitivo che intuisce qualcosa solo attraverso i sensi, qualcosa che non sarà più quest’azzurro, questo palpito di vita! L’altro, di uno stato spirituale senza luce cosciente, cioè senza la fusione all’infinito divino. Uno stato che all’anima palpitante attraverso i sensi, si manifesta come tenebra, angoscia, paura nel sentirsi un’individualità infinitesima, solo in un infinito sconosciuto di cui non si è parte, alla ricerca affannosa di una via di uscita inesistente... Constato un barlume di sdoppiamento, ma non riuscito. Forse, un santo asceta riuscirebbe a separare quanto contempla nella sua coscienza purificata dalle visioni corpulente dei sensi.

1964. Dicembre 25

Natale di Gesù Cristo. Venerdì.

Leggo da un giornale questa notizia: “Osservazioni compiute... inducono a ritenere che una enorme nube gassosa radioattiva, sta muovendosi nello spazio verso il nostro sistema solare... Un corpo spaziale, situato nel nostro sistema galassico, emette raggi X di alta potenza, raggi che vengono filtrati dall’atmosfera terrestre, ma che vengono captati dalle sonde spaziali. Questa sorgente radioattiva si estende già su circa un quarto del cielo visibile, ma non sembra abbia subìto variazioni sensibili, da quando fu osservata per la prima volta, vari anni fa. Se quindi l’incontro di questa nube radioattiva con il sistema solare appare imminente in senso cosmico, sembra probabile che esso possa verificarsi piuttosto nel prossimo millennio che nel prossimo secolo, gli scienziati ritengono che possa trattarsi dei postumi di una super nova, e cioè di una catastrofica esplosione astrale, avvenuta circa 50.000 anni fa. L’incontro con simili nubi di gas radioattivi – evento non raro nella storia del sistema solare - ... aumenterebbe più di mille volte il volume delle radiazioni spaziali ricevute sulla terra... i raggi cosmici, producendo gravi conseguenze genetiche sugli organismi viventi. Simile fenomeno potrebbe spiegare i grandi mutamenti evoluzionistici verificatisi in passato, come ad esempio la scomparsa dei dinosauri e degli altri esseri della medesima famiglia”.

Dinanzi ai fenomeni cosmici scompare ogni fenomeno umano. La notizia è una di quelle capaci di distruggere tutto quanto una mente, tutte le menti hanno fantasticato ed edificato. I fatti grandiosi del cosmo avvengono per sé, per l’evoluzione delle cose, e generano evoluzioni e rivoluzioni nell’ambito immenso in cui si stendono. E il piccolo uomo? Spregevole e ammirabile nel suo agire e nel suo costruire?... o sogni della mente! O costruzioni filosofiche della storia! Metafisiche o metafisiche e teosofiche! Voi, grandi del pensiero, avevate preveduto questo?... Non vedete come l’opera dell’uomo, la vita stessa, divengano l’episodio di una coincidenza cosmica?... Ah! Cade tutto!... sogni e pensieri, riti e organizzazioni, traffici e studi, bassezze e santità, che valore avete voi?... Niente! Siete prodotti fantastici, siete l’impressione del bambino dinanzi a una realtà meravigliosa e ignota. Già, ma... perché ci siete? Se tutto è fantasticamente creato dalla mente, perché ci tormentate? – Voi ci avete creato, rispondono, voi ci avete creduti così. Creati o scoperti?... qui sta il dilemma. Il dualismo risorge: se siamo materia, possiamo creare forme immateriali? E se questo “regno delle idee” esiste, perché lo scopriamo attraverso forme corpulente? – Perché stiamo nella materia. Ma se è scoperta di un’essenza ideale, potremo un giorno contemplarla senza materia?...

Sta qui il nostro valore. Sta nel tormento che in un corpo di verme fa balenare e desiderare l’infinito. Questa tendenza all’infinito sta in noi perché sta nell’infinito, perché esiste. La nuvola radioattiva distruggerà la vita sulla terra, e causerà in seguito altre forme di vita, e in queste nuove vite ci starà sempre, insieme all’impulso inconscio a vivere, il desiderio oscuro a rendersi conto, a pensare più in là di quanto si vede. E Dio, in tutto questo?... Per vederne la presenza, da tempo mi rifaccio a un’essenza ternaria: materia, energia, spirito cosciente. Per ora non so risolvere che così: come in me, così nell’universo.[13]

1965. Gennaio

Iscrizione sotto l’immaginetta di Guglielmina Fochetti de Angelis.

Non si è grandi solo

nelle grandezze terrene.

Si è grandi anche nella modestia,

e nell’umiltà della vita,

quando questa è vissuta

col lavoro,

per il dovere,

nel sacrificio.

Tale è stata

per la gentilezza dei modi,

e per la bontà del cuore,

la sua giornata terrena.

1965. Marzo

Sull’immagine-ricordo di Alfredo Scappaticcio

QUEL CHE AVEVA OSATO IN GUERRA – SULLE NAVI D’ITALIA /

QUEL CHE AVEVA COMPIUTO IN PACE – NELL’ADEMPIERE IL BENE, / COPRI’ E TACQUE. / MA PARLANO DI LUI, / DEL SUO CARATTERE INTEGRO, / DELLA SUA NOBILTA’ D’ANIMO, / QUATTRO DECORAZIONI AL VALORE / MA SOPRATTUTTO / IL RIMPIANTO UNANIME / DI QUANTI AL SUO CONTATTO / APPRESERO / COME POSSA LA CORRETTEZZA / ESSER NORMA DI VITA.

1965. Aprile 30

Nel decennale della caduta del dott. Corrado Petella.

Primo di Maggio! Rivedo agitato

a Bocca della Selva la caduta,

or son dieci anni, e la trepida e muta

mia corsa, e degli amici il venir grato!

Primavera fioriva, e un odorato

cielo copriva tua léna abbattuta,

ma non un trillo, una voce sperduta

te confortava, lì, solo, restato!

Lungi da ogni aspetto umano e amico,

gravosa solitudine sentisti,

immobile, ansioso, dolorante...

Sorvola sul dolore antico,

non ricordare quegli attimi tristi,

t’appaia solo il volto confortante!

1965. Aprile 30

Fantasie. Se le rocce avessero coscienza, parole, insegnamenti, se chiamassero ragionamenti i sogni, forse direbbero:

Esistono anche essenze diverse, così tenere anzi fluide rispetto alla durezza compatta della nostra natura, che certamente sappiamo esser l’unica vera e reale. Essi avrebbero la vita, fenomeno arcano per noi, anzi irreale. Strisciano, penetrano, succhiano, si ramificano, dinamiche e forti nella loro debolezza. Ma di fronte alla nostra esistenza senza fine, vivono un attimo, poi svaniscono in polvere e si rinnovano in altre... Oh misteri del mondo! Ma è una vera esistenza la loro? Paragonata alla nostra, appare prodotto di fantasia. Eppure il loro mondo, logicamente incomprensibile per noi dev’essere meraviglioso... Mentre ha un po’ di somiglianza al nostro, l’unico vero, la sua essenza si perde nel mistero...

Se le piante avessero coscienza, parole, scuole forse direbbero:

Siamo convinte che esistono esseri diversi, teneri, evanescenti, rispetto alla durezza compatta della nostra natura. Pare che abbiano una qualità incomprensibile: il movimento. Sono leggeri, terribili nello spezzarci, caldi (!) nel contatto. Di fronte a quelle fra voi che subito sorridono, chiamandoci sognatori, si può rispondere che, anche se la loro intima natura ci sfuggirà sempre, gli effetti degli esseri soprannaturali, rapidi e caldi, non pare siano prodotto della fantasia. Ci sta, ci sta un altro mondo! Ha qualcosa del nostro, ma è essenzialmente diverso.

Se gli animali avessero parola ragionata e scuole, forse direbbero:

Nessuno fra noi negherà che quegli esseri superiori, e strani, gli uomini loquaci, hanno tante qualità simili alle nostre. Infatti mangiano, defecano, hanno figli, poi muoiono e scompaiono. Siamo d’accordo. Ma neanche si può negare con facilità che in essi vive un’altra natura nell’unica persona, come non avviene per noi, - una natura magica e spirituale. Hanno segni, voci e fatiche, e guardano e parlano su fasci di foglie bianche, alimentano il terribile e misterioso fuoco, cantano come usignuoli o urlano, costruiscono scatole rumorose e veloci, a volte volanti, accendono luci nelle deliziose e lisce tane dove vivono, e pare che sognano un mondo diverso da quello che vedono... Che è tutto ciò?... C’è un mondo di mistero in cui essi s’introducono! E pare che ne vangano disciplinati... Chi parla ad essi? Che sognano?...

Gli uomini pensano, ripetono e dicono:

Noi colla mente possiamo “vedere” l’idea perfetta di quel che esiste, forze, forme di esseri non estesi, a cui ci ispiriamo. Ci ispirano, tramontano e rinascono. Qualche volta ci rapiscono nel loro mondo dolce e meraviglioso. Da molti si dice che quel mondo non esiste. Ma, se ci guidano, possono essere inesistenti?... Se ci fanno intuire il perché dell’esistenza, se ci aiutano a constatare le leggi dell’universo, e la sua Causa lontana e incomprensibile, può non esistere? E una mente che le pensa, che le infonde in noi?...

1965. Giugno 1, ore 22.

Domani si compiranno 1661 anni da quel 2 Giugno 304, quando presso Roma, a Selva Candida, a nove miglia fuori porta Aurelia, fu eseguita la condanna a morte di s. Marcellino, il santo venerato a Piedimonte.

Sto solo, e mi piglia tanta tenerezza nel pensare a lui. A quest’ora stava in carcere, e già sapeva della sua fine, domani. Mi fermo su due punti.

In piazza sta tanta gente che si diverte, che “festeggia” incoscientemente una morte. Nessuno ci pensa. Il santo è solo un’etichetta sulla bottiglia del divertimento. Senza la “festa”, nessuno penserebbe a un condannato a morte di tanti secoli fa. A che vale lottare e sacrificarsi per un’idea?...

Il pensiero vola lontano: com’era fisicamente? Che carattere aveva, e che intellettualità aveva raggiunto? Perché aveva aderito al Cristianesimo? Lo diffondeva con la propaganda “miracolistica” del Vangelo, gettando sarcasmo sulle divinità? O faceva prevalere l’aspetto sociale? Quando, il 20 Aprile, il Senato aveva ratificato il quarto editto di persecuzione del movimento cristiano, come aveva reagito?... L’imperatore era anche pontefice massimo: s’era limitato a non riconoscergli solo questo potere sacerdotale di “intermediario” fra l’umanità e le forze cosmiche umanizzate?... Dalla Passio sanctorum Marcellini et Petri (per quel che è storia), risulta che fu affidato a un carceriere già guadagnato al Cristianesimo da lui, che continuò la propaganda fra i carcerati, e che evase con essi. Non agì come s. Paolo che, a Malta, fece tornare lo schiavo fuggito, dal padrone Publio. E allora?... incentivo alla rivolta a delinquenti? (visuale della legge), o libertà per uomini rigenerati dal Vangelo, da un vita di delitto a una vita nuova e onesta? (visuale del movimento cristiano). Ma forse sono andato troppo lontano... Che ridda di pensieri per un “festeggiato”, che sapeva di vivere la sua ultima notte!...

1965. Giugno 23, Domenica.

Cristianesimo e comunismo.

So di un comunismo ateo, derivante da un materialismo dialettico e storico. Per esso, tutto, anche la religione è prodotto borghese. Si dimentica che l’unico, vero problema religioso: la salvezza dell’anima, non è un problema economico.

E a volte penso a una “conversione”, a una possibile evoluzione delle forze materialiste verso una ideologia spiritualista. Che ne verrebbe? Una società volutamente comunitaria. Imposta l’abolizione della proprietà, dopo alcune generazioni ci si abituerebbe a non esser proprietari, e ci si abituerebbe a forme di vita altruistiche.

Questo è stato tentato da alcuni grandi spiriti, ma quel che predicavano non è riuscito. L’azione loro fu efficace per piccoli gruppi. Gruppi di “terziari”, di Umiliati.

Domani viene ricordata la nascita di uno di questi predicatori[14] di una società nuova. Qualche risultato l’ottenne riguardo al modo di trattare poveri e servi. Ma era dovuto più all’impressione provata nel vederlo, che a intima convinzione. E così, questo “comunismo spirituale”, adottato per un momento anche fra i primi cristiani, a contatto con la civiltà greco-romana, svanì per le masse, e restò per pochi individui senza famiglia, per le colonie di celibi.

1965. Settembre 2

Invito a battesimo

La cicogna volando,

m’ha portato nel mondo,

m’ha posato nel fondo

d’una culla, cantando.

Agitando braccine,

son dai miei coccolato,

sono stretto e baciato

fra i merletti e le trine.

Al battesimo invito

Con un bel cinguettio,

non mancate no, al mio

soavissimo rito.

1966. Marzo

Sull’immagine-ricordo del dott. Paolo Laurenza

UNI’ ALLA GENTILEZZA DEI MODI, / UNA RACCOLTA FERMEZZA DI CARATTERE, / GUARDO’ ALLE SUE FUNZIONI, / SERIO ONESTO PRECISO, / QUALE MEDICO CONDOTTO, / PRESIDENTE DELL’ASILO DI DRAGONI, / NONCHE’ DELL’ISTITUTO AGRARIO / E DELL’OSPEDALE DI PIEDIMONTE. / IN GUERRA AVEVA DIRETTO / L’OSPEDALE MILITARE DI BENGASI, / ACCETTANDO DOVUNQUE / PER I FERITI DELLE BATTAGLIE, / PER I LANGUENTI DELLE CORSIE, / QUESTA REGOLA DI VITA: / LENIRE / ASSIDUO CALMO APPASSIONATO, / LA SOFFERENZA UMANA.

1967. Aprile 16

Eventuale iscrizione sulla mia tomba

HIC JACET DANTHES BRUNUS MARROCCO PEDEMONTANUS / QUI VERBO DOCUIT SCRIPTISQUE MEMINIT / DUM VIVERET UNUM SPERANS / IN DEO AETERNE VICTURUS

Il paradiso a cui credo, è la vita della scintilla del mio spirito, nell’immensa anima dell’universo.

Teosofia? Per me è convinzione personale.

1967. Settembre

Dietro richiesta, ho proposto la seguente iscrizione per intitolare l’Istituto tecnico agrario di Piedimonte, ad Angelo Scorciarini Coppola:

IL 17 SETTEMBRE 1967 / QUESTO ISTITUTO TECNICO AGRARIO / VENIVA INTITOLATO AD / ANGELO SCORCIARINI COPPOLA / FONDATORE AMMINISTRATORE E GUIDA / DELLA PRECEDENTE SCUOLA AGRARIA / E IN TERRA DI LAVORO ANIMATORE / DELLA MODERNA AGRICOLTURA.

L’onore a chi spetta. Restano eliminate intitolazioni dovute a sporche mode politiche, o a servilismi verso discendenti potenti.

1968. Agosto 16

Visita di un diplomatico italiano in Nigeria, dottor Janni di Sant’Angelo in Formis. Conversazione piacevole e colta sulla Nigeria, sui problemi dell’Africa, sull’organizzazione della settimana africana in Piedimonte. Quanto miraggio di terre lontane!

Dopo, solo, ho pensato a un avvenire che, subito dopo il Duemila, potrebbe divenire realtà. Una “invasione” della razza negra... Novità? Le grotte Grimaldi mostrano tipi negroidi nei crani dolicocefali... Generalmente le invasioni storiche sono venute dal Nord, ma questo non esclude anche invasioni dal Sud. Di che sarà ancora spettatore il Mediterraneo?

1968. Agosto 20

Visita al liceo del dott. Fabrizio Giordano e della sua sposa svedese.

Lei è la figlia di un pastore luterano. Lui è studioso di glottologia medioevale presso l’università cattolica di Milano e presso l’università di Uppsala. C’è tanto da apprendere dalle conoscenze colte, e lo scambio di idee è incredibilmente fecondo.

La conversazione ha volato sulle lande innevate del Nord ha toccato le saghe dei Vichinghi, il Kalèvala...[15] Rimasto solo, ho innestato queste visioni della fantasia a una mia poesia: “incompiuta”[16]. Occasioni che generano il risorgere di visioni passate, di sentimenti sepolti.

E quando il languore personale viene assorbito nelle musiche di Sibelius, allora perde l’individualità, e diventa di tutti, di chiunque, insoddisfatto, desidera.

Voli strani, da una visita a un ambiente lontano, da un paesaggio nebbioso a un sentimento sepolto, da questo al senso di solitudine; avvertito di questa solitudine, da un musica triste e solenne.

1968 Ottobre 26

Sono stato nominato preside dei licei scientifici di Piedimonte, Caiazzo e Vairano. Curerò tutto, ma mi voglio dedicare specialmente all’attività parascolastica.

Giornale degli studenti, annuario del liceo, mostre didattiche, associazione degli studenti, dei genitori e degli ex allievi. È un campo di attività cui si applica il mio carattere e la mia tendenza.

Senza essere rivoluzionario, sentirò la volontà degli studenti per molte scelte che li riguardano e, prima che lo faccia la legge, voglio far entrare le famiglie nella scuola.

Non sarò un burocrate.

1969. Gennaio 1

Il protagonista del Vangelo, Gesù di Nazareth, e il deuteragonista, Giovanni di Ebron detto il “lavatore”, mi hanno sempre soggiogato.

Fin da ragazzo pensavo spesso ad essi. Nel secondo, a parte il tenore di vita fuori dell’ordinario, non notavo miracoli. Nel primo, tutto era miracolo: incarnazione di Dio, figlio di madre vergine, fatto morire sul patibolo, ma subito risorto, e scomparso nel cielo. Poi seppi che Krishna era nato a Vrìndavana figlio di madre vergine, era stato ucciso sul patibolo, ma era risorto ed asceso al cielo. Era vissuto duemila (se non tremila) anni prima di Cristo.

Non perdetti la fede. Non vidi “scopiazzature”. Le “figurazioni precristiane” di s. Agostino mi convinsero. Ogni religione è anelito dell’anima verso la Causa dell’universo. Dice perciò la verità, anche se più o meno imperfettamente. E allora non mi rimase che credere non a una sola incarnazione della Divinità, ma a una “plurincarnazione” della Divinità in vari momenti della storia, ultima e più vicina a noi quella di Cristo. E rimasi trasecolato quando, studiando il Bramanesimo, sentii delle otto incarnazioni di Vishnù, in forme di vita sempre più evolute, sempre più coscienti. Da allora è nata in me l’ammirazione per la capacità di approfondimento propria del Bramanesimo, che non combatte gli altri culti, ma li assorbe, li giustifica come momenti dell’evoluzione cosmica e umana. Quell’idea l’ho tenuta per me. O a cristiani formalisti o a miscredenti, è tempo perduto parlarne.

1969. Giugno 30

Il mio paese modifica il suo nome da Piedimonte d’Alife in Piedimonte Matese. Mi sono schierato col mutamento, più esatto e più utile. Nella mia riflessione, l’episodio assurge a teoria, a un dilemma che rimane insoluto: storia e nomi.

Che cosa è la Storia: vita o ricordo?

Per rispondere bisogna ricorrere alla Filosofia, altrimenti la conoscenza di una sola epoca potrebbe indurre a credere che quel periodo sia l’unico degno di rispettoso riguardo. E ciò è sbagliato.

Ammettiamo che sia vita. La vita è sviluppo, e questo comporta mutamento. Da Eraclito a Hegel, il pensiero umano ha intuito e sperimentato che niente è stabile, e che vivere è evolversi e trasformarsi. Quando manca la forza evolutrice c’è l’inerzia, e cioè la morte.

Ogni nuovo atto di vita costituisce una storia, quando è presupposto, fondamento, anelito per un slancio, per una realizzazione che seguirà.

La personalità di chi agisce è la stessa nei nomi, negli abiti, nelle forme più disparate che si succedono. La Storia è un vedersi identico nei mutamenti, sentirsi continuo negli sviluppi. Non è un momento tipico, è una catena di apparenze ambientali, sotto cui sta un’unica, perenne, innominata vitalità.

Se è così, fecero bene o male a mutare Indraprasta in Delhi, Bisanzio in Costantinopoli, Tenochtitlan in Mexico, Neue Amsterdam in New York, Yedo in Tokio, Léopoldville in Kinshasa?... Era misconoscimento di un bel capitolo di storia, o differente civiltà che apriva una nuova storia?... non era per caso un nuovo programma? Ondata di giovane vita su case decrepite? Distruzione di un passato inutile e instaurazione dell’avvenire?... E passando dalle città alle nazioni, che si può dire del Siam che si muta in Thailandia, dell’India in Bhârat, della Guinea in Ghana?... Se un desiderio nuovo spinge un popolo, opporsi al mutamento non è uno schierarsi con qualcosa di vecchio? La realtà che sta sotto, e condiziona tutte le culture è l’Uomo. E l’uomo che chiamò una terra in un certo modo, è sempre obbligato a chiamarla così?... Un nome antico è certamente venerando, ma se è divenuto qualcosa di ristretto, di sorpassato, se non vive mentre vive ed urge un impulso, un’idea, un programma nuovo di vita, si dovrà restar prigionieri di quanto mille, duemila anni prima era una realtà viva ed ora solo inerte memoria?...

Ammettiamo invece che la Storia sia ricordo. Nacque colla scrittura, e il documento sta a suo fondamento. E come la scrittura per un momento fu viva quando la mano l’animava, e poi, per sempre rimase forma mummificata di pensiero e di sentimento, così la Storia, intera come ricordo di vita passata, come registrazione di fatti, come statistica di indagini su cause producenti, non penso che possa condizionare la vita attuale. Sarebbe un condizionare il pensiero e l’impulso del cuore a certe fabulazioni fantasticate una volta, sarebbe togliersi la facoltà divina di creare!

Ricordare non è imporre per forza il passato al presente. Noi viviamo il nostro presente dinamico e drammatico senza cristallizzazioni, sapendo che prima il fatto era lo stesso o era diverso. Cosicché se oggi si volesse mutare il nome di Costantinopoli-Istambul (che nel 330 rappresentò il grande programma di un grande Imperatore), in qualche altro nome, la Storia dovrebbe impedirlo? O dovrebbe solo ricordare i mutamenti?... Dentro di noi, se abbiamo mentalità e preparazione storica, possiamo far ben rivivere antichi toponimi sepolti da millenni, ma non ci deve far ostinare a chiamare Tebe il paese che nella viva realtà araba è Luxor. Perché appoggiare quel che è vecchio, solo perché oggi è tale? Anche il vecchio di oggi una volta fu nuovo! E chi sa quanti non lo volevano! Se la Storia è ricordo, lo storico deve ridursi a sapere l’antico, non a imporlo oggi. Se non è più sentito, non è più vivo.

La generazione vivente comanda, e comanda sia quando vuole attenersi al passato, sia quando vuole rifiutarlo. Diversamente, tutto quel che è avvenuto di nuovo nella storia avrebbe dovuto essere rifiutato. Perché solo i nomi? Il tradizionalista dei nomi dovrebbe essere tradizionalista anche dei fatti etnico-sociali che produssero quei nomi.

Tutto sta a non interrompere, a non tagliare la visione del passato dalla vita attuale. Altrimenti le grandi battaglie, le rivoluzioni, le leggi di una volta, diventano cronache morte, storia scritta non vissuta.

Basta. Concludo a me stesso.

Passando da quei grandi nomi ai piccoli, da programmi “imperiali” a quelli di distretto, trovo fatta bene la modifica del predicato. Non è solo nome, ho scritto sul ROMA di Napoli, è un programma nuovo. Speriamo che i Piedimontesi lo capiscano.

1969. Luglio 21

Una fiaba è divenuta realtà! Quale “rivoluzione” culturale! L’impossibile è stato vinto, e il verme pensante, prodotto terrestre, ha posato il piede su un astro!

Tutto quel che l’uomo ha pensato e fatto di grande, è inferiore a questa impresa. Ora, sulla base delle scienze, la filosofia e la teologia dovranno ricavare una nuova definizione dell’homo faber innestata alla possibilità di portare l’habitat, vale a dire la colonizzazione, sui pianeti. Sogno?...

Chi è più grande? L’homo sapiens che, sulla terra, fra deviazioni e fantasie, ha pensato il calcolo e le leggi dell’Universo, l’astrazione logica, la Divinità..., o l’homo faber che ha inventato il motore a scoppio, ha dominato l’energia elettrica, ha spinto la prima macchina nel cosmo? È più grande per i pensieri che da tempo tendono all’infinito, o per le macchine che ora cominciano a portarlo nell’infinito?...

1969. Settembre 14

La caccia al tesoro.

A Caserta, là sui prati

della Reggia verdeggianti,

hanno inizio i campionati,

con missive imbarazzanti.

Su di ognuna è un indirizzo,

in ognuna c’è un mistero.

Il motor muovi in un guizzo,

metti a prova il tuo pensiero!

A Caiazzo, a porta Vetere,

corri subito veloce,

non guardare su nell’etere,

dai a un giovane la voce.

Altra lettera ne avrai,

dà risposta ai suoi quesiti.

Sono facili, vedrai,

son piacevoli e graditi.

Va ad Alife. Nella piazza

dell’antica cattedrale,

non badare alla ragazza,

pensa a quel che per te vale:

altra busta misteriosa,

con domande più pepate

altra prova faticosa,

e risposte più dosate.

Or Sant’Angelo t’aspetta.

Del Comune alla magione

corri, e prendi in tutta fretta

quanto in mano ti si pone.

Se più svelta correrà

la tua macchina rombante,

maggior tempo ne verrà

al cervello tuo pensante.

Alle falde del Matese

or t’aspetta Piedimonte,

dove Ercole d’Agnese

leva l’impiccata fronte.

Hai risposto a ogni domanda?

Dà la busta al delegato.

Vedi or dove ti manda,

dove t’hanno destinato.

È una corsa a San Potito

dei Caduti al monumento.

Dai successi fatto ardito,

piglia il plico sul momento.

A quell’ultima richiesta

pensa con attenzione.

Superasti le tempeste!

Desti ogni soluzione!

1969. Settembre 30, notte.

Per l’ottantesimo compleanno dell’avvocato Vincenzo Di Matteo, il 10 Ottobre 1969.

Ottant’anni si compiono, in un giorno

colmo per te di tanta nostalgia,

per cui a ritroso, nella lunga via

degli anni che passaron fai ritorno.

La fanciullezza tua sognante, attorno

come primaverile melodia

senti, e per una magica malia

t’alita il giovanil desio dintorno.

Ti rivedi soldato sulle alpine

vette nevose, e nel pensier rivivi

i giorni della lotta e de l’ardire...

Tenui e lontane immagini divine!

Pensale come un sogno, e calmo vivi:

solo nel sogno non si può soffrire!

1970. Febbraio

Per l’immagine-ricordo di Maurizio Zingaropoli (Napoli 11 Ottobre 1949 – 1 Febbraio 1970), studente dell’Istituto agrario di Piedimonte.

COME IL VENTO GELIDO / ABBATTE GLI STELI FIORITI, / COSI’ INATTESA E RAPIDA / LA MORTE / HA SPEZZATO A VENT’ANNI / LA SUA GIOVANE VITA / FIORITA DI SOGNO / ESPANSIVA ESUBERANTE LEALE, / PROTESA NELL’AVVENIRE. / ORA CHE E’ PASSATO / NELLA LUCE SENZA CONFINE / POSSA TROVARE / IL CORONAMENTO SANTO E IMMORTALE / DEGLI AFFETTI DA CUI FU STRAPPATO, / DEL SOGNO GIOVANILE TRONCATO.

1970. Marzo 29 Pasqua.

Mi è venuta l’idea di un nuovo lavoro storico analitico: Dizionario delle Due Sicilie. Tutto quanto riguarda il nostro antico reame, vi sarà accennato: biografie, istituzioni, economia, cultura, topografia, bibliografia.

L’opera mi alletta, ma mi intimoriscono due fatti: riuscirò a condensare l’enorme quantità di notizie? Riuscirò a portare fino in fondo, il lavoro con la mia debole vista e con le mie occupazioni? E come parlerò? Da “italiano” che vede bene il conglobamento dell’antico reame nello stato “nazionale” del 1860? O come chi viveva fedele al reame vigente? Ricordi di fatti sorpassati o nostalgie di fatti utili e soppressi?...

La prima possibilità, la recita “risorgimentale”, è più facile, l’altra più difficile perché più coraggiosa. La prima più utile a me, l’altra più utile agli abitanti del Meridione.

1970. Giugno 17

La “cronaca personale” è tipica di gente mediocre ed esaltata, e non ha valore alcuno. Ma, a volte, la riflessione può essere di guida.

Di fronte a una vecchiaia senza finestre sul mondo, senza studio, col tracollo del mondo giovanile, non resta che sentirsi mummificare nello spirito. Ma può avvenire il risveglio di un mondo interiore. Come appariranno diversa la vita, e i rapporti sociali!

Ma quanti problemi pratici da risolvere, per poter meditare! Per potersi trovare, preparato e solo, dinanzi alla fine!

1970. Luglio 10

Sogno e realtà a monte Miletto.

Ieri son salito per la quinta volta dell’anno sulla ben nota e amata vetta[17]. Tre ore di bagno di sole mi hanno dato un senso di forza e di abbandono nella Natura. La solitudine non mi ha mai abbattuto, anzi, col passare degli anni è divenuta l’ambiente ideale per il mio carattere introverso.

Poi sono sceso a Campitello, ed ho passato la serata in un attrezzato camping di giovani piedimontesi, che mi hanno offerto gentilmente una cena. Contrasti meravigliosi! Una tavola imbandita all’aperto, sotto un enorme faggio, a 1.430 metri sul mare! Spensieratezza di giovani dove un secolo fa venivano uccisi i “briganti”, partigiani dei Borbone!...

Stamane son risalito sulla cima. Breve sguardo all’immenso panorama, ora per me più velato, più indefinito, più misterioso... La discesa però verso Campo dell’ortica, e più ancora verso la fontana dell’Esere, e sul sentiero sassoso che porta alla piana del lago, ha mostrato l’aumentata debolezza visiva attraverso momenti di pericolo, di cui qualcuno tanto impressionante che ho promesso a me stesso di non salire più solo sulle cime impervie. Autolimitazione forzata! Ed è una delle prime. Che dev’essere quando l’uomo si sente un rudere?...

1971. Gennaio 12

Mi è arrivata la proposta di farmi inserire fra gli Italiani illustri, pagando una certa somma. Ho risposto così:

Alla Direzione dell’I.G.E.I.

Ringrazio sentitamente codesta Direzione del pensiero gentile (del prof. Sosio Capasso e della Direzione), inteso ad includermi nell’I.G.E.I., ma non posso accettare per due ragioni:

so di valer poco;

so che vi si farà includere gente (vivente) che non merita.

Il ricordo vero – per chi merita – verrà dopo la morte, quando non si può più brigare per esser ritenuto “grand’uomo” a forza.

Già l’anno scorso fui invitato da codesta Direzione, e non risposi.

Rispondo ora per non far scrivere di nuovo, e ringraziando di cuore. Dev.mo.

È quel che penso esattamente. Non è stata rettorica.

1971. Gennaio 30

Nella biblioteca del seminario c’è stata la conferenza del sottosegretario Rosati “La scuola oggi”. L’ho presentato, essendo io il presidente dell’associazione storica. Ho ricordato gli Illustri formatisi nel seminario, e le esigenze sociali odierne. Così, tra me e lui stasera s’è fatta in sintesi la storia della scuola, da quella di élite a quella di massa. Il concetto che ho svolto è stato questo: anche una piccola scuola di provincia può essere pedana di lancio per alte carriere. Il dilemma rimane: preparazione approfondita per lanciare intelligenti a dirigere, o preparazione sufficiente per rendere consapevole la massa?

1971. Marzo 25. Giovedì

Nella biblioteca del seminario ho tenuto una conversazione (facendo parte di un corso teologico): “L’idea di Dio nei popoli primitivi”.

Lo schema svolto è stato questo: Definizione della religione (o meglio: religiosità), e sua suddivisione in naturale e rivelata da uno; origine della religione secondo varie teorie; definizione dei cicli di cultura, soffermandomi sullo stadio primitivo.

Ho messo in mostra il punto discusso: evoluzione dal feticismo al politeismo, al monoteismo? Tanto si constata, o al feticismo preesiste un monoteismo? Tanto si afferma dalle religioni rivelate.

Schemi astratti. La questione è un’altra. Il sentimento della “causa occulta del mondo” è creazione fantastica di chi non sa, o è barlume dell’infinito che noi avvertiamo in forme fantastiche?… Prodotto della fantasia o rivelazione nella fantasia?… A questo punto dove stiamo? Antropologia o ierosofia?… o evoluzione dall’una all’altra? O infusione dell’una nell’altra?…

1971. Luglio 13

La brevità dei versetti evangelici, specie del testo greco, mi ha fatto pensare a un’amplificazione dei concetti. Ne potrebbe venire una pubblicazione, logicamente romanzesca, ma ricca di psicologia. Una psicologia, sempre la stessa, perché l’uomo è sempre lo stesso, innestata nell’ambiente storico del tempo.

Penso a un “vangelo” di Giovanni Battista, che riconosca maggior autonomia al santo, un’autodifesa di Giuda Iscariota, e ad altro.

Chi sa se ne verrà qualcosa.

Prevedo ripulsa fra gli esegeti tradizionalisti, qualche possibilità di profitto da parte di ideologi sovversivi, noncuranza nella massa ignorante, estranea ai problemi religiosi e materialista.

1971. Dicembre 4 Sabato

Al circolo dell’Unione di Piedimonte, ho parlato di “Un piedimontese al governo della Sicilia” (don Onorato Gaetani d’Aragona principe di Piedimonte 1770-1857, luogotenente generale in Sicilia nel 1837-40).

Sono ricordi della mia pubblicazione. Svolgimento un po’ disordinato. Non so quanto è durato, se è piaciuto, ma soprattutto se ha lasciato una traccia. Non sono un conferenziere. L’idea fondamentale: la visione della Sicilia distinta da Napoli, ma legata al Meridione per la tradizione e gli interessi.

1972. Settembre 11, vespero

Matese e gioventù (a N. N., escursionista del Matese, che va sposa).

Quando in futuro, madre ormai e sposa,

vivrai tranquilla in un lontan paese,

dedita a cure tanto da te attese,

soddisfatta ogni tua voglia amorosa,

per qualche istante sol la maestosa

e da te ambita vetta del Matese,

ricorderai nostalgica, e le ascese

verso l’alto su l’erta faticosa,

e i venti sibilanti, e l’infinita

veduta, di nebbioso velo avvolta,

e delle nevi il gelido biancore…

Mentre si sfoglia il libro di tua vita,

ne rivedrai una pagina, sepolta

colla sognante gioventù che muore!

1973. Maggio 22

È morto novantunenne, il mio professore[18] di Latino e Francese.

Durante la sua lunga senilità, lucida ma oppressa da acciacchi, lo visitavo. Si discuteva a lungo, e mi ricordava fatti del “piccolo mondo antico” ecclesiastico di Piedimonte.

Ora che è scomparso, un altro filo che mi legava al passato, al mio passato di ragazzo, si è spezzato. Rimane il ricordo di quanto diceva.

Ho composto quattro iscrizioni, e le ho fatte stampare. La sera stessa del giorno mortale sono state esposte nella sua casa; al mattino seguente sul cenotafio, nell’Annunziata. Le ha dettate il ricordo reverente e la malinconia.

1° (di fronte alla porta) MICHAELI DI MUCCIO PEDEMONTANO / ALLIPHANAM CATHEDRALEM / IN ARCHIDIACONALI DIGNITATE / DECORANTI, / DE LATINO ET GALLICO ELOQUIO / IN SEMINARIO DIOECESANO DOCENTI, / PER HORATIANOS METROS / SUB CHRISTI AFFLATU / POETANTI, / DISCIPULI MOESTISSIMI / IN DIE EIUS DORMITIONIS, / AETERNAM A DEO REQUIEM, / PRECESQUE AB HOMINIBUS / EXOPTANT.

2° (in cornu Evangelii) VOX EIUS / QUAE FIDEM, PATRIAM, AMICOS, / CORDIBUS UT NEVIUS TRIBUS / APTE CANUIT, / QUAE ETSI MUTA, PER SCRIPTA / DE CARMINIBUS ELICONAE / DOCTE CANET, / DEO AETERNO / DIVINO SPIRITU INFLATA, / PIE PRO NOBIS ORANDO / INFANDE CANAT.

3° (dirimpetto all’altare) NE LUGEATIS, CHRISTIFIDELES, / SI VITA EIUS EXTINCTA, / POETICA VIS AREFACTA, / VERBA IN SCHOLIS OBMUTA / SINT IN SAECULO! / SPIRITUS ENIM, / NEQUAQUAM UT JOB / AD TERRAM UMBRAE ET HORRORIS, / SED AD PARADISI PATRIAM, / IN LUCE QUAE NESCIT OCCASUS, / PER FIDEM ET AEGRITUDINES / ASCENDIT.

4° (in cornu epistolae) EXTREMUM VALE / SACERDOTI AC MAGISTRO / QUEM VIDISTIS / CELEBRARE MYSTERIA, / ABSOLVERE DELICTA, / JUVENES DOCERE, / NOLITE DICERE, NOLITE! / NON ABSENS SED INVISIBILIS / ET ORAT, / ET ABSOLVIT, / ET DOCET, / SI ET VOS / UT IPSE VIVENS, / DE VITA TRANSEUNTE / AC DE VERBO DEI MANENTE / COGITETIS.

Sull’immagine-ricordo farò scrivere:

ALUNNI ED AMICI / RICORDANO / DON MICHELE DI MUCCIO (1882 PIEDIMONTE MATESE 1973) / ARCIDIACONO DELLA CATTEDRALE / PROFESSORE DEL SEMINARIO / POETA CRISTIANO / NELLA LUNGUA DI ROMA / MAESTRO DI SERIETA’ E DI CULTURA / SULLA CATTEDRA DELLA FEDE. / NEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE / 22 MAGGIO 1974.

1973. Ottobre 1.

Una mamma privata del figlio ventenne, e subito dopo anche del marito, che può sentire e, di conseguenza incidere sul marmo?…

È quanto ho dettato per la tomba Zingaropoli, al cimitero di Napoli.

PER IL FIGLIO MAURIZIO / CHE, RAGGIUNTI I VENT’ANNI, LA LASCIO’ PER L’ETERNITA’, / IL 20 FEBBRAIO 1973, / PER IL MARITO AUGUSTO, / CHE DOPO TRE MESI SEGUI’ IL FIGLIO, / IL 17 MAGGIO 1973, / ANNA ZINGAROPOLI / IN ATTESA DI RIUNIRSI ALLE ANIME LORO, / SUL MARMO CHE RICOPRE I CARI RESTI MORTALI, / COI NOMI SCOLPISCE ANCHE LA TESTIMONIANZA / DI UN AMORE SENZA CONFINE. / MCMLXXIII.

1973. Novembre 24.

Si è inaugurato un nuovo circolo “Incontri”, da parte di giovani intellettuali di Piedimonte. Su invito dei promotori ho fatto una breve storia dei circoli a Piedimonte, mostrando ai giovani laureati le possibilità di affermazione, svisamento o regresso cui vanno incontro.

La “predica” va a tutti: non si può fare una conferenza ogni sera, e allora? O la sede resta chiusa, e si apre solo in occasioni, o si apre ogni sera, ma diventa bisca. La sede della nostra associazione storica sta nel primo settore, tutti i circoli che conosco stanno nell’altro.

1973. Novembre 26.

È venuto al liceo il principe Massimiliano von Windishgraetz, genitore di un alunno. Ha voluto donarmi la storia di famiglia, dettata dal nonno, divenuto cieco, già presidente della Herren haus, la Camera dei Signori dell’impero austriaco.

Della visita ho avuto vero piacere. So di venire da modesta famiglia, ma la mia mentalità non è quella del borghesuccio, tanto meno del demagogo. La mia mentalità è “storica”, e vive nel passato. La guerra perduta dall’Austria nel 1918, tolse al principe i territori dei suoi avi in Istria e Slovenia, ma io nel discendente vedo l’antenato coi suoi possessi, titoli e funzioni. Vedo Alfredo von Windishgraetz che nel 1848 riconquista Vienna, e la consegna alla Casa d’Austria. Io mi emoziono innanzi a un principe del S. romano impero, mentre non provo niente dinanzi a un capopartito, di un “rappresentante” del popolo (che chi sa che ha combinato per aver un certo numero di voti!). Simpatizzo per un gentiluomo tedesco, distinto, colto e fine, anche se spaesato e sposato in Italia meridionale.

1974. Gennaio 7

(cronaca). Quarto furto al museo. Asportate sei ceramiche con figurazioni della Via Crucis, acquasantiere di ceramica cerretese del ‘700, mezza vetrina di terrecotte sannitiche… Avvisati i carabinieri, volevano sapere l’indirizzo del probabile ladro, a Torino…

Fondato nel 1912, dal ’27 nella sede attuale, la collezione, dopo 47 anni, è stata ritirata dalla Sovrintendenza. Qualche cosa l’ho messa in salvo io, in attesa di tempi migliori. Il museo è praticamente finito.

(riflessioni). La prima è che determinate istituzioni non si possono fare nei piccoli paesi, alle dipendenze di amministrazioni comunali, impreparate alla funzione sociale della cultura. Ridono su anticaglie, pronti solo a interessarsi su quanto può costare un oggetto.

Seconda riflessione: il cleptòmane è un’eccezione. Si ruba per vendere o per accumulare (come fa il ladro gentiluomo, la malavita travestita), o per vivere (come fa il ladro trafugatore, la malavita palese).

Ma perché esiste il ladro? È lo “sfaticato” o reietto, che trova più comodo rubare che faticare per produrre? O è il prodotto violento di una società disordinata e paralitica? Se ognuno accumula per sé, ci sta pure che sottrae a questi “cumuli” poco leciti di altri.

Sanzioni? Tipica quella del Corano: il taglio della mano, certamente imporrebbe il rispetto col terrore. Ma le leggi di oggi sembrano fatte da ladri (quelli travestiti), per subire minor pena se, dietro denunzia di altri loro colleghi meno fortunati, finiranno “sotto inchiesta”.

Dunque, rigore? Va a vantaggio dei proprietari. Rilassamento: va a vantaggi dei ladri. Obbligo al lavoro? È un rimedio. Verifica dei mezzi di sussistenza e delle spese? Sarebbe buono, ma chi lo può fare? Abolizione della proprietà? Niente. I ladri stanno anche nei paesi socialisti, e dovunque si ruba, non si fa distinzione fra proprietà privata e pubblica. Disciplina delle nascite? Non ci sarebbe un aumento incosciente proprio di popolani che per sopravvivere, devono ricorrere all’imbroglio e al furto. Educazione? Niente. Chiacchiere nelle scuole, per chi si lascia scoprire. Maggior produzione e benessere? Il numero dei ladri diminuirebbe certamente. Controllo delle opere d’arte, con “irruzione” nelle cantine di case private? Come si trova qui, e dove avete acquistato, e da chi, l’opera d’arte?… Andrebbe bene, se si desse campo libero alla polizia.

Sì, ma chi farebbe tutto questo?… E mettendo da parte la roba rubata visibile, come si farebbe per le “tangenti”, per le “spese maggiorate”, divise fra complici?…

1974. Gennaio 18

Sulla pergamena offerta dalla Pro Loco all’ingegnere Pietrangelo Gregorio, dedica

A PIETRANGELO GREGORIO / PREMIATO NELLE ESPOSIZIONI INTERNAZIONALI / PER LE SUE GENIALI INVENZIONI, / L’ASSOCIAZIONE PRO LOCO / DI PIEDIMONTE MATESE / PER LA NOTORIETA’ E L’ONORE / CHE EGLI CONFERISCE A QUESTA TERRA / NELLA PERGAMENA OFFERTAGLI / IL 20 GENNAIO 1975 / PRESENTA L’AMMIRAZIONE E LA SIMPATIA / DEI PIEDIMONTESI.

L’ing. Gregorio presentò le sue invenzioni tecniche, nella sede dell’associazione storica, la sera del 20 Gennaio 1975, con proiezioni.

1974. Febbraio 25.

Ho dedicato la sala della biblioteca a Minerva. In alto, sui libri sta un busto della divinità. Intanto noto che non ci sta una croce: sì, ma il mio non è Paganesimo teologico e morale. Lo so che è tutt’altro.

A parte il fatto che la Sapienza che nasce nella mente di Dio, è una figurazione precristiana, in lei vive il simbolo umano e civile.

Minerva latina, manifestazione sincretistica della splendida PallaV ellenica, è il mito, il simbolo più bello che la civiltà greca e umana abbia figurato per rappresentare la Sapienza: una fanciulla bellissima, dagli occhi azzurri, armata, che esce dalla mente del dio generatore: la Scienza è bella, guarda alle cose celesti, è delicata e irresistibile…

Penso che nessuno, dal mistico al materialista possa dispiacersi. Io godo nel contemplarla, nel vederla soffusa di luce azzurra, aleggiare su tanti libri, che esprimono tanti aspetti dell’uomo, essa, la Cultura, incantevole libertà spirituale sulla istintiva schiavitù della materia.

1974. Marzo 8.

Ieri abbiamo inaugurato la sede dell’Associazione storica, nel settimo centenario della morte di S. Tommaso d’Aquino. È stata aperta la “sala Minerva”, e il programma, preparato in Febbraio, è riuscito abbastanza bene.

In chiesa, a s. Domenico, rito religioso dell’arcivescovo Roberti omelia del padre provinciale di Malta (inaspettato!), i canti liturgici composti da s. Tommaso, cantati da un coro di giovani diretti dal maestro Enrico Caruso. Nella sede un mio discorsetto introduttivo “S. Tommaso a Piedimonte”: legame gentilizio con la casa di Aquino feudataria di Piedimonte, legame culturale tramite i Domenicani e le scuole teologiche locali). È seguito il discorso ufficiale del prof. Michele Malatesta “S. Tommaso e il Concilio Vaticano II”.

Abbiamo commemorato “il più grande intellettuale di un’epoca, il figlio più colto dell’antica Terra di Lavoro”, così ho detto nel mio discorso, quello che dal concilio di Trento in poi, fino a Pio XII è il teologo e filosofo ufficiale della “Chiesa”, e più veramente del Papato. Oggi comincia ad essere contestato. Che cosa non si contesta?…Il giorno in cui, per rivolgimenti politici e ideologici, dovesse restare accantonato, come si potrebbe definire la sua opera? Un grande tentativo, quasi enciclopedico, di vedere come sia possibile una continuità di indagine logica dal campo della ragione a quello superrazionale della fede cristiana. Ci è riuscito? O la “continuità logica” sta solo in una scelta di elementi, per lui fondamentali, e per altri solo oggettivi? Ed è vera filosofia partire dal presupposto di voler giustificare il soprannaturale? Un certo soprannaturale?… Ogni filosofia, come ogni teologia è un atto di fede. Se fosse nato nel Brahamanesimo? Fino a che punto, il contenuto storico-ambientale di una dottrina, può agire sulla metafisica nuda e spoglia, deformandola, adattandola, trasformandola?…

E qual è il sottofondo comune dal quale i vari “sistemi” emergono in superficie?…

Nel campo morale ci sta: il rispetto della personalità degli altri, mantenuto dalla civiltà occidentale nel campo umano, e portato logicamente anche al campo animale dalla religiosità orientale. Ma quando entriamo nel dogma, e cioè nella formulazione concettuale teologica e filosofica, come si giustificano?… Ogni “sistema” ha creduto di trovare una continuità logica, immaginando un Soprannaturale come coronamento di un edificio naturale. Ma questo passaggio – che segna la caratteristica del “sistema”, quanto dura?… Dura finché c’è utilità a farlo durare. Così s. Tommaso, che aveva posto il Papato al di sopra del Concilio ecumenico, vide il suo libro sull’altare a Trento, affianco alla Bibbia. Ma fu abbandonato dal Papato in alcuni settori (regime politico, “immacolata concezione della Madonna”, oggi con la filosofia dei popoli). Di ogni credo resta quel che l’evoluzione mentale permette che sopravviva. Il colossale e serio atto di fede ragionato, pensato da s. Tommaso, come da altri, resterà valido finché serve al padrone, poi, la mentalità nuova, nata da esigenze nuove, consiglierà chi sta a capo di accantonare parte o tutto.

Stasera, finita la cerimonia d’inaugurazione, ho pensato a tutto questo.

1974. Aprile 22

Ho terminato il dattiloscritto di “La guerra nel Medio Volturno nel 1943”, un libro cronistico e aneddotico. Stamattina do inizio a un lavoretto tutto diverso per l’annuario del liceo.

Mi sembra un passaggio, sul tipo di “L’infinito” di Leopardi, dalla siepe del giardino agli spazi sterminati, da una piccola e cara oasi di verde a un territorio immenso senza riferimenti. Camminerò per quanto mi sarà possibile.

Dal fatto localizzato allo schema astratto non è questione solo di distanza, è mutamento di visuale e di mentalità, è sviluppo di quantità ed evoluzione di mentalità.

1974. Maggio 1

Circuito del Matese con l’Associazione storica. Brevi notizie per via; a Sepino visita agli scavi e poi pranzo. Molta allegria, qualche frutto intellettuale e, per me, un modo di rompere la mia solitudine.

Lontano, in alto Terravecchia presa d’assalto dai Romani nel 293 e distrutta. Qui in basso Saepinum romana. Fatalità, bisogno, difesa… Vedo il pendolarismo degli aggregati umani: preistoria in montagna, epoca romana in pianura, nel Medio Evo ritorno in alto, oggi ritorno in pianura. Sono concomitanti le epoche di sicurezza politica con grassa agricoltura e commercio, e le epoche di insicurezza con pastorizia e stentata cultura dei campi. Di tutto questo attaccamento alla vita è testimone l’adattamento all’ambiente. La vita individuale e sociale vi si sposta, e i relitti del passato vi restano inerti e monchi, miseri o splendidi, come conchiglie senza il mollusco che ci viveva.

1974. Maggio 11

Dietro mio consiglio, quest’anno per la seconda volta la statua di s. Giovan Giuseppe della Croce sarà discesa il I Giugno per farla partecipare alla processione di s. Marcellino, come faceva il santo, da vivo, tre secoli fa.

Per l’occasione ho dettato frasi per manifestini. Eccone qualcuno: “S. Marcellino e s. Giovan Giuseppe: martirio e penitenza, ecco l’insegnamento dei santi”. Questo quanto alla forma, ma il mio pensiero va oltre.

Il primo, a Roma convertì Pagani peccatori, l’altro fra noi convertì Cristiani peccatori. L’elemento comune dei convertiti non era l’ideologia formale, ma il peccato, la grossolanità e la violenza. Il primo diffuse una organizzazione certamente più pura di un’altra cristallizzata, l’altro rivolle pure una società, mutata solo nel nome, ma rimasta preda dell’umana debolezza. Nella grande città e nella solitudine, la missione per entrambi fu di far guardare a una società della quale può esser cittadino chi soffre e stenta in questa e guarda a un altro mondo, a un mondo ideale, guida di questo.

In processione, le statue di questi due contestatori della grossolanità, della truffa, della sopraffazione, rappresenteranno la scuola superiore di spiritualità: come si persuade senza imporre, sopportare senza reagire, resistere senza uccidere... Ma a chi sto parlando?... A me stesso. È il mio soliloquio. Molti non guarderanno le due statue, altri guarderanno al denaro che reggono, altri godranno dell’assembramento, dello sparo, nessuno alla vita sacrificata di quei due. Si può punire severamente gente rimasta bambina? Cresciuta e rimasta intrigante e truffaldina?... Uno su mille rifletterà su quelle due fisionomie portate in giro, e penserà che la vita non è divertimento... ma forse perché, per ragioni sue si trova già disposto a pensare così.

1974. Settembre 11, vespro.

Una bambina, a pianoforte, suona una composizione di Enrico Caruso, vivente compositore piedimontese, dedicata a me. Quante confluenze di simpatie! Alla bambina ho indirizzato un sonetto.

Ad Anna Pia Mastrangelo, vincitrice nella gara di Girotondissima a pianoforte.

Nel tuo piccolo cuore di fanciulla,

della tua fantasia nel candore,

guardi alla vita con lieto stupore,

e in un incanto la mente si culla.

T’avvolgi sempre in una melodia

di gorgheggi, di trilli e di canzoni;

canto che sgorga da quelle visioni,

e nasce dai tuo sogni, o Anna Pia!

Forse per questo, pur così piccina,

tu riesci a dar vita a musicali

note, dai geni dell’arte sentite!

Rivivi, e non l’avverti, la divina

poesia dei fanciulli, e le ideali

armonie, e le estasi infinite!

1975. Marzo 15

Leggendo “Logica e Filosofia” di Michele Malatesta.

Semplicità d’eloquio, e di pensiero

profondità nel logico rigore,

di raziocinio elastico vigore,

acume nel fissar l’astratto vero,

vasta cultura e ragionar severo,

indagine che mostra il tuo valore

sovra scienze e linguaggio, e ‘l tuo fervore,

sicuro sì che quasi sembri altero.

Tanto appar dal tuo libro, o dolce amico,

ond’io t’ammiro librarti, lontano

dall’incosciente balbettar terreno.

V’hai raccolto il pensier d’oggi e l’antico.

Minerva fascinosa la tua mano

guida col guardo cerulo e sereno.

1975. Aprile 28

A Corrado Petella, vent’anni dopo la caduta (I Maggio 1955)

Son passati vent’anni da quel giorno,

quando giacesti a terra nel dolore,

quando restasti sol nel tuo languore,

in un’indifferente calma intorno.

E il ciel di primavera fa ritorno,

e fiori, e trilli, zefiri ed amore,

sogni, tristezze, affanni, furore,

tutto rinasce e vive, e freme attorno.

Ma a noi dopo vent’anni sempre appare

inerte e nebuloso l’orizzonte,

nel mesto tramontar delle illusioni.

Resta il desìo, ma solo, che può dare?

Ci estingueremo in esso?... o nella Fonte

del Tutto rivivrai nostre visioni?...[19]

1975. Maggio

Iscrizione sulla pergamena offerta dall’Associazione Pro Loco di Piedimonte Matese al Maestro Enrico Caruso:

AL MAESTRO ENRICO CARUSO / CHE NEL NOME E NELL’ARTE / RIPORTA ALLA VITA / IL SUO GRANDE CONGIUNTO, / CHE TRASMETTE AI GIOVANI / LA TECNICA IL SENTIMENTO LE VISIONI / DELL’ARTE DI ORFEO, / L’ASSOCIAZIONE PRO LOCO / DI PIEDIMONTE MATESE / E’ FELICE DI MANIFESTARE / CON QUESTA DEDICA / L’AMMIRAZIONE DI QUANTI / NE SENTONO E NE GUSTANO / LE ARMONIE.

Nella stessa data, è stata offerta agli alunni del M° Caruso, una pergamena con questa iscrizione:

A …………………. / CHE HA SPRIGIONATO DALL’ANIMO / IL SENTIMENTO MUSICALE, / E DALLA SCUOLA DEL M° ENRICO CARUSO / HA APPRESO / LA PERFEZIONE DELL’ARTE / L’ASSOCIAZIONE PRO LOCO / OFFRE A RICORDO / DELLA MANIFESTAZIONE / DEL MAGGIO 1975 / IN PIEDIMONTE MATESE.

1975. Ottobre 1

Per la prima volta dal 1938, quest’anno non vado a scuola.

Sono in congedo per salute, congedo che praticamente mi mette fuori della vita scolastica.

Un sintomo di quest’accantonamento è venuto dal telefono che stamane non ha trillato. Dispiacere?... Nostalgia?... No, sinceramente no. Posso insegnare nelle aule, coi libri, e la mia parola sarà riservata a gruppetti di ragazzi spesso distratti e seccati, o a lettori di numero e predisposizione ben diversi. Quanto al gusto di star in mezzo, di esser considerato qualcuno per il posto che occupo, non ci ho mai tenuto. Perciò, coraggio! È il primo giorno di una terza fase della mia vita. Continuerò a studiare e a insegnare attraverso il libro, fino all’inevitabile ripiegamento finale.

1975. Ottobre 15.

Stamane a palazzo ducale, i Gaetani d’Aragona hanno approvato lo statuto della loro associazione di famiglia.

Riunione signorile. Il presidente principe Ferdinando Gaetani d’Aragona, ha dato il benvenuto. Chiamati da Livio Gaetani d’Aragona, sono intervenuti il sovrintendente agli archivi, il prof. Pontieri e il prof. Pezzana. Sono intervenuto anch’io, ed ho accennato alla “storia congiunta” di Piedimonte e di Casa Gaetani. A nome dell’Associazione storica ho chiesto pure che l’archivio sia reso accessibile, e che il generale Francesco Gaetani d’Aragona, sepolto sotto la chiesa di s. Francesco, abbia una tomba “visibile e degna”. Con gli altri che hanno scritto su Casa Gaetani sono anch’io membro aggregato. Sono stato nominato pure segretario del Centro studi.

Notizia della costituzione dell’a.f.g.a. sarà inviata a Re Umberto. Si tende ora alla personalità giuridica. Nascerà una “Fondazione Gaetani d’Aragona”. A questa potrà esser dato il palazzo ducale, che diventerà centro di cultura.

Mi è sembrato di stare nel Nord Europa, fra le famiglie nobili di Gran Bretagna, Germania…

1976. Febbraio 15

Stanotte, furto a S. Maria Maggiore: la statua argentea del Patrono decapitata e asportata in parte.

Finora quella fisionomia accigliata e venerata aveva riscosso timore reverenziale. Oggi si ha la prova che quel timore è finito.

È finito in chiesa perché è finito in casa, in tante case “moderne”. In case, come quella del ladro, dove c’è la corruzione di una moglie puttana a pagamento, dove c’è il marito che vive col furto, in cui ha ammaestrato i figli, dove stanno i figli che, ai cromosomi aggiungono la crescita in quell’ambiente, fra bestemmie, odio di classe, “imprese” notturne…

È gente che si sa evitata, schifata, sprezzata. Per ritorsione odia, bestemmia, assale e distrugge! La società crea il bello, il morale, il sacro, il venerando… ma è venerando per essa. Quel gruppo reietto non fa parte di quella società, e non nutre quei sentimenti, non sente quei freni, non predilige quei gusti, sa che gli è negato quel decoro… Odia, irride e distrugge.

È dunque connessa la distruzione della società tradizionale con quella della sua religiosità e moralità, della sua arte?...

Che si può fare? Continuando così, fra vent’anni le chiese saranno spogliate, i musei resteranno distrutti.

Sterilizzare le dinastie dei ladri? fucilarli nei casi in cui il furto è connesso al delitto? O elevare la miseria coll’obbligo al lavoro, pianificato, vario, garantito? dare un minimo di proprio da cui cominci a nascere la responsabilità? Eliminare il ribelle o legittimarlo?..

Ma nell’attuale repubblica, corpo senza cervello che diriga, e senza cuore che palpiti per qualcosa, chi potrà fare l’uno o l’altro?...

1976. Maggio 12

Ai coniugi Raffaele e Rinda Grillo, per una bottiglia di latte rotta involontariamente.

Per una bottiglia di latte,

caduta all’oscuro riversa,

e in tanti frantumi dispersa,

col liquido umore che batte

che sembra persona assaltata,

il sangue, a fiotti, perdente,

in nera nottata morente

per una ferita spietata

io v’offro un soave liquore,

di aranci fragranti odoroso,

che genera un dolce brioso

piacere di vivere al cuore.

Così, per la morte di ognuno,

la vita si spegne nel nulla,

e l’ultimo palpito annulla

la mente, e si torna nessuno.

E il nuovo gradito liquore

è un nuovo fantasma illudente,

che affascina e abbaglia la mente,

e scaccia chi muore dal cuore.

1976. Giugno 10

Nostalgia del mio passato, mia immedesimazione nel futuro di un altro che ora vede la luce, ricordo visivo degli orizzonti contemplati, all’annunzio datomi da un giovane amico di aver avuto un figlio – del quale farà uno scalatore – mi hanno dettato un sonetto[20].

1976. Agosto 27

Ringraziando per un vino squisito, a G. M.

La furia del selvaggio Polifemo,

quando assaggiò stupito quel liquore,

che Ulisse offriva con ansia e timore,

s’estinse inconscia in un sopore estremo.

Ieri noi dicevam: Noi liberemo,

e del pensier l’affaticato ardore

e delle braccia l’improbo sudore,

il nettare assaggiando, estingueremo.

Tanto avvenne, e or, grati pel tuo dono;

vino fragrante, limpido, gustoso,

porgiamo grazie, e del lieto abbandono

che provammo, e ch’al mondo vergognoso,

a vizi e truffe, ed al delitto prono,

accrebbe in noi dispregio disgustoso.

1976. Ottobre 10

Ho letto il volumetto di poesie Quousque tandem?... di Francesco Bello di Guardia Sanframondi, poeta e pittore. Sorpresa e meraviglia.

La forma, per me tradizionalista, è tale che quelle composizioni brevi e laconiche, con versi a volta di una sillaba! sembrano sentenze, o annunzi, o telegrammi. Non parlo dello sdoppiamento della parola, con cui ricava significati diversi. Spesso vi applica il frasario del chimico e del farmacista.

Sono esterrefatto dinanzi a tanta audacia stilistica.

E il contenuto?... È tutto una condanna di un mondo tra pervertito e impazzito, forse una qualità conseguenza dell’altra. Impazzito perché capovolge e distrugge la tradizione, e non sa dove andare; pervertito e sporco ipocrita, perché traveste l’aberrazione. Un doomwriter, il poeta.

Ma ci sta la poesia?... Ci sta, poiché egli si agita nel dramma. A prima lettura sembra un cronista. Invece disprezza. C’è poesia, in quanto egli si libra su una sporca realtà. E non evade, anzi si sente coinvolto in una lotta di sarcasmo e ripulsa. La passione c’è, l’agitazione, e c’è poesia. Stile a parte, è un Parini a vent’anni dal secolo ventunesimo.

1976. Ottobre 17.

Ieri l’Associazione storica ha dato una bella manifestazione di vita: nella sala Minerva, l’Antologia del Medio Volturno è stata presentata a un centottanta soci.

Dopo le mie parole d saluto e di ringraziamento, molti poeti e alcuni pittori hanno letto le loro poesie e illustrato i loro quadri, tutto accompagnato da musiche, in ultimo, la Leggenda di Frate Sole dal cinguettio dei passeri del giardino. Com’era bello stare fra persone corrette e ben disposte, venuti dai punti estremi della vallata.

L’Antologia vuol essere la rivalutazione delle nostre terre nel campo culturale letterario. Sono ben quarantotto (e potevano esser di più) le Voci di ieri, e quarantadue quelle di oggi. E non è poco, in un territorio di villaggi, con solo quattro piccoli centri culturali.

In questo tentativo di unire sentimentalmente gli abitanti della vallata, fino a che punto siamo riusciti? Da noi si legge pochissimo. Perciò giudicheranno i posteri. Per ora spero che ne venga maggiore vitalità all’Associazione.

1977. Aprile 23, s. Giorgio.

La lettura di “L’origine dell’uomo” di Mikail Nesturd, mi ha portato a un esame di coscienza.

Io frequento la chiesa e partecipo al culto pubblico. Come accordo Antropologia e Metafisica?

La risposta a me stesso è pronta, perché non è nata da questa lettura, ma si è formata in me da anni.

Anzitutto religiosità per me non è mitologia. Mitologia e dogmatismo sono religio addita, rivestimento ambientale-storico-emotivo e concettuale della religiosità. Questa è per me religio indita. E vi distinguo due aspetti: uno intimo: l’ansia del Soprannaturale, che sta in me perché esiste nell’Universo; l’altro, esterno, conseguenza del primo, sociale, umano. Religiosità è uno sguardo (assai velato dai sensi) in una coscienza cosmica attraverso un rapporto sociale. Non solo sguardo, ma anelito all’infinito, a vivere nella Coscienza infinita, al Paradiso.

E che valore hanno mitologia e complessi di dogmi?

Sono certamente prodotto umano, di una fantasia immaginifica o concettuale. Ma solo allucinazione?

No. È anche risposta sensibile a un appello informe; è specchio opaco di una luce accecante; è schematizzazione di intuito inafferrabile.

Le mitologie storiche – precedute da chissà quante altre preistoriche! – hanno valore. Non sono sciocchezze. Ci rida su il superficiale beffardo che riesce a spassarsi sui miti irriverenti di Zeus, ugualmente come sul “Paraviso” di F. Russo[21]. Quando penso a Minerva che esce armata dalla testa di Giove dopo le martellate di Efesto, io penso alla parola che nasce nella mente, al Logos della Coscienza infinita; non rido e derido come Luciano di Samosata[22]; quando penso al “pensiero di pensiero”[23] di Aristotele, non mi fermo al tentativo ambizioso di ridurre in uno schema mentale la “vita” dell’anima soprannaturale dell’universo.

L’Antropologia procede materialisticamente, guardando al soma. Non ha torto. Ma è unilaterale. Vuole vedere solo quello: una macchina che si perfeziona coll’uso e il bisogno. La Teosofia in questa macchina viva vede anche uno sviluppo parallelo di una coscienza che si amplia superando limiti di ogni genere, attraverso barlumi d’infinito e di eterno.

La religiosità non è per me un sogno campato in aria, assurdamente slegato dal complesso delle convinzioni. Ho coscienza che non cado nel contraddittorio, nell’inchinarmi a una Realtà misteriosa.

Il rito cristiano, quello della mia terra, preceduto da quello più antico, e prima ancora da riti selvaggi e primitivi (anch’essi rozzi barlumi di più ampi orizzonti), è riconoscimento civile, intimo e collettivo, poetico e misticamente concettuale, del grado di evoluzione civile.

Però, ci sta ancora troppa Bibbia. D’accordo. Vi appare, specie nella prima lettura e nei versetti dei salmi troppo antropomorfismo, e troppo ambientamento localizzato geostoricamente… Ma è pur quello di voci che trenta secoli fa pensarono a un dio non come proiezione della multiforme vita umana, ma “solitario sopra i fati” come disse Carducci[24], a un Incomprensibile al di là delle scienze, prima delle origini, dopo la morte di ognuno e di tutto.

(Iniziata il 12 Marzo 1978 con musica)

Quando

sarà disperso dal vento

quando il mio corpo

sarà dissolto nella terra,

la scintilla che ora

è prigioniera

scomparirà nella fiamma immensa

dell’universo.

In quella luce cui tendevo da quando

Vivevo nel carcere

1982. Novembre 22.

Sulla pergamena offerta dai “cavalieri dell’Immacolata” a don Espedito Grillo che lascia la parrocchia di Vallata.

EQUITES IMMACULATAE VIRGINIS MARIAE / PEDIMONTIS MATESII / IN DIE QUA QUADRAGINTA QUINQUE POST ANNOS / SEDULI MINISTERII / DOM. EXPEDITUS GRILLO / PROTONOTARIUS APOSTOLICUS / INSTITUTOR SODALITATIS / CURAM DEDIT ANIMARUM / PAROCHIAE ANNUNCIATIONIS / AD TESTIMONIUM MEMORIAMQUE / IPSORUM ERGA EUM PIETATIS / D. D. D. / DIE OCTAVA DECEMBRIS (oppure VI ID. DEC.) MCMLXXXII.

I cavalieri dell’Immacolata / di Piedimonte Matese / nel giorno in cui / dopo quarantacinque anni, / di assiduo ministero, / don Espedito Grillo / protonotario apostolico / fondatore del sodalizio / lascia la cura delle anime / della parrocchia dell’Annunziata, / in testimonianza e in ricordo / della loro devozione per lui / danno donano dedicano. / Il giorno 8 dicembre 1982 (oppure: il sesto giorno prima delle idi di Dicembre 1982.

1982. Dicembre 4.

Sulla pergamena dell’A.C.L.I. a mons. E. Grillo:

L’ASSOCIAZIONE CRISTIANA / DEI LAVORATORI ITALIANI / DI PIEDIMONTE MATESE / SALUTA COMMOSSA MONS. ESPEDITO GRILLO / LORO ASSISTENTE FIN DALLA FONDAZIONE, / NEL GIORNO IN CUI LASCIA LA PARROCCHIA / E LO RINGRAZIA CON AFFETTO FILIALE / PER AVERLO AVUTO / GUIDA INCITATORE MAESTRO. / PIEDIMONTE MATESE 8 DICEMBRE 1982.

Sulla pergamena dell’Amministrazione comunale a mons. E. Grillo:

DECURIONES PEDEMONTANAE CIVITATIS / BENEFACTA IN CIVES MEMORANTES / DOM. EXPEDITI GRILLO / IN AUXILIO PAUPERUM AC / IN CONSILIO BONI PUBLICI, / GRATAE MEMORIAE CAUSA / CONCIVI BENEMERENTI AC / SACERDOTI PIENTISSIMO / PRAEBENT VI ID. DEC. MCMLXXXII / IN QUA E CURA PAROECHIAE ANNUNCIATIONIS / AD COLLEGIUM CATHEDRALIS PROMOVETUR.

SYNDICUS, PER ASSESSORES CONSILIARIOSQUE.

1984. Gennaio 24

Per la festa dei diciott’anni di Maria Grazia Ciliberti

Sonetto

Nel giorno in cui la gioventù fiorente

batte alla porta, lieta e spensierata,

indietro guardo a quell’età passata,

di sogno circonfusa, e sorridente.

Poi guardo avanti, a un avvenir nascente

serio e pensoso, pur da quella data.

Vedo doveri, vita contrastata,

e più ampio sviluppo della mente…

Voglio fermar il tempo per un’ora,

far incontrare le meravigliose

visioni d’infanzia col gradito

augurio al mio futuro. Per quest’ora

di svago e di piacere alle Formose,

a casa mia v’aspetto, a San Potito.

1984. Luglio 7.

Sulla pergamena a don Geppino Manzo

D.NO JOSEPHO MANZO / QUI V ID. JUL. MCMLIX / A VIRGINIO DONDEO EPISCOPO ALLIPHANO / IN ECCLESIA ANNUNCIATIONIS PEDIMONTIS / CHRISTO SACRATU EST, / SUBSCRIPTI DEVOTE GRATULANTES / VIGINTI QUINQUE POST ANNOS CONFECTOS / CHARTAM HANC PICTAM / OFFERUNT / IN MEMORIA REI / IN TESTIMONIO CHARITATIS.

A don Giuseppe Manzo che nel quinto giorno prima delle Idi di Giugno (= 9 Giugno) del 1959, da Virgilio Dondeo vescovo di Alife, nella chiesa dell’Annunciazione di Piedimonte, fu consacrato a Cristo, i sottoscritti, congratulandosi devotamente, dopo trascorsi 25 anni, offrono questa carta dipinti in ricordo del fatto, e in testimonianza della carità.

1984. Dicembre 30.

Azione e contemplazione.

Ai nobili coniugi Antonio e Sissy Filangieri, in risposta al loro teosofico augurio. Sonetto.

Nelle foreste, sotto l’Equatore,

la natura selvaggia hai conquistato,

per l’umano benessere hai lottato

con studio, nel perielio, con ardore.

E tu, dopo gli affetti hai dato il core

a musica e a pittura, ed hai donato

un anelito ancor più sconfinato

al puro teosofico splendore.

Insieme, riassumete l’ideale:

tu hai redento la natura bruta,

tu la sublimi in un arcano Cielo.

Civiltà è dominio del reale

ed è altezza di spirito, ottenuta

guardando a un Infinito senza velo.

1986. Giugno 30

Ai versi dell’amico Romolo Gianfrancesco di Vairano, residente a Roma, riguardanti Mezzogiorno di pace sul Volturno, sulla copertina della Guida del Medio Volturno, ho risposto:

Sonetto

Veggo i tuoi versi, o caro e dolce amico,

guardo al Volturno sul libro ritratto;

le tue parole che hanno rifatto

il cammin della Guida, leggo e dico.

E il fiume scorre nel suo piano aprico…

lo splendore solare vi è ritratto;

ancora il bove a berne l’acqua è tratto…

vita pulsante in paesaggio antico…

Ma noi non siam quel bimbo sulla sponda,

immerso nella luce e nel calore,

che gioca, e vive della vita ignaro…

Per noi trascorse tanta placid’onda

verso un mare infinito, nel colore

d’un lontano orizzonte ancor più chiaro!

1986. Giugno 30

Il mio messaggio al Gruppo Escursionisti del Matese

Vedo ammirato, che il vostro Gruppo si è rivelato un programma di vita.

Siete giovani decisi, che salite con autodisciplina sulle montagne, camminando l’intera giornata.

Prima studiate il percorso. Ne fate la cartina, il grafico, la sezione, per conoscere scientificamente il territorio nella topografia e nella geologia. Poi andate.

E così movete i muscoli e il pensiero, aprite i polmoni e la mente, allenate il fisico e il morale, conoscete le patrie montagne e la vostra capacità di resistenza.

Nel giorno preavvisato evadete da un mondo frivolo e convenzionale, da un lauto pranzo, da un video televisivo snervante, e andate verso le alte solitudini delle vette matesine. La vostra lunga fila popola quei luoghi solitari, l’assenza dei rumori apre in voi il colloquio interiore, la fatica muscolare e l’amor proprio vi spingono alla persistenza allo sforzo e alla formazione del carattere. Un’attività che non si riduce a passeggiate chiassose e insignificanti, che non vi porta cupidamente sui monti per uccidere gli ultimi innocenti volatili, ma tiene come emblema il rispetto della natura e della vita.

Il G.E.M. è nato da due anni, ma come numero, programma, metodicità, si è rivelato completo per il triplice sviluppo organico: muscoli, studio, volontà. E’ augurabile che tutti i giovani vi appartengano, per realizzare in sé la serietà e la passione che ne emanano.

E con questo augurio, consegno a voi che vi appartenete, la fiaccola olimpica dell’escursionismo matesino, che ho sorretto silenziosamente per quarant’anni, e che voi porterete nell’imminente Duemila.

Dante Marrocco

Tessera n. 1 di socio on. del G.E.M.

firma

“Matese, montagna da scoprire”, ecco il programma del G.E.M., che non si riduce a “scoprire” con passeggiate, ma che si rivela ben più complesso.

Si può scoprire il Matese attraverso la geologia, l’antropologia, la storia, la geoeconomia…, e si ha la scoperta culturale. Si può scoprire per mezzo dell’escursionismo, nello sforzo a salire sulle vette per ammirarne la bellezza del paesaggio, e in tal caso la scoperta diventa fra sportiva e sentimentale. Entrambe sono necessarie per una visione unitaria e completa.

I giovani del G.E.M. si preoccupano specialmente della seconda che, più dell’altra si confà alla loro età, al loro gusto, alle loro aspirazioni. Da essi sono stato invitato a scrivere poche parole di presentazione. Ma in nome di che?... In nome di quella passione che mi accomuna ad essi, che mia ha portato tante volte sulle vette solitarie, prima fra tutte usque ad montem qui dicitur Esere, la vetta del massiccio, che oggi chiamiamo Miletto.

Tre erano gli elementi propulsori che riscontravo in me durante le escursioni:

- evasione da un ambiente superficiale, chiassoso e infido;

- allenamento fisico di resistenza senza violenza;

- orgoglio di vedermi, spesso solo, dove altri non arrivavano soprattutto per debolezza di volontà.

Salivo e pensavo. Mi vedevo quasi insieme al nostro archeologo-escursionista G. F. Trutta, il primo a descrivere le sue ascensioni ; pensavo agli ufficiali e soldati che nel 1820 vi misurarono per la prima volta il punto trigonometrico; mi pareva di stare nel colto gruppo del C.A.I. di Napoli dal 1865; sulla vetta rivivevo la giornata del 7 Agosto 1898, quando centocinquanta persone vi inaugurarono il rifugio; tornavo idealmente fra gli “Scarponi del Matese” miei coetanei, e rivivevo il mistico momento della benedizione della prima croce, il 2 Agosto 1962… Ma era passione personale e solitaria, certamente inferiore a quella che invece riesce ad accomunare allo slancio singolo quello di gruppo, quella che si attua nella società. E’ quanto appare nel G.E.M.

E’ un’organizzazione che supera quelle precedenti

- per la conoscenza scientifica presupposto di ogni escursione;

- per il valore sportivo ed igienico che dà all’organismo;

- per la sistematicità nell’attuazione.

In sintesi ho detto tutto.

L’augurio è che il G.E.M. continui.

C’è stato un trekking Allifae-Saepinum. Se ne preparino altri: il valico, ad esempio del massiccio, porti gli escursionisti da Allifae a Bovianum, risorta romana ad opera dei soldati della legione undicesima, la Bovianum undecimanorum; da monte Muto di Piedimonte dove visse il santo asceta Giovan Giuseppe della Croce, si raggiunga la montagna delle apparizioni a Castelpetroso; si schierino nella salvaguardia di quella natura vergine, minacciata dall’asfalto invadente; penetrino profondamente in quelle grotte che furono rifugio di partigiani dal 1809 al 1861; su un pianoro raggiunto studino le possibilità economiche di produzione; diano posto a quel programma complesso che già li caratterizza simpaticamente.

Quel che il G.E.M. ha compiuto in pochi anni è molto. E’ la fase entusiastica di tutte le società. Gli escursionisti del Matese devono ora passare alla fase sistematica, che pretende meno e dura di più. Devono sempre più coscientemente realizzare sport e studio, slancio e riflessione, muscolatura e carattere, qualità che confluiranno nella formazione della loro personalità.

A questa trasfigurazione dell’escursionismo a norma di vita sono già ben avviati dal loro fervore giovanile cui fa da sfondo il paesaggio del Matese che li porta dopo dure salite ad ampiezza di veduta, come dev’essere la loro personalità.

firma

1986. Luglio 20

Per i cinquant’anni di sacerdozio di don Emilio Calce arciprete di Marzanello.

IN DIE QUA / AEMILIUS CALCE / EXITUM L ANNORUM ASPICIT / EX QUO CHRISTI SACERDOS / SACRATUS EST / PRAESES CONSOCIATIONIS / CULTORUM HISTORIAE / VALLIS MEDII VULTURNI / HOC DIPLOMA / SOLIDALI CLARISSIMO / HISTORIARUM AUCTORI / IN TESTIMONIO REVERENTIAE / VII KAL. AUG. MCMLXXXVI / D. D. D.

1986. Agosto 8.

Guardando l’invito alla commemorazione dei cinquant’anni di sacerdozio del padre Cipriano Caruso o.f.m. superiore del convento e dell’Istituto di s. Maria della Vigna in Pietravairano.

Guardando l’invito. Sonetto

Sull’invito sta scritto “Pace e bene”,

e il volto di Francesco vi compare.

Nell’occhio fisso l’estasi traspare,

lo stupore di questa ne ritiene.

Da quello sguardo un ordine ti viene:

– Porta la pace, sembra sussurrare,

vivi per gli altri, a ciò devi aspirare…

Un dolce sacrificio ti conviene.

E tu l’hai fatto. Nell’ospizio pio,

i figlio d’altri, come tuoi, guidasti

nei bisogni terreni, e verso il Cielo.

Vicino senti il misterioso dio,

che tu per cinquant’anni celebrasti

nel rito, e nell’amore del Vangelo.

1986. Agosto 23.

Per l’a.f.g.a. associazione di famiglia dei Gaetani d’Aragona, ho proposto le seguenti lapidi:

Sulla facciata del palazzo ducale in Piedimonte:

IL 7 APRILE 1734 / NICOLO’ GAETANI D’ARAGONA / PRINCIPE DI PIEDIMONTE / QUI RICEVEVA E, / PRIMO FRA I SIGNORI DEL REGNO, / RICONOSCEVA / CARLO DI BORBONE / QUALE RE DI NAPOLI / DANDO INIZIO / AI CENTOVENTISEI ANNI / DI DOMINIO E DI STORIA / DELLA NUOVA DINASTIA.

Nella chiesa di s. Francesco in Piedimonte:

QUI RIPOSA / FRANCESCO GAETANI D’ARAGONA / PRINCIPE DI PIEDIMONTE / (1664 PIEDIMONTE 1734) VICERE’ DI ARAGONA / COMANDANTE TERRITORIALE / DELLA CATALOGNA / NELLE GUERRE DI SPAGNA / SEMPRE VINCITORE / SEMPRE FEDELE.

Nella chiesa della Madonna delle Grazie in Piedimonte, ne ho proposto due, una più generica e personale, un’altra storicamente più esplicita, che illustra l’azione svolta dalla principessa:

    1. QUI RIPOSA / AURORA SANSEVERINO GAETANI / PRINCIPESSA DI PIEDIMONTE / (SAPONARA 1666 – PIEDIMONTE 1726) / IN ARCADIA LUCINDA CORITESIA / MENTE RIVOLTA ALLA CULTURA / CUORE APERTO AI BISOGNOSI / ANIMO MIRANTE AL BELLO / IN POESIA MUSICA DRAMMA / PRIVATA DELL’AMORE DEI FIGLI, / LO SUBLIMO’ NEL FERVORE RELIGIOSO.
    2. QUI RIPOSA / AURORA SANSEVERINO GAETANI / (SAPONARA 1666 – PIEDIMONTE 1726) / POETESSA ITALIANA E LATINA / NELL’ACCADEMIA DELL’ARCADIA, / FONDATRICE IN PIEDIMONTE / DEL PRIMO TEATRO / DEL PRIMO ORFANOTROFIO / DELLE PRIME PUBBLICHE SCUOLE, / CHE SUBLIMO’ IL DOLORE / PER LA PERDITA DEI FIGLI / NEL FERVORE RELIGIOSO.

Sulla casa di don Alfredo Romano a Solopaca:

IN QUESTA CASA / STUDIO’ E OPERO’ / ALFREDO ROMANO / (1912 SOLOPACA 1980). / INSEGNO’ E PUBBLICO’ / DI FILOLOGIA STORIA FILOSOFIA, / E QUANDO SCRISSE DI / SOLOPACA / ALLA CULTURA INFUSE / L’AMORE.

1987. Aprile 4. Sabato

Giornata fresca e radiosa. Primo bagno di sole dietro i bambù del giardino.

Mentre io sulla loggetta, dietro i vetri, batto a macchina il “calendario storico del Medio Volturno” fermandomi a Maggio, nella biblioteca, al piano sottostante, il soprano Giuseppina Benincasa di Bellona, si allena per il concerto di domani, accompagnata al piano dal maestro Giuseppe Ciaramella di Caiazzo. Nel piano più sotto, nella palestra, alcuni ragazzi si allenano alla caduta del ju-do: si sente il tonfo cupo e ritmico.

Tre funzioni diverse, tutte di valore sociale, oltre che personale. Dal basso, è come dire dal fondamento all’alto, la forza fisica, l’arte, la cultura, si succedono ordinatamente per l’adolescenza, la seconda gioventù, l’anzianità. Questa modesta casa resterà storica, per le funzioni sociali che ospita, rare a realizzarsi in tanti milioni di case.

Al piano più in alto, che affaccia solo nel giardino, una donna anziana, colpita giorni fa (da un attacco) che le ha tolto la parola e il movimento giace nel letto, muta, e sa di vivere solo per lo sguardo… E’ la vita dell’individuo! dall’alba meravigliosa al tramonto senza speranza… e dopo?... si riunirà nello spirito universale?... e la coscienza individuale?...

1987. Maggio 13

Il consiglio comunale di Piedimonte tornerà a riunirsi a s. Domenico, come nel ‘700. Ho proposto questa scritta:

IL CONSIGLIO COMUNALE / DI PIEDIMONTE MATESE, / TORNATO NELLA SEDE / CHE OCCUPO’ DURANTE IL ‘700 (opp.: IL SECOLO XVIII) / DOVE LA RELIGIOSITA’ E LA CULTURA / DEI DOMENICANI / S’INCONTRARONO / CON LA CURA E LA DIFESA (DEGLI INTERESSI) DEL POPOLO, / A RICORDO ED IMPEGNO POSE. (data e nomi dei 30 consiglieri attuali).

Non esiste solo la gente di oggi. Se sarà accettata rappresenterà la continuazione, l’aggancio della passata amministrazione con l’attuale.

Ma è proprio questa mentalità storica che manca. Come i bambini e i giovani vivono nel presente, e non sanno un passato che non hanno visto, così quasi tutte le medie culture sanno e s’immergono in quei fatti di cui sono stati partecipi. Nient’altro.

1987. Luglio 15

Per limiti di età, un mio cugino si ritira dall’ufficio. L’Amministrazione gli offre un diploma. Dietro richiesta, ho proposto quanto segue:

A TEODORO MARROCCO, / CHE DAI 18 AI 65 ANNI, / PER QUASI MEZZO SECOLO, / VISSE PER L’UFFICIO, / DAL 1940 PRESSO L’E.C.A. / E DAL 1947 CAPO / DELL’ARCHIVIO DEL COMUNE, / ASSIDUO, COMPETENTE, CORTESE, / L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI / PIEDIMONTE MATESE, / LASCIANDOLO CON RIMPIANTO, / OFFRE QUESTO DIPLOMA, / IN SEGNO DI MERITATA STIMA.

1987. Agosto 5

La loggetta dove studio si estende per quattro metri quadrati. Mi posso appena muovere. Una vetrata mi fa affacciare su giardini. Una “gabbia”? una prigione?

Per la via invece, mi muovo per la distanza che voglio. Libertà?

Da dove parto per la valutazione? Fisicamente, la visuale è quella detta, spiritualmente è il contrario.

Nella strada sono un individuo quasi senza personalità. Mi muovo per vie tracciate, devo vestire come gli altri, se mi astraggo posso finire sotto un’automobile, devo soddisfare a convenienze… Nella “gabbia” posso fare ginnastica seminudo, posso meditare o addormentarmi su un libro, e posso sognare. Sognare un mondo, che nel sogno diventa vero, di essere giovane, di essere colto, e che esiste un’umanità buona e leale…, sognare con Calderòn che la vida es sueno.

E torniamo da capo. Dalla “gabbia” vado nel mondo fisicamente esteso, dove devo convenire, resistere, sfuggire, fingere, e dove mi alimento, mi vesto, dove compro i libri…, nella “gabbia” mi ritrovo e riconosco come pensiero critico e sognante. Soma e psiche, corpo e spirito sono agenti nell’organismo. Qui sta il nesso. Ma chi deve prevalere?

Portare la vita esterna nella “gabbia” del sogno? Questo sarà ucciso, e diventerò uno schiavo, un automa manovrato da altri oppure un rettile che manovra altri… Portare il sogno, la visuale personale all’esterno? e sarà ricevuto da altri “sognatori”, e da schiavi?... cedere per avere?... Imporre con la forza o la potenza? non sarebbe altro che effetto momentaneo di quelle?... Con la persuasione e l’esempio? Ma trascinerei, finché conviene agli altri essere trascinati… Appartarmi, e limitare i contatti solo a qualcuno che vuole avvicinarsi?...

In ognuna di queste possibilità, io sto vedendo una o più grandi personalità della storia. Ma, o furono eliminati, o sono formalmente seguiti.

Niente da concludere? Individui massificati da scienza e tecnica, o società indispensabile solo per i bisogni, e che ci lascia liberi nel sogno ( religioso, artistico, culturale, ricreativo, politico…) …Sembra preferibile questa. E quando poi si vorrà imporre il sogno ( o la fissazione o l’interesse nascosto?).

Concludere in superficie è inconcludente. Per far rispettare ognuno dei due campi dall’altro, occorre tendere non ad un livellamento fisico-culturale, ma certo a una base, a una pedana di lancio, comune, prevedendo e accettando la direttiva di chi sa e può salire più in alto… Ma queste controllate attuazioni dei “sogni” di menti superiori, non finiscono negli schemi già prefissati da tanti pedagogisti e sociologi?...

1987. Ottobre 4

(“L’uomo quanto vale davanti a Dio tanto vale e niente più”. S. Francesco d’Assisi)

Il bisogno fisico nel sonno ci fa sognare uno scenario, un fatto, un apparato.

Così la sensazione di freddo mi ha fatto vedere in sogno un gruppo di forestieri che passano e dicono di partire perché fa troppo freddo…, il bisogno di orinare genera uno scenario che, in una chiesa, durante una riunione una gara, un colloquio, giustifica l’impedimento che avvertiamo nel subcosciente… Conclusione: il sogno è cornice, che nasce da un bisogno?

Limitandoci nel campo umano, tutte le organizzazioni sono un rivestimento del bisogno? Per cui, quando si dice di lottare per un’idea, si lotta invece per il bisogno?... il sogno è rivestimento camuffato della realtà costretta? nel campo dell’amore, la “scarica di vasi” è rivestita di Ideale?...

1987. Novembre 10

Una società deriva da un contratto fra chi dirige con forza o con astuzia, e chi si lascia dirigere, per interesse o cretinaggine.

Chi dirige lascia credere ed insegna una metafisica secondo cui è investito di carismi soprannaturali o di libero mandato del popolo sovrano.

Ora, se una rivoluzione scrolla l’ordinamento vigente, non si ferma alla vittoria conseguita con la forza o con la frode elettorale dell’elezioni, referendum e plebisciti, ma tende a propalare subito (se già non l’ha fatto prima), una ragione metafisica, o almeno ideale, che giustifica il raggiungimento del potere.

E il gruppo dirigente battuto, come viene considerato? O viene disperso con la forza, per paura che possa tornare al potere, o viene gradualmente asfissiato “incamerando” quanto possedeva. Non solo, ma con la metafisica del vincitore, il vinto viene presentato come parassita, e gli si toglie la possibilità di propaganda e la scuola… da dominatore a emarginato, da dirigente a parassita, secondo il vincitore.

Si guardi specialmente alla “storia” d’Italia degli ultimi centocinquant’anni. E quante volte è avvenuto anche fra gli altri popoli! Ma gli uomini comuni, le mezze intelligenze nascondono gli interessi, e continuano a recitare ragioni formali.

1988. Marzo 20

Ho tenuto, nella sede sociale, una conferenza “Le religioni nel mondo, oggi”.

Lo schema per ognuna delle cinque esistenti (Brahmanica, buddistica, israelitica, cristiana, maomettana) è stato questo:

- cenno sull’ambiente geostorico delle origini;

- figura del fondatore, e contenuto dottrinale;

- cenno sullo sviluppo storico fino ad oggi;

- situazione attuale.

Ho concluso, accennando a un fatto del prossimo futuro. La religione israelitica non fa proselitismo. Quella indù è minacciata dall’Islam. Restano la cristiana, e quella maomettana con facile attrattiva specie per il terzo mondo.

Si può prevedere che tutte e cinque scompaiano di fronte all’ateismo? che tutte e cinque perdano terreno di fronte alla sola religiosità naturale, senza sovrapposizione soprannaturale? oppure una delle quattro che hanno missioni, piglierà la prevalenza sulle altre?...

1988. Maggio 20

Nel programma della nostra associazione storica, di porre lapidi nei luoghi natali di personalità e dove avvennero fatti storicamente importanti, ho pensato a una lapide sul castello di Vairano:

IL 24 GENNAIO 1272 / IN QUESTO CASTELLO S’INCONTRARONO / RE CARLO I E PAPA GREGORIO X / E STABILIRONO DIRETTIVE PLURISECOLARI / NEL GOVERNO DEL REAME DI NAPOLI. / L’ASSOCIAZIONE STORICA DEL MEDIO / VOLTURNO VOLLE RICORDARE. 1988.

A Taverna Catena si ricorda la fine del regno di Napoli, qui ne ricordo – senza permettermi valutazione alcuna – il superamento della crisi di trapianto in altre mani.

1989. Febbraio 27. Prima caduta.

In un piccolo atrio di case nuove, sono caduto a causa di un grosso scalino non visto, di fianco. Basta con la cronaca del fatto. È da meschino raccontare le proprie “sventure”. Il mondo vuole ben altro. Vuole quel che può essere utile.

Nell’intimo di ognuno di noi un fatto diventa simbolo e monito: simbolo di un distacco da un passato fiorente, monito affinché non si ripeta, se dannoso.

È triste, ma necessario adattarsi a un tenore di vita che sia restrizione di attività, che sia un addio al passato.

1989. Aprile 8

Siamo nell’epoca atomica. Quanta gente l’afferma con orgoglio.

È un’affermazione che comporta due visuali: una scientifico-tecnica, l’altra mentale.

Siamo arrivati alla prima, ad opera di pochi scienziati. E dunque sono arrivati essi, non miliardi di uomini, estranei alle scoperte. Essi beneficiano di scoperte e invenzioni manovrando qualche manopola, senza capir niente degli ingranaggi e della macchina.

Viene poi l’attitudine mentale.

Quale mentalità nuova dovrebbe nascere? Più stretto avvicinamento? maggiore interdipendenza? Estensione dei benefici delle scoperte?... e anche più paura della guerra di sterminio?... Ma le armi atomiche stanno in mano a pochi capi, e da un loro cenno, o perfino da qualche guasto potre[bbe] scatenarsi il finimondo. Sotto la visuale della paura.

Anche per questo interessamento dettato dalla paura, masse di uomini guardano all’epoca atomica da estranei, sui quali da un momento all’altra può precipitare la valanga. Come nei millenni passati, anche oggi alcuni sono attori della storia, un numero sterminato è spettatore.

Intelligenza e preparazione spingono gli antesignani. Prima agiscono a gruppi isolati, il gruppo di scopritori , il gruppo di dirigenti politici, e altri, ma poi si compenetrano. Chi offre la scoperta e chi se ne serve. E finanzia perché deve servirsene. Interesse reciproco. Niente di male, anzi naturale…, se non ci stesse sotto egoismo e sopraffazione.

1989. Luglio 21

La mia meditazione oggi è stata divisa fra l’allunaggio di venti anni fa, e la mia situazione personale: è la prima volta che ho dovuto mangiare fuori casa. Relazioni? rapporti? … Le solite che passano fra microcosmo e macrocosmo, fra la libertà personale nel proprio guscio di noce e la convenzione sociale, fra l’io libero in sé occulto, e l’immensa e ineluttabile legge esterna.

Fra l’io irriducibile nella sua indipendenza, e la società che pianifica ogni attività, classificando gli individui in schemi statistici, fa da intermediaria l’abitudine, il compromesso, il cedimento, altrimenti non si può convivere. Per questo, nella necessaria società, l’urto continuo fra individuo e massa, fra libertà e necessità sociale.

Stando al Romanticismo, il genio fa il capo che s’impone alla massa; secondo il marxismo la massa produce il capo provvisorio finché soddisfa gli interessi. Il capo addita un ideale (sotto il quale copre interessi), la massa cerca il proprio interesse (rivestendolo anche di idealità).

E questa lotta affatica ognuno di noi nel proprio intimo.

Questa “filosofia dell’adattamento” di ognuno di noi trova una proiezione telescopica nelle masse della società.

1990. Gennaio 10

Vivo solo, e devo badare a tante piccole cose. Esse aumentano di numero, specie da qualche anno. Per soddisfare questi minuscoli bisogni sottraggo tempo allo studio. Già la sottrazione di tempo mi indispettisce, ma mi avvilisce e preoccupa un fatto parallelo: lo sviluppo parallelo alla quantità di pensierucci, anche di una qualità di pensieri, di preoccupazioni da donnicciola, che occupano parte della mia attenzione, della mia mentalità, della mia coscienza.

È un’invasione, di un numero crescente di immaginucce meschine che occupano il posto di quelle immense ispirate dall’indagine filosofica e dalle ricerche studiose.

Se per progressiva debolezza visiva non potrò più leggere e tenere allenato il pensiero, potrebbe avvenire o che l’invasione si estende e mi farà dimenticare il deposito del pensiero, e penserò da donnicciola, oppure – sublimazione difficile di cui sono capaci vecchi bramani e monaci buddisti – riducendo al minimo i bisogni terreni, riuscirò a estromettere i minuscoli bisogni per una vita intima; tutta di pensiero.

E mi viene un pensiero, un’ipotesi: se si facesse il trapianto di un cervello umano ricco di memorie, in un organismo animale, ad esempio di un cavallo o di un grosso cane, la coscienza umana come reagirebbe?... o si eclisserebbe a poco a poco, nei bisogni animaleschi oppure, comprendendo la spaventosa situazione, si suiciderebbe… Ma queste sono, almeno per ora, fantasie. Il problema resta: a quale degradazione porta l’involuzione della mente nella materia, senza l’evoluzione nei campi senza confine, della spiritualità?...

1991. Gennaio 30

Nel prossimo febbraio mi opererò col laser, per ricucire la retina del solo occhio con cui vedo. Se andrà bene continuerò a vivere una vita di studio e di attività. Se non andrà bene, non vedrò più me stesso e il mondo. Toccherò i libri come si può toccare un mattone. Toccherò materia, ma la spiritualità mi sfuggirà. Ne soffrirò, immerso in un isolamento, in un abisso, in una caverna senza luce… Ma può darsi che così isolato, scoprirò me stesso. Forse nascerà un parallelo fra il mio piccolo mondo organico in cui so vivere, e un immenso mondo, anche esso oscuro, nel quale sono immerso. Il rapporto non generato dalla luce solare, ma dalla coscienza di una nullità biologica in un vuoto immenso. E penso che l’oscuro vuoto prodotto dalla cecità fisica sarà antesignano di un immenso e oscuro vuoto in cui mi troverò dopo…

1991. Ottobre 17

Viveva solo. Casa e giardino erano il terreno, il punto d’appoggio. Erano il basamento fisico. Fisico custode dei libri e della sua vita. Questa era stata alimentata da quelli. Essi avevano dato alla vita biologica una pedana di lancio verso l’infinito. Sognava orizzonti immensi con la fantasia, e realizzava adattamenti insignificanti in sé, ma per lui tali da far nascere nuove attitudini, nuovi indirizzi più razionali. Anche una diversa sistemazione di sedie, o di utensili… Fuori del “regno” mostri rombanti e veloci, fantasmi noncuranti e ostili… gli facevano intravedere un immenso mondo sconosciuto. Sì, ma non era quello chiaro, calmo, ordinato. Quello in cui viveva e sognava era il mondo!

La terra volante negli spazi, si vedeva come sede della vita e questa vi si svolgeva ed evolveva. Mitologie, ragionamenti, sogni, esperimenti, persuasioni e rivolte…, tutto su quella forma geologica perfetta. Luce, aria, acqua, calore, vita vegetale e animale: ecco il “regno” bello e razionale… Sì, lontano, punti luminosi, immensi vortici di stelle dicevano che ci stava altro… Ma si trattava… [manca il foglio successivo]

1991. Ottobre 28

Giornata nuvolosa. Minore visibilità.

Ho notato in me, o meglio nel mio fisico, un duplice abbassamento di vista e di memoria. Non sono riuscito a leggere, e non ho ricordato tante cose. Le impressioni più recenti coprono quelle precedenti. In futuro questo indebolimento aumenterà… È stato prodotto dall’avanzare dell’età connesso a mille pensieri, sempre di studio e attività connesse… Ma, ricordare fatti personali, che interessano la società, è da donnicciola egocentrica.

1992. Aprile 11

La mia vista si appanna sempre più. Quando non vedrò più il mondo piglierà il sopravvento in me il mondo interiore.

Penso che si comporrà di due parti: il ricordo di quello esterno, l’indagine e la scoperta di quello che stava nascosto, che qualche volta si faceva notare per un momento, e spariva.

Ed anche ora, due dimensioni: una nell’immensità del cosmo, una nella conoscenza di me stesso.

Solo, fin quando la coscienza si estinguerà, quella che ora nasce dall’organismo. Distrutto questo, avrò coscienza di che?...

1992. Agosto 9

Le camere dove studio e vivo affacciano sui giardini. Nessun rumore vi arriva dalla strada. È un ambiente in cui posso apprendere, fantasticare, sognare. Constato la mia personalità distinta da quella degli altri, in un ambiente in cui sono qualcuno.

Quando esco, mi trovo coinvolto nella vita della massa. Non sono io a dettar leggi, ma le macchine impongono la legge a me, pena la vita. Una folla di gente mi ignora… Mi accorgo di essere niente. So di essere un atomo nell’immenso, sì ma un atomo cosciente. E mi chiedo: tra una coscienza che supera l’atomo del corpo materiale, e tende a una visione verso l’infinito, ci sta un nesso? Che non ci sia lo stesso rapporto fra l’anima e l’umanità e l’infinito?...

Un universo in cui siamo attori attraverso la sognante mitologia, o quello della materia in cui siamo niente?...

1992. Agosto 17.

Alla stazione tiburtina di Roma, ho chiuso in una busta di plastica il mio vecchio sacco da montagna, l’ho dovuto gettar via. Dopo la frettolosa operazione ho riflettuto, ed ho constatato che avevo distrutto il compagno delle mie escursioni solitarie, il testimone della mia attività sportiva. Quell’oggetto, da tempo in un armadio, parlava ancora, solo a vederlo. Apparteneva a un periodo di “pensionato”. Mi ricordava l’Etna e lo Stromboli, il Gran Sasso e la Maiella, la Punta Helbronner sul monte Bianco, tutte le vette del Matese e il Vesuvio… Come vigilava su di me! come mi assisteva! Oggi è finito nell’immondezzaio, come finirà nella corruzione il corpo senza vita di chi vive ed opera. Quanta nostalgia per quel vecchio compagno di vita e di ardimento!

1992. Novembre 1

Il mio diario non vede e non pone me al centro del mondo. Io non guardo da estraneo e non giudico. Vedo me quale infinitesima parte della vita cosmica ma anche come scintilla dell’energia e quale barlume di coscienza senza confine. Mi vedo non giudice ma spettatore, non arbitro ma partecipe… E sta qui il valore che la mia meditazione ha per me: non presume e non si annulla. Può essere meditato anche da altri, da altri che meditano in età avanzata non da giovani esuberanti fisicamente e inesperti, ma da chi vede ogni suo atto come momentanea e forse ultima manifestazione della sua vita cosciente nell’organismo invecchiato.

1993. Giugno 15

Quando la vita dell’uomo scompare, resta un ossame. Quando ha lasciato una traccia del suo pensiero nella politica, nell’arte… Qualche cosa rimane ancor vivo, anche se sepolta fra carte.

Il defunto rivive… appare nelle carte, sconosciuto alle masse, ma non interamente sconosciuto. E’ quel che si può desiderare. Altro fantasma occulto nel pensiero vivente non è possibile.

O esiste anche il “doppio” quello degli antichi Egizi, che appare se “appare” fra la tomba, nei resti del cadavere…

Sogni escogitati dalla fantasia del vivente… o rappresentazione fantastica di un al di là, oggi incomprensibile per chi vive?...

1993. Luglio 26

La retina deteriorata mi crea pratiche impossibilità ad agire. Dalla mia finestra luminosa sento voci lontane, ma quando esco dal sogno, le vie strette e cupe e la rabbia dei motori mi trascina fra incertezza, paura e rabbia…

Posso però sempre pensare. E posso anche sognare fra quel che finora ho pensato come possibile.

Quel che penso di me, è di tutti. Si vive fra realtà e sogno. La prima genera l’altro, che diventa copia del primo. Poi il sogno diventa solo e poi ci si accorge di stare nel vuoto.

1993. Settembre 5

Un ragazzo diciassettenne, stamattina ha perduto la giovane vita in un incidente automobilistico. Oggi compiva diciott’anni. Studiava alla scuola aeronautica a Napoli.

Quante visioni sognate, quanti sogni svaniti! quante possibilità infrante, quanta fine di giovinezza e di vita! Ed ora, come un piccolo gatto, gettato sul terreno, è finito e non guarda e non vede, e non sogna…

Poi nessuno saprà mai che una visione, un sogno, un pensiero, un bisogno… ci sono stati…

1993. Settembre 18

La vista si vela. Il pensiero vola, ma come la formula di un componimento musicale è triplice: parola, musica, voce, così col prodotto dello spirito s’innesta la pulizia del piano forte l’ordine in biblioteca… cose di nessuna entità, di nessuna spiritualità… E’ quanto avviene per la vista. Non potendo immedesimarmi in ciò che lo spirito crea, si finisce col pensare alla carta, a servizi in casa… da dominatori a servitorame, da pensatori a faccendieri…

Durerà sempre peggio fino alla morte? alla scomparsa progressiva della capacità di pensare e trasfigurare, riducendoci a vegetare, a sentire curiosità? e poi a non pensare più fino a un momento finale?

1993. Ottobre 3

A volte si mantiene in noi un legame intimo.

Un legame profondo che, a volte resta sconosciuto. E allora ci manifestiamo attraverso funzioni e mentalità varie, quasi opposte.

Mi sono scoperto anch’io in due libri miei: La guerra nel Medio Volturno e Il vescovato alifano nel Medio Volturno.

Sono due ricerche ricavate da due mentalità opposte. Da un lato persone e organismi ecclesiastici, mentalità ecclesiastica, fatti di questa visuale nati nell’angolo di terra natale… Cronache di guerra azioni militari e cronache dei giorni di guerra.

Dopo anni ho riflettuto su questa strana, doppia attività e mentalità… in seguito quale fu il nucleo, il fondamento che ha fatto costruire la sovrastante costruzione: il legame alla propria terra. Esso può generare manifestazioni, attività varie, a volte opposte nell’io subcosciente.

1994. Agosto 2

La retina dell’occhio sinistro agisce sempre meno. E’ un depauperamento che non porta ad operazioni.

Mi attende un avvenire solitario e nebuloso. Potrò solo riflettere, fantasticare, non agire nel mondo reale.

Quella realtà su cui ho lavorato, la vorrei vedere trattata da altri, per far continuare a vivere quanto ho desiderato di fare.

1994. Settembre 4

Silenzio e raccoglimento. Divento centro di me stesso, ma a che serve? Dirlo agli altri è inutile come è inutile scriverlo a se stesso. Mentre solo pensando ci si manifesta per sempre in un momento, leggendo lo scritto si può rivedere se stessi. Poi sparirà la carta scritta in cui vive il ricordo, e non esisterà niente, come se mai fosse esistito.

1994. Settembre 21

Quando penso a quel che sono, mi pare di essere una goccia di acqua momentanea ed effimera in un vortice, in una ondata senza fine: un attimo nell’eterno, un microbo insignificante nell’immenso. Eppure questa goccia si vede, si riconosce nell’immenso… E’ insignificante ogni valore ogni importanza, e perciò è inutile.

Posso vedermi nell’insieme, nel tutto umano, nel tutto cosmico. E in tal casa la mia esistenza insignificante acquista un immenso e misterioso valore. Perché penso? Il mio momento di vita e di pensiero cosciente… e la stessa coscienza cosmica…

1995. Giugno 16

Manca un semestre al compimento degli ottanta anni.

Quanti anni sono passati! La mente si evolve, e l’età anziana agisce in un modo differente da quel che ha compiuto negli anni passati.

1995 Giugno 29

Per la prima volta nella mia vita sono caduto nel mio studio, in piedi dal divano al mobile di fronte. E’ una prova della mia anzianità.

Termina qua il dattiloscritto del professore.

Dopo la rinuncia all’uso dello zaino ora è la volta della mitica macchina da scrivere. Erano stati gli inseparabili compagni di escursione: l’uno sulle vette dei monti, l’altra negli anfratti dell’anima oltre che negli impervi sentieri della ricerca storica.

Pur nella consapevolezza che è triste, ma necessario adattarsi a un tenore di vita che sia restrizione di attività, che sia un addio al passato, col prosieguo degli anni, indomito, altri pensieri e altri studi tenterà di fissare sulla carta adoperando pennarelli con punta sempre più doppia e dal colore sempre più intenso: straordinaria sfida alla cecità incombente e alla prevista scomparsa progressiva della capacità di pensare e trasfigurare.

Altre meditazioni ispirerà, infine, alle poche persone che hanno continuato a frequentare questa modesta casa che resterà storica… avendo il privilegio di stargli vicino nella lunga malattia, fino alla tarda sera del 4 Aprile quando anche lui, con il conforto della presenza materna, l’angelo pio evocato dalla lettura di una sua poesia, è asceso in luce quae nescit occasus.

M. N.

[1] Hoc erat in votis…si consiglia, per i continui rimandi, di seguire le meditazioni con il libretto di poesie davanti pronto per la consultazione

[2] Il “nome nuovo di un uomo nuovo” come ebbe a scrivere lui stesso nel 1986.

[3] Quella che per lui era una fanciulla bellissima, dagli occhi azzurri,incantevole libertà spirituale sulla istintiva schiavitù della materia.

[4] “…Anna Carullo, maestra elementare, che si dedicò con trasporto alla scuola, e scrisse raccolte di novelle… Diresse Campania felix”.

[5] Matteo (7, 20) “dai loro frutti li potrete riconoscere”. Il professore preferiva leggere la buona novella e le opere classiche in latino (o in greco). Nient’altro che un omaggio, dunque, al suo insegnamento, rappresentano le sporadiche citazioni apposte in tale lingua.

[6] “La vita è sogno” è il titolo di un dramma di Pedro Calderon de la Barca, l’ultimo dei grandi della letteratura spagnola del ‘600. L’espressione, cara al professore, la ritroveremo ancora e maggiormente approfondita nella sua meditazione del 5 Agosto 1987.

[7] (Cicerone, L’amicizia, VI, 20): Est enim amicizia nihil aliud nisi omnium divinarum humanarumque rerum cum benevolentia et caritate consensio…Ben sapeva il professore che il criterio di utilità da lui enunciato nel finale della riflessione è aspramente combattuto nell’opera dell’arpinate ma la sua esperienza personale alla soglia dei cinquant’anni quello gli prospettava e quello ha scritto. Noi preferiamo credere che alla fine, consumato tutto il sale necessario per acquisire la giusta conoscenza, anche lui come Lelio, il protagonista del dialogo, abbia potuto dire (o.c., VII, 23): …Verum enim amicum qui intuetur, tamquam exemplar aliquod intuetur sui. Quocirca est absentes adsunt et egentes abundant et imbecilli valent et, (continuando il discorso nella nostra lingua), cosa più difficile a dirsi, i morti vivono: tanto li accompagna l’onore, il ricordo, il rimpianto degli amici…

[8] Vincitore di concorso per le materie letterarie nelle scuole di avviamento professionale, dal 1955 aveva insegnato a Napoli. Nel 1958, ottenne il trasferimento alla “G. Ferraris” di Piedimonte dove, successivamente, fu anche incaricato della Presidenza.

[9] Pablo di Sarasate, spagnolo, compositore e virtuoso violinista morto nel 1908.

[10] A questa nobildonna che lo aveva sempre affascinato il prof. Marrocco dedicò un primo studio su Samnium 1953 nn. 3-4 ed un successivo nell’Annuario ASMV 2000.

[11] Toccante poesia sulla sua vita solitaria, pubblicata in Versi, 1997, pp. 26-27.

[12] Libro di Giobbe, 10, 18-22

[13] Seguono i quattro sonetti che, con il titolo Meditazione ma con data di composizione errata, furono già pubblicati nei Versi del 1997 alla pagine 43-44.

[14] Si riferisce ovviamente alla Fiaccola ardente, l’Amico dello sposo, che proferì “eccolo è lui l’agnello…” per il quale ebbe una particolare devozione: sua guida spirituale in vita e suo intercessore, in morte, presso l’Onnipotente.

Della figura del Precursore che più volte fa capolino nel corso di queste sue meditazioni, meglio si dirà quando, in altro lavoro, verrà trattata nello specifico l’opera alla quale fa riferimento nei propositi del 13 Luglio 1971.

[15] Leggendario poema nazionale finlandese, imperniato su antichi canti popolari, che ispirò opere musicali al compositore Johan Julius Sibelius, poco sotto nominato.

[16] Il riferimento è a quella datata 14 aprile 1950 e pubblicata in Versi, p. 36 dal titolo Prima canzone.

[17] Alla fine, le scalate alla vetta di monte Miletto, compiute durante tutta la sua vita, ammonteranno ad oltre centocinquanta.

[18] Si tratta del prof. Michele Di Muccio già dal prof. Marrocco onorato in vita con l’articolo Umanesimo e sacerdozio, apparso sul settimanale politico cattolico “La Croce” il 13 Giugno 1965.

[19] Il dott. Petella moriva il 29 maggio 1975.

[20] Segue la dedica “A Emiliano de Marco, figlio di Fernando, scalatore del Matese, nato il 20 Maggio 1976”. Il sonetto è già stato pubblicato in Versi, 1997, p. 45.

[21] Ferdinando Russo, poeta partenopeo autore di celebri canzoni napoletane.

[22] Nato in Siria nel 125 d. C., scrittore greco e maestro di retorica, Luciano fu autore di operette satiriche tra cui il Dialogo degli dei, ventisei conversazioni nelle quali le divinità dell’Olimpo appaiono nelle loro miserie, simili agli umani.

[23] Aristotele in Filosofia prima (libro XII) asseriva che Dio, la causa prima, l’immobile motore, sostanza incorporea in quanto puro intelletto, è pensiero che pensa solamente se stesso.

[24] “…Dal profondo universo unico regna / e solitario sopra i fati Dio…” citazione tratta dalla poesia Per il monumento di Dante a Trento in “Rime e ritmi”, XX.