Piedimonte_28

Cap. XXVIII

UOMINI ILLUSTRI

(pp. 268-273)

PIEDIMONTE RINOMATA PEI SUOI UOMINI ILLUSTRI – Ad una città come Piedimonte, che è stata sempre una Terra importante e cospicua, non potevano mancare cittadini d’ingegno, che, emergendo nel campo delle lettere, delle arti e della scienza, l’onorarono con opere insigni. Un Giovanni De Forma, un Iacobuccio De Franchis, un Vincenzo De Franchis, un Ludovico Paterno, un Francesco De Benedictis, un Niccolò Giorgio, un Niccolò Gaetani, un Gio. Francesco Trutta ed un Ercole d’Agnese, furono i principali suoi figli che, dandole lustro e decoro, la resero celebrata nella storia.

GIOVANNI DE FORMA – Nacque sulla fine del Sec. XIV. Si addottorò negli studi legali. Divenne Vice Protonotario del Regno nel 1442, poi Presidente della Regia Camera, nel cui ufficio lo si trova dal 1452 al 1454. Nel 1458 fu nominato Governatore di Sulmona da Re Alfonso che lo chiamò Nobilis et egregius vir miles, come risulta da una pergamena originale conservata nel Museo Civico di Piedimonte.

Godette fama d’insigne giureconsulto. Nelle antiche scritture viene così indicato: « Joanne de Forma de Pedemonte ». Ebbe « altissimo ingegno » – scrive il De Lellis – e « fu intenditissimo della ragione civile, e non meno degli affari del mondo... ».

La di lui famiglia abitava accosto il palazzo dei Gaetani, presso il Largo Piazzetta. Essa imparentò con le nobili Case: Del Balzo, Del Tufo, Del Pezzo, Longo, Milano, e Somma. Si estinse nella famiglia Del Pezzo. Godette nobiltà in Napoli nel Seggio Capuana.

Presso l’antica Chiesa di S. Maria Maggiore si rinvenne, nel 1642, una tomba appartenente a questa famiglia, ma siccome non esisteva in paese nessuno erede di essa, così il loculo venne acquistato dal sacerdote Pietrantonio De Stefano.

IACOBUCCIO DE FRANCHIS – Fiorì nel Sec. XV. Fu dottore in giurisprudenza, e tenne nell’Università di Napoli la Cattedra dei Feudi. Nel 1505 fu nominato Consigliere del Sacro Real Consiglio. Scrisse non poche decisioni che figurano in quelle del nipote Vincenzo De Franchis.

La famiglia si diramò in varie città, ricevendo concessioni di nobiltà in Capua ed al Seggio Capuana di Napoli. Imparentò con le famiglie: Carafa, Galluccio, Martirano, Pandone, Toraldo, Cattaneo, Palmieri, Acquaviva, Pignatelli, ecc.

VINCENZO DE FRANCHIS – Da qualche scrittore è riportato per Capuano. Nacque qui, invece, nel 1530. Fu dottore in giurisprudenza. Filippo II lo nominò Consigliere, indi Reggente del Supremo Consiglio d’Italia, ed infine Presidente del medesimo. Fu anche Vice Protonotario del Regno. Giuresperito di sommo valore « era da tutti stimato – così scrive lo storico caiatino Carlo Marocco – come un oracolo nella facoltà legale, e fu di sì felice memoria, che in un tempo dava udienza, scriveva e dettava con piena soddisfazione. Mandò fuori le decisioni del Regio Consiglio divise in quattro parti, le quali per l’eccellentissima dottrina che vi si scorge, sono in istima incredibile per tutte le parti d’Europa, e perciò più volte et in più luoghi sono state stampate. E in somma fu di tanta fama, che la sua effigie in quadro, è stata posta nel famosissimo Tempio di S. Lorenzo nell’Escurial d’Ispagna, il che non si concede se non a personaggi insigni e celeberrimi ».

Abitò in Napoli in un palazzo da lui stesso fatto costruire verso il 1550. Il palazzo passò poi al Marchese Faviano, e da costui al Duca Castellaccio Caracciolo.

Il De Franchis morì in Napoli il 3 aprile 1601, e fu sepolto nella Chiesa di S. Domenico.

FRANCESCO FILIPPO – Fiorì nel Sec. XVI. Valente letterato, commentò « L’Arte poetica » di Orazio con un libro stampato a Venezia nel 1546, dedicato a Ranuccio Farnese. Si occupò anche d’iscrizioni antiche, come si rileva dalle opere di Pietro Pittore col quale fu in corrispondenza. Fu maestro di Ludovico Paterno. Null’altro si conosce della sua vita e della sua attività letteraria.

LUDOVICO PATERNO – Nacque il 12 febbraio 1533 da Giacomo, notaio. Giovanetto, s’innamorò della bellissima gentildonna Lucrezia Montalto, maritata al Conte Luigi Gaetani, e d’allora cominciò a scrivere versi in stile petrarchesco, nei quali cantò le fattezze e le virtù dell’amata, che chiamò Mirzia, indi Filli, mentre egli si qualificò, nelle poesie, per il pastore Lidio.

Fu allievo di Francesco Filippo che ricordò col nome umanistico di Pedemontio. Continuò gli studi in Napoli, e abitò il palazzo di famiglia in Piazza S. Giovanni a Carbonara, donde si allontanava spesso venendo a Piedimonte per rivedere l’eletta del suo amore spirituale.

Morto Luigi Gaetani, Lucrezia sposò Cesare Cavaniglia, Conte di Troia e di Montella. Il Paterno la seguì sempre innamorato. La pianse, poi, morta, in bellissimi versi.

Compose, oltre le « Rime », le « Nuove Fiamme » ed i « Trionfi », poemi ammiratissimi, stampati a Venezia. Ebbe relazione con numerosi letterati del tempo, quali: Bernando Tasso, Costanzo, Tansillo, Rota, Terracina, Terminio, Varchi, Orlandini, Massolo, Carbone, Turbolo, Ricci, Giordano, Porzio, Minutolo ed altri.

Sembra vestisse l’abito di frate negli ultimi anni di sua vita. Morì in Aversa nel 1575, nella età di quarantadue anni.

La casa ove nacque è sita nel Rione S. Giovanni, presso il vico S. Cristoforo.

NUNZIO TARTAGLIA – Nacque nel Sec. XVI. Ebbe fama d’insigne giureconsulto. Scrisse le seguenti opere legali: « Margaritarum fisci prætica criminalis novo ordine pertractar », stampata nel 1559; « Prætica M. C. Vicaria quæ ordi civilite precedenti cum formam ritum », stampata nel 1579; « Praxis m. e. v. causarum civilium accurantissimi recognita et expurgata », stampata in Napoli nel 1600; e « Praxis, etc. et cum miltis additionis », stampata nel 1619.

OVIDIO DE AMICIS – Fiorì nel Sec. XVI. Nel 1662 pubblicò: « De jure enphiteusi » e la « Repetitione al c. Potuit Enphiteuta. De Locato, et conducto cum centum disceptationibus ». Tali pubblicazioni furono accolte col massimo favore dagli studiosi di discipline legali.

FRANCESCO DE BENEDICTIS – Nacque il 17 marzo 1607, da cospicua e antica famiglia piedimontese. Studiò pittura prima con Fabrizio Santafede, napoletano, poi con Guido Reni. Dipinse non pochi quadri specialmente in Napoli ed altri per conto della Vice Regina del tempo.

I principali suoi dipinti sono gli affreschi nella vôlta della Chiesa di Donnaregina in Napoli. Essi ammontano ad una quarantina, di cui quattro di grandi dimensioni, situati l’un dopo l’altro in tutta la lunghezza centrale della vôlta. Il principale affresco è l’Assunzione che porta la sua firma.

Morì in Piedimonte – ov’erasi ritirato – verso il 1678, e fu sepolto nella Chiesa di S. Domenico. La casa di famiglia era in Via Sorgente.

Il nostro Municipio deliberò, anni or sono, di murare una lapide nella facciata della casa ove nacque il De Benedictis, con iscrizione dettata da Corrado Ricci, cui fu richiesta, ma sino ad oggi non ha assolto il compito Si è perpetuata così la deplorevole abitudine di ricordare degli ignoti, e di dimenticare gli uomini che dettero onore al paese. L’iscrizione del Ricci è la seguente:

Francesco De Benedictis – Allievo di Guido Reni – Autore dei grandiosi affreschi di Donnaregina in Napoli – Nacque in questa casa il 17 marzo 1607 – Il Municipio – A reintegrare la fama di Lui – Dall’ingiusto oblio – Pose questo ricordo...

NICCOLÒ GIORGIO – Fiorì nel Sec. XVII. « Fu dottore dell’una e l’altra legge – dice Carlo Marocco – e versato in tutta la sua età nelle buone lettere, e nella poesia, così latina, come toscana, nelle quali fece diverse composizioni. Ne ottenne perciò singolari favori dal Sig. Duca di Laurenzana, e vie più dalla Sig.ra Duchessa Aurora Sanseverino dell’Accademia degli Arcadi ».

Scrisse un’apologia dell’Amina del Tasso sulla censura fattane da Bartolomeo Grimaldi, Duca di Telese. Scrisse anche un’opera sul Corpo di S. Sisto I Papa, trattando in essa anche questioni storiche di Alife. Morì il 12 giugno 1718, e tre anni dopo venne stampata la citata opera.

GIANFRANCESCO TRUTTA – Nacque il 14 agosto 1669 da Valenzio e Rosa di Grazia. Vestì l’abito sacerdotale. Fu rettore del nostro Seminario. Ebbe il titolo di Canonico, indi quello di Arciprete.

Cultore di storia e di archeologia, pubblicò nel 1776 l’interessante opera dal titolo: « Dissertazioni Istoriche delle Antichità Alifane », che è un importante studio sulla storia riflettente i nostri paesi, in particolar modo di Alife, di cui prima del Trutta ben poco si conosceva. Non priva di errori e di false interpretazioni, per le circostanze e le condizioni in cui si trovò di fronte a tanto materiale archeologico distrutto, l’opera di questo esimio concittadino resta sempre un magnifico lavoro di erudizione. Di esso si avvalse il Mommsen per la compilazione del suo Corpus.

NICCOLÒ GAETANI – Questo principe di Casa Gaetani, nato il 30 marzo 1663, scrisse due interessanti opere: « Le avvertenze intorno alle passioni dell’animo », stampate nel 1732, e « La disciplina del Cavalier giovane », nel 1738, entrambe lodate da Giov. Battista Vico. Fu un mecenate dell’arte e protesse, tra gli artisti del tempo, in principal modo Francesco Solimene.

Servì Carlo II di Spagna e raggiunse il grado di Tenente Generale. Fu questo re che con privilegio del 2 settembre 1715 gli confermò il titolo di « Principe di Piedimonte » in aggiunzione a quello di Conte di Alife e di Duca di Laurenzana. L’Imperatore Carlo VI d’Austria con dispaccio del 9 novembre 1705 gli concesse il grado di Grande di Spagna, trasmissibile ai discendenti in linea retta di successione. Fu anche Giustiziere di Terra di Lavoro, e conseguì le più alte onorificenze da Sovrani ed Accademie. Morì nel 1741.

ERCOLE D’ANGESE – Della nobile famiglia d’Agnese, napoletana, che appartenne al Seggio di Portanova, famiglia che si trasferì in Piedimonte nel Sec. XVII, nacque il nostro Ercole il 3 maggio 1745. Fu letterato, giureconsulto ed uomo politico. Fuggì in Francia, dopo essere stato denunziato da uno zio sacerdote come implicato nei moti rivoluzionari del Napoletano. Adottò il falso nome di Ercole Giraud. A Parigi ebbe la cattedra di Filosofia del Diritto e tra i discepoli figurarono A. Piatti, l’abate Sieyés, il generale Suchet, ed altri uomini noti nella storia della letteratura e della politica francese. Conobbe l’Abrial di cui sposò la nipote Paolina Thibouttier. Fu Membro del Direttorio della Repubblica francese nel 1789.

Ritornò in Napoli nel 1798. Alla proclamazione della Repubblica Partenopea ebbe la carica di Presidente della Commissione Esecutiva, equivalente a quella di capo della Repubblica.

Morì sulla forca il 1° ottobre del 1799 nella piazza del Mercato in Napoli, come in altro capitolo abbiamo scritto.

Nel 1889 Piedimonte gli eresse un monumento, accosto alla casa ove nacque.

ACCADEMICI DEL CAPRIARIO – Il Principe di Colubrano, Francesco Carafa, Signore di Formicola, stando in tale suo feudo, fondò nell’agosto del 1728 un’Accademia letteraria che chiamò del « Caprario », dal monte di tal nome. E per impresa fece ritrarre lo stesso monte, nella cui sottoposta valle figurano i Pastori del luogo, cioè gli accademici, e poi il Volturno assiso al suolo poggiando il sinistro fra le branche (arma di Casa Carafa della Stadera). Al di sopra del monte figura un genio alato che dà fiato alla tromba, tenendo nella destra la leggenda « Caprario ».

Questa prima Accademia era composta di undici poeti, di cui tre piedimontesi: Simone Barra col nome di Carisio, Francesco Trutta col nome di Montano, pastore del Matese, e Niccolò Antonellis col nome di Mirtillo del Matese.

Le produzioni di questi poeti furono messe a stampa nello stesso anno 1728 in Napoli, ed il volume prese il titolo: « Il Caprario – Accademie di alcuni rimatori che nel medesimo Monte si radunano ».

Invero i poeti scrivevano nei propri paese.

Chiamato il Carafa in Napoli, partì da Formicola il 1° novembre 1728 e l’Accademia cessò.

Fu rinnovellata tre anni dopo quando il Carafa, nel 1731, fece ritorno a Formicola.

Entrarono nella seconda Accademia ventidue letterati, e, fra questi, due di Piedimonte, Giacomo Trutta col nome di Ameto Taurasio, e Niccolò Potenza col nome di Carildo Airoleo.

Le composizioni di questi ultimi poeti furono stampate nel 1732 in Napoli, ma con il falso nome di Firenze, e con lo stesso titolo del libro precedente.

Le poesie dei cinque accademici piedimontesi riguardano il Cila, il Matese, il Torano, le bellezze naturali delle nostre contrade, i più celebrati prodotti del suolo e qualche importante avvenimento locale.

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