Veni, Sancte Spiritus,

Veni, Sancte Spiritus,

et emitte caelitus

lucis tuae radium.


Da adolescente faticai molto ad imparare a memoria le risposte a servire messa bene, come volevano mio padre e un vecchio parroco, che era di maniere severe ma allo stesso tempo cattivanti. Specialmente non mi andava giù il Suscipiat, la risposta all'Orate fratres del prete: ma poi lo imparai tanto bene che non l'ho più scordato e, in verità, lo recito ancora oggi al momento giusto, oltre tutto per mantenere l'aggancio alla messa latina che tanto amavo ed amo. Invece, più tardi, non successe così per il Veni, Sancte Spiritus, che imparai senza accorgermene a mente. Avevo già da qualche anno cominciato lo studio a scuola del latino, che mi piaceva molto, quando trovai in un vecchio libro della biblioteca paterna il carme, del quale subito mi colpì la piacevolezza della cantilena, e cominciai a leggerlo e a rileggerlo spesso, senza andare ovviamente ad interessarmi dei suoi contenuti religiosi, ma fermandomi prima di tutto alla musicalità del ritmo metrico e poi alla semplicità del discorso «visibile». Lo imparai bene talmente a memoria, che mi veniva, e mi viene, di citarne versi ad ogni occasione giusta e meno giusta. Poi mi divenne preghiera amica.

Sancte Spiritus, veni, vieni. Il mondo ha bisogno di te. Inondalo. Il mondo ha bisogno di pace: di qua e di là; l'uomo semina morte e fa vincere il diavolo che della morte è la causa prima. Manda, Dio, un diluvio di pace e la colomba bianca con il rametto di ulivo voli libera dovunque gioiosa d'amore. il messaggio di pace, Cristo Gesù, Figlio di Dio, venuto a redimerci per un atto di carità infinita del Padre? Rotola il mondo e si spostano gli assi d'interesse economico finanziario e di conseguenza quelli di influenza politico militare. L'occidente, la sua civiltà, il suo avanzamento socio-tecnologico rischiano di essere travolti dal progresso che viene dai popoli più demograficamente forti, i cinesi e gli indiani, e il primo secolo del terzo millennio è segnato soprattutto da questo rivolgimento. Pure il liberismo e il capitalismo tradizionali sono stati travolti dal globalismo, esteso con fretta, senza la dovuta prudenza e i tempi lenti della buona maturazione, necessari a mantenere gli equilibri esistenti, nelle aree più dotate della terra, dove oggi s'impone l'urgenza di nuove regolamentazioni. Ma esistono le zone povere di questo mondo sofferente: gli squilibri sono enormi, la lotta tra chi ha e chi non ha è sempre accesa e l'inquietudine che dà l'indigenza spinge a illusorie speranze e a trasmigrazioni che concorrono a determinare scompensi e paure.

Dio uno e trino, che dai la salvezza anche a chi non ha fede e sei divinamente misericordioso, con la pace manda la giustizia in questa terra martoriata. Chi è che deve operare affinché le cose quaggiù vadano meglio? È l'uomo con la sua libertà, l'unico essere fatto ad immagine e somiglianza di Dio, a poter scegliere la via giusta, quella del bene, della pace e della giustizia o quella del male, della guerra e delle disuguaglianze. Inonda, Spirito di Dio, il cuore e l'intelligenza dell'uomo. Ti sei manifestato durante la vita umana del Figlio di Dio, ma hai avuto la tua epifania nella pentecoste: una nuova pentecoste genera nella coscienza della persona, vi si accenda la fiammella dell'amore giusto e il proposito si formuli definitivo di fare in tutto la volontà del Padre.

Teocentrismo, cristocentrismo, antropocentrismo sono tutti schemi inventati per cercare di capire meglio in questo complesso e tumultuoso universo umano interiore, certamente più ingarbugliato dell'universo dei cieli e delle stelle infinite nella loro mobilità, fissi nell'ordine stabilito dal creatore. La libertà, cioè la capacità di scegliere tra il bene e il male, con i sensi di responsabilità relativi, travolta dal peccato della superbia e della disubbidienza istigato dal diavolo, eternamente ringhioso, è generatrice del disordine morale, quando non si volge al giusto e cerca angosce, contrasti, paure a togliere la pace per cui son fatte alle viscere dell'uomo, cervello, cuore e tutto il resto. A rimettere pace, a dare tranquillità nell'ordine, devi venire tu, Spirito Santo consolatore, avvocato e signore.

Vieni et emitte caelitus lucis tuae radium. Mi vien fatto spontaneo di elogiare l'antico autore per la pregnanza e nello stesso tempo per la freschezza dell'espressione latina, sintetica già di per sé, ma qui sostanziata di cultura e vivace di stile. Emitte è un termine di tutti i tempi, ma oggi se ne coglie la modernità abituati come siamo a parlare nel linguaggio comune di emittenti, emissioni e vocaboli derivati. Si tratta di un imperativo accorato più che affettuoso, certamente familiare, indicativo di un rapporto teandrico bene avviato, se non convalidato: vieni ed ascolta.

Ma potrebbe contrastare con questo invito a muoversi il caelitus, che è un avverbio, il quale, usato alla maniera di Apuleio, di Lattanzio e di Marcellino, vuol dire dal cielo. Questo contrasto tra movimento, veni, e stasi, caelitus, mi tenta ad una traduzione libera, ma più soddisfacente: divinamente più che celestialmente, cioè con la tua potenza divina datti da fare per sovvenire l'uomo che ha bisogno di conoscenza e di amore, che ha bisogno di conoscenza e di amore, che ha bisogno di te, Spirito di Dio. Il «datti da fare» è eccessivamente familiare, ma rafforziamo l'invito preghiera a venire da noi e, va bene anche dal cielo, a mandarci il tuo raggio ad illuminarci, a consolarci, a benedirci. Lucis tuae radium. Un raggio mandaci che porti bagliori all'intelligenza e spinga forte il cuore a fare la volontà del Padre.

Ma mandaci un raggio che non sia limitato, circoscritto, dimensionato alle categorie dell'uomo e al suo esilio. Inonda: ho detto avanti. Sì, invadi, terza persona della Trinità, l'uomo e il mondo intero, affinché le cose vadano meglio quaggiù, ma soprattutto affinché lo spirito umano si riduca a riconoscere Dio creatore e signore, padrone di tutto, del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili, a sentire la signoria di Dio come l'unica via per la salvezza, ad accettare in tutto e per tutto che la volontà del Padre si compia.

Spesso penso che i tempi divini siano assai diversi dai tempi nostri, com'è poi nella realtà: i millenni e i secoli sono giorni, ore. E penso che tutto rotoli veloce nel pensiero divino, anzi che non rotoli, perché all'onnipotente tutto è sempre presente. Le nostre sofferenze, quelle dell'esilio, delle attese, delle inquietudini, sono tali perché per il peccato della disubbidienza tutto l'uomo si è imprigionato nelle categorie che ha creato, i limiti cioè del tempo e dello spazio, la sua finitezza, il suo dolore, la fatica di vivere, la spasmodica corsa a riprendersi il bene perduto per un atto di vile accondiscendenza alle pretese del diavolo.

Tu, Spirito di Dio, inonda, invadi con il tuo raggio, con i tuoi raggi infiniti, l'anima dell'uomo affinché si pieghi all'amore, inonda il mondo di pace. Che cos'è la pace nel mondo? La risposta la leggo nel Compendio del catechismo della Chiesa. La pace nel mondo, la quale è richiesta per il rispetto e lo sviluppo della vita umana, non è semplice assenza della guerra o equilibrio di forze contrastanti, ma è la tranquillità dell'ordine, come dice sant'Agostino, frutto della giustizia ed effetto della carità. La pace terrena è immagine e frutto della pace di Dio. E che richiede la pace nel mondo? Richiede l'equa distribuzione e la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l'assidua pratica della giustizia e della fratellanza.

Sono parole, lo so: in effetti solo parole. Ma il tuo raggio deve servire a farle entrare nella testa e nel cuore dell'uomo e nel piccolo, in ciascuno di noi, devono cominciare a tradursi in fatti concreti. Devono avviare al compimento del regno di Dio in noi, ad avvicinare la parusia in noi, a farci degni del paradiso, quando, dopo l'ultimo sconvolgimento cosmico di questo mondo che passa, verrà Cristo Gesù glorioso con il trionfo definitivo di Dio. Emitte caelitus lucis tuae radium.