Sine tuo numine

Sine tuo numine,

nihil est in homine,

nihil est innoxium.


Il nume tanto nell'accezione latina che in quella italiana è il volere divino, la potenza divina. Il termine deriva dai miti pagani e per estensione col tempo diventa la divinità stessa, il dio o la dea. Ma il vocabolo si usa pure per indicare una persona potente e generosa che protegge ed è venerata. Il traduttore dell'inno nel Compendio del catechismo della Chiesa rende sine tuo numine in senza la tua forza. Non ho alcuno scrupolo ad interpretare il numen come potere: senza il tuo potere, perché è potere quello dello Spirito, l'onnipotere di Dio. È il potere di Dio quello della terza persona della Trinità, che ci è stata mandata perché ci dia la grazia, che non è poco, è capire e volere la sudditanza al Padre e la comunione con il Figlio.

Il rapporto dello Spirito è personale con l'uomo, potrei ben dire continuo, definito dai punti di massimo e di minimo che segnano nella curva dell'esistere la rispondenza alla divina chiamata e il rifiuto di essa. La chiamata cos'è, se non l'esercizio del potere dello Spirito Santo in me? È alito dello Spirito tutto ciò che noi diciamo genericamente buona ispirazione: l'alito ci arriva nella direzione giusta della salvezza; siamo noi che in essa ci immettiamo, o la rigettiamo, o la deviamo nel nostro agire di ogni giorno.

Noi siamo niente senza Dio, ma possiamo essere tutto nello stesso tempo, perché siamo liberi. Il Padre ci ha impastati di fango, ma ci ha dato la libertà, che è un bene sommo con il quale si commette però la responsabilità che abbiamo di riflettere la sua immagine e somiglianza stampate in noi con il suo fiato, o di appannarle, o addirittura di oscurarle con i nostri comportamenti indirizzati al male. Lo Spirito spira e ispira nel senso giusto: sta a noi saperne e volerne cogliere gli innumerevoli benefici che ci porta per la salvezza.

Pensiamoci un attimo sopra: cosa siamo noi sine numine? Fermiamoci un poco nel nostro correre veloce alla ricerca del benessere ad ogni costo ed in ogni direzione e facciamo qualche momento di riflessione sul nostro rapporto personale con lo Spirito di dio. Se sto scrivendo, il momento in cui scrivo, ciò che sto scrivendo, tutto mi viene dallo Spirito, perché tutto, l'esistere intero, deve essere volto alla salvezza, che è fare la volontà del Padre, sentire l'appartenenza al regno, conformarsi alla vita di Gesù Cristo e sentirne la presenza viva nella comunione con chi è nella Chiesa.

Sganciati dal fine ultimo del nostro essere, senza la prospettiva della salvezza, senza questa impostazione per dirla in breve escatologica del nostro esistere, cosa siamo? Un mucchio di polvere e d'acqua destinato a sfarsi, a tornare cenere e a scomparire nel vortice che trascina l'universo ad esistere. L'inferno è già questo, la fine senza l'eternità, lo smarrimento completo di sé nel nulla. Ma non è solo questo l'inferno, perché l'alito riversato dal Padre sulla nostra creta è immortale e l'inferno è la privazione del bene, del bene sommo che è Dio per sempre, per tutti i secoli dei secoli. I secoli dei secoli sono i cent'anni dei cent'anni in progressione continua perenne, sono l'eternità.

Volessimo solo fermarci a considerare quanto potrebbe dirsi sul tema, non potremmo no riferirci, almeno per un cenno di gratitudine, ancora una volta alla bravura del compositore del canto, il quale maneggia con enorme padronanza il latino e tutte le sue virtù. In quel suo sine tuo numine trova spiegazione tutto il resto, in quanto la domanda si pone pressante: che cos'è l'uomo senza la potenza divina? A parte la creazione a nihilo, essenziale momento della vita, il mantenimento all'esistere non è di Dio? E tutto il resto? Lo so io cosa sarà di me domani, tra un ora?

Nihil est in homine senza di te, Spirito Santo, perché tu sei il signore della vita, ma anche perché sei tu a spirarmi dentro l'input a vivere, tu mi trasmetti la creazione e la creatività, tu mi dai, quando io lo voglia, la grazia santificante e tutte le altre grazie per la salvezza. Quando non ci sei tu, quando cioè ti rifiuta, l'uomo certamente mantiene il suo essere, la sua fisicità, la sua intelligenza, il suo volere, specie la libertà che gli hai dato tu gratis et amore di rifiutarti, ma in fondo, pure a volere al massimo essere ottimista, non finalizzando i suoi giorni alla vita post mortem, possiamo ben ripetere che è un involucro di acquea, muscoli e nervi destinato a marcire, perché tu sei il principio dell'esistere, sei tu la ragione del vivere e dell'amare, sei tu la parte vitale dell'ecceità.

Lo voglio raccontare anche qua, perché l'episodio mi è rimasto dentro da quando si svolse. Ammiravo nella biblioteca pubblica «Aldo Manuzio» di Latina, la bella Ballerina di bronzo, che è collocata al centro della struttura, quando sentii una mano amica sulla mia spalla destra. Era di Emilio Greco, lo scultore dell'opera, il quale aveva casa per l'estate a Sabaudia ed amava Gaeta, dove pur veniva sovente e talvolta c'incontravamo. «Cosa fai?». «Maestro, ammiro ancora una volta la sua scultura». «Sarà polvere di ali disseccate di farfalle». Questa immagine gli era cara, come attesta un suo libro di liriche regalatomi con dedica affettuosa. Erano i tempi in cui si faceva un gran parlare dei bronzi di Riace ripescati dal mare: «Ma, maestro, i bronzi di Riace?». «Anch'essi saranno polvere di ali disseccate di farfalle». Questo sono l'uomo e la sua opera distaccati da Dio. E serve, se c'è il peccato, questa creatività umana staccata dal creatore ad evitare l'inferno?

Sine te niente è nell'uomo e niente è innocuo. Traduco subito così innoxium, oltre che per derivazione di forma grammaticale, anche per assonanza. Ma pure negli altri significati di non danneggiato, non contrastato, illeso, senza pericolo, il concetto espresso nel carme rimane uguale. Anche un'annotazione mi viene naturale sulla differenza del valore dell'uso del nihil. Il nihil è il non-nihil. Niente c'è in effetti di positivo (nihil) e niente c'è che non sia nocivo, dannoso, cioè tutto è nocivo, dannoso (non-nihil). Il discorso nella sua sostanza è profondamente filosofico, propriamente metafisico, in quanto attiene alle cose che non si vedono, le più importanti della vita, ma è reso con acume in espressioni semplici che danno adito ad interpretazioni di ogni tipo: chi legge dimensiona al suo cervello il ragionamento che vi è sotteso e sente come tutto il niente la privazione di Dio con le conseguenze che porta sul piano pratico, anche nella quotidianità, quella mancanza.

Senza di te, Dio uno e trino, la vita è un inferno; senza di te, Spirito Santo, è vuoto, privo di ogni senso l'esistere. Con te, Dio, con te, Paraclito, tutti gli spazi dell'essere si colmano, la vita si apre sugli orizzonti infiniti della salvezza eterna, c'immettiamo già nel tuo paradiso a benedirti e a darti gloria. Con tutti, con chi ci sta vicino, con la natura, con il mare d'oggi, piatto sotto il sole caldo del quartultimo giorno d'agosto, nella luce divina della creazione. Benedicite, omnia opera Domini, domino: laudate et superexaltate eum in saecula. Benedicamus Patrem et Filium cum Sancto Spiritu: laudemus et superexaltemus eum in saecula. Benedictus es, Domine, in firmamento caeli: et laudabilis, et gloriosus, et superexaltatus in saecula.