Piedimonte_04

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Cap. IV

AFFITTO E VENDITA DI PIEDIMONTE

(pp. 42-46)

UNA PREMESSA NECESSARIA – A non pochi lettori riuscirà del tutto strano l’apprendere che so potessero vendere o fittare città e Terre come una merce qualsiasi. Questo baratto, durante il feudalesimo, era assai comune, e per esercitarlo non occorreva che l’assenso sovrano. Potevansi anche donare o vendere quando per delitto di fellonia si confiscavano e si devolvevano a beneficio del demanio regio. Anzi, durante la dominazione aragonese, si concessero in favore dei baroni perfino Città e Terre che in virtù di capitoli loro accordati, dovevansi mantenere sempre in demanio, e ciò o per riconoscenza verso devoti individui o per gravezza di pesi fiscali che il demanio stesso, o la Corona, per esse sopportava, ovvero per il bisogno che lo Stato aveva di procacciarsi del denaro occorrente per guerre o per domare insurrezioni.

La donazione o la vendita, importando anche il pagamento di altre tasse, rappresentava una sorgente di ricchezza per lo Stato, ed altrettanto pei feudatari, i quali, a loro volta, si rifacevano contro i vassalli, angariandoli di tributi e di abusi fiscali, così, peggio che schiavi.

FIDECOMMESSO DI ONORATO GAETANI – Premesso ciò, veniamo al nostro argomento.

Per poter riferire su di esso – che è stato ignorato da tutti gli scrittori che si sono occupati della nostra città – occorre intrattenerci prima sul Fidecommesso istituito nel 1489 dal Conte di Fondi e Signore di Piedimonte, Onorato Gaetani, seniore. Costui il 15 gennaio 1489 fece il suo testamento, dal quale, fra l’altro, rileviamo:

Che nominò suoi eredi i nipoti: l’omonimo Onorato Gaetani – che fu, poi, primo Duca di Traetto – e Giacomo Maria Gaetani, entrambi figli di Baldassarre premorto ad esso testatore, suo padre (l’altro nipote, Pier Bernardino, fu diseredato perché ribelle alla dinastia aragonese).

Che Onorato juniore ebbe gli Stati di Fondi, col titolo ed onore di Conte; ebbe Traetto coi feudi annessi, la Terra di Piedimonte ed altri feudi della marina e campagna di Roma.

Che Giacomo Maria ebbe lo Stato di Morcone col titolo di Conte ed alcuni feudi.

Che sottopose tutti i beni a perpetuo fidecommesso primogenitale, con esclusione delle donne (solo dotande), con la sostituzione al Serenissimo Re Ferrante e successori in mancanza di discendenti maschi.

Altri beni, poi, distribuì a favore della moglie, parenti e chiese, e destinò quali tutori dei minori suoi eredi, il Re Ferrante I d’Aragona, il Duca di Calabria, Giordano Gaetani suo germano, patriarca d’Antiochia, e Caterina Pignatelli sua moglie.

Il 1° agosto 1490 Re Ferrante impartì il regio assenso sulle indicate disposizioni, e il 28 aprile 1491, per la seguìta morte di Onorato, il Re, il Duca di Calabri, il patriarca Giordano e la vedova Caterina Pignatelli, intervennero nella formazione dell’inventario. Infine, il 1° luglio dello stesso anno il Re spedì le istruzioni opportune pel buon governo e tutela degli eredi minorenni.

VENDITA DELLA METÁ DI PIEDIMONTE AL DUCA DI NARDÒ – Dalle scritture feudali della Regia Camera della Sommaria (Cancelleria) – conservate nell’Archivio di Stato di Napoli – risulta che una metà di Piedimonte fu data, con Decreto del Sacro Real Consiglio, sostituitosi al viceré, in data 6 ottobre 1530, da Ferdinando Gaetani – marito di Cassandra de Capua – a suo cognato Giovan Bernardino Acquaviva, Duca di Nardò, in corrispettivo di Ducati 19200 (L. 81.600,00) dovut per dote alla propria sorella Giovanna, moglie del Giovan Bernardino. Risulta pure che il feudo restò indiviso fra i due possessori, e che morto Giovan Bernardino, gli successe in esso, come nel Ducato di Nardò, il figlio Francesco.

FITTO DELLA METÁ DI PIEDIMONTE A DEI MERCANTI DI CAVA E POI AL DUCA DI TERMOLI – LITI – Risulta ancora che l’altra metà di Piedimonte era tenuta in fitto da alcuni mercanti di Cava dei Tirreni (Giovanni Maura ed altri) per un credito di ducati 3500 (L. 14875,00) che vantavano dai Gaetani, credito che gli stessi cedettero (istrumento 5 marzo 1535) ad Annibale de Capua, che lo passò, poi, al figlio Vincenzo, Duca di Termoli.

Per la vendita e per fitto nacquero alcuni litigi fra le parti, e all’uopo ci fu una lunga processura.

Dall’esame di questa si rileva che in virtù di un istrumento del 31 ottobre 1530, Ferdinando Gaetani diventa, da padrone, fittuario del feudo, avendolo ricevuto in locazione dal Duca e Duchessa di Nardò per la durata di anni otto e con s’estaglio annuo di ducati 860 (L. 3655,00). Questo fitto si sarebbe reso esecutivo soltanto se fosse sopraggiunta l’aggiudicazione della Terra a beneficio dei concedenti.

Con la stessa data del 31 ottobre 1530 si stipula altro istromento da cui si rileva che il Duca di Nardò dichiara di aver ricevuto da Ferdinando Gaetani, suo cognato, ducati 2000 sui 19200 dovutigli, pei quali aveva ottenuta l’assistenza su Piedimonte in beneficio dello stesso Duca di Nardò. Quattro anni dopo, l’8 marzo 1535, intervenne anche il Regio Assenso sulla vendita del credito fatto dai mercanti di Cava ad Annibale de Capua, da pagarsi da Ferdinando Gaetani e Cassandra sua moglie.

Stavano così le cose quando il 18 gennaio 1538 il Collaterale emise un Decreto in virtù del quale fu restituito lo Stato del Duca di Traetto al pupillo Scipione Gaetani, figlio di Luigi e di Lucrezia Montalto. Scipione ricorse pretendendo che la liquidazione ordinata si dovesse fare anche in altri feudi, oltre che sulla Terra di Piedimonte.

Questo ricorso di Scipione aprì tutta una serie di giudizi. Ferdinando Gaetani si oppose alla richiesta in data 15 febbraio 1538, eccependo che la Terra di Piedimonte rimanesse per una metà al Duca di Termoli al quale l’avevano ceduta i mercanti di Cava, e per l’altra metà al Duca di Nardò, dimostrando che la Terra era soggetta al fidecommesso del Conte di Fondi, Onorato Gaetani seniore, ed anche perché egli era chiamato alla successione.

Il Duca di Nardò ricorre a sua volta al Collaterale il 20 marzo successivo, asserendo d’esser egli possessore della metà di Piedimonte, e perciò il Decreto interposto a favore di Scipione Gaetani in data 18 gennaio, non poteva eseguirsi in suo pregiudizio. Alla stessa data ricorre anche il Duca di Termoli dichiarando che egli possedeva l’altra metà di Piedimonte, e che, quindi, non si poteva eseguire il Decreto a favore di Scipione, in suo pregiudizio.

Il 23 marzo, poi, Ferdinando Gaetani porge istanza per far dichiarare a suo favore la successione su Piedimonte in virtù sempre del cennato fidecommesso.

Entra ora in scena Federico Gaetani, figlio di Onorato juniore (diseredato dal padre per aver seguìte le sorti dei Francesi). Egli stipula un atto col quale si obbliga di pagare al Duca di Nardò gli annui ducati 860 per il fitto della metà di Piedimonte. Ma il collaterale, con Decreto del 20 novembre 1538, riformando quanto aveva precedentemente disposto, ordina l’investitura di Piedimonte, in virtù del fidecommesso del Conte di Fondi, in favore di Ferdinando Gaetani. A seguito di ciò avvengono trattative tra costui e Scipione, suo nipote, e tra loro si stabilisce un arbitrato nel quale vengono chiamati Mario Sasso, Marino Freccia, Francescantonio Villano e Giovannangelo Pisanelli, così che il 24 novembre 1542, tra Scipione e Ferdinando, si stipula un istrumento di convenzione, accettando entrambi il lodo degli arbitri, e il 2 dicembre successivo interviene nella convenzione anche il regio assenso.

Ma il litigio non termina, giacché rinveniamo un istrumento in data 20 maggio 1545 col quale Francesco Acquaviva, Duca di Nardò, promette a Ferdinando Gaetani, suo zio materno, di vendergli fra otto anni, la metà di Piedimonte, che era stata assegnata a Giovan Bernardino, suo padre, con Decreto del S.R.C., come pure il diritto di riscattare da Giovan Vincenzo de Capua, duca di Termoli, gli annui ducati 175 pel capitale di ducati 3500 vendutogli dal padre. Dall’istrumento risulta anche che dovevasi rinnovare il fitto della metà di Piedimonte a beneficio di esso Ferdinando Gaetani. Intanto costui muore e gli subentra nei diritti il figlio Giovanni, il quale, a sua volta, ricorre perché la Terra di Piedimonte non venga nella discussione dell’eredità paterna, essendo essa dipendente del fidecommesso del Conte di Fondi. A ciò si oppone lo zio Nicola Gaetani, asserendo esser stata la Terra descritta nell’inventario dell’eredità, e il R.S.C., con Decreto 6 settembre 1552, esclude, infatti, la Terra di Piedimonte dalla discussione del medesimo inventario.

Qui la questione s’ingrossa perché in essa cominciano a prendervi parte anche le donne di Casa Gaetani. Infatti, Vittoria Gaetani, figlia di Ferdinando e moglie di Gio. Antonio Carafa, con atto del 12 novembre 1556 si riserva la successione su Piedimonte, perché il fratello era morto ab intestato o con testamento privo di regio assenso pei beni feudali.

Cassandra de Capua, madre di Vittoria, replica, dichiarando di essere in possesso della metà di Piedimonte, nel quale possesso intende mantenersi. Il cognato Nicola Gaetani, controreplica dicendo insussistente la pretesa di Cassandra, e Vittoria Gaetani, replica a sua volta sostenendo spettare a lei l’immissione in possesso di Piedimonte. Anzi l’11 ottobre dell’anno 1557 essa fa altra istanza pretendendo la successione nella Terra, ed eguale istanza presenta Nicola Gaetani. Il 16 successivo, Cassandra ricorre alla R. Camera sostenendo le sue ragioni sulla metà di Piedimonte e sopra altri beni e rendite posseduti nella Terra, ad esclusione del Fisco che ne pretendeva anch’esso il possesso. Ma il 5 novembre la Duchessa di Traetto, Camilla Zurlo, madre e tutrice di Luigi Gaetani, figlio di Scipione, ricorre essa pure asserendo spettare al figlio la successione di Piedimonte, in esclusione del Fisco, di Nicola e di Vittoria Gaetani. Nicola però vi si oppone in virtù sempre del fidecommesso del 1489, ma la Zurlo s’immette nel possesso della Terra, costringendo Vittoria Gaetani a chiederne legalmente il rilascio. Il Fisco, creditore anch’esso di alcuni introiti su Piedimonte, dichiara che tale possesso rientra nei suoi diritti. Ad esso si oppone Luigi Gaetani asserendo d’aver giustamente preso possesso anch’egli della Terra come chiamato dal fidecommesso del Conte di Fondi. Si oppone a Nicola Gaetani dicendo non essere persona « legittima », come si oppone a Vittoria Gaetani deducendo che lo stesso fidecommesso esclude le donne dalla successione. Ma Nicola Gaetani insiste, e Luigi Gaetani replica adducendo nuove ragioni, e cioè che Nicola Gaetani, essendo chierico e trovandosi rivestito di dignità degli ordini maggiori, non può succedere nella Terra di Piedimonte. Nicola protesta e dichiara esse « abile » ed « abilissimo » a succedere, e perciò Luigi Gaetani deve rilasciargli la Terra.

Cassandra de Capua ridomanda, intanto, di essere tenuta nel possesso della metà di Piedimonte e degli introiti che in essa detiene, esclusi il Fisco e gli altri oppositori. Altre consimili istanze ripetono Vittoria e Nicola Gaetani, nonché lo stesso Fisco e Luigi Gaetani.

Il 25 maggio 1560 si escutono alcuni testimoni circa la discendenza dei Gaetani; tra essi vediamo persone di alto lignaggio e di capacità giuridica, tra le quali Lorenzo Polo, Marcello Pignone, Marino Freccia, Nicolantonio Caracciolo, Antonio De Maria, Angelo Di Costanzo e Giacomo Di Bologna.

Finalmente il 20 ottobre 1563 un Decreto del Collaterale dichiara che la Terra di Piedimonte spetta a Luigi Gaetani, escludendo tutti gli altri. Nel 1569 lo stesso Luigi chiede al Sacro Real Consiglio che la metà della Terra tenuta dal Duca di Nardò rientri in suo possesso, e, in via subordinata, si dichiara pronto a pagare il debito dovuto. La causa si commise al 2° Consigliere Vincenzo De Franchis, cittadino di Piedimonte. Cassandra, allora, domanda al S.R.C. di obbligare Luigi Gaetani a pagarle tutti i debiti dismessi sopra Piedimonte nonché gli introiti sopra la Terra, da lei acquistati. Anzi, il 1° febbraio 1571, la stessa Cassandra chiede di non essere molestata nel possesso della metà di Piedimonte, come negli introiti posseduti, laddove Luigi Gaetani domanda dichiararsi libera la Terra dal peso a beneficio di Cassandra, essendo Piedimonte soggetta al famoso fidecommesso. Senonché il 19 dicembre 1572 si stipula istrumento, per Notar Cesare De Vito di Napoli, col quale Cassandra cede a Luigi Gaetani, figlio di Scipione, tutte le ragioni ed azioni su Piedimonte.

Gli altri debiti, poi, della Casa, vennero anch’essi dismessi, e così Piedimonte, fittata, venduta e contesa come una merce qualsiasi, per difficoltà economiche e per ragioni di successione, tornò, dopo lunghi anni di litigio, in possesso della stessa Casa Gaetani.

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