Il monastero di Santa Maria in Cingla

Federico Marazzi

l monastero di S.Maria in Cingla (Ailano - CE): Valutazione archeologica preliminare del sito

(coautori A. Colucci, F. Di Biagio, L. Di Cosmo, A. Gobbi, G. Trojsi), in «Archeologia Medievale», vol. 32, 2005, pp. 127-144

1. LA STORIA DI CINGLA TRA VIII E XII SECOLO, NEL QUADRO DELLE FONDAZIONI MONASTICHE BENEVENTANE.

A poca distanza dal punto in cui le acque del torrente Lete confluiscono in quelle del Volturno, su un piccolo pianoro che digrada dolcemente verso il corso del Lete, nel territorio comunale di Ailano, si leggono i pochi resti superstiti del monastero di Santa Maria in Cingia (Tav. 1). Il nome del sito (Cingla/Cegna) deriva proprio dalla posizione del monastero, posto su una cengia che s'incunea tra i corsi dei due fiumi, nei pressi della loro confluenza. Attualmente, questa lingua di terreno è interrotta dal passaggio - immediatamente a valle del monastero - di un canale artificiale, la Forma del Mulino, che sbocca poco più a valle nel tratto finale del Lete. ·

Il centro monastico, celebre per essere stato il luogo di stesura, nel terzo quarto del X secolo, di alcuni tra i più antichi documenti recanti formule di testimonianza riportate in lingua italiana arcaica8 , si colloca all'interno del nutrito gruppo di fondazioni sorte nel periodo compreso tra 680 e 770 circa, nell'ambito del ducato beneventano, in seguito all'adesione al cattolicesimo dei duchi e della locale aristocrazia.

Rintracciare le esatte origini della fondazione è faccenda che presenta qualche elemento di incertezza, poiché non tutti affidabili sono i documenti superstiti che forniscono informazioni al riguardo. Anteriormente al 743, lo schuldahis Saraceno, dopo aver affrancato i propri schiavi, offre alla chiesa di San Cassiano sita in loco Cingia, da lui stesso fondata, tutta la sua substantia, tranne gli schiavi, riservandosene l'usufrutto con la moglie. Un documento, forse spurio, del 743, indicherebbe che, in quell'anno, il duca Gisulfo II di Benevento, a richiesta del fidelis Sergio e per le preghiere delle sculdahis Saraceno, conferma l'offerta di Saraceno e in più pone la chiesa sotto il controllo di Montecassino. Non è certissima la data del 745, come data di prima attestazione in vita del monastero: .infatti è sicuramente falso un documento di quell'anno nel quale si dice che una badessa Acertruda riceve in donazione beni fondiari nelle immediate vicinanze da parte del duca di Benevento, Gisulfo 11, anche se un praeçeptum confirmationis dell'ottobre dello stesso anno ricorda che l'abate Petronace di Montecassino, con l'accordo di Gisulfo II, aveva deciso di edificare, presso la cella di San Cassiano, fondata da Saraceno, un monastero femminile dedicato a Santa Maria, alle dipendenze del quale viene posta anche una cella di Santa Croce. Tuttavia, un documento considerato autentico, del maggio 747 (un altro praeceptum confirmationis di Gisulfo Il), ci rivela che il monastero esisteva, che era sottoposto a Montecassino, che ospitava una comunità femminile, alla testa della quale era la badessa Gausani, la quale, con altre due giovani nobili donne Pancrituda e Gariperga, dopo una peregrinatio in terra nostra beneventana, aveva presumibilmente formato la comunità. Non può sfuggire la similitudine tra la vicenda della fondazione di San Vincenzo al Volturno e quella relativa a Cingla, che sembra costituire una sorta di “declinazione al femminile” della prima, con la presenza anche qui di un trio di fondatori che agiscono evidentemente nell’ambito di un più ambio movimento di diffusione delle vocazioni monastiche, alla crescita del quale contribuisce decisamente il sostegno dell’autorità ducale... leggi tutto