Piedimonte_05

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Cap. V

DIRITTI ED ABUSI FEUDALI

(pp. 47-57)

PREROGATIVE DEGLI « UTILI SIGNORI » - Durante il periodo feudale e propriamente da quando si era formato il nostro feudo, gli « utili signori » di Piedimonte – come venivano chiamati i feudatari – godevano di non poche prerogative pervenute loro da abusi, privilegi, concessioni sovrane, e dalle stesse leggi feudali. Nei tempi vicereali tali prerogative vennero aumentate e se ne ebbero di assurde addirittura, come l’jusstercoris, l’jus aquæ pluviæ, ecc.

La Casa Gaetani godette anch’essa di queste prerogative, già esercitate in gran parte da feudatari che l’avevano preceduta nel feudo. Esse erano la conseguenza logica del sistema politico-sociale di quei tempi infausti. Ogni feudatario, allora, per far fronte ai propri bisogni ed a quelli della Corona, creava abusi, forme di diritti e vessazioni inconcepibili. Il Winspeare ne enumera oltre millequattrocento! In Piedimonte se ne contarono una trentina, registrate in gran parte negli atti della Commissione feudale.

DIRITTO SULLE TAVERNE ED OSTERIE – Questo diritto costituiva un’entrata notevole per la Casa Gaetani, che era proprietaria di due taverne e di un’osteria. Una taverna trovavasi presso l’attuale Vico II Municipio, in un casamento di venti vani, fra terranei e superiori, comprese le stalle; l’altra a Porta Vallata. Quest’ultima i Gaetani la cedettero in beneficio dei Frati del Convento di S. Maria del Carmine, che, a loro volta, la fittarono nel 1584 a tale Nunzio Gambella per annui ducati 53. La prima era fittata, nel 1754, per ducati 969.

L’osteria annessa a quest’ultima venne fittata, nel 1788, ad Ottavio Lubrico per annui ducati 850.

Vigendo l’jus proibitivo, nessun cittadino poteva metter su albergo e trattoria, e poiché era giuocoforza far capo alle due taverne esistenti, il passeggiero non poteva pretendere un servizio che confacesse al suo gusto, né esigere quelle comodità che al presente offrono gli alberghi anche dei piccoli paesi. Un inventario della taverna feudale sita presso l’attuale Vico II Municipio, redatto nel 1792, quando l’esercizio era tenuto in fitto da certo Domenico Tuccillo, dimostra di quali masserizie e di quale magnifica biancheria era provvista... Riproduciamo questo inventario: « Lenzuoli vecchi n. sei – Coverte di lana bianca usate n. sei – Altra coverta vecchia di da lana – Sacconi (pagliericci) n. sette, vecchi – Materassi num. quattro, pieni di lana cardese con sei piumacce di da lana di rotoli sessantasei – Altri due materassi pieni di lana di scarto di peso di rotoli trentacinque – Altro di pelo di capra di peso di rotoli trenta – Facce (federe) di cuscini n. ventotto compresevi le sei piumacce di lana cardese come s. – Una caldaia di rame del peso di libbre tredici – Un bancone, e una scanzia di legno – Lettiere n. sette, e tredici chiavi in ferro colle loro mascature (serrature) apposte alle porte ».

DIRITTO SULLA GABELLA DEL GRANO E FARINA – Questo esercizio era di antica origine. Da un istrumento del 12 marzo 1507 per Not. Federico de Carpane di Napoli, apprendiamo che Onorato Gaetani cedette a Tommaso Aniello Imperato, di Napoli, l’esercizio della Gabella di Piedimonte dietro corrispettivo di un grano (4 centesimi) per ogni tomolo di farina. Nel 1643 l’esercizio fruttò ducati 980, e più tardi duc. 1034. Nel 1743 l’esercizio venne fittato per duc. 2255. Nel 1634 si corrispondevano: 3 tornesi a tomolo per il frumento, ed altrettanti per avena, orzo, fave e legumi. Tali tariffe vennero, allora, confermate dal Collaterale. Verso la fine del Sec. XVIII l’esercizio venne dato in fitto al Municipio.

DIRITTO SULLO “SCANNAGGIO” (MACELLAZIONE) – Per l’esercizio dello « scannaggio » (macellazione), i beccai erano tenuti a corrispondere alla casa feudataria un determinato tributo per ogni animale abbattuto. Il diritto era dato in appalto. Nel 1586 il fitto si trovava intestato a certo Giovanvincenzo Grande per la somma di duc. 100. Senonché Casa Gaetani, a seguito di giudizio e di sentenza del Sacro Real Consiglio, del gennaio 1755, pretese ed ottenne la retrocessione. In una deliberazione del Pubblico Parlamento, del 26 febbraio 1764, si legge che « si fusse il medesimo (Duca di Laurenzana) pregato di dar dilazione per l’attrasso (debito che teneva l’Università verso la Casa Gaetani), e per lo effetto sud.o non fosse più tenuta l’Univ. di Piedimonte alla detta annua corrisponsione di ducati cento, dando facoltà ai Sindaci di poter stipulare le debite cautele di retrocessione a beneficio del Duca ». Ma il 5 maggio 1782 l’Università chiese « in grazia » alla Casa di fittarle nuovamente il diritto sullo « scannaggio », offrendo ducati annui di canone, e la richiesta venne accolta.

DIRITTO SUI TRAPPETI – Questo diritto lo troviamo già in vigore nel Sec. XV. Sull’olio prodotto si esigeva la decima parte, e per ogni tomolo di ulive si pagavano grana 2½. Il diritto venne ceduto all’Università per annui duc. 200, come risulta da un istrumento per Not. Cicerchia in data 13 aprile 1757. Nell’anno 1744, e dopo, l’esercizio fruttava ducati 1258.

Nel 1786 venne dato in fitto ad Alessandro Paterno che corrispondeva al feudatario uno staio di olio (10 litri) su ogni 100 staia prodotte.

Nel 1782 i cittadini di Piedimonte, capitanati dal magnifico Giò. Battista Giorgio, contrastarono a Casa Gaetani il diritto proibitivo, e il 30 luglio 1789 il Sacro Real Consiglio autorizzò il Giorgio a servirsi di un proprio frantoio.

DIRITTO SULLE NEVIERE – Anche per le neviere vigeva l’jus proibitivo. Esso dava alla Casa Gaetani un reddito notevole. Nel 1789 lo troviamo fittato per circa ducati 800. Cosicché a nessun cittadino era lecito conservare la neve per rivenderla in estate od in caso di malattie.

DIRITTO DEL “PIZZUCO” – Il conducente di qualsiasi animale da soma carico di cereali o di altri generi introdotti nel mercato era tenuto al “pizzuco”, al pagamento, cioè di grana 1½ per ogni tomolo di grano; di grana 1 per ogni tomolo di orzo, e grana 2 per ciascuno animale e per il relativo stallaggio. Questa vessazione venne abolita nel 1808 con sentenza della Commissione feudale, la quale stabilì che la Casa Gaetani potesse esigerla soltanto dai vaticali (conducenti) nei fondaci o nelle stalle di sua proprietà.

DIRITTO SUL “MEZZETTO” – Durante le fiere ed i mercati i venditori di cereali e di frumento erano tenuti a servirsi di una misura di capacità denominata « mezzetto » che poteva contenere circa 25 chilogrammi di generi indicati. Questa misura serviva per evitare frodi in commercio. All’affittatore venivano pagati 3 tornesi per ogni due mezzetti di grano, e per ogni due mezzetti di avena o granone.

Lo strano però è questo, che l’uso del « mezzetto » si è protratto fino allo scoppio dell’ultimo conflitto europeo, con la differenza che dall’abolizione della feudalità, il proverbio – cinque centesimi a mezzetto – andava a beneficio del Municipio.

DIRITTO SUL “PASSO” – Questo diritto, com’è noto, cominciò a praticarsi sotto i Merovingi e i Carolingi, e si trova concesso anche a Chiese ed a Monasteri nei secoli anteriori alla costituzione della Monarchia normanna nel Napoletano. Esso, istituito in Piedimonte nel sec. XVII, consisteva nell’esigere da coloro che vi entravano e v’introducevano merci, un tributo in denaro. L’esazione veniva fatta a Porta Vallata. Tale diritto era quello stesso che esisteva in Alife sotto la signoria di Violanda Delle Castelle, e poi, di Giulio Barone. Comperata Alife da Francesco Gaetani, con istrumento del 20 giugno 1620 per Not. Sportone di Napoli, il diritto, compreso nell’acquisto, venne trasferito in Piedimonte verso il 1689. Questo trasferimento fu confermato con Provisione della Regia Camera in data 30 giugno 1689, a seguito di deposito di ducati 460 fatto nelle casse del R. Fisco. Una lapide, già esistente in Alife, ora conservata nel Museo Civico di Piedimonte, ricorda l’avvenimento. Essa dice testualmente:

QUI NO SE’ESIGGE PIÙ IL SOLITO PASSO MA S’ESIGGE SOLO ALLA PORTA DELLA VALLATA SECONDO LE PROVISIONI SPEDITE DALLA REGIA CAMERA...

L’esercizio del « passo» era dato in appalto. Ignoriamo in quale misura pagassero i viandanti. Sappiamo solo che i Gaetani ne ricavavano un cespite di 300 ducati l’anno. Nel 1754 il fitto era tenuto da certo Antonio Farina, e nel 1792 il « passo » venne abolito nel Regno su proposta di Nicola Vivenzio, avvocato fiscale del R. Patrimonio.

DIRITTO SULLA PESCA NEL TORANO E NEL MARETTO – Per la pesca delle trote nel Torano e nel Maretto vigeva l’jus proibitivo, e l’esercizio si dava in appalto. Nel 1642 venne emanato un « bando » secondo il quale i pescatori di frode sarebbero stati condannati alla pena di duc. 10 e a tre mesi di carcere.

Nel 1790 l’abuso era ancora in vigore, come risulta dalla seguente supplica, che si conserva in originale dall’Associazione Storica, supplica diretta al feudatario del tempo:

« Eccellenza, Antonio Candalarese della città di Piedimonte supplicando espone a V.E. come ritrovandosi per terminare l’affitto della pesca nei Torani, il cui annuale estaglio è stato in docati quarantacinque, al presente quarantasei; e volendo il supl.e colla sua solita propensione per il vantaggio degli interessi di V.E. crescere il suddetto estaglio, perciò nell’atto che offre annui docati cinquanta, La priega degnarsi ordinare al suo Agente, che ne stipoli le cautele solite, e per anni due, chiedendole però di grazia di non assoggettargli la presente offerta sub asta; e l’avrà ut Deus, etc. Antonio Candalarese supl.e come sopra ».

I diritti che si esigevano dall’affittatore erano i seguenti: pesca con la rete ducati 5 l’anno; pesca con la canna, cioè con l’amo, ducati 3; pesca con la « lanciatoia » (fiocina) ducati 3; pesca con le mani (!) carlini 3.

DIRITTO SULLA PESCA NEL LAGO MATESE – Anche per la pesca delle tinche nel Lago Matese vigeva l’jus proibitivo, e l’esercizio veniva dato, come al solito, in appalto. L’affittatore, mentre corrispondeva a Casa Gaetani ducati 923 annui, aveva diritto, a sua volta, alla « esazione delle vittuaglie », cioè di legumi ed altro, dai detentori dei terreni adiacenti al Lago.

Nel 1586 il fitto della pesca venne dato all’Università e nel 1754 ai magnifici cittadini Antonio Monte, Giuseppe Grappelli e Pietro Filippello.

DIRITTO SULLE ACQUE PIOVANE – Anche le acque piovane erano soggette ad una particolare vessazione. In tempo di pioggia, anziché riversarsi a valle, immettendosi nel corso del Torano, le acque venivano raccolte in speciali canali, donde, in tempo di siccità, si dipartivano fuori l’abitato per l’irrigazione dei terreni. L’esercizio veniva dato in fitto, e l’appaltatore pagava alla Casa Gaetani 20 ducati l’anno.

Ignoriamo da quale epoca vigesse questo diritto. Nel 1754 era, però, in vigore, e la vessazione sembra riguardasse gli ortolani del rione Vallata. Nell’Onciario del 1754 si rileva appunto che « l’affitto della lava dell’acqua piovana che scorre per le strade della Vallata, quartiere della Città di Piedimonte, si ritiene da Nicola Tartaglia... che ne paga annui ducati venti ».

DIRITTO DEI “POLLASTRI” – Casa Gaetani esigeva altresì 12 grana l’anno dai proprietari dei terreni adiacenti al « Viale dei Pioppi » quando si servivano, per i seminati, delle acque scorrenti lungo i canali laterali. Questo diritto era denominato dei « Pollastri » perché il feudatario si faceva sovvenzionare con polli. Siccome il numero di questi ultimi non era scarso e quindi di superfluo per la Casa, il corrispettivo venne trasformato in moneta sonante. Ma la denominazione rimase ugualmente.

« Di tale esazione – dice un deliberato decurionale dei primi anni del sec. XIX – se ne formò un capo di gravezze da parte del Comune » che « ne chiese l’abolizione, come ne seguì ». Il diritto fruttava, in media, annui ducati sessanta.

DIRITTO SULLE ACQUE DEL MARETTO – Per l’uso delle acque del Maretto, a scopo d’irrigazione, la Casa Gaetani esercitava il diritto proibitivo. Gli ortolani potevano usufruire delle acque pagando la decima dell’estaglio dell’orto.

DIRITTO DELLE “QUATTRO COPPE IN COPPA” – Era un altro diritto sulle acque. Di queste, dopo irrigato il fondo della « Masseria Grande » in contrada Squedre, di proprietà Gaetani, potevano usufruire i coloni di quella contrada, devolvendo a favore del feudatario quattro coppe di granturco prodotto per ogni coppa seminata, donde la curiosa denominazione.

DIRITTO SULLA POLVERE PIRICA – Questo diritto risulta esistente fin dal Sec. XVI, epoca in cui il feudatario Luigi Gaetani diede in fitto, a certo Domenico Percora, l’esercizio della fabbricazione, come risulta da un istrumento per Not. Giovanni d’Andrea in data 23 gennaio 1584.

La fabbrica era in una località oltre il Ponte dei Pioppi. A seguito di scoppio restò interamente distrutta, né fu riedificata. Il re del tempo concesse, in conseguenza, a tutti i cittadini di Piedimonte, il privilegio di poter acquistare la polvere negli altri paesi del regno ad un carlino in meno del prezzo in vigore.

DIRITTO SULLA CACCIA – Il diritto proibitivo della caccia era anche una prerogativa della Casa Gaetani per un privilegio di Carlo V in data 31 gennaio 1517.

Nel 1786 vi fu un bando col quale si vietò ai cittadini di andare a caccia nei luoghi appartenenti alla Casa, sotto pena del pagamento di ducati 6, della confisca dello schioppo, e di due mesi di carcere. Tale diritto venne però contrastato dai vassalli con istanze dirette al potere regio. E poiché la Casa non ne potette dimostrare il legittimo possesso, e per evitare che ne venisse privata, ricorse all’espediente di fittarsi dalla Regia Corte la concessione delle licenze di caccia.

Questo diritto fruttava in media ducati 40 l’anno.

DIRITTO SULLA CONCIA DELLE PELLI – Era una vessazione introdotta nel feudo nel Sec. XVII da Alfonso Gaetani. Essa fruttava una rendita intorno ai 100 ducati annui. Nel 1782 il diritto venne fittato a Francesco Pascale per ducati 101.

DIRITTO SULLA VENDITA DELLE PELLI PICCOLE – Rientrava anche nelle prerogative di Casa Gaetani il riscuotere un diritto sulla vendita delle pelli piccole (agnelli e capretti). La vessazione venne introdotta da Alfonso Gaetani nel Sec. XVII.

L’affittatore dell’esercizio – nel 1644 – corrispondeva alla Casa annui ducati 80. Per ogni pelle di agnello si esigevano 3 cavalli e per quelle di capra grana 1¼.

DIRITTO SULLA VENDITA DELLA SUOLA – Anche la vendita della suola faceva parte degli jus proibitivi. L’esercizio, come al solito, veniva appaltato. Dato il largo consumo della merce, il provento era notevolissimo, ma ne ignoriamo l’ammontare.

DIRITTO SULLE RAMIERE – Il diritto sulla manipolazione del rame, nelle ramiere locali, era esercitato dalla stessa Casa Gaetani.

Una delle ramiere era di proprietà della Casa, l’altra di Ferrante De Marco, acquistata poi da Alfonso Gaetani, come risulta dall’istrumento per Not. Castelli di Gioia in data 3 aprile 1635. Nell’anno 1644 entrambe le ramiere furono date in fitto per ducati 200. Anteriormente al 1795, erano affittatori delle ramiere certi Somma e Bazzastra.

DIRITTO SULLA VENDITA DEGLI OGGETTI DI RAME – Lo stesso diritto proibitivo vigeva, di conseguenza, sulla vendita degli oggetti di rame, e l’esercizio veniva dato in appalto. Questo lo troviamo concesso, nel 1789, a certo Gennaro Delli Pauli per ducati 51.

DIRITTO SUGLI ESCREMENTI – Sarebbe l’jus stercoris di cui abbiamo fatto cenno al principio di questo capitolo. A nessun cittadino era lecito raccogliere sulle pubbliche strade, ed in particolare nella Piazza del Mercato, gli escrementi degli animali per adibirli a concimazione dei terreni. L’esercizio veniva dato in appalto dalla Casa Gaetani. Non sappiamo però quanto fruttasse alla Camera baronale; di certo è questo che, dato il largo consumo che si faceva degli escrementi, il provento doveva essere considerevole.

DIRITTO SULLA FORGIA – La forgia era un’officina di Casa Gaetani per la fabbricazione di utensili in ferro occorrenti in particolar modo ai contadini. L’esercizio veniva dato in appalto, e nel 1754 lo troviamo fittato a certo Vincenzo Giordano, che corrispondeva alla Casa 6 ducati.

L’officina della forgia era in Piazza Mercato.

DIRITTO SULLA MOLA – Casa Gaetani introdusse, nel 1636, l’jus proibitivo della mola, cioè l’esercizio di arrotare i ferri (scuri, coltelli ecc.). Possedeva quattro piccole officine in Piedimonte – oltre quella in Castello – nelle contrade: Petrara, S. Sebastiano, Carmine e Paterno. Nel 1782 le mole si ridussero a tre, fittate a Domenico Raiano e Pasquale Di Fondi, che pagavano complessivamente 50 ducati.

DIRITTO SULLA ZECCA E SULLA PORTOLANIA – Il diritto sulla zecca e sulla portolania era, in origine, in possesso dell’Università. Fu, poi, contrastato da Casa Gaetani, che ne venne in possesso con provisione della Corte di Capua il 26 febbraio 1790. La zecca consisteva nell’esazione di un determinato tributo per ogni barile di vino su cui s’imprimeva il marchio, e la portolania nel tributo pel mantenimento delle strade.

DIRITTO SULLA FIERA DI S. MARTINO – Consisteva nell’esigere da parte della Casa feudataria, grana 40 per ogni animale grande (vaccino od equino), introdotto nella fiera, e cioè grana 20 dal venditore ed altrettante dal compratore; e grana 6 per ogni altro animale. Altro cespite veniva riscosso per il fitto delle baracche durante la fiera. L’esercizio fruttò, nel 1743, oltre 200 ducati.

BAGLIVA – Alla Corte feudale era annessa la bagliva, cioè una giurisdizione che aveva il compito di accertare e giudicare i danni campestri con applicazione di multe. La bagliva veniva amministrata dal Catapanio.

Nel 1846 Onorato Gaetani, Conte di Fondi e Signore di Piedimonte, fra le grazie e i privilegi concessi all’Università, comprese anche i proventi della bagliva dietro corrispettivo di annue « once dieci di carlini d’argento », come è detto negli allegati agli Statuti della Terra.

Nel 1756 l’Università di Piedimonte pagò a Casa Gaetani ducati 132 per tale concessione.

MASTRODATTIA – Era un’altra vessazione giurisdizionale di antica origine. Ne abbiamo traccia nei Capitoli e Statuti della Terra. Consisteva nel diritto del feudatario sugli atti civili, criminali e misti della Corte. La mastrodattia si dava in appalto per un determinato periodo, e rappresentava un cespite notevole tanto per Casa Gaetani quanto pel mastrodatti, tanto vero che all’appalto concorrevano individui anche di paesi lontani, come risulta da documenti di varie epoche conservati dall’Associazione Storica di Piedimonte. Tra queste carte vi è appunto un albarano di D. Lorenzo di Paolo da Roccamonfina in data 31 dicembre 1787. Un mastrodatti di epoca remota – il primo che rintracciamo – e propriamente del 1488, fu il nobile Gesualdo Costantini al quale Onorato Gaetani dié, vita durante, la concessione gratuita della mastrodattia.

Con istrumento 18 maggio 1583, per Not. Giovannantonio De Rinaldis di Napoli, Luigi Gaetani diede in appalto l’esercizio a certo Antonio Calanda di Nocera, e nel 1586 a certo Marcello Sapio pure di Nocera.

Nel 1747 l’esercizio fruttò alla Casa 350 ducati.

ADIUTORIO – Ad un’altra vessazione erano ancora sottoposti i vassalli a favore della Casa feudataria, quella cioè dell’adiutorio, che si corrispondeva allorquando una dama della famiglia andava a nozze.

Questa sovvenzione ebbe origine nei tempi normanni, e la prima volta venne istituita da re Roberto nel 1078, in occasione delle nozze celebratesi a Troia tra una sua figliuola e Azzo II d’Este.

L’auditorio veniva pagato in base al numero effettivo dei fuochi (famiglie) esistenti nella Terra. Nel 1754 era ancora in vigore. In tale epoca rinveniamo il seguente interessante atto del Pubblico Parlamento. Esso dice: « Si propone per lo Sig. D. Michelangelo Ragucci Giudice e Sindaco dell’Università della città di Piedimonte agli infrascritti Mag. del Regimento di essa, come tanto esso, quanto il Mag. Marco Cavicchia, Giudice Compagno, sono stati citati dalla Corte della Terra di latina delegata dalla R.a Cam.a della Sommaria, per l’esecuzione delle provisioni spedite da d.o Tribunale ad istanza dell’Ecc.mo Sig.re Duca sull’adiutorio per le doti dell’Ecc.ma Sig.ra D. Marianna Gaetani sua sorella, secondo viene disposto nella Costituzione di questo Regno, Quam plurimum del Re Guglielmo I il Malo, alla ragione di carlini cinque a fuoco, per lo numero delli fuochi effettivi di questa sud.a Uni., onde a tenore ed in esecuzione di d.e provisioni, si deve procedere all’ellezione di due Deputati li q.li verifichino il numero di essi effettivi fuochi e fatta la tassa delli medesimi, procedersi poi all’accensione della candela per la vendita (appalto) di d.a esazione al meno offerente, proonerlo perciò ad essi Mag.ci del Regimento, acciò li diano il loro parere su di questo, e frà tanto nomina per Deputati per l’appuramento di d.i fuochi effettivi, cioè per lo quartiere di Piedimonte il Mag.co Notar Francesco d’Orsi, e per lo quartiere della Vallata il Mag.co Not.ar Giuseppe Cavicchia. Qual proposta essendosi intesa, e consideratosi da essi mag.ci del Regimento che buona parte de’ fuochi che compongono questa nostra Università sono poverissimi che appena vivono con le proprie fatiche; e che perciò li riuscirebbe molestissimo e gravosissimo d.o pagamento di carlini cinque, e difficilissima d.a esazione, esser perciò d’opinione doversi più tosto soddisfare d.o adiutorio ad esso Ecc.mo Sig. Duca col denaro del peculio universale (Cassa comunale) di quest Uni., tanto maggiormente, che facendosi in questa maniera, esso Ecc.mo Sig. Duca si contenta di esiggere d.o Adiutorio per lo numero de’ fuochi per li q.li paga questa Uni. alla Regia Corte, ché sono d.i due quartieri di Piedimonte e Vallata, e Casali di Sepicciano e Scorpeto numero cinquecento novanta due ed un quarto; con il che si viene anche a sparambiare con d.o numero di fuochi effettivi ché forse ascenderebbe a qualcosa di più delli d.i 592¼, come di diritti dell’esazione sud.a, che monterebbero almeno alla ragione del dieci per cento, quale esazione dovrebbe similmente caricarsi sopra d.i fuochi effettivi, onde tutti a viva voce, e niuno discrepante, hanno determinato e concluso quello pagarsi da essi Mag.ci Giudici e Sindici col denaro delle gabelle ed altri effetti di questa Un. con farsene assegnamento ad esso Ecc.mo Sig. Duca, pagabile per quella somma che cadeva alla ragione pred.a di carlini cinque à fuoco per lo d.o numero di fuochi 592¼, e così si è concluso, ed in fede ».

DIRITTO SUI FILATI – Era un diritto che la stessa Casa Gaetani esigeva sulla teletta e su ogni altro tessuto. Lo troviamo in vigore nel 1643.

Per ogni canna di tessuto si pagavano grana 2½. Anche tale esercizio, rendeva un notevole provento, dato il considerevole numero di telai casalinghi esistenti in quell’epoca.

DIRITTO DEL “GARGAGLIO” – Ignoriamo il significato di questa voce. Sappiamo solo che questo diritto consisteva nell’esigere grana 15 per i panni di 44 canne, e grana 25 per quelli di 46. L’esercizio venne dato in appalto, nel 1787, a certo Francesco Grande per ducati 30, e nel 1789 a Marcellino Pascale, Salvatore Scala, Marcellino Piso e Carlantonio del Santo per ducati 24.

DIRITTO SUL “PURGOLO” GUALCHIERA E BOLLO – Per le operazioni relative al disgrassamento, battitura e bollo dei panni di lana, vigeva fin dal Sec. XVI l’esazione – che veniv fatta dai Consoli – di un diritto fisso. Per i panni cosidetti mercantili il diritto era di carlini 3,30; per le bajette 2,50; per i castorini 1,80; per l’alpagas 4,50; per i peloni 4,40, e per i londrini 1,80.

Per i panni non prodotti nel feudo si pagavano carlino 4,40.

DIRITTO SULLA TINTA – Casa Gaetani esigeva per ogni pezza di bajetta, di qualsiasi colore, e per ogni pezza di tarantolo, londrino ed ogni altra stoffa bassa da tingere, grana 75; per ogni pezza di pelone 75; per ogni altra pezza di panno, grana 75; in tinta violetta 25, in nero 60.

Per il riscaldamento, carlini 125/12, e per consumo di legna, carlini 3.

Nel solo anno 1743 i proventi della tinta sommarono a ducati 1633.

CAMERA RISERVATA – L’università di Piedimonte era tenuta, infine – come, del resto, le altre dell’antico regno – al pagamento obbligatorio degli alloggi militari. Senonché il Duca Francesco Gaetani, con suo privilegio in data 21 agosto 1614 concesse a Piedimonte l’esenzione di questo obbligo, dichiarando l’Università « Camera riservata », cioè franca di pagamento, in ricompensa della fedeltà e attaccamento dimostrato in varie circostanze.

Malgrado questo privilegio, l’Università dopo alcuni anni, fu nuovamente obbligata a pagare gli alloggi. Oltre a questi, essa era tenuto al pagamento pel mantenimento dell’esercito. Una sola volta ne fu dispensata e propriamente nel 1636, quando la Città di Aversa assegnandole la contribuzione di un tarì a fuoco (famiglia) per il mantenimento della cavalleria, le venne ordinato dagli Auditori dell’Esercito di non molestare la nostra Università per simile contribuzione.

FINE DEGLI ABUSI FEUDALI – Le secolari vessazioni cui furono sottoposti i nostri concittadini, cessarono finalmente con l’applicazione delle leggi eversive, quando i diritti dell’uomo si erano affermati con i travolgenti movimenti politici. D’allora i nostri paesi furono sottratti ed affrancati dalla soggezione feudale, e cominciarono, così, a godere i benefici della libertà contenuta ed imprigionata per secoli.

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