Vi raccomando le Anime del Purgatorio

25 – Vi raccomando le Anime del Purgatorio, spezialmente le più divote del Ss. Sacramento, e di Maria Santissima.

        Alla domanda che faccio a mio padre, sulle agevolazioni che avevano i defunti delle famiglie benestanti, i quali potevano usufruire delle applicazioni delle messe pagate dai parenti vivi, mi si rispondeva che la ripartizione dei benefici connessi alle offerte in cielo veniva fatta da Dio, padre della giustizia, e che, quindi, le anime più poverelle, che egli chiamava le anime «pezzentelle», si giovavano della misericordia equa del Signore. È il principio dei vasi comunicanti portato nel campo spirituale, è l’applicazione dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo, è l’ineffabilità della comunione dei santi. Le tre parti del regno, la Chiesa militante, la Chiesa purgante e la Chiesa trionfante, interferenti in compenetrazioni misteriose, testimoniano e continuano nello stupore del dogma la risurrezione di Gesù Cristo.

  Fatti vivi i morti di cui ti domanderà: mi diceva la moglie del vecchio poeta malato che andavo a visitare a Viareggio. Ma i morti son vivi, tutti vivi, e ce li sentiamo vicini, i più cari, specie nel tempo del bisogno, sempre pronti ad aiutarci quando li chiamiamo, accorti a vegliare e a seguire le nostre vicissitudini. L’ho verificato io, quando ho perso Anna Maria, la moglie più dolce del mondo, e ho avuto suggestioni forti di averla vicina, dopo la sua dipartita, anche fisicamente. Nella storia della Chiesa è antica la devozione alle anime purganti e nel ricordo ne sono prova le pitture e le statue dei nostri luoghi di culto: nel duomo del mio paese c’è una cappella loro dedicata, sul cui altare è collocata una grossa tela ad olio raffigurante la Madonna di Pompei con sotto la rappresentazione di anime in attesa di andare in cielo; vi si conservano pure, ora inopportunamente nascoste da due tendaggi laterali, le terrecotte colorate di anime in pena tra le fiamme del purgatorio, e tra esse colpiva la mia immaginazione di ragazzo quella di un prete, individuabile per la stola che gli aveva messo sulle spalle l’artigiano che l’aveva fatta. Mai mi stanco di dire che i sensi dell’uomo, tutte e cinque, vogliono la loro parte e che l’uso di essi è indispensabile a vivere bene anche la vita dello spirito.

  Ma soprattutto è utile insistere sulla necessità di riempire di contenuti il filone delle tradizioni religiose popolari e sull’errore grave che commettono coloro i quali fanno di tutto per cancellare ogni traccia della religiosità del popolo di Dio. Oltre tutto il purgatorio è una realtà di fede e la devozione alle anime del purgatorio è del tutto raccomandabile. Ci pensa sant’Alfonso e nel suo colloquio con Cristo vivo e vero le raccomanda con amore. È certo che nel sacrificio eucaristico l’eucaristia viene anche offerta in riparazione dei peccati dei vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici spirituali e temporali.

   In modo speciale, Signore sacramentato, ti raccomando le anime del purgatorio più devote di te, che te ne stai notte e giorno chiuso in questo tabernacolo. Le rivedi tu tutte nella loro vita terrena attorno a te, sono uno stuolo interminabile, non ci vuole il miracolo dei pani e dei pesci per saziarle, perché ci sei tu vivo e vero a ripredicare dalla montagna le beatitudini con voce suadente e liberatoria, a dar loro coraggio, a farle star bene. Ricordo la novena di preparazione alla celebrazione del 2 novembre. Ragazzino, vi accompagnavo mio padre, assai devoto delle anime purganti che invocava ogni tanto, specie nei momenti più tesi della giornata. Mentre scrivo, mi viene da lontano, assai da lontano, l’eco delle strofe della canzoncina devota con le quali si intercalavano le parti lette dalla novena: «Dal purgatorio sento una dolente voce… Sento gridar pietà».

  Il ricordo che mi rimbalza dentro dalla memoria mi ripete la nostalgia di quei tempi. Sì, perché pur da ragazzo avevo la nostalgia dell’esilio dell’uomo, e quello della novena dei morti era un tempo di malinconia e di nostalgia, la scuola ricominciata da poco con gli impegni incalzanti, le giornate corte zeppe di nuvole e di pioggia, le preoccupazioni che mai mancano quando non c’è il sole, le visite al cimitero a preparare la cappella di famiglia per la celebrazione, l’andata vespertina alla casa dei nonni paterni non conosciuti con le zie nubili che rassomigliavo già allora alla Marta e alla Maria del Vangelo, lo zio prete chiuso in camera a dire l’ufficio e lo zio medico che si diceva ateo, che prendeva tutti in giro per la loro pietà, ma che quando stava morendo mi mandò a chiamare il primicerio del capitolo dei canonici del duomo per confessarsi e per prepararsi bene all’imminente partenza definitiva.

   Non so se quella novena si reciti più e se quella nenia malinconica ma efficace si ripeta: sarebbe certamente un disastro, se queste pratiche di devozione popolare di antica tradizione venissero cancellate. Certo, i giovani preti, sorretti nelle loro decisioni dalla ventata di modernizzazione che ha investito di recente le strutture della Chiesa e che speriamo sia oggi fermata, non si fanno alcuno scrupolo ad abbattere usi e costumi di una religiosità popolare che ha indubbiamente portato frutti di bene. D’altra parte, sono favorevoli a tali cancellazioni, e se ne fanno a volte paladini, perché il loro mantenimento impone sacrifici di stabilità, più tempo da impiegare in chiesa e più attenzione alla cura della carità religiosa del posto. Essi, invece, vogliono più libertà per realizzare un management ecclesiastico burocratico che in genere è dannoso, proprio dannoso, più che inutile, alla crescita della vita spirituale dei parrocchiani e alla vita ecclesiale comunitaria parrocchiale.

Si mantenga, quindi, la novena dei morti, la si ricolmi di contenuti di sostanza, si secondino i moti devozionali affettivi del popolo di Dio e si faccia di tutto per legare alla chiesa struttura i fedeli, infondendo e facendo crescere in essi il senso di appartenenza come fondamento vivente della vita cristiana; attorno ad essa nei secoli si è fatta Chiesa. Sant’Alfonso lo sa bene e ce l’ha ben presente nello stilare la preghiera, ma il suo più che altro è un moto del cuore e rientra nella sua logica severa di studioso di scienze religiose.

Per comprendere la dottrina in merito al periodo di purificazione dopo la morte, bisogna considerare che il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è detta pena eterna del peccato. D’altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, il quale ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio. Una conversione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena. Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono tuttavia le pene temporali, che vanno scontate. Il purgatorio è la purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati.

La dottrina della fede relativa al purgatorio è stata formulata soprattutto nei concili di Firenze e di Trento. Fin dai primi tempi la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. San Giovanni Crisostomo insiste affinché si rechi loro soccorso e si commemorino. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio dei loro padri, perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione?

Consolazione e refrigerio alle anime che soffrono in purgatorio voglio dare io in questa preghiera sentita e con sant’Alfonso mi rivolgo a Gesù eucaristico, pur con le sue intenzioni particolari. Avverto il bisogno di ricordare nella mia invocazione di misericordia le anime del purgatorio più devote del sacramento e tra queste non posso non avere memoria di quelle di mio papà e di mia mamma, che con tanto amore mi generarono alla luce della vita e mi avviarono alla fede, di Anna Maria, la sposa amata e la madre dei miei figli, dei nonni e di tutti i parenti affettuosi.

In una raccomandazione speciale pure con il de’ Liguori non posso non ricordarti, Signore misericordioso, le anime purganti devote della Vergine Maria, la donna attraverso la quale sei venuto nella mia storia assumendone dalle viscere il corpo e il sangue, che ora tu mi doni cibo di vita eterna ogni volta che voglio. Anche i devoti della Madonna sono tanti, da quelli dei tempi tuoi a quelli d’oggi, e certamente molti di essi sono nell’attesa di completare la propria purificazione. Li raccomandiamo alla tua misericordia infinita con una preghiera fervida particolare. Speriamo che presto per loro si oda nel cielo la gran voce dell’Apocalisse: ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo.

Ma alle speciali raccomandazioni che sant’Alfonso suggerisce nella preghiera devo aggiungere quella che mi viene dal ricordo sempre vivo di mio padre, che aveva particolare devozione per le anime del purgatorio e fra tutte delle più povere, quelle che erano le sue anime «pezzentelle», di quelle di cui nessuno rammemora, di quelle che non hanno suffragio e che sono tra le più lontane dal traguardo del passaggio alla gloria del paradiso e al godimento della visione del volto del Padre.

San Basilio Magno sostiene fervorosamente che con lo Spirito Santo, che rende spirituali, ci sono la riammissione al paradiso, il ritorno alle condizioni di figlio, il coraggio di chiamare Dio padre, il diventare partecipi della grazia di Cristo, l’essere chiamato figlio della luce, il condividere la gloria eterna. A questa preghiamo possano arrivare presto quelli che soffrono le pene della condizione purificatrice, da noi si aspettano aiuto e aiuto danno a noi, perché la loro preghiera è bene accolta al Padre della misericordia.