Indice
Presentazione
Capitolo I - L'età della Pietra nella Piana di Pietramelara e nel Montemaggiore
Capitolo II - L'età del Bronzo
Capitolo III - L'età del Ferro
Capitolo IV - Etnografia del territorio in età arcaica
Capitolo V - Il centro fortificato di Montauro di Vairano di Patenora
Capitolo VI - Mura sannitiche di Monteforte di Marzanello
Capitolo VII - Mura sannitiche di Colle Vrecciale
Capitolo VIII - Il centro fortificato di Monte Catrevola
Capitolo IX - Il centro fortificato del Monte San Nicola di Pietravairano
Capitolo X - Il centro fortificato del Monte Castellne della Ferrara
Capitolo XI - Il centro fortificato del Monte Castello di Dragoni
Capitolo XII - I centri fortificati sannitici del versante orientale del Montemaggiore
Capitolo XIII - Il centro fortificato di Roccavecchia di Pratella
Capitolo XIV - Insediamenti vicanici e relative necropoli nella piana di Pietramelara
Capitolo XV - Sull'età dei centri fortificati
Capitolo XVI - Urbes, oppida, castella
Capitolo XVII - Interrelazione tra i centri fortificati e tra essi e gli insediamenti vicanici nelle pianure
Capitolo XVIII - Il Montemaggiore come confine tra il Sannio e la Campania
Capitolo XIX - Le guerre sannitiche: operazioni militari nella piana di Pietramelara e attorno al Montemaggiore
Capitolo XX - Il declino dell'età sannitica
Presentazione
"...Vertunt felicia Baccho Massico qui rastris et quos de collibus altis Aurunci misere patres Sidicinaque
iuxta aequora, quique Cales linquunt, amnisque va dosi accola Volturni..."
(Aen. VII, 723 ss.)
L'affrontare lo studio del1a propria terra è un lavoro difficile che comporta sempre dei rischi: il pericolo più grosso rimane quello di sopravvalutare i dati rinvenuti, cioè di sottolineareeccessivamente l'importanza della documentazione, spesso frammentaria, occasionale, o addirittura raccogliticcia, proveniente per lo più da ricerche di superficie, mal riuscendo ad inserirla, al di là del microcosmo indagato, nella più vasta realtà storica e culturale della regione. Ma non solo: se si riesce a porre il documento offerto nella sua giusta dimensione di supporto e di punto diriferimento fra altri di consistenza maggiore, permane il pericolo, per chi è fuori dal mondo dei c.d. “addetti al lavoro” -archeologico ed universitario- di studiarlo con ottica sbagliata a causa di una non aggiornata informazione scientifica. Il pericolo è tanto più in agguato quanto il campo della ricerca estende il suo interesse da un periodo che va dal Paleolitico fino all'epoca romana...
Nell'affrontare, dunque, l’ampia ed ambiziosa opera propostasi, l’A. dà prova di un raro equilibrio e di una riguardevole agilità nel districarsi nei problemi di topografia storica, di tecnicaedilizia, di toponomastica, di epigrafia latina, ecc.: problemi che richiedono avveduto approfondimento. L'opera che mi è stato fatto l'onore di presentare è frutto anche -e non c’è bisogno disottolinearlo- di appassionata dedizione e di lunga fatica, oltreché di non poco discernimento in una materia densa di non facili problemi. Ne devo rende re atto all'A.
Il primo dato da rilevare è come questo lavoro riempie una lacuna: non esiste alcuno studio complessivo o settoriale sul “mandamento di Pietramelara in età antica”. Questo vasto territorio di quasi 170 kmq2, formato da un'ampia piana di depressione circondata dai massicci calcarei dei Mti Trebulani e delle propaggini meridionali del Matese, costituisce una via naturale di accessodal Sannio, tramite la valle del medio Volturno, alla piana campana che ne fa una zona chiave nella storia etnica e culturale della regione. Infatti in questa composita entità geografica ebberosede in età protostorica le antiche popolazioni ausonie prima che la loro unità tribale venisse frantumata ed emarginata da nuove migrazioni (i Sidicini) e da gruppi di popolazioni osco-umbresopraggiunte dalle aree montagnose. Zona chiave, dunque, anche in epoca arcaica e tardo-arcaica posta “tra il territorio dei Volsci e quello dei Campani” a contatto con la penetrazione etrusca quando gli insediamenti sinecistici di recente formazione delineavano nuove realtà politiche ed economiche.
Nella trattazione della parte sull'età della pietra spiccano agli occhi di chi è, come me, maggiormente sollecitato dalla natura dei propri studi, due punti di maggior interesse, l’uno dei quali cirivela manifestazioni della religiosità popolare che affondano le loro radici nel remoto mondo della Preistoria.
Apportano ambedue un contributo prezioso al quadro di tinta grigio scuro che possediamo di questo ampio periodo, dove scarseggiano i dati significativi e di una certa consistenza. Si trattadella segnalazione della grotta-santuario di S. Michele Arcangelo, che conserva ancora memoria di un antico culto litoiatrico, la cui storia andrebbe più precisamente indagata con scavi archeologici e che è da annoverare tra le poche grotte note in Italia, le cui acque di stillicidio erano credute medicamentose ed in particolare galattologiche. Mi pare interessante segnalare aquesto proposito altri due santuari: quello della Madonna di Pietrasanta (S. Giovanni a Piro) sulle pendici rocciose del M.te Bulgheria e, nella vicina Irpinia, il santuario di Acero sul M.teAltillo nei pressi di Calabritto, dove si conserva la tradizione di una “Madonna del latte”.
Una seconda segnalazione di notevole rilievo è quella degli stanziamenti dell'età del Bronzo sul Mte Catrevula -che se vanno riferite all'età del Bronzo recente o meglio finale- a causa dell'ansa edel fornello fittile affine al IV tipo del Delpino, costituiscono l’unico insediamento finora noto in tutta la, Campania settentrionale.
L'attento esame dei centri megalitici di epoca “protosannitica” e di epoca successiva, è verosimilmente uno dei più validi contributi del lavoro alla ricerca. Le ripetute ricognizioni ed i vari sopralluoghi eseguiti sui monti e sulle colline del circondario di Pietramelara, hanno permesso all’A. di rilevare oltre dieci complessi, accuratamente pubblicati in questo volume con piante edadeguato corredo fotografico. Tra questi, due in particolare, quello di Catrevula e di Roccavecchia di Pratella sono ignorati o non riconosciuti nella ricerca per altro meritoria della Conta Haller(Ricerche su alcuni centri fortificati in era poligonale in area campano-sannitica, Napoli 1978). Il complesso di Montauro, se si accetta la tesi di un unico centro, sarebbe, con quello diRoccavecchia il più grande della Campania.
Quest’opera ci offre dunque assieme ad incisive messe a punto e approfondimenti di indagini già avviate da altri una notevole mole di documenti e di nuovi dati archeologi ci.
Ho rilevato percorrendo l’opera che quindici ville romane sono segnalate e debitamente ubicate. In gran parte lo sono per la prima volta. Non meno di sette epigrafi inedite sono ora presentateagli studiosi; dieci altre iscrizioni sono rilette o riscoperte. L’antico ponte di Assano noto solo ai locali e a pochi specialisti della zona è finalmente presentato. Appare palese come tale curataindagine sul territorio si rivela utile ad un’opera di tutela.
La speculazione edilizia, la spogliazione, le varie forme dell'incuria hanno toccato nel nostro paese vette inimmaginabili ed i danni subiti dal patrimonio storico, culturale ed ambientale sonoingentissimi. L’arginare tali devastazioni richiede un impegno civile e sociale della cultura. Ma la condizione primaria per fare un primo passo giusto si deve basare sul coordinamento di libereiniziative che si esprimono dal basso, dall'interesse reale dei cittadini e dei vari corpi sociali presenti sul territorio che con la loro opera capillare possono giungere ad un'effettiva salvaguardiadei beni culturali, ed a una costruttiva sintonia tra i valori culturali e la coscienza civile.
Tale opera potrà portare all'augurata istituzione di un Antiquarium quale punto di arrivo, ed allo stesso tempo, di partenza, dell’area ausonica, sì da testimoniare una politica culturale tesa alrecupero, alla tutela ed alla concreta funzione pubblica del patrimonio storico ed artistico locale.
Un ultimo dato da rilevare e da apprezzare è la qualità stessa dell'indagine: si tratta di ricerche di superficie sistematiche, con la classificazione e l’illustrazione completa dei materiali raccolti;questo costituisce certamente un progresso notevole rispetto alle notizie generiche ed in gran parte incontrollabili che rappresentano nella maggior parte dei casi il risultato di ricerche dello stesso tipo svolte in passato. La ricca bibliografia specializzata accuratamente aggiornata fino al 1985, copre con visione sinottica il territorio campano, includendo anche per una parte il Laziomeridionale, la Marsica, il Sannio molisano e l’Irpinia.
La documentazione grafica-piante, rilievi e disegni è curata; non è da meno la documentazione fotografica.
Assieme all'Autore, occorre ringraziare i troppo discreti collaboratori e tra questi in particolare il dr. Stagliano Umberto.
Il presente volume segna l'inizio di un programma di pubblicazioni sulla Storia, 1’Arte e l’Archeologia delle aree settentrionali della Campania. Vorrei rallegrarmi per l’intelligente iniziativadella Banca Popolare N. Monforte di Pietramelara che ha saputo privilegiare un’indagine nuova, curata da chi meglio poteva sul posto raccogliere informazioni e compiere ricerche. LaBanca N. Monforte con incoraggiamenti e concreti sostegni ha permesso una pubblicazione di notevole mole ed impegno. È indice di rara apertura verso problemi che in ultima analisi, vivonoe sentono tutti, e non soltanto, è certo, dall'angolatura dei cosiddetti “beni culturali”, ma anche da quella promozionale, turistica, e non per ultimo dal profondo del sentimento per la propri aterra.
Claude Albore Livadie