Recensione del Prof. Dr. Rosario Coluccia, in «Zeitschrift für romanische Philologie», 2019, 135, n. 4, pp. 1155-1157. https://doi.org/10.1515/zrp-2019-0065.
Antonio C. Mastrobuono, Il viaggio dantesco della santificazione, Traduzione dall’inglese dell’autore (Biblioteca dell’«Archivum Romanicum». Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia, 489), Firenze, Olschki, 2018, xvii + 280 p.
Recensire questo libro è complicato, per i motivi che forse si chiariranno nelle righe seguenti. L’autore, scomparso il 7 dicembre 2018 a più di 81 anni, era professore emerito presso l’«University of Illinois at Chicago». Ha insegnato all’Università di Harvard, alla Cornell University, all’Università di Boston, alla George Washington University e, per i trent’anni finali della sua attività di docente, nel Dipartimento di Italiano dell’Università dell’Illinois. Dunque studioso di tutto rispetto, con un curriculum eccellente, autore di pubblicazioni note anche in Europa, tra cui possiamo ricordare almeno Essays on Dante’s Philosophy of History, Firenze, Olschki, 1979, e Dante’s Journey of Sanctification, Washington, Regnery Gateway, 1990 (di cui il libro del quale ora parliamo rappresenta la traduzione italiana allestita direttamente dall’autore, come viene indicato in copertina).
Il volume è così articolato. Ringraziamenti – Prefazione – Capitolo primo. La grazia santificante: giustificazione e merito – Capitolo secondo. Questo è il giorno fatto dal Signore – Capitolo terzo. «L’enigma forte»: una mortificazione dell’intelletto – Appendice. Un libro venticinque anni di preparazione [sic] (lunga recensione [213–275], del libro di John Freccero, Dante: The Poetics of Conversion, a cura e con introduzione di Rachel Jacoff, Cambridge, Harvard University Press, 1986 [raccolta di saggi pubblicati tra il 1959 e il 1984]). Il risvolto di copertina, dovuto a Michelangelo Picone, chiarisce che «Mastrobuono è un seguace dell’approccio critico che legge la Divina Commedia come opera scritta secondo l’allegoria dei teologi piuttosto che secondo l’allegoria dei poeti [...]; il modello analogico, l’intertesto culturale secondo cui è costruito il poema di Dante, è il Libro della Salvezza, la Bibbia, ma come codificata dalla Liturgia Cristiana; in questo particolare caso la liturgia della Settimana Santa».
La Prefazione chiarisce in maniera diretta e molto esplicita le finalità del libro, rivolte a contestare la plausibilità della tesi sostenuta da Charles Singleton, Journey to Beatrice, Cambridge, Harvard University Press, 1958 (edizione successiva: Baltimore/London, The John Hopkins University press, 1977; edizione italiana, con il titolo, Viaggio a Beatrice, Bologna, il Mulino, 1968), secondo la quale il viaggio ultraterreno compiuto da Dante sotto la guida di Virgilio sarebbe una preparazione alla grazia santificante poi ricevuta dallo stesso Dante sulla vetta del Purgatorio, all’avvento di Beatrice. A parere di Mastrobuono, tale tesi va recisamente negata, in quanto poggia su un presupposto infondato. Singleton, basandosi su un’errata interpretazione delle parole di S. Tommaso, ritiene che sia possibile una analogia tra la condizione di Adamo, dapprima creato secondo natura, poi elevato alla grazia, e la condizione «naturale» di Dante, che solo alla fine del suo lungo percorso attraverso Inferno e Purgatorio può ricevere la grazia santificante. In realtà il supposto ritorno di Dante alla condizione edenica [XIV] è basato su una «terribile confusione, da parte del Singleton, tra l’ordine della natura e l’ordine della grazia». Tale grazia invece Dante avrebbe ricevuto già prima di entrare nel mondo ultraterreno: solo a questa condizione egli, nato nello stato di natura caduta e poi redento, avrebbe potuto intraprendere il viaggio nell’aldilà. Tra le cruces interpretative risolte grazie a questo modello andrà inserita l’individuazione della data in cui Dante passa attraverso l’Antipurgatorio, che non sarebbe la domenica di Pasqua, come ritiene la maggioranza degli studiosi, ma invece la notte della vigilia (a questo è dedicato il secondo capitolo del libro).
Il ruolo centrale ricoperto da Charles Southward Singleton negli studi danteschi del secondo Novecento è indiscutibile: il suo magistero non può considerarsi ristretto all’ambito statunitense, pur se in America si registra (come è ovvio) la maggior frequenza di reazioni, positive (in maggioranza) e negative (in minoranza, ma significative) ad alcuni temi ricorrenti nei suoi scritti, a partire dal nodo allegoria-simbolismo. La contrapposizione tra teologisti e antiteologisti (o postteologisti), tra quanti cioè seguivano Singleton e quanti se ne distaccavano, comincia già negli anni in cui Singleton è al colmo del successo accademico, pur se naturalmente si intensifica negli anni successivi alla sua morte (1985), fino ad episodi di negazione totale dei suoi contenuti e dei suoi metodi che lasciano poco spazio a valutazioni oggettive.
La questione della corretta interpretazione della dottrina tomistica è una delle più controverse. La critica più radicale e documentata indirizzata a Journey to Beatrice (forse il libro di Singleton nello stesso tempo più apprezzato e più discusso) si è concentrata particolarmente sulla proposta che la grazia santificante, rappresentata da Beatrice, venga infusa nell’anima del poeta solo al culmine dell’ascesa purgatoriale. Come già accennato prima, secondo alcuni critici tale ipotesi nascerebbe da un’errata interpretazione della lettera tomistica; secondo gli stessi, a ben interpretare la fonte dottrinale, l’intervento della grazia santificante, nell’accezione di grazia operante, si manifesta invece già nella scena del prologo del poema.
«La ricostruzione dottrinale di Mastrobuono è meritevole e introduce un elemento di discussione importante, ma impone nel contempo due cautele: il Dante della Commedia riconosceva la Summa teologiae come autorità unica su tali questioni? In seconda istanza, il testo dantesco non sempre è al centro dell’analisi dottrinale, laddove l’argomentazione sembra spesso limitarsi a voler dimostrare i falsi presupposti da cui muoverebbe Singleton».[1] Il libro è tutto inserito nel pieno del dibattito che si sviluppa negli Stati Uniti d’America nei decenni successivi alla morte di Singleton, con posizioni spesso di forte contrapposizione, che si riflettono ripetutamente nel volume. Si vedano la dedica a Rocco Montano «maestro e amico ed eminente studioso di Dante e dell’estetica medievale»; le ripetute citazioni degli scritti in cui lo stesso Montano mostra di apprezzare le tesi di Mastrobuono [X]; la serrata contestazione dell’apprezzamento riservato da altri studiosi alle posizioni di Singleton che emerge più volte, a pp. XI–XIII (Giuseppe Mazzotta), a pp. XIII–XIV e XVIII (Dante Della Terza), nell’intera Appendice finale (John Freccero), ecc.
In conclusione. Nato quasi trent’anni fa nel vivo del dibattito culturale che abbiamo cercato di ricostruire (sia pure in poche righe), il libro di Mastrobuono si presenta oggi al pubblico italiano in un clima profondamente mutato, che mette in primo piano, nelle manifestazioni scientifiche progettate in Italia e nel mondo per celebrare il settecentenario della morte di Dante (2021), imprese editoriali e lessicografiche di diversa impostazione e di vasto respiro.[2]
[1] Tali considerazioni, sostanzialmente condivisibili, si devono a Igor Candido, Rassegna di studi danteschi in Nord-America (1990–2010), Lettere Italiane 62:1 (2010), 114–150, a p. 141. E ancora, nel medesimo luogo: «La duplice cautela si impone, ad esempio, nel considerare la critica alla lettura singletoniana della grazia santificante come forma (cf. ib., 18 s.): «se lo studioso ha ragione nell’indicare come Singleton usi qui termini impropri, non prende tuttavia in considerazione che questo dipenda in realtà proprio da un uso di fonti eterogenee e comunque differenti da quella tomista».
[2] Oltre alla NECOD di cui si parla in questo stesso fascicolo, pp. 1144–1155, tra quelle a mio parere significative va ricordato il Vocabolario Dantesco (VD) realizzato dall’Accademia della Crusca. Nel sito <www.vocabolariodantesco.it>, liberamente accessibile, risultano ad oggi [settembre 2019].
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