Federico Marazzi
Città scomparse, migrate, sdoppiate. Riflessioni sul tessuto insediativo di Terra di Lavoro in età altomedievale.
In “Felix terra. Capua e la Terra di Lavoro in età longobarda” 2004, pp. 259-273
Stralcio pp. 263-264.
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Fatte queste premesse, non resta che tornare alle nostre latitudini. Purtroppo, al contrario di quanto visto per il nord Italia, i dati in nostro possesso per comprendere il rapporto fra i Longobardi e le città sono quasi inesistenti. Non vi è però motivo di credere che i duchi di Benevento si siano in tal senso mossi in maniera diversa da quanto avevano fatto i loro colleghi in altre aree della Penisola. È quindi da credere che essi avessero utilizzato sin dove possibile le strutture già presenti sul territorio e che queste fossero state poste da subito sotto il diretto controllo ducale.
A tale proposito, vale la pena esercitarsi in qualche ipotesi relativa a cosa essi abbiano potuto trovare.
Come abbiamo visto discutendo del panorama accertato per altre regioni, la strategia difensiva bizantina si appoggiò non solo sulle fortificazioni urbane e sulla realizzazione di nuovi ridotti fortificati all'interno delle città, bensì anche sulla costruzione ex-novo di strutture distribuite nel territorio, presso snodi strategicamente rilevanti. In questa prospettiva, ed è una possibilità cui ho accennato già in altre circostanze, credo che sarebbe utile una verifica archeologica su due siti che, a mio avviso, troppo frettolosamente sono stati ascritti (con varie ipotesi sulla loro cronologia d’impianto) nel novero delle opere direttamente realizzate dai Longobardi, senza prendere in considerazione la possibilità che fossero sì state da questi ultimi utilizzate, ma in realtà edificate dai Bizantini (Marazzi 2015b). Mi riferisco in tal senso ai due siti tra loro prossimi di Castel Pilano e di Roccavecchia di Pratella, nell'estremo nord campano. Essi compaiono all’onore delle cronache nella metà del IX secolo come castelli isolati, ma di decisa importanza strategica, dato che controllavano da presso il percorso della via Latina e, limitatamente a Roccavecchia, permettevano allo sguardo di spaziare anche verso tutta la valle del Volturno e di traguardare la parte settentrionale della piana di Terra di Lavoro. Ora, se i modelli proposti da Zanini e accettati da Savino devono essere presi per buoni, il posizionamento di questi due fortilizi avrebbe rivestito un ruolo cruciale nell’ottica del controllo dei movimenti longobardi provenienti da Benevento in direzione della piana campana e come avamposto di difesa e segnalazione verso Cassino e l’attuale Lazio meridionale. I due siti sono peraltro in reciproco contatto visivo. Gli unici dati archeologici disponibili sono quelli provenienti da ricognizioni di superficie condotte sul sito di Roccavecchia, mentre su quello di Castel Pilano nulla ad oggi è noto. I dati da Roccavecchia confermano però solo una frequentazione genericamente ascrivibile all’Alto Medioevo, ma attualmente impossibile da definire cronologicamente in modo più preciso.
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